Articolo 98. Illecito professionale grave.

1. L’illecito professionale grave rileva solo se compiuto dall’operatore economico offerente, salvo quanto previsto dal comma 3, lettere g) ed h).

2. L’esclusione di un operatore economico ai sensi dell’articolo 95, comma 1, lettera e) è disposta e comunicata dalla stazione appaltante quando ricorrono tutte le seguenti condizioni:

a) elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale;

b) idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore;

c) adeguati mezzi di prova di cui al comma 6.

3. L’illecito professionale si può desumere al verificarsi di almeno uno dei seguenti elementi:

a) sanzione esecutiva irrogata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato o da altra autorità di settore, rilevante in relazione all’oggetto specifico dell’appalto;

b) condotta dell'operatore economico che abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a proprio vantaggio oppure che abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione;

c) condotta dell'operatore economico che abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento oppure la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili, derivanti da inadempienze particolarmente gravi o la cui ripetizione sia indice di una persistente carenza professionale;

d) condotta dell'operatore economico che abbia commesso grave inadempimento nei confronti di uno o più subappaltatori;

e) condotta dell'operatore economico che abbia violato il divieto di intestazione fiduciaria di cui all'articolo 17 della legge 19 marzo 1990, n. 55, laddove la violazione non sia stata rimossa;

f) omessa denuncia all'autorità giudiziaria da parte dell'operatore economico persona offesa dei reati previsti e puniti dagli articoli 317 e 629 del codice penale aggravati ai sensi dell’articolo 416-bis.1 del medesimo codice salvo che ricorrano i casi previsti dall'articolo 4, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689. Tale circostanza deve emergere dagli indizi a base della richiesta di rinvio a giudizio formulata nei confronti dell'imputato per i reati di cui al primo periodo nell'anno antecedente alla pubblicazione del bando e deve essere comunicata, unitamente alle generalità del soggetto che ha omesso la predetta denuncia, dal procuratore della Repubblica procedente all'ANAC, la quale ne cura la pubblicazione;

g) contestata commissione da parte dell’operatore economico, ovvero dei soggetti di cui al comma 3 dell’articolo 94 di taluno dei reati consumati o tentati di cui al comma 1 del medesimo articolo 94;

h) contestata o accertata commissione, da parte dell’operatore economico oppure dei soggetti di cui al comma 3 dell’articolo 94, di taluno dei seguenti reati consumati:

1) abusivo esercizio di una professione, ai sensi dell’articolo 348 del codice penale;

2) bancarotta semplice, bancarotta fraudolenta, omessa dichiarazione di beni da comprendere nell’inventario fallimentare o ricorso abusivo al credito, di cui agli articoli 216, 217, 218 e 220 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;

3) i reati tributari ai sensi del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i delitti societari di cui agli articoli 2621 e seguenti del codice civile o i delitti contro l’industria e il commercio di cui agli articoli da 513 a 517 del codice penale;

4) i reati urbanistici di cui all’articolo 44, comma 1, lettere b) e c), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, con riferimento agli affidamenti aventi ad oggetto lavori o servizi di architettura e ingegneria;

5) i reati previsti dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.

4. La valutazione di gravità tiene conto del bene giuridico e dell’entità della lesione inferta dalla condotta integrante uno degli elementi di cui al comma 3 e del tempo trascorso dalla violazione, anche in relazione a modifiche intervenute nel frattempo nell’organizzazione dell’impresa.

5. Le dichiarazioni omesse o non veritiere rese nella stessa gara e diverse da quelle di cui alla lettera b) del comma 3 possono essere utilizzate a supporto della valutazione di gravità riferita agli elementi di cui al comma 3.

6. Costituiscono mezzi di prova adeguati, in relazione al comma 3:

a) quanto alla lettera a), i provvedimenti sanzionatori esecutivi resi dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato o da altra autorità di settore;

b) quanto alla lettera b), la presenza di indizi gravi, precisi e concordanti che rendano evidente il ricorrere della situazione escludente;

c) quanto alla lettera c), l’intervenuta risoluzione per inadempimento o la condanna al risarcimento del danno o ad altre conseguenze comparabili;

d) quanto alla lettera d), la emissione di provvedimenti giurisdizionali anche non definitivi;

e) quanto alla lettera e), l'accertamento definitivo della violazione;

f) quanto alla lettera f), gli elementi ivi indicati;

g) quanto alla lettera g), gli atti di cui all’articolo 407-bis, comma 1, del codice di procedura penale, il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’articolo 429 del codice di procedura penale, o eventuali provvedimenti cautelari reali o personali emessi dal giudice penale, la sentenza di condanna non definitiva, il decreto penale di condanna non irrevocabile, la sentenza non irrevocabile di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale;

h) quanto alla lettera h), la sentenza di condanna definitiva, il decreto penale di condanna irrevocabile, la condanna non definitiva, i provvedimenti cautelari reali o personali, ove emessi dal giudice penale;

7. La stazione appaltante valuta i provvedimenti sanzionatori e giurisdizionali di cui al comma 6 motivando sulla ritenuta idoneità dei medesimi a incidere sull’affidabilità e sull’integrità dell’offerente; l’eventuale impugnazione dei medesimi è considerata nell’ambito della valutazione volta a verificare la sussistenza della causa escludente.

8. Il provvedimento di esclusione deve essere motivato in relazione a tutte e tre le condizioni di cui al comma 2.

EFFICACE DAL: 1° luglio 2023

Relazione

RELAZIONE L’articolo 98 individua quale sia l’autorità competente a disporre l’esclusione non automatica per l’illecito professionale grave; enumera e descrive le fattispecie rilevanti, individua i m...

Commento

NOVITA’ • Vengono tipizzate le fattispecie rilevanti quali illecito professionale, attraverso l’eliminazione della possibilità di valutare ogni condotta la cui gravità sia idonea ad incidere su affid...
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Giurisprudenza e Prassi

FIRMA DIGITALE: IL LEGALE RAPPRESENTANTE HA UN DOVERE DI VIGILANZA SULL'UTILIZZO DELLA STESSA

TAR VENETO SENTENZA 2024

Per questo collegio, l’art. 98, comma 3, lett. b), del d.lgs. n. 36 del 2023 risulta chiaramente applicabile alla fattispecie.

Infondato è il secondo motivo, con cui la ricorrente sostiene che non potrebbe esserle imputato il falso in quanto deriverebbe da un fatto illecito di un terzo e che in ogni caso sarebbe “significativo l’animus soggettivo” dell’interessato.

Sul punto risulta del tutto condivisibile quanto rilevato nel provvedimento di esclusione: la legale rappresentante di Green Service, quale titolare della firma digitale apposta sulle dichiarazioni e sul certificato contestato, aveva “quantomeno un dovere di vigilanza” sugli atti presentati in gara, e pertanto in ogni caso deve ritenersi responsabile della condotta contestata per “negligenza”.

A ciò si aggiunga che la ricorrente dovrebbe in ogni caso rispondere dell’operato del suo dipendente, quale datrice di lavoro dello stesso.

ILLECITO PROFESSIONALE: PER IL NUOVO CODICE I SOGGETTI COINVOLTI SONO SOLO QUELLI IN CARICA (98)

TAR CALABRIA ORDINANZA 2024

Osserva questo collegio che, sotto distinto e concorrente profilo, ai sensi del combinato disposto degli artt. 95, comma 1, lett. e), 98, comma 3, lett. g), 94, commi 1, 3 D. Lgs. n. 36/2023 le cause rilevanti ai fini dell’esclusione di un operatore economico per gravi illeciti professionali sembrano involgere, sul piano soggettivo, i soli soggetti in carica nella compagine societaria, non essendo più rinvenibile alcun riferimento ai soggetti cessati dalla carica nell'anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, così come previsto nel previgente regime giuridico di cui all’art. 80, comma 3, D. Lgs. n. 50/2016.

ESCLUSIONE PER GRAVE ILLECITO PROFESSIONALE: LA S.A. DEVE ATTIVARE IL CONTRADDITTORIO PROCEDIMENTALE (98)

TAR SICILIA CT SENTENZA 2024

Il ricorso, nei termini di seguito precisati, appare manifestamente fondato, sicché la causa può essere definita con sentenza ai sensi dell’art. 60 c.p.a., essendo trascorsi almeno dieci giorni dall’ultima notificazione del gravame, non essendovi necessità di integrare il contraddittorio, risultando completa l’istruttoria e non avendo alcuna delle parti dichiarato di voler proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza o di giurisdizione.

Al riguardo il Collegio osserva quanto segue.

L’art. 95, primo comma, lettera e), del decreto legislativo n. 36/2023 stabilisce che: a) la stazione appaltante esclude dalla partecipazione alla procedura un operatore economico qualora accerti che l'offerente abbia commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati; b) all'art. 98 sono indicati, in modo tassativo, i gravi illeciti professionali, nonché i mezzi adeguati a dimostrare i medesimi.

L’art. 98, secondo comma, dispone che l'esclusione di un operatore economico ai sensi dell'art. 95, primo comma, lettera e), è disposta dalla stazione appaltante quando ricorrono tutte le seguenti condizioni: a) elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale; b) idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull'affidabilità e integrità dell'operatore; c) adeguati mezzi di prova di cui al comma 6.

Il sesto comma dell’art. 98 dispone che costituiscono mezzi di prova adeguati - in relazione al terzo comma, lettera g) - gli atti di cui all’art. 407-bis, primo comma, c.p.p., il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’art. 429 c.p.p. o eventuali provvedimenti cautelari reali o personali emessi dal giudice penale, la sentenza di condanna non definitiva, il decreto penale di condanna non irrevocabile, la sentenza non irrevocabile di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p.

L’art. 407-bis, primo comma, c.p.p. menziona l’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero, sicché la richiesta di rinvio a giudizio risulta, secondo quanto espressamente stabilito dal legislatore, un mezzo di prova in linea di principio adeguato ai fini della dimostrazione della commissione del grave illecito professionale.

