Giurisprudenza e Prassi

CONFLITTO TRA DURC POSITIVI E INVITI A REGOLARIZZARE - NON REGOLARIZZAZIONE POSTUMA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

L’emissione di un Durc “negativo” deve essere preceduta da un invito alla regolarizzazione, o preavviso di DURC negativo, all’impresa interessata, la quale verrà raggiunta da Durc negativo nel caso di mancato pagamento entro quindici giorni.

La concretezza di tale situazione è dimostrata dai plurimi “inviti alla regolarizzazione” trattati nella controversia ed inoltre dall’atto di costituzione in giudizio dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale del 16 dicembre 2019, di sostanziale conferma e dunque quanto evocato nel nono motivo di appello sollevato da Ecotecnica non ha fondamento giuridico, sia nel contrastare detta realtà, sia nell’evocare l’unicità del Durc quale fondamento della regolarità contributiva, ruolo del Durc divenuto appunto parziale tramite le novità legislative di cui si ritenuto dare espresso conto.

A questo punto non si può che seguire la strada ormai tracciata dalla costante giurisprudenza – seguita dalla pronuncia impugnata – comunque scandito dall’Adunanza plenaria – sentenza 29 febbraio 2016 n. 5 - secondo cui il conflitto tra Durc positivi e gli inviti a regolarizzare diretti alle imprese con irregolarità va risolto nel senso che anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 31, comma 8, d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla l. 9 agosto 2013, n. 98, non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l'impresa essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, essendo dunque irrilevante un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva; l'istituto dell'invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di Durc negativo), già previsto dall'art. 7, comma 3, d.m. 24 ottobre 2007 e ora recepito a livello legislativo dall'art. 31, comma 8, d.l. n. 69 del 2013 può operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al Durc chiesto dall'impresa e non anche al Durc richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell'autodichiarazione resa ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. i), ai fini della partecipazione alla gara d'appalto.

L’irregolarità contributiva sussistente al momento della domanda non può essere giustificata dal fatto che l'impresa sia in possesso di un precedente Durc, ottenuto in seguito ad istanza all'ente previdenziale, che attesti, con riferimento ad una data precedente rispetto a quella di presentazione della domanda, la sussistenza della regolarità contributiva; in senso contrario non giova invocare il termine trimestrale di validità del Durc precedentemente rilasciato, atteso che l'art. 7, comma 2, d.m. 24 ottobre 2007 riferisce tale termine di validità al solo settore degli appalti privati, ai fini di quanto previsto a carico del committente o del responsabile dei lavori dall'art. 31, comma 8, d.l. n. 69 del 2013 (che prevede fra l'altro la sospensione del titolo abilitativo edilizio nel caso in cui non venga trasmesso all'Amministrazione concedente un Durc in corso di validità dell'impresa esecutrice dei lavori); il termine di validità del Durc non può, quindi, essere strumentalmente utilizzato per legittimare la partecipazione alla gara di imprese che al momento della presentazione della domanda non siano comunque più in regola con gli obblighi contributivi.

E’ evidente che tale interpretazione sul c.d. preavviso di DURC negativo si porrebbe in linea con alcuni principi fondamentali che governano le procedure di gara: i principi di parità di trattamento e di autoresponsabilità e il principio di continuità nel possesso dei requisiti di partecipazione alla gara. L’applicazione della regolarizzazione postuma finirebbe per consentire ad una impresa di partecipare alla gara senza preoccuparsi dell'esistenza a proprio carico di una irregolarità contributiva, potendo essa confidare sulla possibilità di sanare il proprio inadempimento in caso di aggiudicazione e, dunque, a seconda della convenienza. Si arriverebbe, in tal modo, a consentire all'offerente - che pur a conoscenza di una irregolarità contributiva abbia reso una dichiarazione volta ad attestare falsamente il contrario - di beneficiare di una facoltà di regolarizzazione postuma della sua posizione, andando così a sanare, non una mera irregolarità formale, ma la mancanza di un requisito sostanziale, mancanza aggravata dall'aver reso una dichiarazione oggettivamente falsa in ordine al possesso del requisito. Dunque il principio di continuità nel possesso dei requisiti (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 20 luglio 2015, n. 8), che non possono essere persi dal concorrente neanche temporaneamente nel corso della procedura si pone in insuperabile contrasto con l’ammissibilità della regolarizzazione postuma in linea con la pacifica giurisprudenza in materia di già sussistente al momento della richiamata sentenza dell’Adunanza plenaria n. 5/2016, ossia che nelle gare di appalto per l'aggiudicazione di contratti pubblici, i requisiti generali e speciali devono essere posseduti dai candidati non solo alla data di scadenza del termine per la presentazione della richiesta di partecipazione alla procedura di affidamento, ma anche per tutta la durata della procedura stessa fino all'aggiudicazione definitiva ed alla stipula del contratto, nonché per tutto il periodo dell'esecuzione dello stesso, senza soluzione di continuità (Cons. Stato, Ad. plen. 20 luglio 2015 n. 8).

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