Giurisprudenza e Prassi

FALSA DICHIARAZIONE PER IRREGOLARITA' FISCALE DEL CONSULENTE - OE NON PUO' ESSERE SANZIONATO (80.5)

TAR LAZIO RM SENTENZA 2024

confronti degli operatori economici che non ottemperano alla richiesta della stazione appaltante o dell'ente aggiudicatore di comprovare il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di affidamento, entro il limite minimo di euro 250 e il limite massimo di euro 25.000. Nei confronti dei soggetti che a fronte della richiesta di informazioni o di esibizione di documenti da parte dell'Autorità forniscono informazioni o esibiscono documenti non veritieri e nei confronti degli operatori economici che forniscono alle stazioni appaltanti o agli enti aggiudicatori o agli organismi di attestazione, dati o documenti non veritieri circa il possesso dei requisiti di qualificazione, fatta salva l'eventuale sanzione penale, l'Autorità ha il potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie entro il limite minimo di euro 500 e il limite massimo di euro 50.000. Con propri atti l'Autorità disciplina i procedimenti sanzionatori di sua competenza.”. La norma va applicata in combinato disposto con l’art. 84, co. 4- bis, d.lgs. n. 50/16 che stabilisce: “Gli organismi di cui al comma 1 segnalano immediatamente all'ANAC i casi in cui gli operatori economici, ai fini della qualificazione, rendono dichiarazioni false o producono documenti non veritieri. L'ANAC, se accerta la colpa grave o il dolo dell'operatore economico, tenendo conto della gravità del fatto e della sua rilevanza nel procedimento di qualificazione, ne dispone l'iscrizione nel casellario informatico ai fini dell'esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto, ai sensi dell'articolo 80, comma 5, lettera g), per un periodo massimo di due anni. Alla scadenza stabilita dall'ANAC, l'iscrizione perde efficacia ed è immediatamente cancellata.”.

Ciò posto, è notorio che le condizioni che la legge stabilisce per disporre l'iscrizione nel casellario informatico sono l'elemento oggettivo della rilevanza e gravità dei fatti falsamente dichiarati o falsamente documentati e l'elemento soggettivo del dolo o della colpa grave.

Quanto all’elemento soggettivo che connota la fattispecie della falsa dichiarazione, la giurisprudenza amministrativa ha optato per un modello civilistico di responsabilità, secondo cui “l'imputabilità della falsa dichiarazione deve essere valutata, nel caso di specie, secondo i parametri civilistici della colpa grave, "intesa come inosservanza dei doveri di diligenza, avendo riguardo alla nozione di "diligenza" che deve essere interpretata accentuandone il carattere relativo ed adeguandola più direttamente alle caratteristiche di ciascuna situazione considerata, in relazione alla natura dell'attività svolta, alla prevedibilità ed evitabilità dell'evento, quindi determinata secondo il parametro relativistico dell'agente modello"; ritenendo che “ l'Autorità ha altresì legittimamente concluso che deve aversi come punto di riferimento la diligenza, perizia e prudenza di un modello di agente che svolga la stessa professione, lo stesso mestiere, lo stesso ufficio dell'agente reale e che, dovendosi far riferimento al concetto di colpa professionale, non si possa ricollegare la colpa grave a generici comportamenti abnormi o grossolanamente negligenti, dovendo, invece, considerarsi sussistente la gravità del comportamento, in mancanza di quelle cautele, cure o conoscenze costituenti lo standard minimo di diligenza richiesto a quel determinato professionista;” (cfr. in termini generali Consiglio di Stato sez. V, 5 aprile 2024, n. 3151 e, con specifico riferimento alla fattispecie in contestazione, seppur con esito sfavorevole per la ricorrente di tale contenzioso T.A.R. Lazio, sez. I - quater, 08 giugno 2023, n. 9771).

Tuttavia, la stessa Suprema Corte contempla, quale eccezione a tale principio di carattere generale, il fatto che il consulente si sia reso colpevole di una condotta fraudolenta, non essendo, in tal caso, la violazione imputabile (si veda il passaggio in cui la Suprema Corte afferma: “Non è, pertanto, esente da responsabilità il contribuente per mancato pagamento delle imposte che consegua alla condotta del professionista infedele, ove il contribuente non fornisca prova dell'attività di vigilanza e controllo in concreto esercitata sull'operato del professionista - facendosi, ad esempio, consegnare le ricevute telematiche dell'avvenuta presentazione della dichiarazione - ovvero ove non dia prova del comportamento fraudolento del professionista, come, per esempio, in caso di falsificazione dei modelli F 24 (Cass., Sez. V, 27 giugno 2018, n. 9422; Cass., Sez. V, 11 aprile 2018, n. 8914; Cass., Sez. VI, 9 giugno 2016, n. 11832; Cass., Sez. VI, 18 dicembre 2015, n. 25580), non essendo sufficiente la mera presentazione di denuncia penale (Cass., Sez. V, 20 luglio 2018, n. 19422; Cass., Sez. V, 17 marzo 2017, n. 6930). Sussiste, pertanto, la responsabilità del contribuente, ove da questi non venga fornita la prova che il mancato pagamento di un tributo sia imputabile esclusivamente a un comportamento di un terzo, rispetto al cui operato non sia possibile neanche ipotizzare un concorso colposo (Cass., Sez. V, 7 novembre 2018, n. 28359). Nella specie, la sentenza impugnata non ha accertato che il comportamento del contribuente fosse esente da responsabilità, sia omettendo di accertare se il contribuente avesse posto in essere un'attività di controllo e di vigilanza sull'operato del consulente, sia omettendo di accertare se il fatto fosse ascrivibile esclusivamente al comportamento fraudolento del terzo professionista, così non facendo buon governo dei menzionati principi.”).


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