Il provvedimento impugnato fa riferimento all’art. 98 del decreto legislativo n. 36/2023, il quale consente alla stazione appaltante di disporre l’esclusione - terzo comma, lettera g) - per grave illecito professionale in caso di contestata commissione da parte dell’operatore economico, ovvero dei soggetti di cui all’art. 94, terzo comma, di taluno dei reati consumati o tentati di cui al citato art. 94, primo comma.

L’art. 98, settimo comma, impone alla stazione appaltante di valutare i provvedimenti sanzionatori e giurisdizionali di cui al sesto comma motivando sulla ritenuta idoneità dei medesimi a incidere sull'affidabilità e sull'integrità dell'offerente, precisando che l'eventuale impugnazione dei medesimi è considerata nell'ambito della valutazione volta a verificare la sussistenza della causa escludente.

Può prescindersi in questa sede dal rilievo che la richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero non è, in effetti, un provvedimento giurisdizionale o sanzionatorio, essendo comunque chiaro l’intento del legislatore, posto che, a prescindere da eventuali improprietà del lessico normativo, la richiesta di rinvio a giudizio rileva ai sensi del citato art. 98, sesto comma, e, quindi, costituisce un mezzo di prova in linea di principio adeguato, il quale deve essere, infatti, valutato dalla stazione appaltante ai sensi del successivo settimo comma (anche perché esso costituisce un minus rispetto alla sentenza di condanna non definitiva).

Il secondo comma dell’art. 98 stabilisce che il provvedimento di esclusione debba essere motivato in relazione a tutte le condizioni di cui al secondo comma: a) elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale; b) idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull'affidabilità e integrità dell'operatore; c) adeguati mezzi di prova di cui al sesto comma.

Al riguardo nel provvedimento impugnato si afferma, in sostanza, quanto segue: a) la richiesta di rinvio a giudizio segue l’avviso di conclusione delle indagini preliminari; b) è stato contestato un reato che incide negativamente sul requisito soggettivo dell’integrità e dell’affidabilità professionale; c) la richiesta di rinvio a giudizio, unitamente alla misura cautelare adottata nei confronti di funzionari pubblici soggetti alla medesima indagine, costituiscono fatti specifici che fanno venir meno la fiducia e l’affidabilità dell’operatore economico.

La decisione assunta risulta, quindi, motivata, mentre altra questione è se tale motivazione sia corretta e condivisibile nel merito (posto che la motivazione, nella specifica prospettiva qui in esame, costituisce un requisito di “forma” del provvedimento, mentre l’erroneità della motivazione - e la conseguente erroneità del provvedimento - costituisce un vizio di natura “sostanziale”).

Tuttavia, le decisioni amministrative e le relative motivazioni rese a supporto presuppongono un ulteriore requisito procedimentale, cioè che esse siano l’esito di una compiuta ed esaustiva istruttoria.

Con riferimento alla specifica fattispecie in esame il legislatore ha, invero, escluso ogni forma di automatismo fra i provvedimenti assunti dall’autorità giudiziaria (ancorché di natura non giurisdizionale) e le determinazioni della stazione appaltante, con la conseguenza che, come più volte affermato dalla giurisprudenza (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, V, 19 agosto 2024, n. 3858), l’Amministrazione, nel disporre l’esclusione da una procedura di affidamento per grave illecito professionale, è tenuta ad attivare il contraddittorio procedimentale, all’esito del quale possono in ipotesi emergere circostanze tali da indurre l’Amministrazione medesima a non condividere la valutazione - preliminare, sotto un profilo processuale - del pubblico ministero.

Il ricorso, pertanto, appare fondato sotto tale specifico aspetto.

Deve anche aggiungersi, quanto al merito della questione, come sia pacifico che nessuna misura cautelare sia stata adottata nei confronti del legale rappresentante della società.

Per quanto attiene all’omessa dichiarazione della società sull’intervenuta richiesta di rinvio a giudizio, non occorre indagare se il Comune abbia, in ipotesi, reso in sede di giudizio un’integrazione postuma della motivazione o abbia inteso fornire prova che il provvedimento non avrebbe potuto avere diverso contenuto, con conseguente applicazione dell’art. 21-octies, secondo comma, della legge n. 241/1990.

La richiesta di rinvio a giudizio, infatti, è stata notificata al legale rappresentante della società in data 29 luglio 2024 (documento n. 2 allegato al ricorso; n. 003 nella numerazione del sistema NSIGA), cioè dopo l’adozione del provvedimento del Comune di omissis n. 05/LLPP/229 del 26 luglio 2024.

Il Comune, tuttavia, sembra fare più esattamente riferimento, non all’omessa dichiarazione relativa alla richiesta di rinvio a giudizio, ma all’omissione relativa all’esistenza di un’indagine penale (prodromica, in effetti, rispetto alla richiesta di rinvio a giudizio).

Al riguardo va, però, osservato che la pendenza di indagini preliminari - comprensibilmente - non costituisce un’ipotesi che rileva ai fini degli obblighi dichiarativi dell’operatore economico e che, comunque, in linea di principio l’indagato non è edotto dell’esistenza di indagini a suo carico, salvo che sia intervenuto un atto garantito, ovvero sia stato invitato a presentarsi per l’interrogatorio o abbia ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari (circostanze di cui non si ha contezza in questa sede e che neppure sono state chiarite nella fase procedimentale).

FALSE DICHIARAZIONI - CONFIGURANO UN'IPOTESI DI ILLECITO PROFESSIONALE - ESCLUSIONE PREVIA VAUTAZIONE DELLA S.A. (98)

ANAC PRASSI 2024

Si rappresenta al riguardo, che l'Autorità, già con delibera n. 397/2023 (AG4-2023), ha illustrato la disciplina delle cause di esclusione introdotta dal d.lgs. 36/2023, soffermandosi proprio sulla fattispecie del grave illecito professionale.

Come chiarito in tale pronuncia, l'articolo 95 del nuovo Codice disciplina le "cause di esclusione non automatica" dalle gare d'appalto, in relazione alle quali è rimesso alla stazione appaltante il potere decisorio di esclusione dell'operatore economico.

Tra queste, il comma 1, lett. e), include la fattispecie del c.d. "grave illecito professionale", già prevista dall'articolo 80, comma 5, lett. c) del previgente d.lgs. n. 50/2016, che viene ora disciplinata nella specifica disposizione dell'articolo 98 cui rinvia la norma.

Per quanto di interesse ai fini del parere, il citato art. 95, comma 1, lett. e) stabilisce espressamente che <<La stazione appaltante esclude dalla partecipazione alla procedura un operatore economico qualora accerti: [...] e) che l'offerente abbia commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati. All'articolo 98 sono indicati, in modo tassativo, i gravi illeciti professionali, nonché i mezzi adeguati a dimostrare i medesimi>>.

Tra le fattispecie rilevanti per la sussistenza del grave illecito professionale rientra, ai sensi dell'articolo 98, comma 3, lett. b) del Codice, la <<condotta dell'operatore economico che abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a proprio vantaggio oppure che abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione>>.

Il comma 5 dell'art. 98 aggiunge che Le dichiarazioni omesse o non veritiere rese nella stessa gara e diverse da quelle di cui alla lettera b) del comma 3 possono essere utilizzate a supporto della valutazione di gravità riferita agli elementi di cui al comma 3>>.

Pertanto, nell'ambito della causa di esclusione costituente grave illecito professionale, ai sensi dei commi 3 e 5 dell'art. 98 del Codice, rientra anche la condotta del concorrente che abbia fornito in gara dichiarazioni/informazioni non veritiere.

PRINCIPIO DEL RISULTATO E GRAVE ILLECITO PROFESSIONALE: IL MERO ERRORE FORMALE NON PUO' PORTARE ALL'ESCLUSIONE DELL'O.E.

TAR LAZIO RM SENTENZA 2024

Secondo questo collegio, la doglianza non può trovare accoglimento, risolvendosi in una critica attinente ad aspetti meramente formali circa le modalità di compilazione dei moduli, senza che possa ravvisarsi alcuna dichiarazione non veritiera.

Secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza formatasi in relazione al previgente Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, “(...) la dichiarazione resa dall’operatore economico nella domanda di partecipazione circa le pregresse vicende professionali suscettibili di integrare “gravi illeciti professionali” può essere omessa, reticente o completamente falsa. V’è omessa dichiarazione quando l’operatore economico non riferisce di alcuna pregressa condotta professionale qualificabile come “grave illecito professionale”; v’è dichiarazione reticente quando le pregresse vicende sono solo accennate senza la dettagliata descrizione necessaria alla stazione appaltante per poter compiutamente apprezzarne il disvalore nell’ottica dell’affidabilità del concorrente. Infine, la falsa dichiarazione consiste in una immutatio veri; ricorre, cioè, se l’operatore rappresenta una circostanza di fatto diversa dal vero” (Cons. Stato, Sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407).

Nel caso in esame, come detto, non è controverso che, sin dal momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, il-OMISSIS- abbia reso note dettagliatamente alla Stazione appaltante tutte le circostanze potenzialmente rilevanti ai fini del giudizio di onorabilità professionale, per cui non è ravvisabile alcuna omissione, reticenza o falsità da parte del concorrente.

A fronte di tale dato, non è rilevante la mera circostanza che nei DGUE di -OMISSIS- e di A. sia stata barrata la casella “No”, per affermare l’insussistenza delle cause di esclusione ivi previste, atteso che – come affermato in una fattispecie del tutto analoga – “(...) non può negarsi che l’Amministrazione alla quale spetta, in esercizio di discrezionalità, apprezzare le vicende professionali dell’impresa partecipante alla gara e individuare l’eventuale punto di rottura dell’affidamento del futuro contraente, sulla base delle informazioni rese dall’aggiudicataria, è stata messa nelle condizioni di effettuare una valutazione in concreto sull’attendibilità e sulla rilevanza delle informazioni stesse, nonché sulla capacità del comportamento tenuto dall’operatore economico di incidere sul giudizio di integrità e di affidabilità” (Cons. Stato, Sez. V, 5 agosto 2022, n. 6937).

