Giurisprudenza e Prassi

CONCESSIONE: IL LEGITTIMO AFFIDAMENTO NON COMPORTA ASSOLUTA IMMODIFICABILITA' DELLE CONDIZIONI ECONOMICHE (189)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2024

Va, in primo luogo, evidenziato che la tutela del legittimo affidamento (nella veste di principio di matrice eurounitaria a rilievo anche costituzionale) non può tradursi nella pretesa di un’assoluta immodificabilità delle condizioni della concessione in essere.

Del resto, in generale, il diritto dei contratti pubblici, anche nel suo formante europeo (tra cui, segnatamente, la Direttiva 2014/23/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sull’aggiudicazione dei contratti di concessione), ha, da sempre, approntato con riguardo alla fase della esecuzione, un regime connotato da una forte carica di specialità rispetto al diritto comune, animato dalla necessità di contemperare il carattere negoziale dell’atto ed il dogma della stabilità contrattuale (espresso dal principio per cui pacta sunt servanda) con la natura pubblica degli interessi in esso riversati. Ne è riprova la circostanza che anche il legislatore del nuovo Codice, nonostante la consacrazione, all’art. 8, del principio di autonomia contrattuale e la previsione, all’art. 12, primo comma, lett. b), di un “rinvio esterno” generale al codice civile, ha inteso disegnare, nel solco della tradizione, un assetto dei rapporti tra parte pubblica e parte privata del contratto di appalto improntato a quella che è stata definita come una “diseguaglianza secondaria”. Asimmetria che si traduce anche, nel campo delle concessioni, nella previsione di penetranti poteri di modifica unilaterale del contratto durante il periodo di efficacia in capo al concedente (si veda l’art. 189 del d.lgs. n. 36 del 2023, ampiamente ricognitivo del dettato dell’articolo 43 della direttiva 2014/23/UE).

La giurisprudenza costituzionale (Corte cost., 24 gennaio 2017, n. 16, pure invocata da parte appellante) ha chiarito, in generale, che “la tutela dell’affidamento non comporta che, nel nostro sistema costituzionale, sia assolutamente interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali modifichino sfavorevolmente la disciplina dei rapporti di durata, e ciò anche se il loro oggetto sia costituito dai diritti soggettivi perfetti, salvo, qualora si tratti di disposizioni retroattive, il limite costituzionale della materia penale (art. 25, secondo comma, Cost.)”, fermo restando tuttavia che dette disposizioni, “al pari di qualsiasi precetto legislativo, non possono trasmodare in un regolamento irrazionale e arbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti, frustrando così anche l’affidamento del cittadino nella sicurezza pubblica[recte: giuridica” (così riprendendo la sentenza n. 822 del 1988; in senso analogo, ex plurimis, sentenze n. 203 del 2016; n. 64 del 2014; n. 1 del 2011; n. 302 del 2010; n. 236, n. 206 e n. 24 del 2009; n. 409 e n. 264 del 2005; n. 446 del 2002; n. 416 del 1999).

In altri termini, la Corte costituzionale, pur riconoscendo il rilievo dell’affidamento nella “sicurezza giuridica” quale elemento essenziale dello Stato di diritto, non riconosce la vigenza di un principio di immodificabilità assoluta della disciplina dei rapporti di durata derivanti da pattuizioni negoziali, ancorché, l’ammissibilità di interventi incidenti sulle posizioni che ne derivano, sia subordinata all’esistenza di un interesse meritevole di tutela, ovvero, finalizzata a scopi di utilità sociale, e sempreché l’intervento non si traduca in scelte illogiche irrazionali e non proporzionate all’utilità perseguita.

Condividi questo contenuto:

Testo integrale

Per consultare il testo integrale devi essere un utente abbonato. Per maggiori informazioni clicca qui



Effettua login Registrati

CODICE: Ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. uuuu) del Codice: il presente decreto che disciplina i contratti pubblici di lavori, servizi, forniture;
REGOLAMENTO: il D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554;