Articolo 189. Modifica di contratti durante il periodo di efficacia.

1. Le concessioni possono essere modificate senza una nuova procedura di aggiudicazione della concessione nei casi seguenti:

a) se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi purché riferite agli indici sintetici di cui all’articolo 60, comma 3; tali clausole fissano la portata e la natura di eventuali modifiche, nonché le condizioni alle quali possono essere impiegate; esse non apportano modifiche che altererebbero la natura generale della concessione;

b) per lavori o servizi supplementari da parte del concessionario originario che si sono resi necessari e non erano inclusi nella concessione iniziale, quando un cambiamento di concessionario:

1) risulti impraticabile per motivi economici o tecnici, quali il rispetto dei requisiti di intercambiabilità o interoperatività tra apparecchiature, servizi o impianti esistenti forniti nell'ambito della concessione iniziale;

2) comporti per l’ente concedente notevoli inconvenienti o una sostanziale duplicazione dei costi;

c) negli ulteriori casi in cui siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

1) la necessità di modifica è determinata da circostanze che un ente concedente diligente non ha potuto prevedere;

2) la modifica non altera la natura generale della concessione;

3) nel caso di concessioni aggiudicate dall’ente concedente allo scopo di svolgere un’attività diversa da quelle di cui all’allegato II alla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, l’eventuale aumento di valore non deve eccedere il 50 per cento del valore della concessione iniziale. In caso di più modifiche successive, tale limitazione si applica al valore di ciascuna modifica. Tali modifiche successive non sono intese ad aggirare le disposizioni della presente Parte;

d) se un nuovo concessionario sostituisce quello a cui l’ente concedente aveva inizialmente aggiudicato la concessione a causa di una delle seguenti circostanze:

1) la presenza di una clausola di revisione inequivocabile in conformità della lettera a);

2) al concessionario iniziale succeda, in via universale o parziale, a seguito di ristrutturazioni societarie, comprese rilevazioni, fusioni, acquisizione o insolvenza, un altro operatore economico che soddisfi i criteri di selezione qualitativa stabiliti inizialmente, purché ciò non implichi altre modifiche sostanziali al contratto e non sia finalizzato ad eludere l'applicazione della direttiva 2014/23/UE;

3) nel caso in cui l’ente concedente si assuma gli obblighi del concessionario principale nei confronti dei suoi subappaltatori, ove tale possibilità sia prevista dalla legislazione nazionale;

e) se le modifiche, a prescindere dal loro valore, non sono sostanziali.

2. Le concessioni possono parimenti essere modificate senza necessità di una nuova procedura di aggiudicazione se il valore della modifica è inferiore a entrambi i valori seguenti:

a) la soglia di cui all’articolo 8 della direttiva 2014/23/UE;

b) il 10 per cento del valore della concessione iniziale.

3. Le modifiche di cui al comma 2 non possono alterare la natura generale della concessione. In caso di più modifiche successive, il valore è accertato sulla base del valore complessivo netto delle successive modifiche.

4. La modifica di una concessione durante il periodo della sua validità è considerata sostanziale se la natura della concessione muta nella sua essenza rispetto a quella inizialmente conclusa. In ogni caso, una modifica è considerata sostanziale se una o più delle seguenti condizioni sono soddisfatte:

a) la modifica introduce condizioni che, se fossero state contenute nella procedura iniziale di aggiudicazione della concessione, avrebbero consentito l'ammissione di candidati diversi da quelli inizialmente selezionati o l'accettazione di un'offerta diversa da quella inizialmente accettata, oppure avrebbero attirato ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione della concessione;

b) la modifica cambia l'equilibrio economico della concessione a favore del concessionario in modo non previsto dalla concessione iniziale;

c) la modifica estende notevolmente l'ambito di applicazione della concessione;

d) se un nuovo concessionario sostituisce quello cui l’ente concedente aveva inizialmente aggiudicato la concessione in casi diversi da quelli previsti dal comma 1, lettera d).

5. Nelle situazioni di cui al comma 1, lettere b) e c), l’ente concedente pubblica un avviso al riguardo nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Tale avviso contiene le informazioni di cui all’allegato XI alla direttiva 2014/23/UE ed è pubblicato conformemente all’articolo 33 della stessa direttiva.

