Articolo 95. Cause di esclusione non automatica.
1. La stazione appaltante esclude dalla partecipazione alla procedura un operatore economico qualora accerti:a) sussistere gravi infrazioni, debitamente accertate con qualunque mezzo adeguato, alle norme in materia di salute e di sicurezza sul lavoro nonché agli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali elencate nell’allegato X alla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014;
b) che la partecipazione dell'operatore economico determini una situazione di conflitto di interesse di cui all’articolo 16 non diversamente risolvibile;
c) sussistere una distorsione della concorrenza derivante dal precedente coinvolgimento degli operatori economici nella preparazione della procedura d'appalto che non possa essere risolta con misure meno intrusive;
d) sussistere rilevanti indizi tali da far ritenere che le offerte degli operatori economici siano imputabili ad un unico centro decisionale a cagione di accordi intercorsi con altri operatori economici partecipanti alla stessa gara;
e) che l’offerente abbia commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati. All’articolo 98 sono indicati, in modo tassativo, i gravi illeciti professionali, nonché i mezzi adeguati a dimostrare i medesimi.
2. La stazione appaltante esclude altresì un operatore economico qualora ritenga che lo stesso ha commesso gravi violazioni non definitivamente accertate agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse o contributi previdenziali. Costituiscono gravi violazioni non definitivamente accertate in materia fiscale quelle indicate nell’allegato II.10. La gravità va in ogni caso valutata anche tenendo conto del valore dell’appalto. Il presente comma non si applica quando l'operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o sanzioni, oppure quando il debito tributario o previdenziale sia comunque integralmente estinto, purché l'estinzione, il pagamento o l'impegno si siano perfezionati anteriormente alla scadenza del termine di presentazione dell’offerta, oppure nel caso in cui l’operatore economico abbia compensato il debito tributario con crediti certificati vantati nei confronti della pubblica amministrazione.
3. Con riferimento alle fattispecie di cui al comma 3, lettera h), dell’articolo 98, l’esclusione non è disposta e il divieto di aggiudicare non si applica quando:
a) il reato è stato depenalizzato;
b) è intervenuta la riabilitazione;
c) nei casi di condanna a una pena accessoria perpetua, questa è stata dichiarata estinta ai sensi dell’articolo 179, settimo comma, del codice penale;
d) il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna;
e) la condanna è stata revocata.
EFFICACE DAL: 1° luglio 2023
Relazione
Commento
Giurisprudenza e Prassi
COMUNICAZIONE TARDIVA DI UNA CAUSA DI ESCLUSIONE - LEGITTIMA ESCLUSIONE ( 96.3)
Il tema preliminare da affrontare è dunque quello relativo alla sussistenza, in capo alla ricorrente, del requisito di partecipazione alla data di presentazione dell’offerta (9 gennaio 2024).
Nel caso specifico emerge che l’assunzione del lavoratore, avvenuta in data 25 gennaio 2024, è tardiva rispetto alla data di presentazione dell’offerta.
Non si comprende inoltre in che modo tale assunzione possa “supplire” all’inserimento lavorativo, da effettuarsi entro il 31 dicembre 2023, previsto dalla convenzione con l’Agenzia Spazio Lavoro.
Quest’ultima, invero, stabiliva che «Ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di cui alla L. 68/99, in caso di contratto a tempo determinato, lo stesso dovrà avere durata superiore a 6 mesi», mentre il lavoratore assunto in data 25 gennaio 2024 ha stipulato un contratto della durata di soli 6 mesi.
Alla data del 9 gennaio 2024, dunque, non vi è alcun dubbio che la ricorrente fosse già inadempiente rispetto alla convenzione con l’Agenzia Spazio Lavoro e, dunque, priva in radice del requisito di partecipazione.
La circostanza che l’Agenzia non abbia diffidato la ricorrente, condizione prodromica alla risoluzione di diritto della convenzione ai sensi dell’art. 4, non assume alcuna rilevanza ai fini del rispetto degli obblighi assunzionali di cui alla l. 68/99, trattandosi di disposizione pattizia che regola i soli rapporti tra le parti.
Il successivo art. 10 della convenzione, del resto, stabilisce che il differimento dei termini di assunzione è ammissibile per una sola volta ed in casi eccezionali, solo ove sussistano giustificati motivi documentabili ed imprevedibili, con onere a carico del datore di lavoro di informare preventivamente l’Agenzia.
Nel caso in esame, tuttavia, la ricorrente non si è avvalsa della proroga dei termini per le assunzioni e, dunque, il mancato adempimento degli obblighi assunzionali ex l. 68/99, alla data del 9 gennaio 2024, è un dato incontrovertibile e prescinde dalla mancata diffida ad adempiere da parte dell’Agenzia (cfr. in tal senso, TAR Lazio, sez. III ter, 9 marzo 2017, n. 3310, secondo il quale “non può ritenersi sufficiente, ai fini dell’adempimento degli obblighi di legge di assunzione di personale disabile, la mera stipulazione di convenzioni laddove di fatto inadempiute. È, infatti, evidente che la ratio della norma a tutela dei disabili è quella di funzionalizzare gli appalti pubblici ad esigenze sociali che non possono dirsi realizzate con la semplice stipula della convenzione con cui un datore di lavoro/operatore economico si impegni sic et simpliciter all’assunzione dei disabili oggetto di convenzione, necessitandosi anche l’effettivo adempimento alla predetta obbligazione”).
12.3. Ritenuto pertanto corretta la valutazione della stazione appaltante in merito alla carenza del requisito di cui si discute al momento di presentazione dell’offerta, va affermata l’infondatezza delle doglianze con cui la ricorrente sostiene il mancato rispetto della disciplina di cui all’art. 96, del d.lgs. 36/2023.
Ed invero, rileva nella fattispecie il comma 3 dell’art. 96, ai sensi del quale «Se la causa di esclusione si è verificata prima della presentazione dell’offerta, l’operatore economico, contestualmente all’offerta, la comunica alla stazione appaltante e, alternativamente: a) comprova di avere adottato le misure di cui al comma 6; b) comprova l’impossibilità di adottare tali misure prima della presentazione dell’offerta e successivamente ottempera ai sensi del comma 4», e non il successivo comma 4, invocato dalla ricorrente, che disciplina la differente ipotesi in cui la causa di esclusione sia sopravvenuta.
Nel caso in esame, incero, la ricorrente non ha comunicato alla stazione appaltante la causa di esclusione, data dal mancato adempimento della convenzione con l’Agenzia Spazio Lavoro, e si è attivata soltanto dopo aver ricevuto la richiesta di chiarimenti da parte dell’Amministrazione, il cui operato è pertanto immune da censure.
COMUNICAZIONE TARDIVA DI UNA CAUSA DI ESCLUSIONE - LEGITTIMA ESCLUSIONE ( 96.3)
Il tema preliminare da affrontare è dunque quello relativo alla sussistenza, in capo alla ricorrente, del requisito di partecipazione alla data di presentazione dell’offerta (9 gennaio 2024).
Nel caso specifico emerge che l’assunzione del lavoratore, avvenuta in data 25 gennaio 2024, è tardiva rispetto alla data di presentazione dell’offerta.
Non si comprende inoltre in che modo tale assunzione possa “supplire” all’inserimento lavorativo, da effettuarsi entro il 31 dicembre 2023, previsto dalla convenzione con l’Agenzia Spazio Lavoro.
Quest’ultima, invero, stabiliva che «Ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di cui alla L. 68/99, in caso di contratto a tempo determinato, lo stesso dovrà avere durata superiore a 6 mesi», mentre il lavoratore assunto in data 25 gennaio 2024 ha stipulato un contratto della durata di soli 6 mesi.
Alla data del 9 gennaio 2024, dunque, non vi è alcun dubbio che la ricorrente fosse già inadempiente rispetto alla convenzione con l’Agenzia Spazio Lavoro e, dunque, priva in radice del requisito di partecipazione.
La circostanza che l’Agenzia non abbia diffidato la ricorrente, condizione prodromica alla risoluzione di diritto della convenzione ai sensi dell’art. 4, non assume alcuna rilevanza ai fini del rispetto degli obblighi assunzionali di cui alla l. 68/99, trattandosi di disposizione pattizia che regola i soli rapporti tra le parti.
Il successivo art. 10 della convenzione, del resto, stabilisce che il differimento dei termini di assunzione è ammissibile per una sola volta ed in casi eccezionali, solo ove sussistano giustificati motivi documentabili ed imprevedibili, con onere a carico del datore di lavoro di informare preventivamente l’Agenzia.
Nel caso in esame, tuttavia, la ricorrente non si è avvalsa della proroga dei termini per le assunzioni e, dunque, il mancato adempimento degli obblighi assunzionali ex l. 68/99, alla data del 9 gennaio 2024, è un dato incontrovertibile e prescinde dalla mancata diffida ad adempiere da parte dell’Agenzia (cfr. in tal senso, TAR Lazio, sez. III ter, 9 marzo 2017, n. 3310, secondo il quale “non può ritenersi sufficiente, ai fini dell’adempimento degli obblighi di legge di assunzione di personale disabile, la mera stipulazione di convenzioni laddove di fatto inadempiute. È, infatti, evidente che la ratio della norma a tutela dei disabili è quella di funzionalizzare gli appalti pubblici ad esigenze sociali che non possono dirsi realizzate con la semplice stipula della convenzione con cui un datore di lavoro/operatore economico si impegni sic et simpliciter all’assunzione dei disabili oggetto di convenzione, necessitandosi anche l’effettivo adempimento alla predetta obbligazione”).
12.3. Ritenuto pertanto corretta la valutazione della stazione appaltante in merito alla carenza del requisito di cui si discute al momento di presentazione dell’offerta, va affermata l’infondatezza delle doglianze con cui la ricorrente sostiene il mancato rispetto della disciplina di cui all’art. 96, del d.lgs. 36/2023.
Ed invero, rileva nella fattispecie il comma 3 dell’art. 96, ai sensi del quale «Se la causa di esclusione si è verificata prima della presentazione dell’offerta, l’operatore economico, contestualmente all’offerta, la comunica alla stazione appaltante e, alternativamente: a) comprova di avere adottato le misure di cui al comma 6; b) comprova l’impossibilità di adottare tali misure prima della presentazione dell’offerta e successivamente ottempera ai sensi del comma 4», e non il successivo comma 4, invocato dalla ricorrente, che disciplina la differente ipotesi in cui la causa di esclusione sia sopravvenuta.
Nel caso in esame, incero, la ricorrente non ha comunicato alla stazione appaltante la causa di esclusione, data dal mancato adempimento della convenzione con l’Agenzia Spazio Lavoro, e si è attivata soltanto dopo aver ricevuto la richiesta di chiarimenti da parte dell’Amministrazione, il cui operato è pertanto immune da censure.
COMUNICAZIONE TARDIVA DI UNA CAUSA DI ESCLUSIONE - LEGITTIMA ESCLUSIONE ( 96.3)
Il tema preliminare da affrontare è dunque quello relativo alla sussistenza, in capo alla ricorrente, del requisito di partecipazione alla data di presentazione dell’offerta (9 gennaio 2024).
Nel caso specifico emerge che l’assunzione del lavoratore, avvenuta in data 25 gennaio 2024, è tardiva rispetto alla data di presentazione dell’offerta.
Non si comprende inoltre in che modo tale assunzione possa “supplire” all’inserimento lavorativo, da effettuarsi entro il 31 dicembre 2023, previsto dalla convenzione con l’Agenzia Spazio Lavoro.
Quest’ultima, invero, stabiliva che «Ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di cui alla L. 68/99, in caso di contratto a tempo determinato, lo stesso dovrà avere durata superiore a 6 mesi», mentre il lavoratore assunto in data 25 gennaio 2024 ha stipulato un contratto della durata di soli 6 mesi.
Alla data del 9 gennaio 2024, dunque, non vi è alcun dubbio che la ricorrente fosse già inadempiente rispetto alla convenzione con l’Agenzia Spazio Lavoro e, dunque, priva in radice del requisito di partecipazione.
La circostanza che l’Agenzia non abbia diffidato la ricorrente, condizione prodromica alla risoluzione di diritto della convenzione ai sensi dell’art. 4, non assume alcuna rilevanza ai fini del rispetto degli obblighi assunzionali di cui alla l. 68/99, trattandosi di disposizione pattizia che regola i soli rapporti tra le parti.
Il successivo art. 10 della convenzione, del resto, stabilisce che il differimento dei termini di assunzione è ammissibile per una sola volta ed in casi eccezionali, solo ove sussistano giustificati motivi documentabili ed imprevedibili, con onere a carico del datore di lavoro di informare preventivamente l’Agenzia.