Questa soluzione è coerente, del resto, con il principio del risultato, enunciato dall’articolo 1 del Codice dei contratti pubblici.

In base al predetto principio, infatti, “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza” (comma 1), con la precisazione che “La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti” (comma 2, primo periodo).

Il principio del risultato, il quale “(...) costituisce attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità” (comma 3), chiarisce quindi che la procedura e la forma sono un mezzo, non il fine della disciplina (Cons. Stato, Sez. III, 15 novembre 2023, n. 9812).

Deve, pertanto, ritenersi non consentita l’esclusione di un operatore sulla base del mero dato formale consistente nell’aver barrato una determinata casella del modulo compilato in sede di partecipazione alla gara, quando non sia contestato che il medesimo concorrente abbia comunque reso dichiarazioni complete e veritiere in merito alle circostanze rilevanti ai fini della valutazione della Stazione appaltante circa il possesso dei requisiti di onorabilità professionale.

Il motivo scrutinato deve essere, quindi, respinto.

ILLECITO PROFESSONALE E REQUISITI DI AFFIDABILITA' DELL'AUSILIARIA: CONDIZIONANO O.E.

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2024

Il Collegio rileva, a questo punto, che la -OMISSIS-. s.r.l. partecipava alla gara in esame insieme alla ausiliaria -OMISSIS- s.r.l. Ebbene, l’impresa ausiliaria, in quanto soggetto che mette a disposizione dell’impresa concorrente i requisiti di cui essa è priva, non può che essere, a sua volta, soggetta agli stessi requisiti di affidabilità professionale.

Al riguardo, “in base all’opzione interpretativa più rigorosa, fondata sul principio costituzionale di buon andamento e sul principio comunitario di precauzione, occorre garantire l’affidabilità e l’onorabilità anche di chi, pur non assumendo il ruolo di concorrente, entri in rapporto con l’Amministrazione per effetto di un incarico conferito dalle imprese affidatarie della commessa pubblica, specialmente quando si tratti di un soggetto indicato per apportare requisiti altrimenti non posseduti dall’offerente, similmente ad un’impresa ausiliaria” (T.A.R. Liguria, sezione prima, sentenza-OMISSIS-7 del 7 novembre 2022, confermata dal Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza n. 8296 del 13 settembre 2023).

Non ha pregio, dunque, l’affermazione della parte ricorrente, secondo cui nella nozione di “operatore economico offerente”, di cui all’articolo 98 del decreto legislativo n. 36 del 2023, non rientrerebbe l’impresa ausiliaria. Diversamente opinando, si fornirebbe un agevole strumento di elusione delle norme relative alle cause di esclusione, mediante la creazione di un “filtro” tra la stazione appaltante e gli operatori privi dei requisiti di affidabilità, i quali dunque potrebbero partecipare a una gara – che altrimenti resterebbe loro preclusa – assumendo la diversa veste di impresa ausiliaria (cfr. T.A.R. Toscana, sezione seconda, sentenza n. 603 del 19 giugno 2023; T.A.R. Sicilia, sezione terza, sentenza n. 2234 del 2022).

Il provvedimento di esclusione è legittimo anche per quanto concerne la questione relativa alla sostituzione dell’ausiliaria.

Al riguardo, la giurisprudenza afferma che “a fronte di un motivo di esclusione dell’ausiliaria (diverso dall’ipotesi di dichiarazione inveritiera), l’art. 89, comma 3 [ora, articolo 104, comma 6, del decreto legislativo n. 36 del 2023] consente (anzi, impone) la sostituzione anche nell’ambito di rapporto tra imprese scaturito dalla stipulazione di un contratto di avvalimento ed anche nella fase precedente l’esecuzione del contratto (per questo, è stato definito "istituto del tutto innovativo" da Cons. Stato, III, 25 novembre 2015, n. 5359…). La sostituzione dell’ausiliaria durante la procedura è istituto patentemente derogatorio al principio dell’immodificabilità soggettiva del concorrente nel corso della procedura (nonché di coloro di cui intende avvalersi: e, per questa via, della stessa offerta), ma risponde all’esigenza stimata superiore di evitare l’esclusione dell’operatore per ragioni a lui non direttamente riconducibili e, in questo modo, sia pure indirettamente, stimolare il ricorso all’avvalimento: il concorrente, infatti, può far conto sul fatto che, nel caso in cui l’ausiliaria non presenti i requisiti richiesti, potrà procedere alla sua sostituzione e non sarà, per solo questo fatto, escluso (Consiglio di Stato, sez. V, 26 aprile 2018, n. 2527).

Più di recente il Consiglio di Stato ha precisato, con riguardo all’art. 63 (Affidamento sulle capacità di altri soggetti) della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici, che tale disposizione "punta a consentire la più ampia partecipazione alla gara degli operatori economici privi dei prescritti requisiti, mediante forme di collaborazione con altre imprese ausiliarie. Al tempo stesso la norma intende assicurare che l’esecuzione delle prestazioni sia svolta da soggetti effettivamente in possesso di adeguata capacità e moralità. A questa duplice esigenza risponde la possibilità di sostituire l’impresa ausiliaria che non soddisfi i requisiti o nei cui confronti sussista una causa di esclusione. La perentorietà della formula legislativa europea fa assurgere la stazione appaltante a garante del favor partecipationis, "imponendole" di consentire la sostituzione dell’ausiliario e, quindi, sollecitandola ad attivarsi per garantire la celere conclusione del contratto e la sua esecuzione, a guisa di tutrice del buon andamento e dell’efficienza della procedura di evidenza pubblica (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, ordinanza 20 marzo 2020, n. 2005” (T.A.R. Campania - sezione staccata di Salerno, sezione prima, sentenza n. 1840 del 2020).

Tuttavia, nella fattispecie in esame, l’Amministrazione ha correttamente rilevato che ostano alla sostituzione della società ausiliaria -OMISSIS-con altro soggetto giuridico “elementi e circostanze inconfutabili” volti a dimostrare il condizionamento da parte di tale impresa ausiliaria nei confronti della -OMISSIS-. s.r.l., della quale è socio unico.

L’articolo 98 del decreto legislativo n. 36 del 2023 riferisce “l’illecito professionale grave” esclusivamente all’operatore economico offerente, senza ulteriori specificazioni nel caso in cui questo rivesta forma societaria. Secondo l’indirizzo giurisprudenziale al quale il Collegio ritiene di aderire, “così come, sul piano oggettivo, non sono tipizzati (se non in via esemplificativa) i gravi illeciti professionali, tanto meno possono essere circoscritti i soggetti le cui condotte sono rilevanti in caso di operatore economico avente forma societaria; essendo, anzi, insito nella ratio della norma che debba trattarsi di soggetti in grado di determinare o condizionare le scelte dell’impresa, ancorché diversi da quelli menzionati dal comma 3 [dell’articolo 80 del decreto legislativo n. 50 del 2016, ora dall’articolo 94, comma 3, del decreto legislativo n. 36 del 2023], ma nella condizione di orientare, di fatto, l’operato della società: tra i quali può certamente iscriversi anche il socio unico persona giuridica in relazione a tutte le figure che, al suo interno, sono in grado di determinare gli indirizzi significativi della società partecipata.

La correttezza del costrutto è avallata, in retrospettiva, dal richiamato art. 94 comma 4 D.Lgs. 36/2023 che oggi espressamente valorizza, a fini di esclusione automatica, le condanne degli amministratori del socio unico persona giuridica; con ciò confermando, giocoforza, la rilevanza delle vicende coinvolgenti il medesimo soggetto e i titolari di incarichi apicali (in tal caso, non più circoscritti ai soli amministratori) pure nel quadro degli apprezzamenti discrezionali preordinati all’esclusione non automatica” (T.A.R. Piemonte, sezione seconda, sentenza-OMISSIS-2 del 22 novembre 20239).

Il provvedimento impugnato non è quindi censurabile in parte qua.

PROCEDURA - E' CORRETTO NON INVITARE IL PRECEDENTE AFFIDATARIO INADEMPIENTE (76.2 - 98.3)

ANAC PARERE 2024

L'impossibilità di sospendere il servizio nell'attesa dell'indizione e dello svolgimento di una nuova gara a procedura aperta per ri-affidare l'esecuzione dello stesso (peraltro riprogettato e riprogrammato sulla base delle nuove esigenze emerse durante l'esecuzione del contratto da parte di OMISSIS ], giustifica il ricorso alla procedura negoziata ai sensi dell'art. 76, comma 2, lett. c) del Codice in attesa come dichiarato dalla stessa Stazione appaltante dell'indizione di una procedura di gara aperta e ritenuto, altresì, che la circostanza pure contestata dall'istante del mancato esperimento della previa consultazione di almeno tre operatori economici (ancorché il comma 7 del medesimo art. 76 lo contempli solo "ove possibile" e "se sussistono in tale numero soggetti idonei"), trova una sua ragione nella verosimile assenza di un numero sufficiente di operatori del settore; circostanza, quest'ultima, che sarebbe confermata anche dalla partecipazione alla gara precedente della sola [ OMISSIS ].

Peraltro, la ratio che presiede all'utilizzo della procedura negoziata senza pubblicazione di un bando comporta, ex se, al di là delle condizioni legittimanti espressamente previste dalla normativa di riferimento, che tra l'Amministrazione committente e l'operatore economico chiamato alla negoziazione diretta sussista un rapporto fiduciario, evidentemente basato su una conoscenza ed esperienza diretta pregresse oppure indiretta, la cui valutazione è rimessa alla discrezionalità dell'Amministrazione stessa, è palese che la pregressa risoluzione contrattuale per inadempimento, riferita ad analogo servizio e disposta pochi giorni prima dell'affidamento mediante procedura negoziata, costituisce un valido motivo per escludere dall'invito a presentare offerta o da una eventuale consultazione l'operatore economico colpito dalla suddetta sanzione (v., in tal senso, già Tar Lazio-Roma, sez. III-ter, 26.11.2009, n. 11789, secondo cui <<tra le cause che possono determinare il mancato invito o l'esclusione di un concorrente, e, successivamente, la mancata aggiudicazione di una gara, rientrano la malafede e la negligenza contrattuale per le quali sia stata anche eventualmente adottata la risoluzione contrattuale, in quanto in tale ipotesi si manifesta il prioritario interesse pubblico ad evitare di intrattenere rapporti contrattuali.com un soggetto inadempiente in relazione al quale sussiste la ragionevole possibilità che si determini ancora detta sfavorevole evenienza, e ciò, tanto più ove, come nel caso di specie, le inadempienze abbiano riguardato non solo prestazioni affidate dalla medesima stazione appaltante, ma addirittura le stesse obbligazioni oggetto di nuova procedura di affidamento>>.