6. Nelle ipotesi di cui al comma 1, lettere a) e b), per le concessioni aggiudicate dall’ente concedente allo scopo di svolgere un’attività diversa da quelle di cui all’allegato II alla direttiva 2014/23/UE, l’eventuale aumento di valore non deve eccedere il 50 per cento del valore della concessione iniziale. In caso di più modifiche successive, tale limitazione si applica al valore di ciascuna modifica. Tali modifiche successive non sono intese ad aggirare le disposizioni della presente Parte.

EFFICACE DAL: 1° luglio 2023

Relazione

RELAZIONE L’articolo 189 individua una serie di casi, nonché di condizioni per la sussistenza delle fattispecie delineate, nei quali è possibile operare modifiche dei contratti di concessione in esse...

Commento

NOVITA’ • Viene precisato che le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, possono essere previste anche nelle clausole di revisione dei prezzi purché riferite agli indici sintetici di cui ...
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Giurisprudenza e Prassi

CONCESSIONE: IL LEGITTIMO AFFIDAMENTO NON COMPORTA ASSOLUTA IMMODIFICABILITA' DELLE CONDIZIONI ECONOMICHE (189)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2024

Va, in primo luogo, evidenziato che la tutela del legittimo affidamento (nella veste di principio di matrice eurounitaria a rilievo anche costituzionale) non può tradursi nella pretesa di un’assoluta immodificabilità delle condizioni della concessione in essere.

Del resto, in generale, il diritto dei contratti pubblici, anche nel suo formante europeo (tra cui, segnatamente, la Direttiva 2014/23/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sull’aggiudicazione dei contratti di concessione), ha, da sempre, approntato con riguardo alla fase della esecuzione, un regime connotato da una forte carica di specialità rispetto al diritto comune, animato dalla necessità di contemperare il carattere negoziale dell’atto ed il dogma della stabilità contrattuale (espresso dal principio per cui pacta sunt servanda) con la natura pubblica degli interessi in esso riversati. Ne è riprova la circostanza che anche il legislatore del nuovo Codice, nonostante la consacrazione, all’art. 8, del principio di autonomia contrattuale e la previsione, all’art. 12, primo comma, lett. b), di un “rinvio esterno” generale al codice civile, ha inteso disegnare, nel solco della tradizione, un assetto dei rapporti tra parte pubblica e parte privata del contratto di appalto improntato a quella che è stata definita come una “diseguaglianza secondaria”. Asimmetria che si traduce anche, nel campo delle concessioni, nella previsione di penetranti poteri di modifica unilaterale del contratto durante il periodo di efficacia in capo al concedente (si veda l’art. 189 del d.lgs. n. 36 del 2023, ampiamente ricognitivo del dettato dell’articolo 43 della direttiva 2014/23/UE).

La giurisprudenza costituzionale (Corte cost., 24 gennaio 2017, n. 16, pure invocata da parte appellante) ha chiarito, in generale, che “la tutela dell’affidamento non comporta che, nel nostro sistema costituzionale, sia assolutamente interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali modifichino sfavorevolmente la disciplina dei rapporti di durata, e ciò anche se il loro oggetto sia costituito dai diritti soggettivi perfetti, salvo, qualora si tratti di disposizioni retroattive, il limite costituzionale della materia penale (art. 25, secondo comma, Cost.)”, fermo restando tuttavia che dette disposizioni, “al pari di qualsiasi precetto legislativo, non possono trasmodare in un regolamento irrazionale e arbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti, frustrando così anche l’affidamento del cittadino nella sicurezza pubblica[recte: giuridica” (così riprendendo la sentenza n. 822 del 1988; in senso analogo, ex plurimis, sentenze n. 203 del 2016; n. 64 del 2014; n. 1 del 2011; n. 302 del 2010; n. 236, n. 206 e n. 24 del 2009; n. 409 e n. 264 del 2005; n. 446 del 2002; n. 416 del 1999).

In altri termini, la Corte costituzionale, pur riconoscendo il rilievo dell’affidamento nella “sicurezza giuridica” quale elemento essenziale dello Stato di diritto, non riconosce la vigenza di un principio di immodificabilità assoluta della disciplina dei rapporti di durata derivanti da pattuizioni negoziali, ancorché, l’ammissibilità di interventi incidenti sulle posizioni che ne derivano, sia subordinata all’esistenza di un interesse meritevole di tutela, ovvero, finalizzata a scopi di utilità sociale, e sempreché l’intervento non si traduca in scelte illogiche irrazionali e non proporzionate all’utilità perseguita.