Nel caso in esame, tuttavia, la ricorrente non si è avvalsa della proroga dei termini per le assunzioni e, dunque, il mancato adempimento degli obblighi assunzionali ex l. 68/99, alla data del 9 gennaio 2024, è un dato incontrovertibile e prescinde dalla mancata diffida ad adempiere da parte dell’Agenzia (cfr. in tal senso, TAR Lazio, sez. III ter, 9 marzo 2017, n. 3310, secondo il quale “non può ritenersi sufficiente, ai fini dell’adempimento degli obblighi di legge di assunzione di personale disabile, la mera stipulazione di convenzioni laddove di fatto inadempiute. È, infatti, evidente che la ratio della norma a tutela dei disabili è quella di funzionalizzare gli appalti pubblici ad esigenze sociali che non possono dirsi realizzate con la semplice stipula della convenzione con cui un datore di lavoro/operatore economico si impegni sic et simpliciter all’assunzione dei disabili oggetto di convenzione, necessitandosi anche l’effettivo adempimento alla predetta obbligazione”).
12.3. Ritenuto pertanto corretta la valutazione della stazione appaltante in merito alla carenza del requisito di cui si discute al momento di presentazione dell’offerta, va affermata l’infondatezza delle doglianze con cui la ricorrente sostiene il mancato rispetto della disciplina di cui all’art. 96, del d.lgs. 36/2023.
Ed invero, rileva nella fattispecie il comma 3 dell’art. 96, ai sensi del quale «Se la causa di esclusione si è verificata prima della presentazione dell’offerta, l’operatore economico, contestualmente all’offerta, la comunica alla stazione appaltante e, alternativamente: a) comprova di avere adottato le misure di cui al comma 6; b) comprova l’impossibilità di adottare tali misure prima della presentazione dell’offerta e successivamente ottempera ai sensi del comma 4», e non il successivo comma 4, invocato dalla ricorrente, che disciplina la differente ipotesi in cui la causa di esclusione sia sopravvenuta.
Nel caso in esame, incero, la ricorrente non ha comunicato alla stazione appaltante la causa di esclusione, data dal mancato adempimento della convenzione con l’Agenzia Spazio Lavoro, e si è attivata soltanto dopo aver ricevuto la richiesta di chiarimenti da parte dell’Amministrazione, il cui operato è pertanto immune da censure.
COLLEGAMENTO IMPRESE -SOCIO CONCORRE AUTONAMENTE - UNICO CENTRO DECISIONALE - ESCLUSIONE (95)
Ai fini dell'esclusione da una pubblica gara, ciò che deve essere provato è soltanto l'unicità del centro decisionale, e non anche la concreta idoneità ad alterare il libero gioco concorrenziale. Ciò, in quanto la riconducibilità di due o più offerte a un unico centro decisionale costituisce ex se elemento idoneo a violare i generali principi in tema di par condicio, segretezza e trasparenza delle offerte (per l’inquadramento della fattispecie in esame in termini di fattispecie di mero pericolo, cfr, ex alia, C.d.S, V, 14.12.2021, n. 8340).
Tanto premesso, e venendo ora alla fattispecie in esame, l’Amministrazione ha posto a fondamento della contestata esclusione l’essere il socio della società appellante anche un soggetto autonomamente partecipante (quale mandatario di altro RTP) alla medesima gara.
Tale circostanza integra di per sé il pericolo di commistione delle offerte, sicché già sotto tale profilo l’impugnata esclusione deve ritenersi legittima.
A ciò aggiungasi altresì che, come emerge dagli atti impugnati, il socio in esame riveste in seno alla società appellante la qualità di tecnico operativo deputato a far parte del gruppo lavorativo dello stesso raggruppamento.
È pertanto evidente, sotto tale profilo, l’interferenza tra i due soggetti giuridici, e dunque il concreto pericolo di violazione del principio di segretezza delle offerte, e in ultima analisi, di alterazione della concorrenza.
Tali circostanze non sono in alcun modo smentite dalla misura della partecipazione societaria da parte del suddetto socio, trattandosi di circostanza del tutto irrilevante, avuto riguardo al predetto ruolo rivestito dal socio all’interno della compagine sociale, che gli consentiva potenzialmente l’accesso ad informazioni “sensibili” riguardanti l’offerta presentata in sede di gara.
UNICO CENTRO DECISIONALE: IL COLLEGAMENTO TRA I SOGGETTI E' UN PERICOLO PRESUNTO
In punto di diritto, il Collegio intende richiamare la giurisprudenza formatasi sulla disciplina in materia di esclusione in caso di collegamento sostanziale tra gli operatori economici vietato ex articolo 80, comma 5, lett. m), del d.lgs. n. 50 del 2016, che è stata “conservata”, seppur con formulazione modificata, sub articolo 95, comma 1, lett. d) del nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. 36/2023), integrando una causa di esclusione facoltativa. In particolare, il Consiglio di Stato ha chiarito che «la fattispecie del collegamento sostanziale fra concorrenti è qualificabile come "di 'pericolo presunto' (con una terminologia di derivazione penalistica), in coerenza con la sua 'funzione di garanzia di ordine preventivo rispetto al superiore interesse alla genuinità della competizione che si attua mediante le procedure ad evidenza pubblica', e con la circostanza che la concreta alterazione degli esiti della selezione 'non è nella disponibilità delle imprese sostanzialmente collegate, ma dipende da variabili indipendenti rispetto alla loro volontà, quali in particolare il numero delle partecipanti e l'entità dei ribassi” (Consiglio di Stato, Sez. V, 11 luglio 2016, n. 3057; Sez. V, 1° agosto 2015, n. 3772; Sez. V, 24 novembre 2016, n. 4959). Per tali ragioni, se incombe sull'Ente aggiudicatore l'accertamento della sussistenza di un unico centro decisionale d'imputazione delle offerte sulla base degli indici presuntivi concreti, non è richiesta anche la prova che il collegamento fra i concorrenti sia poi pervenuto a risultati effettivi in relazione ai contenuti delle offerte e all'artificiale condizionamento degli esiti della gara; nel percorso presuntivo che conduce a ricavare un fatto ignoto da circostanze note ai sensi dell'articolo 2727 Cod. civ., il fatto che occorre desumere dagli indici presuntivi è infatti la sussistenza dell'unicità del centro decisionale cui siano riconducibili le offerte, non già il contenuto effettivamente coordinato di queste, né le conseguenze anticoncorrenziali concretamente derivatene (Consiglio di Stato sez. V, 15 aprile 2020, n. 2426).» (Consiglio di Stato, sez. VII, 17 gennaio 2023, n. 579).
Con riguardo al caso in esame, il Collegio osserva che sussistono indizi gravi, precisi e concordanti circa l'esistenza del dedotto unico centro decisionale. Gli elementi descritti nel provvedimento di esclusione sono, infatti, particolarmente significativi delle relazioni esistenti tra i due operatori economici, configurando indizi dotati di gravità, nel senso di elevata valenza probabilistica o attendibilità idonea a dimostrare il fatto ignoto (la riconducibilità delle offerte a un unico centro decisionale) quale sicura conseguenza del fatto noto (ossia, le relazioni comprovanti il controllo o una notevole influenza sulle società).
ILLECITO PROFESSIONALE: PER IL NUOVO CODICE I SOGGETTI COINVOLTI SONO SOLO QUELLI IN CARICA (98)
Osserva questo collegio che, sotto distinto e concorrente profilo, ai sensi del combinato disposto degli artt. 95, comma 1, lett. e), 98, comma 3, lett. g), 94, commi 1, 3 D. Lgs. n. 36/2023 le cause rilevanti ai fini dell’esclusione di un operatore economico per gravi illeciti professionali sembrano involgere, sul piano soggettivo, i soli soggetti in carica nella compagine societaria, non essendo più rinvenibile alcun riferimento ai soggetti cessati dalla carica nell'anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, così come previsto nel previgente regime giuridico di cui all’art. 80, comma 3, D. Lgs. n. 50/2016.
IRREGOLARITA' FISCALE - VIOLAZIONI NON DEFINIITVAMENTE ACCERTATE - NO AUTOMATICA ESPLUSIONE DALLA GARA (95.2)
Si assume che, a fronte di violazioni non definitivamente accertate agli obblighi fiscali, la loro ricorrenza non comporta l’esclusione automatica del concorrente dalla gara, ma impone alla stazione appaltante di valutarne discrezionalmente l’incidenza sull’affidabilità dell’operatore economico, come più volte affermato in giurisprudenza (T.A.R. Lazio - Roma, sez. II, sent. 25 agosto 2023, n. 13441).
Secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza, la disposizione dell’art. 80, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016 e la correlata esclusione presentano un carattere composito, scaturente da una valutazione negativa di moralità del concorrente la cui omissione tributaria viola un fondamentale dovere di solidarietà economico - sociale gravante su ogni soggetto (dovere scaturente dal combinato disposto degli artt. 2 e 53 Cost.), nonché da una prognosi negativa in ordine alla capacità del concorrente di assolvere esattamente gli oneri economici connessi all’esecuzione dell’appalto, attesa l’esposizione debitoria contestata dall’agenzia delle entrate e la desumibile inclinazione a non assolvere esattamente le obbligazioni su di esso gravanti. (T.A.R. Sicilia - Catania, sez. III, sent. 9 novembre 2023, n. 3322).
La decisione della stazione appaltante di esclusione del concorrente cui siano imputate violazioni non definitivamente accertate agli obblighi tributari deve quindi scaturire da una valutazione di carattere discrezionale in ordine ai requisiti di moralità – nell’accezione sopra ricordata – dell’operatore economico ed alla sua idoneità finanziaria, valutazione che deve quindi basarsi anche sull’entità del debito tributario contestato al soggetto. E sul punto mette conto evidenziare che il legislatore, non certo a caso, ha prescritto nell’art. 80, comma 4, seconda parte, d.lgs. n. 50 del 2016 che la gravità della violazione tributaria sia valutata in ogni caso con riferimento al valore dell'appalto (TAR Catanzaro, 20.06.2024, n. 984).
Lo stesso Consiglio di Stato rimarca chiaramente che la rilevata sussistenza a carico dell’operatore economico di violazioni non definitivamente accertate, pur se quantitativamente superiori alla soglia di gravità fissata dal legislatore ai fini della loro rilevanza escludente, rapportata come si è visto al valore dell’appalto (siccome “pari o superiore al 10%” dello stesso), non genera un effetto espulsivo automatico, ma è subordinato ad una espressa e motivata valutazione espressa dalla stazione appaltante in ordine alla sua incidenza negativa sulla affidabilità del concorrente” (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza del 24 luglio 2023, n. 7219).
La stazione appaltante, pertanto, dopo aver accertato la gravità delle violazioni non definitivamente accertate, è tenuta ad effettuare due ulteriori valutazioni riguardanti il concorrente, in merito: da un lato, alla sua “capacità di fare fronte agli oneri economici connessi alla esecuzione dell’appalto, tenuto conto, da un lato, dell’esposizione debitoria da cui è gravato nei confronti dell’Erario" e dall’altro lato, alla "sua dimostrata inclinazione a non assolvere gli obblighi assunti (o, come per quelli di carattere fiscale, generatisi ex lege a suo carico)”.
UNICO CENTRO DECISIONALE: ONERE PROBATORIO A CARICO DELL'O.E. (95.1-d)
Osserva questo collegio che, l’Amministrazione ha fornito dimostrazione della sussistenza di elementi di collegamento tra le imprese sia di carattere strutturale (quali la contiguità di sede delle società e di residenza di diversi appartenenti agli organi sociali, come anche le relazioni familiari tra questi – elemento già ritenuto dalla giurisprudenza idoneo a giustificare anche da solo l’esclusione; sul punto Cons. Stato – Sez. V, 12.1.2021, n. 393) sia di natura sostanziale in relazione alle modalità di presentazione delle offerte (presenza del medesimo errore formale, comunanza degli indirizzi IP di provenienza, presentazione ravvicinata delle offerte, ricorso al medesimo professionista e alla medesima agenzia assicurativa).
Detti elementi, valutati in ottica complessiva ed ulteriormente rafforzati dalla circostanza della già intervenuta esclusione in precedenti occasioni delle tre ditte sempre per la medesima ragione (come da comunicazioni ANAC citate nella relazione del RUP del 09.09.2024), costituiscono, quindi, indizi gravi, precisi e concordanti del pericolo di orchestrazione o contaminazione delle offerte, tale da permettere di ritenere integrata la fattispecie di cui all’art. 95, co. 1, lett. d), D. Lgs. 36/2023.
Al contempo, le controdeduzioni offerte da parte della ricorrente non risultano idonee a superare il complessivo quadro probatorio ritraibile dalla prospettazione dell’Amministrazione.
