Art. 68. Specifiche tecniche

1. Le specifiche tecniche indicate al punto 1 dell'allegato XIII sono inserite nei documenti di gara e definiscono le caratteristiche previste per lavori, servizi o forniture. Tali caratteristiche possono inoltre riferirsi allo specifico processo o metodo di produzione o prestazione dei lavori, delle forniture o dei servizi richiesti, o a uno specifico processo per un'altra fase del loro ciclo di vita anche se questi fattori non sono parte del loro contenuto sostanziale, purché siano collegati all'oggetto dell'appalto e proporzionati al suo valore e ai suoi obiettivi.

2. Le specifiche tecniche possono, altresì, indicare se è richiesto il trasferimento dei diritti di proprietà intellettuale.

3. Per tutti gli appalti destinati all'uso da parte di persone fisiche, sia che si tratti del pubblico che del personale di un'amministrazione aggiudicatrice, è necessario che le specifiche tecniche, salvo in casi debitamente giustificati, siano elaborate in modo da tenere conto dei criteri di accessibilità per le persone con disabilità o di progettazione adeguata per tutti gli utenti. Qualora i requisiti di accessibilità obbligatori siano adottati con un atto giuridico dell'Unione europea, le specifiche tecniche devono essere definite mediante riferimento a esse per quanto riguarda i criteri di accessibilità per le persone con disabilità o di progettazione adeguata per tutti gli utenti.

4. Le specifiche tecniche consentono pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione e non devono comportare direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati all'apertura degli appalti pubblici alla concorrenza.

5. Fatte salve le regole tecniche nazionali obbligatorie, le specifiche tecniche sono formulate secondo una delle modalità seguenti:

a) in termini di prestazioni o di requisiti funzionali, comprese le caratteristiche ambientali, a condizione che i parametri siano sufficientemente precisi da consentire agli offerenti di determinare l'oggetto dell'appalto e alle amministrazioni aggiudicatrici di aggiudicare l'appalto;

b) mediante riferimento a specifiche tecniche e, in ordine di preferenza, alle norme che recepiscono norme europee, alle valutazioni tecniche europee, alle specifiche tecniche comuni, alle norme internazionali, ad altri sistemi tecnici di riferimento adottati dagli organismi europei di normalizzazione o in mancanza, alle norme, omologazioni tecniche o specifiche tecniche, nazionali, in materia di progettazione, calcolo e realizzazione delle opere e uso delle forniture. Ciascun riferimento contiene l'espressione «o equivalente»;

c) in termini di prestazioni o di requisiti funzionali di cui alla lettera a), con riferimento alle specifiche citate nella lettera b) quale mezzo per presumere la conformità con tali prestazioni o requisiti funzionali;

d) mediante riferimento alle specifiche tecniche di cui alla lettera b) per talune caratteristiche e alle prestazioni o ai requisiti funzionali di cui alla lettera a) per le altre caratteristiche.

6. Salvo che siano giustificate dall'oggetto dell'appalto, le specifiche tecniche non possono menzionare una fabbricazione o provenienza determinata o un procedimento particolare caratteristico dei prodotti o dei servizi forniti da un operatore economico specifico, né far riferimento a un marchio, a un brevetto o a un tipo, a un'origine o a una produzione specifica che avrebbero come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti. Tale menzione o riferimento sono tuttavia consentiti, in via eccezionale, nel caso in cui una descrizione sufficientemente precisa e intelligibile dell'oggetto dell'appalto non sia possibile applicando il comma 5. In tal caso la menzione o il riferimento sono accompagnati dall'espressione «o equivalente».

7. Quando si avvalgono della possibilità di fare riferimento alle specifiche tecniche di cui al comma 5, lettera b), le amministrazioni aggiudicatrici non possono dichiarare inammissibile o escludere un'offerta per il motivo che i lavori, le forniture o i servizi offerti non sono conformi alle specifiche tecniche alle quali hanno fatto riferimento, se nella propria offerta l'offerente dimostra, con qualsiasi mezzo appropriato, compresi i mezzi di prova di cui all'articolo 86, che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche.

