Giurisprudenza e Prassi

MISURE CAUTELARI PERSONALI - COMPROVA GRAVE ILLECITO PROFESSIONALE

TAR LAZIO SENTENZA 2023

Quanto al primo motivo di ricorso, va rammentato che il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione è basato su una specifica causale di esclusione dalla gara, e cioè quella di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016, a rigore del quale la stazione appaltante può escludere il concorrente dalla gara (e conseguentemente revocare l’aggiudicazione se la fattispecie si realizza dopo l’affidamento del contratto) quando “dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”.

Nel caso di specie, Roma Capitale - in qualità di stazione appaltante - ha identificato il “grave illecito professionale” nei fatti penalmente rilevanti (id est corruzione e turbativa d’asta) per i quali sono state adottate le misure cautelari personali e il decreto di giudizio immediato a carico di due amministratori e di un ex consulente della società ricorrente.

In argomento giova premettere, a livello generale, che i requisiti di moralità richiesti dall’ordinamento ai fini della partecipazione alle gare per l’affidamento degli appalti pubblici sono elencati (per le procedure di gara indette prima del 1° luglio 2023 quale quella de qua) nell’art. 80 del d.lgs. 50/2016.

Tale disposizione indica, al comma 1, i reati che incidono sulla moralità del concorrente, facendo espresso riferimento, ai fini dell’esclusione automatica dalla gara, alla sentenza definitiva di condanna o al decreto penale o alla sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p. per uno dei predetti reati.

Pertanto, ai fini sopra indicati, non è sufficiente che sia in corso un procedimento penale per l’accertamento della commissione dei reati indicati dal comma 1 dell’art. 80, o che sia stata emessa in tale ambito una misura cautelare o disposto un rinvio a giudizio a carico dei soggetti indicati dalla medesima norma (cfr. in tal senso determina Anac n. 1/2012).

La disciplina di settore non esclude, tuttavia, che determinati fatti di rilievo penale, laddove costituenti ipotesi di grave errore professionale, possano essere valorizzati ai fini del comma 5, lett. c), dell’art. 80 del d.lgs. 50/2016, anche in assenza di una sentenza definitiva di condanna o di un decreto penale o di una sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p.

In altri termini, un determinato fatto penalmente rilevante può essere inquadrato, a seconda del verificarsi dei rispettivi presupposti di legge, all’interno delle due disposizioni normative (rispettivamente il comma 1 e il comma 5, lett. c), dell’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016).

Dunque, al di fuori delle cause di esclusione tassativamente nomenclate dal richiamato art. 80 del d.lgs. 50/2016, in presenza di gravi fatti di rilevanza penale conosciuti dalla stazione appaltante, è demandato alla stessa un margine importante di discrezionalità con riferimento alla verifica del requisito di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. 50/2016, il quale prevede come causa ostativa alla partecipazione a gare d’appalto e alla stipula dei relativi contratti, previa motivata valutazione della stazione appaltante, la circostanza che il concorrente abbia commesso un errore grave nell’esercizio della sua attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante.

Consegue da quanto sopra che può formare oggetto di valutazione, da parte della stazione appaltante, come grave illecito professionale ex art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, anche la pendenza di indagini penali o il rinvio a giudizio del legale rappresentante della società, o anche il caso in cui il legale rappresentante o socio di maggioranza della società aggiudicataria sia destinatario di una misura cautelare interdittiva. Tali circostanze, astrattamente integranti fattispecie di “grave illecito professionale” in capo all’operatore economico, devono formare oggetto di valutazione in concreto da parte della singola stazione appaltante.

In sintesi, il nuovo codice appalti (d.lgs. n. 36 del 2023) scolpisce nella legge un’acquisizione che era già stata chiarita dalla giurisprudenza amministrativa sotto il vigore del vecchio codice appalti applicabile nel caso de quo (d.lgs. n. 50 del 2016), e cioè che eventuali provvedimenti cautelari personali penali - e a maggior ragione eventuali decreti di giudizio immediato - ben possono rivestire natura di mezzi di prova adeguati del grave illecito professionale.

Ciò ovviamente a condizione che i fatti da essi risultanti siano autonomamente valutati dalla stazione appaltante, il che – come visto supra – è stato puntualmente fatto nel caso di specie.

Le considerazioni che precedono conducono, pertanto, alla reiezione del primo motivo di ricorso, atteso che: (a) la stazione appaltante ha compiuto un’autonoma valutazione dei fatti sottesi ai provvedimenti penali; (b) i provvedimenti penali – consistendo in misure cautelari personali e decreti di giudizio immediato – sono certamente mezzi di prova adeguati del grave illecito professionale (art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016) su cui riposa il provvedimento di revoca impugnato.

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