La società, in sintesi, ha dedotto il mancato assolvimento dell’onere dimostrativo da parte della stazione appaltante sulla scorta dei seguenti elementi: l’unico fatto realmente accertato è il legame di parentela tra i legali rappresentanti della omissis e della omissis, il quale, tuttavia, non avrebbe mai inciso sull’operatività delle rispettive società; le tre imprese hanno sede in immobili distinti; il ricorso al medesimo professionista (da cui dipenderebbe anche l’errore formale nella presentazione delle offerte e l’unicità degli indirizzi IP) e alla medesima agenzia di assicurazioni si spiega sulla scorta delle modeste dimensioni del Comune dove le imprese hanno sede e, quindi, sulla difficoltà di reperire professionisti che possano fornire i servizi richiesti; il caricamento consecutivo delle offerte è dipeso dall’urgenza di provvedere, stante l’incombente scadenza dei termini.
Tali considerazioni non sono, tuttavia, idonee a superare il quadro indiziario posto a base del provvedimento impugnato. Ed invero, in primo luogo, a fronte dell’avvenuto assolvimento della prova presuntiva richiesta dall’art. 95, co. 1, lett. d), D. Lgs. 36/2023, la ricorrente non potrebbe limitarsi a fornire una lettura alternativa di solo alcuni degli elementi valorizzati dall’Amministrazione, ricadendo in capo alla stessa un vero e proprio onere di prova contraria, inteso, per quanto di specifico interesse, nel senso dell’effettiva dimostrazione dell’insussistenza del collegamento sostanziale. In secondo luogo, anche a prescindere da tale ultimo rilievo, le controdeduzioni proposte non sono comunque tali da dequotare la forza probatoria complessiva ritraibile dalla motivazione del provvedimento impugnato e dalla documentazione a suo sostengo.
Se, infatti, le spiegazioni della ricorrente in ordine all’impiego del medesimo professionista e broker assicurativo (ricollegate, in sintesi, alle modeste dimensione del Comune ove le imprese hanno sede), intese singolarmente, potrebbero anche costituire valida spiegazione delle corrispondenti circostanze valorizzate dall’Amministrazione, deve, tuttavia, considerarsi che il complesso indiziario posto a fondamento del provvedimento di esclusione tra il suo valore probatorio dalla lettura complessiva di tutti elementi che ne costituiscono fondamento. Sicché anche rilievi suscettibili di lettura alternativa o che da soli non sarebbero sufficienti alla dimostrazione dell’unicità del centro decisionale, letti unitamente ad altri elementi particolarmente significativi (non contestati o adeguatamente smentiti dalla ricorrente), ne rafforzano il quadro di insieme e permettono di ritenere assolta da parte dell’Amministrazione la prova presuntiva richiesta dall’art. 95, co. 1, lett. d), D. Lgs. 36/2023.
Orbene, deve rilevarsi come la ricorrente si limiti, nei fatti, alle sole contestazioni relative ai profili poc’anzi evidenziati, non contrastando, invece, con adeguate spiegazioni e dimostrazioni gli elementi di maggior rilievo posti a fondamento del provvedimento di esclusione (come, nello specifico, quelli relativi ai legami familiari tra i componenti degli organi sociali, alla contiguità di residenza di questi ultimi, alla vicinanza di sede delle imprese coinvolte e alla presenza nel casellario ANAC di precedenti esclusioni determinate dalle medesime ragioni), sicché il valore indiziario complessivo risultante dalla prospettazione dell’Amministrazione non ne risulta inficiato.
Al contempo, la ricorrente non fornisce nemmeno la prova contraria in ordine all’insussistenza, pur a fronte dei richiamati elementi indiziari, di un collegamento sostanziale tra le società escluse. Sotto tale profilo, deve, in particolare, evidenziarsi come le affermazioni contenute nel ricorso in punto di asserita autonomia operativa delle imprese sono presentante in via del tutto generica, senza essere ricollegate a circostanze esplicative di carattere specifico o suffragate da elementi di prova, ragione per cui non possono ritenersi idonee ad integrare la suddetta prova contraria.
Per quanto detto, pertanto, la valutazione offerta dall’Amministrazione nelle motivazioni del provvedimento impugnato risulta ragionevole ed esente da vizi logici ed è tale da soddisfare lo standard probatorio di cui all’art. 95, co. 1, lett. d), D. Lgs. 36/2023, mentre, al contempo, le contestazioni di parte ricorrente non risultano idonee a consentire il superamento del dedotto quadro dimostrativo. Ne discende, quindi, la legittimità del provvedimento di esclusione oggetto del presente giudizio e, di conseguenza, l’infondatezza del ricorso.
ESCLUSIONE PER GRAVE ILLECITO PROFESSIONALE: LA S.A. DEVE ATTIVARE IL CONTRADDITTORIO PROCEDIMENTALE (98)
Il ricorso, nei termini di seguito precisati, appare manifestamente fondato, sicché la causa può essere definita con sentenza ai sensi dell’art. 60 c.p.a., essendo trascorsi almeno dieci giorni dall’ultima notificazione del gravame, non essendovi necessità di integrare il contraddittorio, risultando completa l’istruttoria e non avendo alcuna delle parti dichiarato di voler proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza o di giurisdizione.
Al riguardo il Collegio osserva quanto segue.
L’art. 95, primo comma, lettera e), del decreto legislativo n. 36/2023 stabilisce che: a) la stazione appaltante esclude dalla partecipazione alla procedura un operatore economico qualora accerti che l'offerente abbia commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati; b) all'art. 98 sono indicati, in modo tassativo, i gravi illeciti professionali, nonché i mezzi adeguati a dimostrare i medesimi.
L’art. 98, secondo comma, dispone che l'esclusione di un operatore economico ai sensi dell'art. 95, primo comma, lettera e), è disposta dalla stazione appaltante quando ricorrono tutte le seguenti condizioni: a) elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale; b) idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull'affidabilità e integrità dell'operatore; c) adeguati mezzi di prova di cui al comma 6.
Il sesto comma dell’art. 98 dispone che costituiscono mezzi di prova adeguati - in relazione al terzo comma, lettera g) - gli atti di cui all’art. 407-bis, primo comma, c.p.p., il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’art. 429 c.p.p. o eventuali provvedimenti cautelari reali o personali emessi dal giudice penale, la sentenza di condanna non definitiva, il decreto penale di condanna non irrevocabile, la sentenza non irrevocabile di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p.
L’art. 407-bis, primo comma, c.p.p. menziona l’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero, sicché la richiesta di rinvio a giudizio risulta, secondo quanto espressamente stabilito dal legislatore, un mezzo di prova in linea di principio adeguato ai fini della dimostrazione della commissione del grave illecito professionale.
Il provvedimento impugnato fa riferimento all’art. 98 del decreto legislativo n. 36/2023, il quale consente alla stazione appaltante di disporre l’esclusione - terzo comma, lettera g) - per grave illecito professionale in caso di contestata commissione da parte dell’operatore economico, ovvero dei soggetti di cui all’art. 94, terzo comma, di taluno dei reati consumati o tentati di cui al citato art. 94, primo comma.
L’art. 98, settimo comma, impone alla stazione appaltante di valutare i provvedimenti sanzionatori e giurisdizionali di cui al sesto comma motivando sulla ritenuta idoneità dei medesimi a incidere sull'affidabilità e sull'integrità dell'offerente, precisando che l'eventuale impugnazione dei medesimi è considerata nell'ambito della valutazione volta a verificare la sussistenza della causa escludente.
Può prescindersi in questa sede dal rilievo che la richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero non è, in effetti, un provvedimento giurisdizionale o sanzionatorio, essendo comunque chiaro l’intento del legislatore, posto che, a prescindere da eventuali improprietà del lessico normativo, la richiesta di rinvio a giudizio rileva ai sensi del citato art. 98, sesto comma, e, quindi, costituisce un mezzo di prova in linea di principio adeguato, il quale deve essere, infatti, valutato dalla stazione appaltante ai sensi del successivo settimo comma (anche perché esso costituisce un minus rispetto alla sentenza di condanna non definitiva).
Il secondo comma dell’art. 98 stabilisce che il provvedimento di esclusione debba essere motivato in relazione a tutte le condizioni di cui al secondo comma: a) elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale; b) idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull'affidabilità e integrità dell'operatore; c) adeguati mezzi di prova di cui al sesto comma.
Al riguardo nel provvedimento impugnato si afferma, in sostanza, quanto segue: a) la richiesta di rinvio a giudizio segue l’avviso di conclusione delle indagini preliminari; b) è stato contestato un reato che incide negativamente sul requisito soggettivo dell’integrità e dell’affidabilità professionale; c) la richiesta di rinvio a giudizio, unitamente alla misura cautelare adottata nei confronti di funzionari pubblici soggetti alla medesima indagine, costituiscono fatti specifici che fanno venir meno la fiducia e l’affidabilità dell’operatore economico.
La decisione assunta risulta, quindi, motivata, mentre altra questione è se tale motivazione sia corretta e condivisibile nel merito (posto che la motivazione, nella specifica prospettiva qui in esame, costituisce un requisito di “forma” del provvedimento, mentre l’erroneità della motivazione - e la conseguente erroneità del provvedimento - costituisce un vizio di natura “sostanziale”).
Tuttavia, le decisioni amministrative e le relative motivazioni rese a supporto presuppongono un ulteriore requisito procedimentale, cioè che esse siano l’esito di una compiuta ed esaustiva istruttoria.
Con riferimento alla specifica fattispecie in esame il legislatore ha, invero, escluso ogni forma di automatismo fra i provvedimenti assunti dall’autorità giudiziaria (ancorché di natura non giurisdizionale) e le determinazioni della stazione appaltante, con la conseguenza che, come più volte affermato dalla giurisprudenza (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, V, 19 agosto 2024, n. 3858), l’Amministrazione, nel disporre l’esclusione da una procedura di affidamento per grave illecito professionale, è tenuta ad attivare il contraddittorio procedimentale, all’esito del quale possono in ipotesi emergere circostanze tali da indurre l’Amministrazione medesima a non condividere la valutazione - preliminare, sotto un profilo processuale - del pubblico ministero.
Il ricorso, pertanto, appare fondato sotto tale specifico aspetto.
Deve anche aggiungersi, quanto al merito della questione, come sia pacifico che nessuna misura cautelare sia stata adottata nei confronti del legale rappresentante della società.
Per quanto attiene all’omessa dichiarazione della società sull’intervenuta richiesta di rinvio a giudizio, non occorre indagare se il Comune abbia, in ipotesi, reso in sede di giudizio un’integrazione postuma della motivazione o abbia inteso fornire prova che il provvedimento non avrebbe potuto avere diverso contenuto, con conseguente applicazione dell’art. 21-octies, secondo comma, della legge n. 241/1990.
La richiesta di rinvio a giudizio, infatti, è stata notificata al legale rappresentante della società in data 29 luglio 2024 (documento n. 2 allegato al ricorso; n. 003 nella numerazione del sistema NSIGA), cioè dopo l’adozione del provvedimento del Comune di omissis n. 05/LLPP/229 del 26 luglio 2024.
Il Comune, tuttavia, sembra fare più esattamente riferimento, non all’omessa dichiarazione relativa alla richiesta di rinvio a giudizio, ma all’omissione relativa all’esistenza di un’indagine penale (prodromica, in effetti, rispetto alla richiesta di rinvio a giudizio).
Al riguardo va, però, osservato che la pendenza di indagini preliminari - comprensibilmente - non costituisce un’ipotesi che rileva ai fini degli obblighi dichiarativi dell’operatore economico e che, comunque, in linea di principio l’indagato non è edotto dell’esistenza di indagini a suo carico, salvo che sia intervenuto un atto garantito, ovvero sia stato invitato a presentarsi per l’interrogatorio o abbia ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari (circostanze di cui non si ha contezza in questa sede e che neppure sono state chiarite nella fase procedimentale).
RTI: IN CASO DI VIZIO PENDENTE SU UNO DEI PARTECIPANTI SI PUO' ESTROMETTERE O SOSTIRUIRE (97.1)
L’art. 63, paragrafo 1, comma 2 della Direttiva CEE 24/2014 dispone che l’Amministrazione aggiudicatrice:
- “impone che l’operatore economico sostituisca un soggetto che non soddisfa un pertinente criterio di selezione o per il quale sussistono motivi obbligatori di esclusione”;
- “può imporre o essere obbligata dallo Stato membro ad imporre che l’operatore economico sostituisca un soggetto per il quale sussistono motivi non obbligatori di esclusione”.
Con la legge n. 78/2022, di delega per la riforma del codice dei contratti pubblici, il Parlamento ha demandato al Governo il compito di adottare, col nuovo codice, il menzionato art. 63, paragrafo 1, comma 2, della Direttiva 24/2014 e di uniformarsi all’interpretazione che di essa è stata resa dalla Corte di Giustizia, Sezione IX, 3 giugno 2021, in causa C-210/20. La Corte aveva chiarito che: “osta a una normativa nazionale in forza della quale l’Amministrazione aggiudicatrice deve automaticamente escludere un offerente da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico qualora un’impresa ausiliaria, sulle cui capacità esso intende fare affidamento, abbia reso una dichiarazione non veritiera quanto all’esistenza di condanne penale passate in giudicato, senza poter imporre o quanto meno permettere, in siffatta ipotesi, a tale offerente di sostituire detto soggetto”.