8. Quando si avvalgono della facoltà, prevista al comma 5, lettera a), di definire le specifiche tecniche in termini di prestazioni o di requisiti funzionali, le amministrazioni aggiudicatrici non possono dichiarare inammissibile o escludere un'offerta di lavori, di forniture o di servizi conformi a una norma che recepisce una norma europea, a una omologazione tecnica europea, a una specifica tecnica comune, a una norma internazionale o a un sistema tecnico di riferimento adottato da un organismo europeo di normalizzazione se tali specifiche contemplano le prestazioni o i requisiti funzionali da esse prescritti. Nella propria offerta, l'offerente è tenuto a dimostrare con qualunque mezzo appropriato, compresi i mezzi di prova di cui all'articolo 86, che i lavori, le forniture o i servizi conformi alla norma ottemperino alle prestazioni e ai requisiti funzionali dell'amministrazione aggiudicatrice.

Relazione

L'articolo 68 (Specifiche tecniche) prevede, in particolare, che le specifiche tecniche siano inserite nei documenti di gara e definiscano le caratteristiche previste per lavori, servizi o forniture. ...

Commento

L'articolo 68 recepisce l'articolo 42 della direttiva 2014/24/UE e attua l'articolo 1, comma 1, lett. c) e pp), della legge 28 gennaio 2016, n. 11, con riguardo alle specifiche tecniche. L'articolo pr...
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Giurisprudenza e Prassi

OMESSA DICHIARAZIONE DI EQUIVALENZA - SOCCORSO ISTRUTTORIO - NON AMMESSO (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2024

L’art. 68 del d.lgs. n. 50 del 2016, applicabile ratione temporis (oggi art. 79 ed allegato II.5 al D.Lgs. 36/2023 n.d.r.), stabilisce che le specifiche tecniche: – “sono inserite nei documenti di gara e definiscono le caratteristiche previste per i lavori, servizi o forniture”. […]

Secondo un consolidato indirizzo interpretativo del giudice amministrativo, il principio di equivalenza permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, trovando applicazione indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara (cfr. Cons. St., sez. III, 25 novembre 2020, n. 7404; Cons. St., sez. III, 18 settembre 2019, n. 6212).

Conformemente al tenore testuale del sopra riportato art. 68, comma 8, la giurisprudenza del Consiglio di Stato, con orientamento del tutto consolidato, ha chiarito che l’onere della prova dell’equivalenza di quanto offerto, da rendersi secondo le modalità indicate nella disciplina di gara, costituisce parte integrante dell’offerta e grava sul concorrente, mentre spetta alla stazione appaltante svolgere una verifica effettiva e proficua della dichiarata equivalenza.

Logico corollario di tale premessa è quello secondo cui, in mancanza della predetta prova, non è ammesso il soccorso istruttorio, ma deve essere disposta l’esclusione dalla gara dell’offerta difforme, per difetto di una qualità essenziale nelle prestazioni ivi proposte. (Cons. St., sez. V, 3 agosto 2023, n. 7502).

A tal riguardo, si è chiarito che non si tratta di colmare mere irregolarità o carenze afferenti alla sola documentazione amministrativa prodotta, venendo invece in rilievo l’assenza sostanziale di elementi essenziali dell’offerta, che dà luogo a esclusione della concorrente, senza che ciò comporti, anche sulla base di quanto chiarito dalla Corte di giustizia, alcuna violazione dei principi di proporzionalità e adeguatezza.

Secondo un altrettanto costante orientamento interpretativo, inoltre, il concorrente che voglia presentare un prodotto (o servizio) equivalente a quello richiesto incontra comunque il limite della «difformità del bene rispetto a quello descritto dalla lex specialis», (cfr. Cons. St., sez. V, 25 luglio 2019, n. 5258).