Sotto questo profilo, non assume alcun rilievo il fatto che la risoluzione contrattuale in questione sia oggetto di impugnativa giurisdizionale, in quanto già sotto il vigore del d.lgs. n. 50/2016 la giurisprudenza amministrativa aveva precisato che a seguito dell'introduzione della lett. c-ter) al comma 5 dell'art. 80, disposizione oggi sostanzialmente riprodotta nell'art. 98, comma 3, lett. 3 del d.lgs. n. 36/2023, non è più richiesta la definitività della risoluzione del contratto, cioè la non contestazione della stessa da parte dell'appaltatore, ovvero la sua conferma giudiziale (com'era invece nel testo originario dell'art. 80, comma 5, lett. c), del Codice);

RISOLUZIONE CONTRATTUALE - ILLECITO PROFESSIONALE -RILEVA SOLO QUELLA NEL TRIENNIO ANTECEDENTE (96.10.C)

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2024

La Stazione appaltante, pur dando correttamente atto che le risoluzioni contrattuali antecedenti al triennio in cui è stata bandita la gara non potessero essere prese in considerazione, contraddittoriamente poi le ha comunque valutate al fine di verificare la complessiva affidabilità e idoneità della ricorrente, ritenendo di dover considerare anche il suo pregresso comportamento oltre il richiamato periodo triennale; l’effettuazione di una valutazione di così ampio spettro è stata confermata anche in sede di memoria difensiva dell’Avvocatura erariale (cfr. pagg. 8 e ss.).

Ciò tuttavia si pone in contrasto con il chiaro dettato normativo recato dall’art. 96, comma 10, lett. c, del D. Lgs. n. 36 del 2023, secondo il quale la causa di esclusione di cui al precedente art. 95, comma 1, lett. e – relativa all’ipotesi che “l’offerente abbia commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati” – rileva “per tre anni decorrenti rispettivamente (…) dalla commissione del fatto in tutti gli altri casi” (cfr., di recente, T.A.R. Lombardia, Brescia, II, 17 maggio 2024, n. 421).

Pertanto, a fronte di una espressa previsione di legge – non derogata dal successivo art. 98, comma 7, come ritenuto dall’Avvocature erariale, considerato il suo espresso richiamo nell’art. 95, comma 1, lett. e, che impone il rispetto del termine di efficacia triennale –, non è consentito all’Amministrazione procedente integrarne la portata e sostanzialmente darne una lettura abrogante, pena l’illegittimità del provvedimento adottato. Di conseguenza, è precluso alla Stazione appaltante estendere il proprio controllo a fattispecie che si collocano al di fuori dell’ambito temporale individuato dalla norma, ponendosi ciò anche in violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione e di interpretazione restrittiva delle stesse, in quanto deve prevalere il principio del favor partecipationis (cfr. Consiglio di Stato, IV, 31 maggio 2023, n. 5393; III, 14 maggio 2020, n. 3084; T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 20 giugno 2024, n. 1901; IV, 11 giugno 2024, n. 1764; IV, 27 febbraio 2023, n. 494).

Peraltro appare condivisibile anche la ratio che ha ispirato tale norma – che trova un diretto riferimento nella Direttiva 2014/24/UE (art. 57, par. 7) – visto che, in considerazione dell’ampio spettro operativo della stessa, si è ritenuto di limitarne la rilevanza a un arco temporale triennale, il cui superamento determina l’impossibilità di ritenere “dubbia” l’affidabilità dell’impresa; in tal modo si scongiura altresì l’eccessiva (sproporzionata e irragionevole) estensione dei correlati obblighi dichiarativi posti in capo al concorrente (cfr. Consiglio di Stato, V, 5 luglio 2023, n. 6584).

Per quanto evidenziato, risulta illegittimo il modus procedendi del Seggio di gara che ha valutato, in sede di verifica di affidabilità della ricorrente, anche le risoluzioni intervenute oltre il triennio di riferimento, essendo le stesse del tutto irrilevanti e non sussistendo nemmeno il relativo obbligo dichiarativo in capo al partecipante (Consiglio di Stato, V, 21 agosto 2023, n. 7857; V, 16 gennaio 2023, n. 531; V, 27 gennaio 2022, n. 575).

Venendo in rilievo quindi un solo episodio di risoluzione contrattuale, lo stesso non avrebbe potuto (e dovuto) rappresentare un indice (adeguato) di inaffidabilità dell’operatore, tranne che non fosse stata dimostrata la ricorrenza di peculiari e rilevanti elementi che, per connotazione o gravità, potevano indurre la Stazione appaltante a orientarsi diversamente; ove ci si fosse trovati al cospetto di tale ultima situazione sarebbe stato necessario evidenziarla attraverso l’esternazione di una motivazione particolarmente approfondita e puntuale, effettuata sulla scorta di una adeguata istruttoria. L’art. 98 del D. Lgs. n. 36 del 2023 infatti, con riguardo al procedimento diretto all’esclusione dell’operatore ritenuto inaffidabile, impone il ricorso a mezzi di prova adeguati, ponendo l’onere della loro individuazione a carico della Stazione appaltante.


ATTO PLURIMOTIVATO: IL RIGETTO DI UNA SOLA CENSURA RENDE SUPERFLUO L'ESAME DELLE ALTRE

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2024

Secondo questo consiglio, l’annullamento di un atto plurimotivato di segno negativo è condizionato alla presentazione di censure in ordine a tutte le autonome motivazioni, in grado da sole di sostenere la decisione. Il mancato accoglimento anche di uno solo dei motivi determina, dunque, l’inammissibilità degli altri per difetto d’interesse in quanto il privato non potrebbe trovare alcuna soddisfazione dall’eventuale accoglimento di una delle restanti censure, reggendosi il provvedimento gravato su altro autonomo motivo passato indenne al vaglio di legittimità (Consiglio di Stato, sez. V, 5 dicembre 2022, n. 10643).

Nel caso di specie, in relazione al secondo motivo di esclusione, cioè alla asserita inoperatività dell’avvalimento di garanzia, la mancata contestazione di tale profilo del provvedimento impugnato vale a sorreggerne la legittimità, trattandosi di atto plurimotivato, in presenza del quale “è sufficiente la legittimità di una sola delle giustificazioni per sorreggere l'atto in sede giurisdizionale, dal momento che nel caso di un atto fondato su una pluralità di ragioni indipendenti ed autonome le une dalle altre, il rigetto delle censure proposte contro una di tali ragioni rende superfluo l'esame di quelle relative alle altre parti del provvedimento (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. V, 13/06/2022, n. 4791” (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 29 novembre 2022, n. 10480; cfr. T.A.R. Catania, sez. II. 12 gennaio 2023, n. 35).

ILLECITO PROFESSIONALE - CAUSE DI ESCLUSIONE NON AUTOMATICHE - OMESSA TEMPESTIVA COMUNICAZIONE -DECORRENZA TERMINI (96.10)

TAR SICILIA CT SENTENZA 2024

Ai sensi del comma 7 dell’art. 98, la stazione appaltante valuta i provvedimenti giurisdizionali di cui al comma 6 “motivando sulla ritenuta idoneità dei medesimi a incidere sull’affidabilità e sull’integrità dell’offerente; l’eventuale impugnazione dei medesimi è considerata nell’ambito della valutazione volta a verificare la sussistenza della causa escludente”.

Come rimarcato dal Consiglio di Stato nella relazione in data 7 dicembre 2022 sullo schema definitivo del nuovo Codice dei contratti pubblici (adottato con il decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, in attuazione dell’art. 1 legge 21 giugno 2022, n. 78), “si è rimessa alla disposizione generale in materia di cause di esclusione di cui all’art. 96 la disciplina “cornice” in punto di: - individuazione del momento iniziale di decorrenza del triennio per ciascuna causa non automatica di esclusione; - previsione di un onere di comunicazione e produzione da parte dell’operatore economico dei provvedimenti giudiziali, con riguardo alle fattispecie di causa “non automatica” di esclusione che trovi fonte in un provvedimento di una Autorità di settore, ovvero dei provvedimenti giudiziali per quelle integranti reato, e disciplina delle conseguenze dell’inottemperanza a tale onere in punto di decorrenza del periodo triennale di possibile esclusione”.

Invero, l’art. 96 citato, ai commi 10, 11 e 12, stabilisce: “10. Le cause di esclusione di cui all’articolo 95 rilevano:

a) per tre anni decorrenti dalla commissione del fatto, nel caso di cui all’articolo 95, comma 1, lettera a);

b) per la sola gara cui la condotta si riferisce, nei casi di cui all’articolo 95, comma 1, lettere b), c) e d);

c) nel caso di cui all’articolo 95, comma 1, lettera e), salvo che ricorra la condotta di cui al comma 3, lettera b), dell’articolo 98, per tre anni decorrenti rispettivamente:

1) dalla data di emissione di uno degli atti di cui all’articolo 407-bis, comma 1, del codice di procedura penale oppure di eventuali provvedimenti cautelari personali o reali del giudice penale, se antecedenti all’esercizio dell’azione penale ove la situazione escludente consista in un illecito penale rientrante tra quelli valutabili ai sensi del comma 1 dell’articolo 94 oppure ai sensi del comma 3, lettera h), dell’articolo 98;

2) dalla data del provvedimento sanzionatorio irrogato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato o da altra autorità di settore nel caso in cui la situazione escludente discenda da tale atto;

3) dalla commissione del fatto in tutti gli altri casi.