Su queste premesse, l’art. 97, comma 2, d. lgs 36/2023 statuisce che: “… se un partecipante al raggruppamento si trova in una delle situazioni di cui agli art. 94 e 95 …, il raggruppamento può comprovare di averlo estromesso o sostituito con altro soggetto munito dei necessari requisiti, fatta salva l’immodificabilità sostanziale dell’offerta presentata”.
Anche la relazione illustrativa rammenta, per l’appunto, che l’art. 97 del codice intende attuare la previsione contenuta nel menzionato art. 63 della Direttiva UE n. 24/2014, alla luce dell’interpretazione resa dalla Corte di Giustizia.
Per questo aspetto, dunque, l’art. 97 conferma ed amplia la disciplina già individuabile nel precedente codice degli appalti, il d. lgs 50/2016.
Da un lato, infatti, l’art. 97 d. lgs 36/2023 conferma gli orientamenti ai quali era pervenuta la giurisprudenza formatisi nella vigenza del precedente codice, laddove, in materia di “estromissione”, ammette la modifica del raggruppamento cosiddetto “per riduzione”.
Dall’altro, l’art. 97 d. lgs 36/2023 amplia le possibilità di modifica dei concorrenti a struttura plurisoggettiva, laddove, nell’introdurre la nozione di “sostituzione”, ammette la modifica del raggruppamento anche in via “aggiuntiva”.
Il legislatore ha consentito ai raggruppamenti, afflitti da vicende inerenti uno dei suoi componenti per condotte ai primi non imputabili e sulle quali non hanno potere di controllo, di prevedere, oltre alla misura dell’estromissione, anche quella della sostituzione
L’art. 97 supera pertanto le restrizioni presenti all’art. 48, commi 17 e 18, d. lgs. 50/2016, prevedendo due possibili misure volte a superare il vizio pendente a carico di uno dei partecipanti al RTI.
La prima misura è l’estromissione, con conseguente riduzione soggettiva dell’ATI e ridistribuzione interna tra i superstiti dei compiti.
La seconda misura è la sostituzione. Con tutta evidenza questa interviene nel caso in cui, in conseguenza dell’estromissione di uno dei componenti, vengano meno i requisiti di partecipazione. Per ovviare a simile inconveniente, l’operatore economico può provvedere a sostituire il partecipante del raggruppamento allo scopo di mantenere i requisiti, senza alterare la divisione dei compiti e fermo rimanendo il rispetto del principio di non modificabilità dell’offerta.
Si osserva al riguardo che l’espressione utilizzata dall’art. 97 d.l.gs. 36/2023 è identica a quella che si rinviene, con riguardo all’avvalimento, nell’art. 104, laddove si parla di “sostituzione”, ossia il subentro di un nuovo soggetto in conseguenza della fuoriuscita di quello precedente.
Il legislatore ha quindi spostato l’attenzione dal soggetto, il partecipante, all’oggetto della gara: in base al principio della par condicio, l’offerta già presentata non può in alcun modo subire modifiche rispetto al contenuto prospettato all’atto della domanda, mentre è consentito la modifica soggettiva, a condizione del rispetto dei requisiti di qualificazione.
Si registra sul punto un deciso orientamento della più recente giurisprudenza, in particolare:
- TAR Sicilia, Palermo sez. III, 22 gennaio 2024, n. 218 secondo cui, ai sensi del citato art. 97 d.lgs. 36/23, è ammessa la sostituzione di una consorziata designata, priva di un requisito generale di partecipazione, con altra consorziata;
- TAR Campania, Salerno, sez. I, 28 febbraio 2024, n. 541 riguardo alla possibilità di sostituire il progettista già designato.
PENDENZA DEL GIUDIZIO TRIBUTARIO: NON SI PUO' ESCLUDERE O.E. CHE HA VERSATO UN TERZO DELL'IMPORTO DOVUTO (95.2)
Osserva questo collegio che -OMISSIS- è stata esclusa dalla procedura di gara, ai sensi dell’art. 95, comma 2, d.lgs. 36 del 2023, e, in particolare, per la ritenuta sussistenza di gravi violazioni non definitivamente accertate agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse.
Il provvedimento è illegittimo per non avere considerato che la somma di €. 241.636,55 non è stata ancora versata dalla-OMISSIS-, in ragione della pendenza del giudizio tributario, avente ad oggetto l’avviso di accertamento relativo all’anno 2008. Nello specifico, -OMISSIS-ha versato unicamente un terzo di quanto dovuto, in base al detto accertamento, in applicazione del chiaro disposto normativo di cui all’art. 15 d.P.R. 602/1973, secondo il quale “le imposte, i contributi ed i premi corrispondenti agli imponibili accertati dall’ufficio ma non ancora definitivi, nonché i relativi interessi, sono iscritti a titolo provvisorio nei ruoli, dopo la notifica dell’atto di accertamento, per un terzo degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati”.
ELUSIONE PRINCIPIO DI ROTAZIONE - COINCIDENZA FORMALE E SOSTANZIALE TRA IMPRESE -ESCLUSIONE CONCORRENTE (95.1)
Invero, il provvedimento di esclusione impugnato risulta motivato (per relationem) mediante la integrale condivisione degli argomenti esposti dall’A.N.A.C. nel citato parere n. 567 in data 6 dicembre 2023, la quale ha evidenziato quanto segue: a) a ridosso della trasmissione della lettera di invito è stata costituita ad hoc una nuova società (odierna ricorrente e aggiudicataria), amministrata dal socio del contraente uscente nonché fratello dell’amministratore di quest’ultimo; b) tale società, essendo di nuova costituzione, ha stipulato un contratto di avvalimento con il contraente uscente; c) l’operatore che si è aggiudicato l’appalto, quindi, non soltanto risulta legato da uno stretto legame di parentela con il legale rappresentante dell’impresa uscente ma è anche detentore di quota di capitale sociale nell’impresa precedente aggiudicataria; d) la pluralità di tali indizi induce a ritenere che vi sia stato un accordo tra le due società per eludere la rotazione.
Il Collegio ritiene che si tratti di elementi fortemente indicativi dell’elusione del principio di rotazione, a partire dalla circostanza che la società aggiudicataria (odierna ricorrente) sia stata costituita pochi giorni prima dell’espletamento della procedura, avviando la propria attività proprio al momento del ricevimento della richiesta di offerta. Tale circostanza lascia presumere che il socio unico e amministratore ... – il quale già era titolare di altra impresa, in forma individuale, operante nel settore (e in passate gestioni affidataria del servizio) nonché titolare del 30% del capitale sociale del gestore uscente, omissis – abbia appositamente costituito una nuova impresa, dotata di giuridica autonomia rispetto alla ditta individuale ed alla società precedente aggiudicataria, per poter operare liberamente sul mercato in esame senza incorrere nei limiti imposti dal principio di rotazione degli operatori economici. L’esistenza di uno stretto legame familiare tra ... e ..., amministratore del gestore uscente omissis (della quale il primo è anche socio), corrobora la comunione di interessi e l’interdipendenza delle due imprese, in quanto è la concomitanza di plurimi fattori significativi e convergenti – vicende societarie (nuova costituzione della società aggiudicataria), partecipazione al capitale sociale del gestore uscente e legami di parentela tra gli amministratori – che ben può assumere valenza di prova indiziaria in ordine al reciproco condizionamento tra le imprese, tale da agevolare la formulazione delle offerte e l’aggiudicazione dell’appalto.
Tale quadro indiziario trova, ab externo, conferma nella coincidenza formale e sostanziale, per ampie parti, dell’offerta tecnica presentata in gara dalla odierna ricorrente con quella formulata dal gestore uscente, omissis., nell’ambito del precedente appalto, la quale appare indicativa dell’asimmetria informativa di cui l’aggiudicataria ha beneficiato, anche a discapito degli altri operatori economici del settore.
CAUSA DI ESCLUSIONE AUTOMATICA - PRESTAZIONI SANITARIE - INADEMPIMENTO CONTRATTUALE - NO SELF CLEANING (95.1.e)
Misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie.
Entrata in vigore del provvedimento: 08/06/2024
CAUSE DI ESCLUSIONE NON AUTOMATICHE - CONTROVERSIE PENDENTI IN SEDE TRIBUTARIA NON SONO DI COMPETENZA DELLA S.A. (95)
Da un punto di vista sostanziale, per il caso in questione, il Collegio osserva quanto segue.
È necessario anzitutto evidenziare che le disposizioni del nuovo Codice dei contratti pubblici relative alle cause di esclusione non automatiche vanno pur sempre lette ed interpretate tenendo conto di tutte le esigenze che vengono in rilievo nelle controversie relative agli appalti pubblici. Infatti, come ha correttamente eccepito OMISSIS, la tendenza del legislatore di consentire in misura sempre più ampia ai concorrenti di dimostrare la propria affidabilità morale, tecnica e finanziaria anche in presenza di situazioni che in passato implicavano l’esclusione quasi automatica va pur sempre temperata considerando le esigenze di tutela degli altri concorrenti e più in generale del mercato.
Questo, in particolare, vale proprio per il requisito che viene in rilievo nel presente giudizio, perché l’indiscriminata ammissione di concorrenti a carico dei quali esistono situazioni debitorie particolarmente pesanti nei confronti dell’Erario rischia di produrre fenomeni di dumping ai danni delle imprese che invece osservano le scadenze previste dalla legge per il pagamento di tasse, imposte e contributi di varia natura. Ugualmente rilevante è l’esigenza della stazione appaltante di contrattare con operatori economici solidi finanziariamente.
Da ultimo, poi, si deve tenere conto degli (in parte) innovativi principi che il legislatore del 2023 ha voluto premettere alle disposizioni del nuovo Codice degli appalti, fra i quali nella specie viene in risalto il principio della buona fede di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 36/2023.
Trasportando tali considerazioni al caso di specie, si possono svolgere le seguenti considerazioni.
La società ricorrente insiste molto nel richiamare norme e principi che disciplinano il rapporto fra l’Erario e il contribuente, nonché pronunce della Corte di Cassazione che hanno fatto applicazione di tali norme e principi, ma le pur pregevoli considerazioni svolte nel ricorso introduttivo e nei successivi scritti difensivi muovono da un presupposto fallace, visto che nel presente giudizio non viene direttamente in rilievo un contenzioso tributario. Questo vuol dire che, come del resto accade per le cause di esclusione che riguardano l’assenza dei requisiti di moralità e/o gli illeciti professionali, la stazione appaltante non è chiamata a dirimere il merito di controversie che coinvolgono il concorrente e che sono pendenti in sede tributaria (o in sede civile oppure che afferiscono al versante penale), bensì a valutare, in base alla documentazione disponibile, le ricadute che tali vicende hanno in relazione alla partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica e tenuto conto della disciplina degli istituti che connotano tali procedure.
È vero che nello svolgere tali valutazioni l’amministrazione deve tenere conto anche delle disposizioni fiscali, civili e penali che eventualmente vengono in rilievo, ma questo sempre al fine di svolgere la propria valutazione di sintesi, valutazione, peraltro, che va riferita al momento in cui deve essere adottato il provvedimento di ammissione o di esclusione (non è necessario, cioè, che la stazione appaltante attenda l’esito del giudizio penale o del processo civile o del processo tributario).
PAGAMENTO INTERVENUTO SUCCESSIVAMENTE ALLA DATA SCADENZA PRESENTAZIONE OFFERTE: ESCLUSIONE (94.6)
L’ultimo motivo di esclusione consiste nel fatto che «dal controllo veridicità dichiarazioni sostitutive della Consorziata esecutrice OMISSIS (…) risultano le seguenti violazioni: Ruoli / Carichi – DEFINITIVAMENTE ACCERTATI Identificativo atto – Anno imposta 2020 – identificativo atto 09720230220512941 data notifica 11/12/2023 € 758,36 Ruoli / Carichi – DEFINITIVAMENTE ACCERTATI Identificativo atto – Anno imposta 2019 – identificativo atto T2012062030516064700000017/D data notifica 05/10/2022 € 27.435,98 non dichiarate in sede di gara, rilevanti quali causa di esclusione automatica ai sensi dell’art. 94 D.lgs. 36/2023».
– Parte ricorrente contesta tale motivo di esclusione, evidenziando che i carichi tributari sono stati integralmente estinti e che, in ogni caso, sarebbe stata possibile la sostituzione del consorziato ai sensi dell’art. 97 d.lgs. n. 36 del 2023.
