TERZO CLASSIFICATO - INTERESSE A RICORRERE DEVE ESSERE COMPROVATO - PROVA DI RESISTENZA CONCRETA
Sono anzitutto da accogliere per quanto di ragione il primo e secondo motivo di appello. Premettendo la sintesi all’analisi, il Collegio osserva che dall’esame combinato di tali motivi e, per l’effetto, del primo motivo del ricorso incidentale di aggiudicataria in primo grado, e dei motivi del ricorso di primo grado di Terza classificata contro H.S., si evince che Terza classificata non riesce a scalzare la posizione di seconda di H.S., e quindi è priva di legittimazione e interesse ad agire per attaccare la posizione della prima classificata
11. Con riguardo alla scelta del Tribunale territoriale di procedere prioritariamente all’esame del ricorso principale rispetto a quello dell’incidentale, il Collegio ritiene che il Tar non si sia avveduto che, non trattandosi di impugnative reciprocamente escludenti proposte da i due soli concorrenti rimasti in gara (le doglianze di terza classificata, si appuntavano anche contro la posizione di HS s.r.l.), non può necessariamente doversi seguire l’orientamento giurisprudenziale unionale che stabilisce di esaminare per primo il ricorso principale e, solo successivamente, quello incidentale.
Deve al riguardo osservarsi che l’odierno appellante in primo grado aveva sollevato eccezione preliminare in rito e poi proposto ricorso incidentale, con cui aveva sostenuto che non potevano essere esaminati i motivi del ricorso principale senza prima aver ragionevolmente accertato la sussistenza della legittimazione ad agire e dell’interesse al ricorso in capo alla ricorrente di primo grado della terza classificata.
12. Si tratta dei presupposti dell’azione che, secondo la giurisprudenza, ne condizionano l’esperibilità.
Trova applicazione nel caso di specie quanto stabilito da giurisprudenza consolidata, che, a partire dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato Consiglio di Stato, 25 febbraio 2014, n. 9, ha stabilito quanto segue: “in base ai principi generali in materia di condizioni dell’azione, desumibili dall’art. 24, comma 1 della Costituzione (ai sensi del quale tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi) e dall’art. 100 c.p.c. (ai sensi del quale per proporre una domanda o contraddire alla stessa è necessario avervi un interesse), l’interesse processuale presuppone, nella prospettazione della parte istante, una lesione concreta ed attuale dell’interesse sostanziale dedotto in giudizio e l’idoneità del provvedimento richiesto al giudice a tutelare e soddisfare il medesimo interesse sostanziale.
Nel processo amministrativo l’interesse a ricorrere è caratterizzato dalla presenza degli stessi requisiti che qualificano l’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c., vale a dire dalla prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente e dall’effettiva utilità che potrebbe derivare a quest’ultimo dall’eventuale annullamento dell’atto impugnato (cfr. C.d.S., Sez. IV, n. 20 ottobre 1997 n.1210, Consiglio di Stato, sez. V, 23 febbraio 2015 n. 855 ma si veda anche Cassazione civile, sez. un.,2 novembre 2007, n. 23031 secondo cui l’interesse a ricorrere deve essere, non soltanto personale e diretto, ma anche attuale e concreto - e non ipotetico o virtuale- per fornire una prospettiva di vantaggio)”
Nella stessa direttrice, questo Consiglio di Stato ha anche stabilito quanto segue: “Come noto, le condizioni soggettive per agire in giudizio – considerazioni che valgono anche per proporre ricorso straordinario al Capo dello Stato – sono la legittimazione ad agire e l'interesse a ricorrere (cfr. Consiglio di stato, sez. I, parere 2 novembre 2021, n. 1695). Per giurisprudenza consolidata, la legittimazione ad agire dal lato attivo, spetta al soggetto che afferma di essere titolare della situazione giuridica sostanziale di cui lamenta l'ingiusta lesione per effetto del provvedimento amministrativo, posizione speciale e qualificata, che lo distingue dal quisque de populo rispetto all'esercizio del potere amministrativo; essa afferisce, in sostanza, ad una posizione sostanziale di tensione verso un bene della vita, avente la consistenza di diritto soggettivo ovvero di interesse legittimo.
L'interesse al ricorso consiste, invece, nel vantaggio pratico e concreto che può derivare al ricorrente dall'accoglimento dell'impugnativa; il processo amministrativo, infatti, non costituisce una giurisdizione di diritto oggettivo, volta a ristabilire una legalità che si assume violata ma ha la funzione di dirimere una controversia fra un soggetto che si afferma leso in modo diretto, concreto e attuale da un provvedimento amministrativo e l'amministrazione che ha emanato tale provvedimento.
Il ricorrente tende, in sintesi, a un provvedimento del giudice idoneo, se favorevole, a rimuovere quella lesione (ex multis, da ultimo Cons. Stato, sez. I, parere 14 dicembre 2020, n. 2037; Cons. Stato, sez. V, 17 aprile 2020, n.2464; Cons. Stato, sez. II, 20 giugno 2019, n. 4233; Cons. Stato, sez. IV, 1° giugno 2018, n. 3321; 19 luglio 2017, n. 3563). Peraltro, la giurisprudenza ha precisato che l'interesse al ricorso, in quanto condizione dell'azione, deve sussistere sia al momento della proposizione del gravame sia al momento della decisione, con conseguente attribuzione al giudice amministrativo del potere di verificarne l’esistenza in relazione a ciascuno di tali momenti (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. II, 23 novembre 2020, n. 7337).
L'interesse al ricorso, sussistente al momento della proposizione del gravame, potrebbe venir meno nel corso del giudizio per effetto di sopravvenienze giuridiche o di fatto, per le quali si sia determinata una situazione che renda del tutto priva di qualsiasi utilità la decisione. In altri termini, nel corso del gravame potrebbe verificarsi una situazione di fatto o di diritto del tutto nuova e sostitutiva rispetto a quella esistente al momento della proposizione del ricorso, tale da rendere priva di qualsiasi residua utilità giuridica, ancorché meramente strumentale, una pronuncia del giudice adito sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio.” (ex multis, Consiglio di Stato, Sezione I, n. 1720/2022).
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