L’eventuale impugnazione di taluno dei provvedimenti suindicati non rileva ai fini della decorrenza del triennio.

L’operatore economico ha l’onere di comunicare immediatamente alla stazione appaltante la sussistenza di taluno dei provvedimenti menzionati ai numeri 1) e 2) della lettera c) del comma 10, ove non menzionati nel proprio fascicolo virtuale. Se contravviene all’onere di comunicazione il triennio inizia a decorrere dalla data in cui la stazione appaltante ha acquisito taluno di detti provvedimenti”.

In altri termini, il nuovo Codice dei contratti pubblici, affrontando questioni lasciate irrisolte dal precedente testo normativo, ha fissato le decorrenze iniziali del termine triennale (quest’ultimo così determinato in conformità al paragrafo 7 dell’art. 57 della direttiva europea n. 24/2014) per le cause non automatiche di esclusione.

Nella menzionata relazione, il Consiglio di Stato ha, al riguardo, evidenziato che: “quanto a quelle enucleanti la possibile commissione di un grave illecito professionale discendente da fatto di reato, si è stabilito che: a) per le ipotesi di grave illecito professionale discendenti dalla (asserita) commissione di un fatto penalmente rilevante, l’inizio della decorrenza del periodo triennale coincida con il provvedimento del pubblico ministero di esercizio dell’azione penale (art. 405, comma 1, c.p.p.) ovvero, ove a questo cronologicamente antecedente, con la data della emissione di una misura cautelare di natura personale (artt. 281-286 c.p.p.; artt. 288-290 c.p.p.) o reale (art. 321 c.p.p.,)… laddove la possibile sussistenza di una causa di esclusione coincida con un fatto di rilievo penale tra quelli annoverati nel comma 1 dell’art. 94 “doppiato” dal comma 4, lett. g), dell’art. 98, ovvero ai sensi dell’ art. 98 comma 4 lett. h), sembra corretto prevedere che il minimum ontologico valutabile dalla stazione appaltante non possa prescindere da un atto giudiziale che abbia ritenuto che la notitia criminis sia insuscettibile di immediata archiviazione o che (anche in un momento precedente rispetto a tale valutazione) ricorra una consistenza indiziaria grave precisa e concordante (art. 273 c.p.p.) tale da aver condotto all’emissione di una misura cautelare personale, restrittiva o interdittiva, ovvero, quantomeno, sussista un consistente fumus tale da aver condotto alla emissione della misura cautelare reale ex art. 321 c.p.p…. in occasione della emissione di tali atti ha luogo la discovery delle fonti di prova che - seppur non integrale, ciò dipendendo dalle scelte investigative poste in essere dall’organo d’accusa - fa sì che il soggetto destinatario del provvedimento venga reso edotto del materiale probatorio sul quale detti atti si fondano: ciò implica che detto materiale probatorio non sia più coperto da segreto, e che il soggetto nel cui interesse viene bandita la gara (art. 98, comma 2) possa valutarlo nell’ambito della propria discrezionalità”.

Inoltre, prosegue la relazione del Consiglio di Stato, “f) gli atti di cui al comma 10, lett. c), n. 1 “segnano” la decorrenza iniziale del triennio valutabile ai fini della possibile esclusione; la decorrenza è unica per ciascuna gara ed in relazione alla valutazione resa da ciascun soggetto nel cui interesse è bandita la gara (cfr. comma 7, lett. g) ed h) dell’art. 98 disciplinante l’illecito professionale); salvo quanto si è detto appena in precedenza, nel fluire del procedimento (e poi eventualmente del processo) penale, possono sopravvenire ulteriori atti (ad esempio una sentenza di condanna non definitiva); in tali casi la decorrenza del triennio non muta, ed è sempre fissata con riguardo al “primo” atto (sotto il profilo cronologico) tra quelli indicati al comma 10. lett. c), n. 1 dell’articolo proposto; ciò che muta in questi casi è il compendio dimostrativo che il soggetto nel cui interesse è bandita la gara avrà a disposizione per valutare la fattispecie; ma ciò non incide sulla decorrenza iniziale dell’arco temporale triennale (come peraltro più approfonditamente chiarito nella relazione di accompagnamento all’art. 98 descrittivo dell’illecito professionale)”.

Quindi, secondo l’interpretazione evincibile dal chiaro tenore letterale dell’art. 96, comma 10, lett. c, n. 1, confortata dalla relazione esplicativa del Consiglio di Stato sullo schema di provvedimento, in caso di sentenza di condanna non definitiva per un reato di cui al comma 1 dell’articolo 94, la causa di esclusione (non automatica) ex art. 95 rileva per un triennio decorrente dalla data di rinvio a giudizio (o di altro atto con il quale è stata esercitata l’azione penale), ovvero dalla data della misura cautelare applicata, se antecedente all’esercizio dell’azione penale.

Ciò in quanto, in linea con i principi espressi dalla direttiva europea in materia di appalti pubblici, deve escludersi la rilevanza di fatti che – per il tempo trascorso – non rappresentano più un indice su cui misurare l’affidabilità professionale dell’operatore economico, ed, a tal fine, deve aversi riguardo all’accertamento in sede giudiziale della commissione del fatto con sufficiente grado probabilistico in ordine alla colpevolezza dell’indagato (quantomeno individuabile nel grave quadro indiziario che giustifica l’emissione di una misura cautelare).

Inoltre, l’impugnazione di tali provvedimenti giudiziari così come la successiva evoluzione (in senso confermativo del fumus commissi delicti) del procedimento penale, con l’emanazione della sentenza di condanna non definitiva, non hanno l’effetto di determinare uno slittamento del dies a quo di decorrenza del termine triennale, restando, altrimenti, vanificata la ratio dell’introduzione di un termine fisso, e, dunque, “l’esigenza di “unicità” e “immodificabilità del termine triennale” (cfr. relazione del Consiglio di Stato, cit.) di rilevanza dell’illecito penale ai fini della partecipazione alla gara pubblica.

Pertanto, nel caso di specie, la possibile causa di esclusione rappresentata dalla commissione del delitto di cui all’art. 318 c.p., accertata in sede penale con sentenza non ancora passata in giudicato, non può assumere rilevanza ai fini della partecipazione della ricorrente alla procedura competitiva, essendo decorso un periodo superiore a tre anni dal momento dell’applicazione della misura cautelare personale (circostanza non contestata).

Il Comune resistente ha eccepito che l’omessa comunicazione dell’ordinanza cautelare da parte della ricorrente comporta la sanzione della decorrenza del termine triennale di rilevanza del fatto non già dalla data di adozione dell’atto che applica la misura cautelare bensì dalla data in cui la stazione appaltante ne sia entrata in possesso.

In effetti, il comma 12 dell’art. 96 stabilisce che “L’operatore economico ha l’onere di comunicare immediatamente alla stazione appaltante la sussistenza di taluno dei provvedimenti menzionati ai numeri 1) e 2) della lettera c) del comma 10, ove non menzionati nel proprio fascicolo virtuale. Se contravviene all’onere di comunicazione il triennio inizia a decorrere dalla data in cui la stazione appaltante ha acquisito taluno di detti provvedimenti”.

Tuttavia, come anche sembra evincersi dai passaggi della relazione del Consiglio di Stato sopra riportati, la norma (in tal modo dovendosi la stessa interpretare per ragioni di ordine logico e sistematico) ha inteso più propriamente riferire la sanzione dello spostamento della decorrenza del triennio all’omessa comunicazione dei provvedimenti giurisdizionali costituenti prova dell’illecito professionale (quali sono quelli elencati all’art. 98, comma 6, lettera g, tra cui anche la sentenza non definitiva di condanna).

Poiché la ricorrente ha puntualmente dichiarato in sede di partecipazione alla gara l’esistenza della sentenza di condanna, quale ultimo atto emesso nell’ambito di quel procedimento penale (avviato con la convalida dell’arresto in flagranza di reato e l’applicazione di misura cautelare personale), non sussiste, ad avviso del Collegio, l’omissione dichiarativa che giustifica la sanzione dello slittamento del termine triennale.

Nondimeno, l’omessa comunicazione (anche) del provvedimento cautelare dal quale far decorrere il termine triennale di cui all’art. 96, comma 10, lett. c, n. 1, rende scusabile l’errore in cui è incorsa l’Amministrazione, integrando una giusta causa di compensazione delle spese processuali.

Ne deriva la fondatezza del primo motivo di ricorso, restando assorbite le ulteriori censure.

CONTRADDITTORIO PROCEDIMENTALE - PROVVEDIMENTO DI ESCLUSIONE - GRAVE ILLECITO PROFESSIONALE (98.2)

TAR LAZIO SENTENZA 2024

Per quanto riguarda la mancanza di attivazione del contraddittorio, ci si riporta al consolidato l’indirizzo giurisprudenziale, secondo cui spetta al ricorrente, che lamenti l’omessa comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della l. n. 241/1990, indicare gli elementi conoscitivi, che avrebbe introdotto in sede procedimentale, in grado di incidere sulla determinazione dell'Amministrazione (cfr. ex multis Cons. St., VI, n. 10790/2022).

E nel caso di specie tale onere non è stato assolto, non avendo parte ricorrente prodotto alcun concreto elemento suscettibile di influire sul contenuto del provvedimento di esclusione avversato.

A tale stregua, le norme sulla partecipazione al procedimento amministrativo non vanno applicate meccanicamente e formalisticamente, non potendosi ignorare la circostanza, comprovata dalle produzioni della stazione appaltante e della controinteressata, che nel caso specifico il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (cfr. T.A.R. Lazio n. 277/2024).