– Sotto il primo profilo, rileva il Tribunale che l’art. 94, comma 6 d.lgs. n. 36 del 2023 stabilisce che l’esclusione per violazioni tributarie non opera «quando l'operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o sanzioni, oppure quando il debito tributario o previdenziale sia comunque integralmente estinto, purché l'estinzione, il pagamento o l'impegno si siano perfezionati anteriormente alla scadenza del termine di presentazione dell'offerta».
Nel caso di specie, però, l’adempimento è successivo alla scadenza del termine di presentazione delle offerte, ragion per cui non vale ad escludere la causa di esclusione.
CAUSE DI ESCLUSIONE - VIOLAZIONI RITRENUTE GRAVI (95.2)
Ai sensi e per gli effetti dell'art. 95, comma 2, del codice, la violazione si considera grave quando comporta l'inottemperanza a un obbligo di pagamento di imposte o tasse per un importo che, con esclusione di sanzioni e interessi, è pari o superiore al 10 per cento del valore dell'appalto. Per gli appalti suddivisi in lotti, la soglia di gravità è rapportata al valore del lotto o dei lotti per i quali l'operatore economico concorre. In caso di subappalto o di partecipazione in raggruppamenti temporanei o in consorzi, la soglia di gravità riferita al subappaltatore o al partecipante al raggruppamento o al consorzio è rapportata al valore della prestazione assunta dal singolo operatore economico. In ogni caso, l'importo della violazione non deve essere inferiore a 35.000 euro. Costituiscono gravi violazioni in materia contributiva e previdenziale quelle ostative al rilascio del DURC, di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 30 gennaio 2015, ovvero delle certificazioni rilasciate dagli enti previdenziali di riferimento non aderenti al sistema dello sportello unico previdenziale.
ILLECITO PROFESSIONALE - CAUSE DI ESCLUSIONE NON AUTOMATICHE - OMESSA TEMPESTIVA COMUNICAZIONE -DECORRENZA TERMINI (96.10)
Ai sensi del comma 7 dell’art. 98, la stazione appaltante valuta i provvedimenti giurisdizionali di cui al comma 6 “motivando sulla ritenuta idoneità dei medesimi a incidere sull’affidabilità e sull’integrità dell’offerente; l’eventuale impugnazione dei medesimi è considerata nell’ambito della valutazione volta a verificare la sussistenza della causa escludente”.
Come rimarcato dal Consiglio di Stato nella relazione in data 7 dicembre 2022 sullo schema definitivo del nuovo Codice dei contratti pubblici (adottato con il decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, in attuazione dell’art. 1 legge 21 giugno 2022, n. 78), “si è rimessa alla disposizione generale in materia di cause di esclusione di cui all’art. 96 la disciplina “cornice” in punto di: - individuazione del momento iniziale di decorrenza del triennio per ciascuna causa non automatica di esclusione; - previsione di un onere di comunicazione e produzione da parte dell’operatore economico dei provvedimenti giudiziali, con riguardo alle fattispecie di causa “non automatica” di esclusione che trovi fonte in un provvedimento di una Autorità di settore, ovvero dei provvedimenti giudiziali per quelle integranti reato, e disciplina delle conseguenze dell’inottemperanza a tale onere in punto di decorrenza del periodo triennale di possibile esclusione”.
Invero, l’art. 96 citato, ai commi 10, 11 e 12, stabilisce: “10. Le cause di esclusione di cui all’articolo 95 rilevano:
a) per tre anni decorrenti dalla commissione del fatto, nel caso di cui all’articolo 95, comma 1, lettera a);
b) per la sola gara cui la condotta si riferisce, nei casi di cui all’articolo 95, comma 1, lettere b), c) e d);
c) nel caso di cui all’articolo 95, comma 1, lettera e), salvo che ricorra la condotta di cui al comma 3, lettera b), dell’articolo 98, per tre anni decorrenti rispettivamente:
1) dalla data di emissione di uno degli atti di cui all’articolo 407-bis, comma 1, del codice di procedura penale oppure di eventuali provvedimenti cautelari personali o reali del giudice penale, se antecedenti all’esercizio dell’azione penale ove la situazione escludente consista in un illecito penale rientrante tra quelli valutabili ai sensi del comma 1 dell’articolo 94 oppure ai sensi del comma 3, lettera h), dell’articolo 98;
2) dalla data del provvedimento sanzionatorio irrogato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato o da altra autorità di settore nel caso in cui la situazione escludente discenda da tale atto;
3) dalla commissione del fatto in tutti gli altri casi.
L’eventuale impugnazione di taluno dei provvedimenti suindicati non rileva ai fini della decorrenza del triennio.
L’operatore economico ha l’onere di comunicare immediatamente alla stazione appaltante la sussistenza di taluno dei provvedimenti menzionati ai numeri 1) e 2) della lettera c) del comma 10, ove non menzionati nel proprio fascicolo virtuale. Se contravviene all’onere di comunicazione il triennio inizia a decorrere dalla data in cui la stazione appaltante ha acquisito taluno di detti provvedimenti”.
In altri termini, il nuovo Codice dei contratti pubblici, affrontando questioni lasciate irrisolte dal precedente testo normativo, ha fissato le decorrenze iniziali del termine triennale (quest’ultimo così determinato in conformità al paragrafo 7 dell’art. 57 della direttiva europea n. 24/2014) per le cause non automatiche di esclusione.
Nella menzionata relazione, il Consiglio di Stato ha, al riguardo, evidenziato che: “quanto a quelle enucleanti la possibile commissione di un grave illecito professionale discendente da fatto di reato, si è stabilito che: a) per le ipotesi di grave illecito professionale discendenti dalla (asserita) commissione di un fatto penalmente rilevante, l’inizio della decorrenza del periodo triennale coincida con il provvedimento del pubblico ministero di esercizio dell’azione penale (art. 405, comma 1, c.p.p.) ovvero, ove a questo cronologicamente antecedente, con la data della emissione di una misura cautelare di natura personale (artt. 281-286 c.p.p.; artt. 288-290 c.p.p.) o reale (art. 321 c.p.p.,)… laddove la possibile sussistenza di una causa di esclusione coincida con un fatto di rilievo penale tra quelli annoverati nel comma 1 dell’art. 94 “doppiato” dal comma 4, lett. g), dell’art. 98, ovvero ai sensi dell’ art. 98 comma 4 lett. h), sembra corretto prevedere che il minimum ontologico valutabile dalla stazione appaltante non possa prescindere da un atto giudiziale che abbia ritenuto che la notitia criminis sia insuscettibile di immediata archiviazione o che (anche in un momento precedente rispetto a tale valutazione) ricorra una consistenza indiziaria grave precisa e concordante (art. 273 c.p.p.) tale da aver condotto all’emissione di una misura cautelare personale, restrittiva o interdittiva, ovvero, quantomeno, sussista un consistente fumus tale da aver condotto alla emissione della misura cautelare reale ex art. 321 c.p.p…. in occasione della emissione di tali atti ha luogo la discovery delle fonti di prova che - seppur non integrale, ciò dipendendo dalle scelte investigative poste in essere dall’organo d’accusa - fa sì che il soggetto destinatario del provvedimento venga reso edotto del materiale probatorio sul quale detti atti si fondano: ciò implica che detto materiale probatorio non sia più coperto da segreto, e che il soggetto nel cui interesse viene bandita la gara (art. 98, comma 2) possa valutarlo nell’ambito della propria discrezionalità”.
Inoltre, prosegue la relazione del Consiglio di Stato, “f) gli atti di cui al comma 10, lett. c), n. 1 “segnano” la decorrenza iniziale del triennio valutabile ai fini della possibile esclusione; la decorrenza è unica per ciascuna gara ed in relazione alla valutazione resa da ciascun soggetto nel cui interesse è bandita la gara (cfr. comma 7, lett. g) ed h) dell’art. 98 disciplinante l’illecito professionale); salvo quanto si è detto appena in precedenza, nel fluire del procedimento (e poi eventualmente del processo) penale, possono sopravvenire ulteriori atti (ad esempio una sentenza di condanna non definitiva); in tali casi la decorrenza del triennio non muta, ed è sempre fissata con riguardo al “primo” atto (sotto il profilo cronologico) tra quelli indicati al comma 10. lett. c), n. 1 dell’articolo proposto; ciò che muta in questi casi è il compendio dimostrativo che il soggetto nel cui interesse è bandita la gara avrà a disposizione per valutare la fattispecie; ma ciò non incide sulla decorrenza iniziale dell’arco temporale triennale (come peraltro più approfonditamente chiarito nella relazione di accompagnamento all’art. 98 descrittivo dell’illecito professionale)”.
Quindi, secondo l’interpretazione evincibile dal chiaro tenore letterale dell’art. 96, comma 10, lett. c, n. 1, confortata dalla relazione esplicativa del Consiglio di Stato sullo schema di provvedimento, in caso di sentenza di condanna non definitiva per un reato di cui al comma 1 dell’articolo 94, la causa di esclusione (non automatica) ex art. 95 rileva per un triennio decorrente dalla data di rinvio a giudizio (o di altro atto con il quale è stata esercitata l’azione penale), ovvero dalla data della misura cautelare applicata, se antecedente all’esercizio dell’azione penale.
Ciò in quanto, in linea con i principi espressi dalla direttiva europea in materia di appalti pubblici, deve escludersi la rilevanza di fatti che – per il tempo trascorso – non rappresentano più un indice su cui misurare l’affidabilità professionale dell’operatore economico, ed, a tal fine, deve aversi riguardo all’accertamento in sede giudiziale della commissione del fatto con sufficiente grado probabilistico in ordine alla colpevolezza dell’indagato (quantomeno individuabile nel grave quadro indiziario che giustifica l’emissione di una misura cautelare).
Inoltre, l’impugnazione di tali provvedimenti giudiziari così come la successiva evoluzione (in senso confermativo del fumus commissi delicti) del procedimento penale, con l’emanazione della sentenza di condanna non definitiva, non hanno l’effetto di determinare uno slittamento del dies a quo di decorrenza del termine triennale, restando, altrimenti, vanificata la ratio dell’introduzione di un termine fisso, e, dunque, “l’esigenza di “unicità” e “immodificabilità del termine triennale” (cfr. relazione del Consiglio di Stato, cit.) di rilevanza dell’illecito penale ai fini della partecipazione alla gara pubblica.
Pertanto, nel caso di specie, la possibile causa di esclusione rappresentata dalla commissione del delitto di cui all’art. 318 c.p., accertata in sede penale con sentenza non ancora passata in giudicato, non può assumere rilevanza ai fini della partecipazione della ricorrente alla procedura competitiva, essendo decorso un periodo superiore a tre anni dal momento dell’applicazione della misura cautelare personale (circostanza non contestata).
Il Comune resistente ha eccepito che l’omessa comunicazione dell’ordinanza cautelare da parte della ricorrente comporta la sanzione della decorrenza del termine triennale di rilevanza del fatto non già dalla data di adozione dell’atto che applica la misura cautelare bensì dalla data in cui la stazione appaltante ne sia entrata in possesso.
In effetti, il comma 12 dell’art. 96 stabilisce che “L’operatore economico ha l’onere di comunicare immediatamente alla stazione appaltante la sussistenza di taluno dei provvedimenti menzionati ai numeri 1) e 2) della lettera c) del comma 10, ove non menzionati nel proprio fascicolo virtuale. Se contravviene all’onere di comunicazione il triennio inizia a decorrere dalla data in cui la stazione appaltante ha acquisito taluno di detti provvedimenti”.
Tuttavia, come anche sembra evincersi dai passaggi della relazione del Consiglio di Stato sopra riportati, la norma (in tal modo dovendosi la stessa interpretare per ragioni di ordine logico e sistematico) ha inteso più propriamente riferire la sanzione dello spostamento della decorrenza del triennio all’omessa comunicazione dei provvedimenti giurisdizionali costituenti prova dell’illecito professionale (quali sono quelli elencati all’art. 98, comma 6, lettera g, tra cui anche la sentenza non definitiva di condanna).
Poiché la ricorrente ha puntualmente dichiarato in sede di partecipazione alla gara l’esistenza della sentenza di condanna, quale ultimo atto emesso nell’ambito di quel procedimento penale (avviato con la convalida dell’arresto in flagranza di reato e l’applicazione di misura cautelare personale), non sussiste, ad avviso del Collegio, l’omissione dichiarativa che giustifica la sanzione dello slittamento del termine triennale.
Nondimeno, l’omessa comunicazione (anche) del provvedimento cautelare dal quale far decorrere il termine triennale di cui all’art. 96, comma 10, lett. c, n. 1, rende scusabile l’errore in cui è incorsa l’Amministrazione, integrando una giusta causa di compensazione delle spese processuali.
Ne deriva la fondatezza del primo motivo di ricorso, restando assorbite le ulteriori censure.
I REQUISITI DI PARTECIPAZIONE DEVONO SUSSISTERE PER TUTTA LA DURATA DELLA GARA E SINO ALLA STIPULA DEL CONTRATTO
L’art. 85, comma 1, del D. Lgs. n. 50 del 2016 dispone che il concorrente, al momento della presentazione della domanda di partecipazione, autodichiari, attraverso il documento di gara unico europeo (DGUE), l’assenza di cause di esclusione di cui al precedente art. 80.
