Giurisprudenza e Prassi

PRINCIPIO DI EQUIVALENZA E LIMITI DI APPLICABILITA' - DISCREZIONALITA' DELLA PA (68.7)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2022

Per consolidato orientamento giurisprudenziale, il principio di equivalenza di cui all’art. 68 del Codice dei contratti pubblici – che attua l’art. 42 della direttiva 2014/24/UE e permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, rispondendo, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità, buon andamento e libertà d’iniziativa economica privata e, dall’altro, al principio di libera concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare (Cons. Stato, V, 17 febbraio 2022, n.1186; III, 10 febbraio 2022, n. 1006) – è finalizzato a evitare che un’irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici precluda l’ammissibilità di offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta (Cons. Stato, III, 7 gennaio 2022, n. 65; IV, 7 giugno 2021, n. 4353).

In altri termini, il principio di equivalenza presuppone la corrispondenza delle prestazioni del prodotto offerto, ancorché difforme dalle specifiche tecniche indicate dalla stazione appaltante (Cons. Stato, III, 7 luglio 2021, n. 5169; 22 novembre 2017, n. 5426), quale “conformità sostanziale” con le specifiche tecniche, nella misura in cui queste vengano nella sostanza soddisfatte (Cons. Stato, V, 25 marzo 2020, n. 2093): indi, nell’ambito di una procedura a evidenza pubblica, le caratteristiche minime stabilite nella documentazione di gara non debbono intendersi come vincolanti nel quomodo, ma soltanto quoad effectum, nel senso che le offerte sono ritenute rispettose della lex specialis laddove siano, comunque, capaci di conseguire il fine ultimo dell’affidamento (Cons. Stato, IV, n. 4353 del 2021, cit.).

Ne deriva, sul piano applicativo, che la stazione appaltante opera il giudizio di equivalenza sulle specifiche tecniche dei prodotti offerti in gara non attenendosi a riscontri formalistici, bensì sulla base di criteri di conformità sostanziale delle soluzioni tecniche offerte; deve all’uopo registrarsi una conformità di tipo funzionale rispetto alle specifiche tecniche indicate dal bando: specifiche che, in questo modo, “vengono in pratica comunque soddisfatte” (Cons. Stato, III, 2 settembre 2013, n. 4364; 29 marzo 2018, n. 2013).

I limiti dell’applicazione del principio di equivalenza individuati dalla giurisprudenza sono strettamente connessi alla sua ratio. Se, infatti, il principio è diretto ad evitare che le norme obbligatorie, le omologazioni nazionali e le specifiche tecniche possano essere artatamente utilizzate per operare indebite esclusioni dalla gare pubbliche, fondate sul pretesto di una non perfetta corrispondenza delle soluzioni tecniche offerte con quelle richieste, ne viene come diretta conseguenza che esso, quale misura diretta ad assicurare che la valutazione della congruità tecnica dell’offerta non si risolva in una verifica formalistica ma consista nell’apprezzamento della sua conformità sostanziale alle specifiche tecniche inserite nella lex specialis, non possa essere invocato per ammettere offerte tecnicamente inappropriate (Cons. Stato, III, 2 marzo 2018 n. 1316) o che comprendano soluzioni che, sul piano oggettivo funzionale e strutturale, non rispettino le caratteristiche tecniche obbligatorie, configurandosi come un aliud pro alio (Cons. Stato, III, 9 febbraio 2021, n. 1225/2021; V 25 luglio 2019, n. 5258; III, 28 settembre 2018, n. 5568).



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