SOCCORSO ISTRUTTORIO ANCHE CON RIFERIMENTO AGLI ELEMENTI DELL'ILLECITO PROFESSIONALE - IL MANCATO RISPETTO DEL TERMINE COMPORTA L'ESCLUSIONE (98 -101.1)

ANAC PARERE 2024

L'apprezzamento circa l'affidabilità del singolo operatore economico nell'ambito delle gare pubbliche è rimessa - al di fuori dei casi di esclusione automatica previsti dalla legge - alla valutazione discrezionale dell'Amministrazione committente. Anche le eventuali omissioni dichiarative non determinano alcun automatismo espulsivo, ma l'esclusione può essere comminata solo se e nella misura in cui siano anche reputate rilevanti - sia nell'omissione in sé, che, necessariamente, rispetto al fatto omesso - da parte della stazione appaltante. Quanto disciplinato ora dall'art. 95 d.lgs. 36/2023 in tema di cause di esclusione non automatica e tipizzazione delle diverse fattispecie, in particolare, con riferimento alla ipotesi del grave illecito professionale normato al successivo art. 98 del suddetto Codice, laddove viene comminata l'esclusione del concorrente al ricorrere delle tre condizioni previste al comma 2 (elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale; idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull'affidabilità e integrità dell'operatore; c) adeguati mezzi di prova di cui al comma 6) e il grave illecito possa desumersi al verificarsi almeno di uno tra gli elementi ivi elencati al comma 3. La valutazione di gravità tiene conto del bene giuridico e dell'entità della lesione inferta dalla condotta integrante uno degli elementi di cui al comma 3 e del tempo trascorso dalla violazione, anche in relazione a modifiche intervenute nel frattempo nell'organizzazione dell'impresa (comma 4). Inoltre, le dichiarazioni omesse o non veritiere rese nella stessa gara e diverse da quelle di cui alla lettera b) del comma 3 possono essere utilizzate a supporto della valutazione di gravità riferita agli elementi di cui al comma 3 (comma 5).

Nel caso in esame la stazione appaltante in presenza di diverse segnalazioni e/o annotazioni contestate a carico dell'operatore OMISSIS ] S.r.l. ha richiesto chiarimenti e approfondimenti sulle specifiche situazioni dichiarate ed emerse, mentre l'impresa non ha fornito tempestivo ed esaustivo riscontro, nonostante diversi solleciti, non consentendo alla stazione appaltante di poter concludere, quindi, nell'ambito della propria discrezionalità, un compiuto e informato processo valutativo, dovendo, in ragione di ciò, disporre l'esclusione del concorrente inadempiente. È legittima infatti l'esclusione disposta a carico del concorrente che non abbia adempiuto nel termine previsto dalla stazione appaltante ai sensi dell'art. 101, d.lgs. 36/2023 per il soccorso istruttorio.

GRAVE ILLECITO PROFESSIONALE: L'ESCLUSIONE DELL'O.E. NON E' AUTOMATICA MA LEGATA AD UNA VALUTAZIONE DISCREZIONALE DELLA S.A. (98)

TAR SARDEGNA SENTENZA 2024

Giova rammentare che le circostanze annotate nel Casellario Anac come “utili” hanno mera valenza di pubblicità notizia, in quanto idonee a portare a conoscenza delle Stazioni Appaltanti eventi riguardanti un determinato operatore economico, potenzialmente in grado di incidere sulla sua affidabilità ai fini della partecipazione a pubbliche gare.

In ordine agli eventi potenzialmente oggetto di iscrizione, l’Autorità è chiamata unicamente a valutare la conferenza della notizia rispetto alle finalità di tenuta del Casellario informatico, nonché l’utilità della stessa quale indice rivelatore di inaffidabilità dell'operatore economico attinto dall’annotazione, giammai potendo sostituirsi alle stazioni appaltanti nella valutazione circa la portata escludente, in concreto, dell’evento iscritto (cfr., ex multis, Tar Lazio, Sez. I quater, 9 marzo 2023, n. 3945; Cons. Stato, Sez. V, 21 febbraio 2020, n. 1318).

Al lume delle suesposte considerazioni, deve dunque concludersi che, se per un verso all’annotazione nel Casellario di un determinato evento non è ascrivibile alcun automatismo impeditivo in ordine alla partecipazione dell’operatore ad una successiva gara, per l’altro la mancata annotazione non può precludere, ex se, alla stazione appaltante di disporre l’esclusione di un operatore ritenuto inaffidabile.

La doglianza si rivela, dunque, infondata.

Può ora procedersi all’esame delle censure contenute nel primo e terzo motivo di ricorso, tra loro intimamente connesse, che attengono alla contestazione dell’esercizio del potere di esclusione.

Con la prima censura, le ricorrenti si dolgono dei profili di contraddittorietà, sviamento istruttorio e motivazionale che affliggerebbero i provvedimenti impugnati, alla luce delle pregresse vicende che hanno caratterizzato i rapporti tra le parti, così come descritte in narrativa.

Il motivo di ricorso quindi evidenzia ragioni esogene all’impianto motivazionale posto a sostegno del provvedimento di esclusione, che dimostrerebbero lo sviamento di potere che avrebbe in tesi caratterizzato l’attività dell’amministrazione.

Con il terzo motivo di ricorso le ricorrenti, quand’anche ritenute non fondate le questioni poste in via generale con il primo motivo, censurano invece, nel merito, la motivazione posta dalla stazione appaltante a fondamento della disposta esclusione, ritenendo, da un lato, che i fatti addotti siano del tutto inidonei a inferire un giudizio di inaffidabilità a proprio carico e, dall’altro, contestando che le condotte loro addebitate, quali l’abbandono del cantiere e il rifiuto di eseguire nuovi e diversi ordini di servizio, siano suscettibili di assurgere a grave illecito professionale, in quanto, piuttosto, indotte dal sistematico ritardo nella contabilizzazione dei lavori, imputabile ad A.

Quest’ultima, inoltre, nel valutare la gravità delle condotte ascritte a controparte, non avrebbe considerato né il tempo trascorso dalle rilevate condotte inadempitive, né la pendenza di un giudizio civile avente ad oggetto la contestazione della risoluzione.

In premessa, si rileva che il provvedimento impugnato è stato adottato ai sensi del combinato disposto degli artt. 95, comma 1 lett. e) e 98 del D.lgs. n. 36/2023, ritenendosi integrato un grave illecito professionale da parte degli operatori in relazione alla già ampiamente descritta vicenda che ha condotto all’adozione del provvedimento di risoluzione del precedente contratto disposta con il -OMISSIS-, per i medesimi lavori e il medesimo Lotto per cui è oggi causa.

La causa di esclusione non automatica, nella sistematica del nuovo Codice dei Contratti, è dunque riconducibile alla sussistenza di un grave illecito professionale, che è da considerarsi integrato, ai sensi del nuovo art. 98, comma 2 del Codice, allorquando ricorrano le seguenti condizioni:

(i) elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale;

(ii) idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore; (iii) adeguati mezzi di prova di cui al comma 6.

Per quanto qui rilevante, nell’ambito dell’elencazione tassativa di cui all’art. 98, comma 3 del Codice, si desume l’illecito professionale, ai sensi della lett. c), dalla “condotta dell'operatore economico che abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento (…)”, costituendo adeguato mezzo di prova, nell’elenco di cui al comma 6, proprio “l’intervenuta risoluzione per inadempimento” (lett. c).

Premessa perciò, ai sensi della nuova disciplina e superando la previgente impostazione, la necessaria sussistenza di una delle fattispecie espressamente previste come tassative per configurare un grave illecito professionale, nonché la necessaria prova di esse con uno dei mezzi tassativamente indicati dal comma 6, non è invece mutata l’impostazione in ordine alla natura del potere dell’amministrazione di valutazione circa l’idoneità dell’illecito professionale ad incidere sull’affidabilità dell’operatore economico.

In continuità con gli approdi giurisprudenziali maturati nella vigenza del vecchio Codice dei contratti pubblici, l’esclusione conseguente alla valutazione di inaffidabilità dell’operatore, dovuta alla commissione di gravi illeciti professionali, è una sanzione la cui operatività, lungi dall’essere rimessa a rigidi automatismi, è piuttosto legata alla valutazione discrezionale della stazione appaltante.

Sotto questo profilo vale osservare però, per quanto rilevante nel presente giudizio, che il nuovo Codice dispone, all’art. 98, comma 4, che, quanto agli elementi costituenti un grave illecito professionale, “la valutazione di gravità tiene conto del bene giuridico e dell’entità della lesione inferta dalla condotta integrante uno degli elementi di cui al comma 3 e del tempo trascorso dalla violazione (…)”, e all’art. 98, comma 7, circa i mezzi di prova di cui al comma 6, prevede che l’amministrazione motiva “sulla ritenuta idoneità dei medesimi a incidere sull’affidabilità e sull’integrità dell’offerente; l’eventuale impugnazione dei medesimi è considerata nell’ambito della valutazione volta a verificare la sussistenza della causa escludente”.

Tali indicazioni costituiscono, evidentemente, in senso innovativo, i parametri esterni di valutazione della legittimità dell’esercizio del potere discrezionale della stazione appaltante per come esternato nella motivazione.

Ciò posto, in relazione al sindacato giurisdizionale sulla valutazione di inaffidabilità si è anche di recente ribadito che “è la stazione appaltante a fissare il punto di rottura dell'affidamento nel pregresso o futuro contraente perché è ad essa che è rimesso il potere di apprezzamento delle condotte dell'operatore economico che possono integrare un grave illecito professionale” (Cons. Stato, Sez. V, 23 febbraio 2024, n. 1804; cfr. altresì Cons. Stato, Sez. V, 3 gennaio 2019, n. 72, che richiama sul tema Cass., SS.UU., 17 febbraio 2012, n. 2312). Rispetto a tale valutazione, il sindacato del giudice amministrativo è circoscritto al rilievo di evidenti e macroscopici vizi di illogicità, contraddittorietà, erroneità e irragionevolezza della ridetta valutazione: “il Giudice non è chiamato, dunque, a stabilire se l'operatore economico abbia ragione o torto nel merito delle singole vicende, bensì a valutare se la condotta dell'operatore economico sia riconducibile alla nozione di grave illecito professionale, la cui valutazione ai fini dell'esclusione dalla gara è interamente rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante” (Consiglio di Stato, sez. VI, 29 novembre 2022, n. 10483).