Pur se l’art. 85 non prevede espressamente il dovere di comunicare alla stazione appaltante le eventuali cause di esclusione dalla gara verificatesi in un momento successivo alla presentazione dell’offerta, il relativo onere dichiarativo deve ricollegarsi, alla necessità, sancita dall’art. 1, comma 2-bis, della L. 7 agosto 1990, n. 241, che: “I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione (siano) improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede”.
Tale disposizione, infatti, ha posto un principio generale sull’attività amministrativa e si estende indubbiamente anche allo specifico settore dei contratti pubblici (Cons. Stato, Sez. III, 19 febbraio 2024, n. 1591; Sez. V, 16 agosto 2021, n. 5882).
Poiché i requisiti di partecipazione devono sussistere per tutta la durata della gara e sino alla stipula del contratto (e poi ancora fino all’adempimento delle obbligazioni contrattuali), discende, de plano, il dovere della stazione appaltante di compiere i relativi accertamenti con riguardo all’intero periodo
A tal fine, con specifico riguardo al requisito concernente l’assenza di debiti tributari, la certificazione rilasciata dall’amministrazione fiscale competente (Agenzie delle Entrate o eventualmente altra amministrazione titolare di poteri impositivi), ai sensi dell’art. 86, comma 2, lett. b), del D. Lgs. n. 50/2016, deve coprire l’intero lasso temporale rilevante, ovvero quello che va dal momento di presentazione dell’offerta sino alla stipula del contratto.
Va, infine, puntualizzato che, indipendentemente dalle verifiche compiute dalla stazione appaltante, il concorrente che impugna l’aggiudicazione può sempre dimostrare, con qualunque mezzo idoneo allo scopo, sia che l’aggiudicatario fosse privo, ab origine, della regolarità fiscale, sia che egli abbia perso quest’ultima in corso di gara.
Il contributo unificato va ascritto alla categoria delle entrate tributarie, delle quali condivide tutte le caratteristiche essenziali, “quali la doverosità della prestazione e il collegamento della stessa ad una pubblica spesa, cioè quella per il servizio giudiziario, con riferimento ad un presupposto economicamente rilevante”. Identica natura fiscale va riconosciuta alle sanzioni pecuniarie conseguenti al mancato o al ritardato pagamento del contributo unificato, trattandosi di obbligazioni accessorie che hanno fondamento in un rapporto di tipo tributario (si veda l’art. 2, comma 1, del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che, infatti, attribuisce la giurisdizione sulle sanzioni in parola al Giudice Tributario). Il mancato pagamento delle sanzioni irrogate a seguito del mancato versamento del contributo unificato nei tempi previsti integra la causa di esclusione prevista dall’art. 80, comma 4, del D. Lgs. n. 50 del 2016, laddove la violazione sia grave e definitivamente accertata.
L’art. 5 della delibera n. 111 del 2012 [che regolamenta l'AVCPASS], che elenca gli enti certificanti tenuti a mettere a disposizione la documentazione e i dati in proprio possesso, relativi ai requisiti di carattere generale per la partecipazione alle gare, non individua, tra di essi, il Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa, per cui, l’esistenza dei eventuali debiti fiscali nei confronti di quest’ultimo non emerge dal documento rilasciato dall’ANAC.
COSTI DELLA SICUREZZA: L'O.E. CHE DICHIARA ZERO NON E' EQUIPARABILE A COLUI CHE OMETTE DI INDICARLI
Al riguardo va osservato come, in relazione alla specifica voce di costo in rilievo, sia stato precisato in sede interpretativa che “gli “oneri aziendali” della sicurezza sono … rimessi alla esclusiva sfera di valutazione del singolo partecipante in quanto gli stessi variano da un’impresa all’altra e sono influenzati nel loro ammontare dall'organizzazione produttiva e dal tipo di offerta”, per cui “Tali oneri rientrano nell’offerta economica che l’operatore presenta alla stazione appaltante come costo variabile da sostenere per l’esecuzione dell’appalto; ne è imposta la necessaria indicazione dall’art. 95, comma 10 del Codice dei contratti pubblici perché la stazione appaltante possa verificare in che modo l'operatore economico sia giunto a formulare il prezzo del servizio offerto e se non abbia, per rendere maggiormente conveniente la sua offerta, eccessivamente sacrificato proprio detta voce di costo”, evidenziando sul punto che “La necessaria indicazione degli oneri per la sicurezza aziendale risponde, pertanto, all'esigenza di tutela del lavoro sotto il profilo della salute e della sicurezza dei lavoratori (art. 31 Cost.), così come l’altrettanto necessaria indicazione dei costi della manodopera tutela il lavoro per il profilo relativo alla giusta retribuzione (art. 36 Cost.)…” (in tal senso, cfr. Cons. St., sez. IV, sent. 26 aprile 2022, n. 3169, punto 13.2).
La recente giurisprudenza amministrativa ha altresì affrontato la specifica ipotesi oggetto della presente disamina, rappresentata dal caso in cui l’offerta del concorrente rechi una indicazione di tali costi espressa mediante la relativa quantificazione in misura pari a zero, evidenziandone la non equiparabilità – alle condizioni precisate in sede interpretativa – alla (distinta) ipotesi di omessa indicazione dei costi medesimi da parte dell’offerente.
Al riguardo è stato osservato, in particolare, come “la situazione del concorrente che si esime dall’emarginare nella propria offerta economica la cifra dei costi della sicurezza, è diversa da quella del concorrente che, in base alla sua politica imprenditoriale e alla personale organizzazione dei fattori produttivi, dichiara, per le ragioni più varie, di non dover sostenere alcun costo diretto in termini di sicurezza in relazione ad un determinato appalto” (in tal senso, cfr. TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 26 aprile 2021, n. 2686, confermata in sede di appello da Cons. St., sez. VII, sent. 1 marzo 2022, n. 1454).
Nella delineata prospettiva è stato chiarito, per quanto concerne l’ipotesi in odierna considerazione, che “La questione pertanto si sposta dal piano formale a quello sostanziale”, nello specifico inerente alla congruità dell’anzidetta quantificazione, evidenziando sul punto che “L’indicazione di costi della sicurezza pari a zero sottintende una specifica valutazione, da parte dell’impresa offerente, in ordine agli effetti economici dell’applicazione delle regole di sicurezza nello svolgimento concreto del servizio, ascrivibile alla consapevole volontà di determinarli in tale misura, sulla base dell’assunto che, in ragione di particolari circostanze relative alla tipologia di appalto e/o alle modalità con le quali si ritenga di fare fronte ai costi predetti, l’indicato azzeramento corrisponda all’effettiva incidenza degli stessi sull’offerta economica”, per cui “Ne deriva che ogni questione di verifica del rispetto dei doveri inerenti alla salute e alla sicurezza sul lavoro è destinata a spostarsi dal versante dichiarativo a quello sostanziale, concernente la congruità di una simile quantificazione” (in tal senso, cfr. TAR Piemonte, sez. II, sent. 20 gennaio 2023, n. 77).
La questione posta dalla fattispecie in considerazione, involgendo (per le ragioni sopra riportate) il piano sostanziale afferente alla congruità dell’anzidetta quantificazione, investe dunque la verifica di anomalia dell’offerta celebrata in sede procedimentale, al fine di accertare se nel contesto dell’espletato sub-procedimento siano stati richiesti dalla Stazione appaltante elementi in merito alla quantificazione – in misura pari a zero – degli oneri per la sicurezza operata dal concorrente interessato ovvero siano stati offerti dal concorrente medesimo, attraverso le giustificazioni rese in sede di gara, elementi plausibili a sostegno dell’assenza di costi interni per la sicurezza dichiarata nell’offerta economica, inerenti in particolare alle “modalità di gestione” del servizio oggetto di affidamento, ovvero “in ragione di particolari circostanze relative alla tipologia di appalto e/o alle modalità con le quali si ritenga di fare fronte ai costi predetti” (in tal senso, cfr. TAR Piemonte, sez. II, sent. n. 77/2023, cit. e Cons. St., sez. VII, sent. n. 1454/2022, cit.).
UNICO CENTRO DECISIONALE - ESPULSIONE DA PROCEDURA DI GARA - CRITERI DI INDIVIDUAZIONE (95.1-d)
RITENUTO che, considerati i fatti e le circostanze peculiari che hanno dato origine alla causa di esclusione rilevata dalla Stazione appaltante, appare condivisibile quanto sostenuto dal Tar Lazio (sez. III, sent. n. 2819/2023) in occasione di un caso analogo a quello in esame (confezionamento di due offerte simili da parte di due distinti 00.00. che si erano avvalsi del medesimo consulente esterno per la progettazione delle rispettive offerte tecniche), secondo il quale <<nella fattispecie all'esame non ricorre alcuna delle suindicate circostanze indizianti e tenuto nel debito conto il fatto che la ricorrente aveva idoneamente rappresentato nel corso del procedimento la ragione per cui la sua offerta tecnica era simile a quella dell'altra impresa esclusa, indicandola nella circostanza che l'elaborazione di essa era stata affidata inconsapevolmente al medesimo professionista; ritenuto pertanto che nella fattispecie non emerge quella situazione di collegamento sostanziale e di unicità di centro decisionale che la norma di cui all'art. 80, CO. 5, lett. m.), d.lgs. n. 50/2016 è preordinata a scongiurare stabilendo che l'amministrazione appaltante esclude dalla gara un operatore economiche che versi "in una situazione di controllo di cui all'articolo 2359 del codice civile o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale">>;
RITENUTO dunque di poter escludere il ricorrere della fattispecie di cui all'art. 95, comma 1, lett. d) del Codice e ritenuto, altresì, di poter escludere la sussistenza, evidentemente, tanto dell'elemento psicologico del dolo quanto quello della colpa grave con riferimento ad un ipotetico mancato controllo sull'attività posta in essere dal professionista incaricato, in quanto non pare potersi addebitare alla società interessata la violazione di alcun particolare dovere di diligenza professionale, non essendo obiettivamente esigibile l'adozione di particolari cautele contrattuali né comportamentali in grado di eliminare o, quantomeno, attenuare il rischio delle conseguenze negative derivanti dall'attività professionale del consulente esterno incaricato di predisporre la documentazione amministrativa e l'offerta economica: quest'ultimo, infatti, appare essere l'unico responsabile dell'accaduto in quanto unico soggetto effettivamente a conoscenza della contemporanea partecipazione delle due società escluse alla gara e per di più onerato, secondo le ordinarie norme deontologiche, dell'obbligo di svolgere la propria attività secondo buona fede e correttezza, con diligenza professionale e soprattutto, per quel che rileva nel caso di specie, in assenza di conflitto di interessi;
RITENUTO, conseguentemente, che l'evento occorso non integra la fattispecie di cui all'art. 95, comma 1, lett. d) del Codice, ovvero l'imputabilità delle offerte di due o più concorrenti ad un unico centro decisionale, e che l'offerta della società [OMISSIS], benché di fatto acquisita due volte in gara a causa del descritto errore commesso dal professionista esterno, mentre comporta necessariamente l'esclusione dalla gara dell'altro operatore economico che aveva incaricato il medesimo professionista in quanto la propria offerta non è mai pervenuta alla Stazione appaltante, non è suscettibile di sanzione espulsiva, non solo perché formalmente non viola la disposizione sopra citata, ma anche perché non lede in alcun modo il libero gioco concorrenziale, né la par condicio competitorum, il Consiglio ritiene, per tutte le motivazioni che precedono, che l'esclusione dalla procedura di gara della società [OMISSIS] non sia conforme alle disposizioni di cui all'art. 95, comma 1, lettera d) del D.lgs. n. 36 del 2023 e che pertanto non possano essere adottati i consequenziali provvedimenti di legge.
UNICO CENTRO DECISIONALE: L'IDENTITA' DELLE RELAZIONI TECNICHE DEGLI O.E. NE E' LA PROVA (80.5)
Ai sensi dell’art. 80 al comma 5 lett. m) del D.Lgs. n. 50/2016 (applicabile ratione temporis alla procedura per cui è causa in quanto indetta prima del 1° luglio 2023 data di acquisto dell’efficacia del nuovo codice di cui al D.Lgs. n. 36/2023) “5. Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, qualora: (….) m) l'operatore economico si trovi rispetto ad un altro partecipante alla medesima procedura di affidamento, in una situazione di controllo di cui all'articolo 2359 del codice civile o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale”.
La disposizione normativa sopra richiamata contempla due distinte ipotesi alternative da cui è possibile inferire la riconducibilità delle offerte ad un “unico centro decisionale”, alla ricorrenza delle quali la stazione appaltante deve provvedere alla esclusione del concorrente, come desumibile, sul piano della tecnica legislativa, dall’uso dell’indicativo deontico <escludono> che sottende l’imperatività della norma:
1. sussistenza di una situazione di controllo “formale” di cui all'articolo 2359 del codice civile;
2. sussistenza di una relazione sostanziale.
La ratio della norma è quella, infatti, di evitare il (rischio di un) previo accordo tra gli offerenti (appartenenti al medesimo gruppo o centro di interessi economici), che comprometterebbe la serietà del confronto concorrenziale <ciò, in quanto la riconducibilità di due o più offerte a un unico centro decisionale costituisce ex se elemento idoneo a violare i generali principi in tema di par condicio, segretezza e trasparenza delle offerte[...]> (Consiglio di Stato, Sez. V - sentenza 22 dicembre 2023 n. 11155; Consiglio di Stato, Sez. V – sentenza 6 febbraio 2017, n. 496).
Il bene giuridico tutelato dalla disposizione in esame è la concorrenza e lo sviluppo del mercato interno, che impongono, da un lato, la più ampia partecipazione possibile alle gare e, dall'altro lato, l'effettiva competizione fra i partecipanti (T.A.R. Lazio Roma, Sez. stralcio, 24/08/2023, n. 13435).
Per consolidata giurisprudenza, dalla quale il Collegio non ha ragione di discostarsi, la sussistenza di una posizione di controllo societario ai sensi dell’articolo 2359 c.c., ovvero la sussistenza di una più generica «relazione, anche di fatto» (secondo una formulazione comprensibilmente ampia) fra due concorrenti costituiscono condizione necessaria, ma non anche sufficiente, perché si possa inferire il reciproco condizionamento fra le offerte formulate. A tal fine è altresì necessario che venga fornita adeguata prova circa il fatto «[che] la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili a un unico centro decisionale» (Cons. Stato, V sezione, 4 gennaio 2018, n. 58).
La più recente giurisprudenza ha chiarito che “L’esistenza di un “unico centro decisionale” può essere effettuata ab externo e cioè sulla base di elementi strutturali o funzionali ricavati dagli assetti societari e personali delle società, ovvero, ove per tale via non si pervenga a conclusione positiva, mediante un attento esame del contenuto delle offerte dal quale si possa evincere l’esistenza dell’unicità soggettiva sostanziale. Si rivela, dunque, dirimente in siffatte evenienze una puntuale verifica sulle concrete implicazioni che un tale rapporto possa avere avuto sul comportamento degli operatori nell’ambito della specifica procedura di gara e, segnatamente, quanto al confezionamento delle offerte.” (ibidem, Consiglio di Stato, Sez. V - sentenza 22 dicembre 2023 n. 11155).
Applicate le surrichiamate coordinate ermeneutiche alla fattispecie per cui è causa, rileva il Collegio che l’esclusione della ricorrente dalla procedura di gara risulta esente dai vizi denunciati.
Infatti la stazione appaltante, ad un attento esame del contenuto delle offerte della società C.e M., ha desunto l’esistenza di una obiettiva e certa “relazione di fatto” tra i due operatori economici.
Appare inconferente al caso di specie il richiamo al precedente giurisprudenziale citato dalla ricorrente (T.A.R. Campania Napoli sentenza16/06/2023 n. 3672) in quanto in quel caso è stata riscontrata la sovrapponibilità di alcuni aspetti meramente formali di solo tre pagine su ventotto della relazione tecnica ed è stata accertato, nel corso del giudizio, attraverso la dichiarazione del tecnico incaricato, l’utilizzo ad opera di quest’ultimo di precedenti relazioni relative ad altre gare elaborate in favore di imprese diverse.
In buona sostanza la riscontrata ed obiettiva identità delle due relazioni tecniche ben giustifica la ritenuta comunanza di interessi tra i partecipanti alla gara tale da giustificare la potenziale alterazione del regime concorrenziale della selezione.
SELF-CLEANING - CAUSE DI ESCLUSIONE AUTOMATICHE E NON AUTOMATICHE - NUOVO CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI (94)
Il nuovo codice degli appalti pubblici (D.Lgs. n. 36/2023) distingue tra: I) cause automatiche di esclusione ex art. 94, tra cui alla lett. ‘b’ del primo comma, eventuali sentenze di condanna definitiva o decreti penali irrevocabili di condanna in riferimento ai delitti consumati o tentati, di cui agli artt. 317, 318, 319, 319 ter, 319 quater, 320, 321, 322, 322 bis, 346 bis, 353, 353 bis, 354, 355 e 356 del c.p. nonché all'art. 2635 del c.c. riportati da soggetti di cui al comma 3 (es. titolare, socio, etc.); II) causa non automatiche di esclusione (art. 95);
- in tale ultima previsione rientra alla lett. e) l’ipotesi dell’l'offerente che “abbia commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati. All'articolo 98 sono indicati, in modo tassativo, i gravi illeciti professionali, nonché i mezzi adeguati a dimostrare i medesimi”;
- tra i gravi illeciti professionali indicati in modo tassativo dall’art. 98, comma 3, rientra alla lett. g), per quanto rileva nel presente giudizio, la “contestata commissione da parte dell'operatore economico, ovvero dei soggetti di cui al comma 3 dell'articolo 94 di taluno dei reati consumati o tentati di cui al comma 1 del medesimo articolo 94”, norma quest’ultima che richiama i reati contro la P.A. sopra riportati;
- ancora, l’art. 98 indica al comma 6 i mezzi di prova adeguati in relazione al comma 3, tra cui in riferimento alla lett. g) del comma 3 (disposizione che, come si è visto, rinvia alle fattispecie di reato di cui all’art. 94, comma 1), il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell'articolo 429 del codice di procedura penale;
- in altri termini, sulla base delle citate previsioni può ritenersi che l’adozione del decreto che dispone il giudizio per le fattispecie di reato di cui all’art. 94, comma 1, lett. ‘b’ integri una causa di esclusione non automatica;
- orbene, ai sensi dell’art. 96, comma 2, l’esclusione di un operatore economico in ragione di una fattispecie “non automatica” di cui all’art. 95 (con l’eccezione del comma 2 che attiene alla diversa ipotesi di violazioni tributarie e previdenziali) non può essere disposta se si verificano le seguenti condizioni cumulative:
I) il concorrente abbia adottato misure di self – cleaning sufficienti a dimostrare la propria affidabilità secondo le indicazioni contenute nel comma 6 dell’art. 96 (aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall'illecito; aver chiarito i fatti e le circostanze in modo globale collaborando attivamente con le autorità investigative; aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti); tali misure devono essere adeguatamente valutate dall’amministrazione appaltante considerando la gravità e le particolari circostanze del reato o dell'illecito, nonché la tempestività della loro assunzione, potendo prospettarsi uno degli epiloghi di seguito indicati: a) se tali misure sono ritenute sufficienti e tempestivamente adottate, l’operatore non è escluso dalla procedura d'appalto; b) se la stazione appaltante ritiene che le misure siano intempestive o insufficienti, ne comunica le ragioni all'operatore economico;
II) l’operatore abbia assolto agli oneri di cui ai commi 3 o 4 del medesimo articolo, cioè: 1) nel caso in cui la causa di esclusione si sia verificata prima della presentazione dell’offerta, abbia indicato eventuali misure di self – cleaning, ovvero la impossibilità di tale tempestiva adozione ma vi provveda in seguito; 2) qualora la causa di esclusione si verifichi successivamente alla presentazione dell’offerta, l’operatore adotti tali misure di self - cleaning;
- dal descritto quadro normativo si desume che l’eventuale esclusione, in presenza di cause “non automatiche” ex art. 95, nei confronti di un operatore che – come nel caso in esame – abbia puntualmente indicato le vicende ostative ed indicato le misure di self – cleaning ex art. 96, avrebbe dovuto essere preceduta da motivata valutazione: in prima battuta, l’amministrazione avrebbe dovuto vagliare “in astratto” l’attitudine dei fatti storici e delle imputazioni come potenziali elementi di rottura del rapporto fiduciario, verificando in concreto che i procedimenti pendenti incidano in senso negativo, alla stregua di un giudizio prognostico, anche in merito alla procedura di gara in questione, a tal fine valutando ogni circostanza del caso (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 4669/2023; T.A.R. Piemonte n. 932/2023), inoltre avrebbe dovuto valutare le predette misure self -cleaning, con specifico riferimento alla tempestività della loro assunzione e la loro sufficienza a ristabilire la fiducia (art. 96, comma 6);
- nel caso in esame la stazione appaltante si è discostata dalle precitate previsioni; difatti, dal verbale di gara del 20.12.2023 emerge che le valutazioni di cui sopra non sono state svolte, essendo stata disposta in via automatica l’esclusione in dipendenza della pendenza dei procedimenti penali dichiarati dalla partecipante, senza ulteriori approfondimenti;
- la scrutinata illegittimità non può ritenersi emendata sotto il profilo motivazionale dalle ragioni articolate in giudizio dalla difesa della parte resistente in quanto, secondo consolidata giurisprudenza amministrativa, si palesa inammissibile una integrazione postuma della motivazione, rispetto a quanto riportato nel contenuto dei provvedimenti impugnati, resa nel corso del giudizio e contenuta negli scritti difensivi dell’amministrazione.
GRAVE ILLECITO PROFESSIONALE: L'ESCLUSIONE DELL'O.E. NON E' AUTOMATICA MA LEGATA AD UNA VALUTAZIONE DISCREZIONALE DELLA S.A. (98)
Giova rammentare che le circostanze annotate nel Casellario Anac come “utili” hanno mera valenza di pubblicità notizia, in quanto idonee a portare a conoscenza delle Stazioni Appaltanti eventi riguardanti un determinato operatore economico, potenzialmente in grado di incidere sulla sua affidabilità ai fini della partecipazione a pubbliche gare.
In ordine agli eventi potenzialmente oggetto di iscrizione, l’Autorità è chiamata unicamente a valutare la conferenza della notizia rispetto alle finalità di tenuta del Casellario informatico, nonché l’utilità della stessa quale indice rivelatore di inaffidabilità dell'operatore economico attinto dall’annotazione, giammai potendo sostituirsi alle stazioni appaltanti nella valutazione circa la portata escludente, in concreto, dell’evento iscritto (cfr., ex multis, Tar Lazio, Sez. I quater, 9 marzo 2023, n. 3945; Cons. Stato, Sez. V, 21 febbraio 2020, n. 1318).
Al lume delle suesposte considerazioni, deve dunque concludersi che, se per un verso all’annotazione nel Casellario di un determinato evento non è ascrivibile alcun automatismo impeditivo in ordine alla partecipazione dell’operatore ad una successiva gara, per l’altro la mancata annotazione non può precludere, ex se, alla stazione appaltante di disporre l’esclusione di un operatore ritenuto inaffidabile.
La doglianza si rivela, dunque, infondata.
Può ora procedersi all’esame delle censure contenute nel primo e terzo motivo di ricorso, tra loro intimamente connesse, che attengono alla contestazione dell’esercizio del potere di esclusione.
Con la prima censura, le ricorrenti si dolgono dei profili di contraddittorietà, sviamento istruttorio e motivazionale che affliggerebbero i provvedimenti impugnati, alla luce delle pregresse vicende che hanno caratterizzato i rapporti tra le parti, così come descritte in narrativa.
Il motivo di ricorso quindi evidenzia ragioni esogene all’impianto motivazionale posto a sostegno del provvedimento di esclusione, che dimostrerebbero lo sviamento di potere che avrebbe in tesi caratterizzato l’attività dell’amministrazione.
Con il terzo motivo di ricorso le ricorrenti, quand’anche ritenute non fondate le questioni poste in via generale con il primo motivo, censurano invece, nel merito, la motivazione posta dalla stazione appaltante a fondamento della disposta esclusione, ritenendo, da un lato, che i fatti addotti siano del tutto inidonei a inferire un giudizio di inaffidabilità a proprio carico e, dall’altro, contestando che le condotte loro addebitate, quali l’abbandono del cantiere e il rifiuto di eseguire nuovi e diversi ordini di servizio, siano suscettibili di assurgere a grave illecito professionale, in quanto, piuttosto, indotte dal sistematico ritardo nella contabilizzazione dei lavori, imputabile ad A.
Quest’ultima, inoltre, nel valutare la gravità delle condotte ascritte a controparte, non avrebbe considerato né il tempo trascorso dalle rilevate condotte inadempitive, né la pendenza di un giudizio civile avente ad oggetto la contestazione della risoluzione.
In premessa, si rileva che il provvedimento impugnato è stato adottato ai sensi del combinato disposto degli artt. 95, comma 1 lett. e) e 98 del D.lgs. n. 36/2023, ritenendosi integrato un grave illecito professionale da parte degli operatori in relazione alla già ampiamente descritta vicenda che ha condotto all’adozione del provvedimento di risoluzione del precedente contratto disposta con il -OMISSIS-, per i medesimi lavori e il medesimo Lotto per cui è oggi causa.