Sotto questo profilo, il Collegio ritiene di dover evidenziare altresì come la valutazione di inaffidabilità di un operatore economico si colori di particolare pregnanza nella vigenza del nuovo Codice dei Contratti.

Invero, sotto il profilo semantico, il concetto stesso di “affidabilità” si predica riguardo a qualcuno che sia meritevole di “fiducia”, riflettendosi questo aspetto, perciò, sotto il profilo giuridico, nella lettura e interpretazione dell’art. 98 del Codice alla luce del generale Principio della fiducia, innovativamente introdotto all’art. 2 del D.lgs. n. 36/2023, con particolare riferimento al comma 2, ove si dispone che “il principio della fiducia favorisce e valorizza l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni secondo il principio del risultato”.

E dunque, in coerenza con la funzione interpretativa del principio in parola, sancita dall’art. 4 del Codice (“le disposizioni del codice si interpretano e si applicano in base ai principi di cui agli articoli 1, 2 e 3”), non può che concludersi nel senso che esce rafforzata l’autonomia decisionale dell’ente in relazione all’esercizio del potere di esclusione dell’operatore economico per inaffidabilità, profilo questo che impinge proprio e direttamente nel rapporto di fiducia che deve necessariamente intercorrere tra stazione appaltante e appaltatore.

La discrezionalità dell’amministrazione sotto questo profilo è dunque particolarmente pregnante, ravvisandosi, come visto, i limiti per essa, nelle declinazioni specifiche di cui al citato art. 98, disposizione che circoscrive le fattispecie rilevanti di illecito professionale, i mezzi di prova adeguati e gli oneri motivazionali, con richiamo agli elementi specifici, cui è tenuta l’amministrazione, oltre che ai principi generali di logicità e congruità.

L’interpretazione ora esposta, ad avviso del Collegio, individua perciò, rispetto all’esclusione per grave illecito professionale ex artt. 95 e 98 del Codice, il corretto punto di caduta tra “il nuovo principio-guida della fiducia, introdotto dall’art. 2 del d.lgs. n. 36/2023, [che] porta invece a valorizzare l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici e afferma una regola chiara: ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività. Trattasi quindi di un principio che amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile”, e la circostanza per cui “tale “fiducia”, tuttavia, non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che tradiscono l’interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, invece, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento” (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, 12.12.2023, n. 3738).

INVIO PREVENTIVI A PORGETTISTA INDICATO: NON VI E' ALTERAZIONE CONCCORRENZA NE' GRAVE ILLECITO PROFESSIONALE (98)

ANAC DELIBERA 2024

Non sussisteva alcun onere dichiarativo in capo a tale operatore economico per aver inviato i propri preventivi al progettista incaricato ai fini della formulazione dei prezzi a base di gara, in quanto erano state adottate tutte le misure idonee ad evitare un'alterazione della concorrenza. Non sussistendo un onere dichiarativo, non può essere ravvisata una falsa dichiarazione nell'aver negato, all'interno del DGUE, di aver collaborato preventivamente alla preparazione della gara, né si configurano gli estremi dell'illecito professionale grave, ai sensi dell'art. 98, CO. 3 lett. b) del d.lgs. 36/2023, di chi ha <<fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione.

MISURE CAUTELARI PERSONALI - COMPROVA GRAVE ILLECITO PROFESSIONALE

TAR LAZIO SENTENZA 2023

Quanto al primo motivo di ricorso, va rammentato che il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione è basato su una specifica causale di esclusione dalla gara, e cioè quella di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016, a rigore del quale la stazione appaltante può escludere il concorrente dalla gara (e conseguentemente revocare l’aggiudicazione se la fattispecie si realizza dopo l’affidamento del contratto) quando “dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”.

Nel caso di specie, Roma Capitale - in qualità di stazione appaltante - ha identificato il “grave illecito professionale” nei fatti penalmente rilevanti (id est corruzione e turbativa d’asta) per i quali sono state adottate le misure cautelari personali e il decreto di giudizio immediato a carico di due amministratori e di un ex consulente della società ricorrente.

In argomento giova premettere, a livello generale, che i requisiti di moralità richiesti dall’ordinamento ai fini della partecipazione alle gare per l’affidamento degli appalti pubblici sono elencati (per le procedure di gara indette prima del 1° luglio 2023 quale quella de qua) nell’art. 80 del d.lgs. 50/2016.

Tale disposizione indica, al comma 1, i reati che incidono sulla moralità del concorrente, facendo espresso riferimento, ai fini dell’esclusione automatica dalla gara, alla sentenza definitiva di condanna o al decreto penale o alla sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p. per uno dei predetti reati.

Pertanto, ai fini sopra indicati, non è sufficiente che sia in corso un procedimento penale per l’accertamento della commissione dei reati indicati dal comma 1 dell’art. 80, o che sia stata emessa in tale ambito una misura cautelare o disposto un rinvio a giudizio a carico dei soggetti indicati dalla medesima norma (cfr. in tal senso determina Anac n. 1/2012).

La disciplina di settore non esclude, tuttavia, che determinati fatti di rilievo penale, laddove costituenti ipotesi di grave errore professionale, possano essere valorizzati ai fini del comma 5, lett. c), dell’art. 80 del d.lgs. 50/2016, anche in assenza di una sentenza definitiva di condanna o di un decreto penale o di una sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p.

In altri termini, un determinato fatto penalmente rilevante può essere inquadrato, a seconda del verificarsi dei rispettivi presupposti di legge, all’interno delle due disposizioni normative (rispettivamente il comma 1 e il comma 5, lett. c), dell’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016).

Dunque, al di fuori delle cause di esclusione tassativamente nomenclate dal richiamato art. 80 del d.lgs. 50/2016, in presenza di gravi fatti di rilevanza penale conosciuti dalla stazione appaltante, è demandato alla stessa un margine importante di discrezionalità con riferimento alla verifica del requisito di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. 50/2016, il quale prevede come causa ostativa alla partecipazione a gare d’appalto e alla stipula dei relativi contratti, previa motivata valutazione della stazione appaltante, la circostanza che il concorrente abbia commesso un errore grave nell’esercizio della sua attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante.

Consegue da quanto sopra che può formare oggetto di valutazione, da parte della stazione appaltante, come grave illecito professionale ex art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, anche la pendenza di indagini penali o il rinvio a giudizio del legale rappresentante della società, o anche il caso in cui il legale rappresentante o socio di maggioranza della società aggiudicataria sia destinatario di una misura cautelare interdittiva. Tali circostanze, astrattamente integranti fattispecie di “grave illecito professionale” in capo all’operatore economico, devono formare oggetto di valutazione in concreto da parte della singola stazione appaltante.

In sintesi, il nuovo codice appalti (d.lgs. n. 36 del 2023) scolpisce nella legge un’acquisizione che era già stata chiarita dalla giurisprudenza amministrativa sotto il vigore del vecchio codice appalti applicabile nel caso de quo (d.lgs. n. 50 del 2016), e cioè che eventuali provvedimenti cautelari personali penali - e a maggior ragione eventuali decreti di giudizio immediato - ben possono rivestire natura di mezzi di prova adeguati del grave illecito professionale.

Ciò ovviamente a condizione che i fatti da essi risultanti siano autonomamente valutati dalla stazione appaltante, il che – come visto supra – è stato puntualmente fatto nel caso di specie.

Le considerazioni che precedono conducono, pertanto, alla reiezione del primo motivo di ricorso, atteso che: (a) la stazione appaltante ha compiuto un’autonoma valutazione dei fatti sottesi ai provvedimenti penali; (b) i provvedimenti penali – consistendo in misure cautelari personali e decreti di giudizio immediato – sono certamente mezzi di prova adeguati del grave illecito professionale (art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016) su cui riposa il provvedimento di revoca impugnato.

GRAVE ILLECITO PROFESSIONALE -VALUTAZIONE AFFIDABILITA' OPERATORE - NON INCIDE IL VALORE DELLA GARA (98)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

Relativamente alle suddette circostanze può rilevarsi che:

– la valutazione tecnico-discrezionale dell’affidabilità del singolo operatore economico è rimessa all’Amministrazione ed in assenza di profili di manifesta irragionevolezza, erroneità od inattendibilità, non riscontrabili nel caso di specie, non è sindacabile (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, sez. III, 7 dicembre 2020, n. 7730);

– la contestazione in giudizio di una risoluzione anticipata di un precedente contratto non impedisce alla stazione appaltante di valutare la circostanza ai fini dell’affidabilità dell’impresa (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 24 marzo 2022, n. 2154);

– il tema del superamento del limite triennale di rilevanza degli illeciti è già stato affrontato al paragrafo 3.2. della citata sentenza di questa Sezione n. -OMISSIS- con una conclusione che forma ormai oggetto di giudicato;

– la rilevanza del pregresso adempimento è stata adeguatamente motivata dal RUP soprattutto in relazione all’incidenza sull’affidabilità dell’impresa della mancata notifica del subappalto;

– la sentenza del Tar Lazio n. -OMISSIS- relativa all’impugnazione dell’annotazione Anac ha ritenuto legittima la stessa salvo che per la mancata indicazione della pendenza del giudizio civile.

Quanto all’altra causa di esclusione, cioè il provvedimento del Comune di Lucca del 2015 di revoca dell’aggiudicazione, la stessa deve ritenersi anch’essa fondata, non potendosi convenire con la tesi di parte appellante secondo cui, non essendo stata avviata l’esecuzione del relativo contratto, non sarebbe configurabile quale ipotesi di grave illecito professionale ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. e) del codice.

10.1. In via generale, va ricordato che in materia di gare pubbliche, la nozione di grave illecito professionale di cui alla citata disposizione, ferma la necessaria valutazione discrezionale della stazione appaltante, ricomprende ogni condotta, collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica di natura civile, penale o amministrativa e non prevede un numero chiuso di gravi illeciti professionali (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 16 gennaio 2023, n. 503).