La causa di esclusione non automatica, nella sistematica del nuovo Codice dei Contratti, è dunque riconducibile alla sussistenza di un grave illecito professionale, che è da considerarsi integrato, ai sensi del nuovo art. 98, comma 2 del Codice, allorquando ricorrano le seguenti condizioni:
(i) elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale;
(ii) idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore; (iii) adeguati mezzi di prova di cui al comma 6.
Per quanto qui rilevante, nell’ambito dell’elencazione tassativa di cui all’art. 98, comma 3 del Codice, si desume l’illecito professionale, ai sensi della lett. c), dalla “condotta dell'operatore economico che abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento (…)”, costituendo adeguato mezzo di prova, nell’elenco di cui al comma 6, proprio “l’intervenuta risoluzione per inadempimento” (lett. c).
Premessa perciò, ai sensi della nuova disciplina e superando la previgente impostazione, la necessaria sussistenza di una delle fattispecie espressamente previste come tassative per configurare un grave illecito professionale, nonché la necessaria prova di esse con uno dei mezzi tassativamente indicati dal comma 6, non è invece mutata l’impostazione in ordine alla natura del potere dell’amministrazione di valutazione circa l’idoneità dell’illecito professionale ad incidere sull’affidabilità dell’operatore economico.
In continuità con gli approdi giurisprudenziali maturati nella vigenza del vecchio Codice dei contratti pubblici, l’esclusione conseguente alla valutazione di inaffidabilità dell’operatore, dovuta alla commissione di gravi illeciti professionali, è una sanzione la cui operatività, lungi dall’essere rimessa a rigidi automatismi, è piuttosto legata alla valutazione discrezionale della stazione appaltante.
Sotto questo profilo vale osservare però, per quanto rilevante nel presente giudizio, che il nuovo Codice dispone, all’art. 98, comma 4, che, quanto agli elementi costituenti un grave illecito professionale, “la valutazione di gravità tiene conto del bene giuridico e dell’entità della lesione inferta dalla condotta integrante uno degli elementi di cui al comma 3 e del tempo trascorso dalla violazione (…)”, e all’art. 98, comma 7, circa i mezzi di prova di cui al comma 6, prevede che l’amministrazione motiva “sulla ritenuta idoneità dei medesimi a incidere sull’affidabilità e sull’integrità dell’offerente; l’eventuale impugnazione dei medesimi è considerata nell’ambito della valutazione volta a verificare la sussistenza della causa escludente”.
Tali indicazioni costituiscono, evidentemente, in senso innovativo, i parametri esterni di valutazione della legittimità dell’esercizio del potere discrezionale della stazione appaltante per come esternato nella motivazione.
Ciò posto, in relazione al sindacato giurisdizionale sulla valutazione di inaffidabilità si è anche di recente ribadito che “è la stazione appaltante a fissare il punto di rottura dell'affidamento nel pregresso o futuro contraente perché è ad essa che è rimesso il potere di apprezzamento delle condotte dell'operatore economico che possono integrare un grave illecito professionale” (Cons. Stato, Sez. V, 23 febbraio 2024, n. 1804; cfr. altresì Cons. Stato, Sez. V, 3 gennaio 2019, n. 72, che richiama sul tema Cass., SS.UU., 17 febbraio 2012, n. 2312). Rispetto a tale valutazione, il sindacato del giudice amministrativo è circoscritto al rilievo di evidenti e macroscopici vizi di illogicità, contraddittorietà, erroneità e irragionevolezza della ridetta valutazione: “il Giudice non è chiamato, dunque, a stabilire se l'operatore economico abbia ragione o torto nel merito delle singole vicende, bensì a valutare se la condotta dell'operatore economico sia riconducibile alla nozione di grave illecito professionale, la cui valutazione ai fini dell'esclusione dalla gara è interamente rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante” (Consiglio di Stato, sez. VI, 29 novembre 2022, n. 10483).
Sotto questo profilo, il Collegio ritiene di dover evidenziare altresì come la valutazione di inaffidabilità di un operatore economico si colori di particolare pregnanza nella vigenza del nuovo Codice dei Contratti.
Invero, sotto il profilo semantico, il concetto stesso di “affidabilità” si predica riguardo a qualcuno che sia meritevole di “fiducia”, riflettendosi questo aspetto, perciò, sotto il profilo giuridico, nella lettura e interpretazione dell’art. 98 del Codice alla luce del generale Principio della fiducia, innovativamente introdotto all’art. 2 del D.lgs. n. 36/2023, con particolare riferimento al comma 2, ove si dispone che “il principio della fiducia favorisce e valorizza l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni secondo il principio del risultato”.
E dunque, in coerenza con la funzione interpretativa del principio in parola, sancita dall’art. 4 del Codice (“le disposizioni del codice si interpretano e si applicano in base ai principi di cui agli articoli 1, 2 e 3”), non può che concludersi nel senso che esce rafforzata l’autonomia decisionale dell’ente in relazione all’esercizio del potere di esclusione dell’operatore economico per inaffidabilità, profilo questo che impinge proprio e direttamente nel rapporto di fiducia che deve necessariamente intercorrere tra stazione appaltante e appaltatore.
La discrezionalità dell’amministrazione sotto questo profilo è dunque particolarmente pregnante, ravvisandosi, come visto, i limiti per essa, nelle declinazioni specifiche di cui al citato art. 98, disposizione che circoscrive le fattispecie rilevanti di illecito professionale, i mezzi di prova adeguati e gli oneri motivazionali, con richiamo agli elementi specifici, cui è tenuta l’amministrazione, oltre che ai principi generali di logicità e congruità.
L’interpretazione ora esposta, ad avviso del Collegio, individua perciò, rispetto all’esclusione per grave illecito professionale ex artt. 95 e 98 del Codice, il corretto punto di caduta tra “il nuovo principio-guida della fiducia, introdotto dall’art. 2 del d.lgs. n. 36/2023, [che] porta invece a valorizzare l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici e afferma una regola chiara: ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività. Trattasi quindi di un principio che amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile”, e la circostanza per cui “tale “fiducia”, tuttavia, non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che tradiscono l’interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, invece, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento” (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, 12.12.2023, n. 3738).
VIOLAZIONI NON DEFINITIVAMENTE ACCERTATE -OBBLIGO DI CONTRADDITTORIO – NO AUTOMATICA ESCLUSIONE (80.4)
Il Collegio ritiene, infatti, di aderire all’indirizzo giurisprudenziale secondo cui la rilevata sussistenza a carico dell’operatore economico di “violazioni non definitivamente accertate”, pur se quantitativamente superiori alla soglia di gravità fissata dal legislatore ai fini della loro rilevanza escludente – rapportata al valore dell’appalto (siccome “pari o superiore al 10%” dello stesso) – non genera un effetto espulsivo automatico, ma subordinato ad una motivata valutazione espressa dalla stazione appaltante in ordine alla sua incidenza negativa sulla affidabilità del concorrente (da ultimo, in tal senso, Consiglio di Stato, sez. III, 24/07/2023, n.7219).
Ciò risponde, secondo la richiamata decisione del Consiglio di Stato, alla ratio sottesa alla causa escludente in discorso, la quale “ha carattere composito, in quanto scaturente sia da una valutazione negativa di moralità del concorrente – il quale, essendosi reso inadempiente all’obbligo di puntuale e tempestivo pagamento delle imposte, ha violato uno dei fondamentali doveri di solidarietà economico-sociale che fanno capo ai cittadini – sia da una prognosi negativa quanto alla sua capacità di fare fronte agli oneri economici connessi alla esecuzione dell’appalto, tenuto conto, da un lato, dell’esposizione debitoria da cui è gravato nei confronti dell’Erario (il quale dispone di mezzi particolarmente penetranti al fine di conseguire il soddisfacimento delle sue pretese), dall’altro lato, della sua dimostrata inclinazione a non assolvere gli obblighi assunti (o, come per quelli di carattere fiscale, generatisi ex lege a suo carico)”.
Ad avviso del Collegio, depone nel senso suddetto anche il dato testuale dell’art. 80, comma 4, secondo periodo, d.lgs. n. 50 del 2016, la cui formulazione – anche dopo l’entrata in vigore del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanza del 28 settembre 2022, che ha ancorato a precisi parametri oggettivi la definizione di “grave violazione non definitivamente accertata” – è comunque chiara nell’individuare una fattispecie “non automatica” di esclusione, come dimostra l’utilizzo della locuzione “l’operatore economico può essere escluso”, piuttosto che, come invece nel primo periodo della norma (riferito alle violazioni definitivamente accertate), “è escluso”; richiedendo quindi il legislatore alla stazione appaltante uno sforzo motivazionale idoneo a dar conto del ragionamento logico che ha condotto a ritenere inaffidabile l’operatore economico.
Nel caso di specie il provvedimento impugnato non dà conto in modo adeguato del suddetto percorso logico, anche tenuto conto degli elementi a difesa che l’Amministrazione avrebbe dovuto e potuto acquisire dalla ricorrente se avesse instaurato previamente un altrettanto adeguato contraddittorio procedimentale, sì che la motivazione dell’esclusione non può dirsi conforme ai principi sopra esposti.
TIPOLOGIE DI DATI DA INSERIRE NEL FASCICOLO VIRTUALE DELL’OE
Tipologie di dati da inserire nel fascicolo virtuale dell’operatore economico
DEBITI VERSO LA PA PER 5.000 EURO - IMPRESE ESCLUSE DALLA GARA (30.5 - 80.4)
Decreto 18 gennaio 2008, n. 40, concernente: «Modalita' di attuazione dell'articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, recante disposizioni in materia di pagamenti da parte delle Pubbliche Amministrazioni» - Chiarimenti ggiuntivi. (18A02545)
Pareri della redazione di CodiceAppalti.it
A fronte di quanto previsto dall’art. 95 comma 2 e dagli art. 2 3 4 e dell’allegato II.10 (gravi violazioni non definitivamente accertate), in caso di notifica di una cartella di pagamento per un importo superiore al 10% dell’appalto, siamo a chiedere se interpretiamo correttamente la norma intendendo che: - se il termine di pagamento/ricorso della cartella non è ancora scaduto: L’o.e. NON È tenuto a dichiarare nulla, se non per trasparenza (NON è una “grave violazioni non definitivamente accertate”) - se il termine di pagamento è scaduto ed è stato proposto ricorso: L’o.e. È tenuto a dichiarare la violazione non definitivamente accertata (E’ una “grave violazioni non definitivamente accertata”, valutabile dalla SA). - se Il termine di pagamento è scaduto ed è stato proposto ricorso ed è intervenuta una pronuncia favorevole non passata in giudicato: L’o.e. NON È tenuto a dichiarare nulla, se non per trasparenza (NON è una “grave violazioni non definitivamente accertate”) grazie
BUONGIORNO, CON LA PRESENTE SIAMO A CHIEDERE CHIARIMENTI IN MERITO ALLE DISPOSIZIONI DI CUI ALL’ART. 94 COMMA 6 E 95 COMMA 2 DEL D. LGS 36/2023. RIGUARDO AL PRIMO PUNTO, SI CONSIDERANO GRAVI VIOLAZIONI DEFINITIVAMENTE ACCERTATE QUELLE CHE COMPORTANO UN OMESSO PAGAMENTO DI IMPOSTE E TASSE SUPERIORE ALL’IMPORTO DI € 5.000,00? DETTO IMPORTO FA RIFERIMENTO AD UNA SOLA CARTELLA DI PAGAMENTO, OPPURE ALLA SOMMATORIA DI PIU’ CARTELLE DI PAGAMENTO? INOLTRE SE SONO PRESENTI CARTELLE DI PAGAMENTO PER UN IMPORTO INFERIORE A € 5.000,00 DEVONO ESSERE INDICATE DALL’OPERATORE ECONOMICO NEGLI ATTI DI GARA? RIGUARDO AL SECONDO PUNTO, SI CONSIDERANO GRAVI VIOLAZIONI NON DEFINITIVAMENTE ACCERTATE QUELLE CHE COMPORTANO UN OMESSO PAGAMENTO DI IMPOSTE E TASSE PER UN IMPORTO PARI O SUPERIORE AL 10% DEL VALORE DELL’APPALTO E SUPERIORE ALL’IMPORTO DI € 35.000,00? QUESTI DUE ELEMENTI DEVONO COESISTERE PER TROVARSI IN QUESTA FATTISPECIE DI VIOLAZIONE? E SE SONO PRESENTI OMESSI PAGAMENTI INFERIORI ALL’IMPORTO DI € 35.000,00 E AL 10% DEL VALORE DELL’APPALTO, QUESTI DEVONO ESSERE INDICATI DALL’OPERATORE ECONOMICO NEGLI ATTI DI GARA?