Anche la revoca dell’aggiudicazione può quindi ritenersi idonea ad incidere sul rapporto di fiducia, tenuto conto che le condotte rilevanti ai fini dell’illecito professionale possono essere intervenute non solo nella fase di esecuzione del contratto, ma anche in fase di gara (cfr. Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, 30 aprile 2018, n. 252).

Nella vicenda in esame, la revoca è stata disposta in ragione della mancata sottoscrizione del contratto imputabile all’aggiudicataria (il provvedimento è stato poi confermato nella sua legittimità anche dalla sentenza di questa Sezione n. 5244 del 2017), cosicché la stazione appaltante, con adeguata motivazione, l’ha ritenuta una circostanza che integrasse il grave illecito professionale (cfr. in un caso analogo Consiglio di Stato, sez. V, 22 luglio 2019 n. 5171).

In ordine poi all’irrilevanza della commessa oggetto di revoca, non può ritenersi fondato l’assunto che lega il tema dell’affidabilità all’entità della gara, tenuto conto che se ciò fosse vero si opererebbe una illegittima elusione della specifica disciplina che impone una valutazione congrua di qualunque elemento rilevante ai fini dell’affidabilità professionale.

PENA SU RICHIESTA CONTENUTA NEL LIMITE DI DUE ANNI - LA MANCATA DICHIARAZIONE NON E' REATO

CASSAZIONE PENALE SENTENZA 2023

In sostanza, attraverso l'art. 21, comma 1, del D.P.R. n. 313 del 2002, l'attuale normativa mantiene solo in capo all'autorità giudiziaria il potere, per ragioni di giustizia, di acquisire dal sistema il certificato di tutte le iscrizioni esistenti riferite a un determinato soggetto, senza i limiti della non menzione di cui all'art. 175 c.p., mentre riconosce alla pubblica amministrazione e ai gestori di pubblici servizi il potere di ottenere soltanto "i certificati di cui all'art. 23 e all'art. 27", ovvero il certificato generale di cui all'art. 24, quello penale di cui all'art. 25, il certificato civile di cui all'art. 26 e quello dei carichi pendenti di cui all'art. 27.

Peraltro vi è che, sia l'art. 24 che l'art. 25 escludono espressamente che, nei certificati rispettivamente disciplinati, siano riportate, oltre alle "condanne delle quali è stato ordinato che non si faccia menzione nel certificato a norma dell'art. 175, del codice penale, purchè il beneficio non sia stato revocato", anche quelle per le quali "è stata dichiarata la riabilitazione, senza che questa sia stata in seguito revocata" e "i provvedimenti previsti dall'art. 445, del codice di procedura penale, quando la pena irrogata non superi i due anni di pena detentiva soli o congiunti a pena pecuniaria, e i decreti penali" (cfr. Sez. 5, n. 305 del 21/09/2021, dep. 2022, non massimata).

L'evoluzione normativa è stata completata dall'art. 28, comma 8, del D.P.R. n. 313 del 2002, nella formulazione successiva alle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 122 del 2018, entrata in vigore prima della dichiarazione per cui è processo effettuata dall'imputato in data 17 febbraio 2021.

Invero, tale norma dispone espressamente che: "L'interessato che, a norma degli artt. 46 e 47 del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445, rende dichiarazioni sostitutive all'esistenza, nel casellario giudiziale di iscrizioni a suo carico, non è tenuto a indicare la presenza di quelle di cui (...) all'art. 24 comma 1".

Sicché, nell'ambito di dette dichiarazioni, l'interessato non è tenuto a indicare le iscrizioni riguardanti le sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti ove la pena sia contenuta nel limite di due anni di pena detentiva soli o congiunti a pena pecuniaria (nè quelle che siano state inflitte con decreto penale di condanna).

ISCRIZIONE NEL REGISTRO DEGLI INDAGATI - NON E' MOTIVO DI ESCLUSIONE DALLE GARE (98)

ANAC DELIBERA 2023

Ai sensi della nuova disciplina in tema di illecito professionale grave dettata dal d.lgs. 36/2023, applicabile alle procedure di affidamento indette successivamente alla data del 1° luglio 2023, l’iscrizione dell’operatore economico nel registro degli indagati ex art. 335 c.p.p., in quanto non espressamente citata nel comma 6 dello stesso art. 98, tra i “mezzi adeguati di prova”, non può formare oggetto di valutazione ai fini della sussistenza di un illecito professionale grave, tenuto anche conto del principio di tassatività sancito dall’art. 95, comma 1, lett. e).

GRAVI ILLECITI PROFESSIONALI - SINDACATO G.A. (98)

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2023

Nel verbale n. 7 del 9.3.2023 – fatto proprio dal R.U.P. e richiamato nel verbale n. 8 e nel provvedimento impugnato – la Commissione ha giustificato le proprie conclusioni nel modo seguente: “alla luce delle molteplici sentenze adottate dal Consiglio di Stato e dall’Adunanza Plenaria, si vedano ex plurimis la sentenza n. 2838 del 8/04/2021, resa dalla V sezione, e l’Adunanza Plenaria n. 16 del 2020, e delle pregresse sentenze del TAR Campania, la Commissione ritiene che sussistano tutti i presupposti normativamente richiesti per poter procedere all’esclusione del R.T.I. OMISSIS S.r.l./OMISSIS S.p.a. stante le dichiarazioni omissive e reticenti dallo stesso prodotte, con specifico riferimento alla mancata dichiarazione di avvenuta esclusione dalla procedura di gara disposta dal Comune di Santa Marinella, definita con sentenza del Consiglio di Stato, sez. V n. 5838 del 2018, di conferma, peraltro, della pronuncia resa dal TAR Lazio, Roma, sez. 2B, n.5417/2018”.

La motivazione dell’esclusione, diversamente da quanto opinato, risulta, alla luce di quanto sopra riportato, compiutamente esternata tramite il richiamo ad arresti giurisprudenziali in materia di gravi illeciti professionali – anche riferiti al contenzioso afferente al caso di specie – e ad uno specifico ed incontestato elemento fattuale (omessa dichiarazione della OMISSIS ) posto a sostegno della formulata valutazione di inaffidabilità.

Siffatta motivazione, sebbene succintamente articolata, deve ritenersi sufficiente ai fini dell’assolvimento del relativo obbligo gravante sulla S.A., soprattutto ove si tenga conto dei profili e dei limiti che incontra il sindacato giurisdizionale esercitabile dal G.A. sul giudizio espresso dalla P.A. in ordine ai gravi illeciti professionali, riguardo al quale giova richiamare il diffuso indirizzo a mente del quale “nelle gare pubbliche il giudizio sui gravi illeciti professionali è espressione di ampia discrezionalità da parte dell’Amministrazione cui il legislatore ha voluto riconoscere un rilevante margine di apprezzamento circa la sussistenza del requisito dell’affidabilità dell’appaltatore. Ne consegue che il sindacato che il G.A. è chiamato a compiere sulle motivazioni di tale apprezzamento deve essere mantenuto sul piano della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto compiuta (nella specie, la non manifesta abnormità, contraddittorietà o contrarietà a norme imperative di legge nella valutazione degli elementi di fatto) e non può pervenire ad evidenziare una mera non condivisibilità della valutazione stessa” (Consiglio di Stato sez. IV, 16/01/2023, n.503; T.A.R. Napoli, sez. VII, 10/10/2022, n.6225).

Rispetto a tali valutazioni di carattere discrezionale, invero, “l’amministrazione sola è chiamata a fissare il punto di rottura dell’affidamento nel pregresso e/o futuro contraente” (Consiglio di Stato, Ad. Plen., 28 agosto 2020, n. 16).



TIPOLOGIE DI DATI DA INSERIRE NEL FASCICOLO VIRTUALE DELL’OE

ANAC DELIBERA 2023

Tipologie di dati da inserire nel fascicolo virtuale dell’operatore economico


Pareri della redazione di CodiceAppalti.it

QUESITO del 23/08/2023 - SOCIO UNICO PERSONA GIURIDICA E REQUISITI GENERALI

Buongiorno, vorrei porre alla Vs. attenzione il seguente quesito: H. Srl, per la quale mi occupo di gare, ha come socio unico persona giuridica una società che ne detiene il 100% delle quote. Questa società ha un consiglio di amministrazione costituito dal presidente del CdA, da nr. 1 consigliere e da nr. 1 sindaco. Nei confronti del consigliere è stata emessa una sentenza (che esula sia da H. Srl, sia dalla società che detiene il 100% delle quote) di applicazione della pena su richiesta ex artt. 444 e 445 del c.p.p. in data 31 marzo 2023 dal G.I.P. del Tribunale di Roma, irrevocabile dal 20 aprile 2023, per omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali di cui all'art. 2 del D.L. 12 settembre 1983 n. 463. Nel Casellario Giudiziario non è riportata alcuna sentenza. Ora, alla luce di quanto sopra esposto, in relazione alle dichiarazioni relative all'art. 80 del vecchio codice appalti e agli artt. 94 e 95 del nuovo codice appalti, tale sentenza è ostativa nei confronti di H. ai fini della partecipazione a gare di appalto? Resto in attesa di riscontro in merito ed ovviamente del preventivo di spesa. Grazie.


QUESITO del 13/02/2024 - ILLECITO PROFESSIONALE - RISOLUZIONE DI PRECEDENTE CONTRATTO

Salve con riferimento alla valutazione di esclusione non automatica di cui agli art. 95 comma 1 lett. e) e art. 98 comma 3 lett. c) di un operatore economico in fase di ammissione ad opera di Commissione giudicatrice , come deve essere valutata la dichiarazione resa dal concorrente di risoluzione del contratto per inadempimento e condanna al risarcimento ad opera della RTI in cui l'operatore partecipava in qualità di mandante. Si precisa che il provvedimento di risoluzione è datato 11.12.2023 (manca pertanto l'irrogazione della sanzione da parte dell'Anac) e le contestazioni sono riferite ai servizi eseguiti dalla mandataria e non dunque alla mandante, ma la risoluzione opera naturalmente a carico dell'intero R.T.I. Grazie