Ciò in quanto, come ben messo in luce da Cons. St., sez. V, 10 agosto 2020 n. 4996, «[…] le “specifiche tecniche” variamente individuate dalla lex specialis di gara, non necessariamente coincidono con i “requisiti minimi obbligatori”, questi ultimi potendosi al più considerare come una sottospecie delle prime, ma non l’opposto. In estrema sintesi, non tutte le specifiche hanno carattere “minimo” e “condizionante”, tant’è che per quelle che ne sono prive (ma solo per esse), generalmente di carattere funzionale, trova applicazione il più volte richiamato art. 68 del d.lgs. n. 50 del 2016 (invocato dall’appellante); per contro, […] per quelle specifiche aventi invece tali stringenti caratteristiche (dalle qu ali può altresì desumersi, per eminenti ragioni di ordine logico, il carattere di essenzialità), vale il diverso principio desumibile dall’art. 86 del Codice dei contratti pubblici, per cui va sanzionata con l’esclusione dalla gara la mancata offerta dei requisiti espressamente previsti dalla stazione appaltante quali requisiti minimi obbligatori della fornitura richiesta». (cfr. Cons. St., sez. III, 10 febbraio 2022, n. 1006).

Il principio di equivalenza è, in definitiva, finalizzato ad evitare che un’irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici precluda l’ammissibilità di offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta (Cons. St, sez. III, 7 gennaio 2022, n. 65; sez. IV, 7 giugno 2021, n. 4353).

PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - LIMITI APPLICATIVI (68.6)

TAR SICILIA CT SENTENZA 2024

Chiarito che quindi l’offerta tecnica della controinteressata non è conforme alle disposizioni del bando, non può trovare applicazione, nel caso di specie, il principio di equivalenza.

Il principio di equivalenza è ricavabile dall’art. 68, comma 7, del D.Lgs. n. 50/2016 secondo cui “Quando si avvalgono della possibilità di fare riferimento alle specifiche tecniche di cui al comma 5, lettera b), le amministrazioni aggiudicatrici non possono dichiarare inammissibile o escludere un'offerta per il motivo che i lavori, le forniture o i servizi offerti non sono conformi alle specifiche tecniche alle quali hanno fatto riferimento, se nella propria offerta l'offerente dimostra, con qualsiasi mezzo appropriato, compresi i mezzi di prova di cui all'articolo 86, che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche”.

Si tratta di un principio che “permea l'intera disciplina dell'evidenza pubblica, sul presupposto che la possibilità di ammettere alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, ai fini della selezione della migliore offerta, risponde, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e di libertà d'iniziativa economica e, dall'altro, al principio euro-unitario di concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare, mediante un legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell'Amministrazione alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità” (ex multis, Consiglio di Stato, sez. III, 10 febbraio 2022, n. 1006).

Con il principio in commento si vuole evitare un'irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici, precludendo l'ammissibilità di offerte aventi un oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e, tuttavia, formalmente prive della specifica prescritta (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 7 giugno 2021, n. 4353) e presuppone, pertanto, la corrispondenza delle prestazioni (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 7 luglio 2021, n. 5169 e 22 novembre 2017, n. 5426), in modo da soddisfare in misura equivalente le necessità della stazione appaltante (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 25 marzo 2020, n. 2093).

Tuttavia, in giurisprudenza è stato altresì chiarito che “Nelle gare pubbliche la Commissione aggiudicatrice di gara può chiarire la portata di clausole ambigue, valutando anche l'equivalenza delle soluzioni tecniche offerte, ma non può, in alcun caso, ammettere alla gara offerte che presentano soluzioni tecniche che non rispettano i requisiti minimi e i caratteri essenziali richiesti dalla lex specialis” (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 24/02/2016, n.746); è inoltre principio consolidato quello per il quale “la lex specialis di una procedura costituisce un vincolo da cui l’amministrazione non può sottrarsi: per effetto del rigoroso principio formale che assiste la lex specialis, a garanzia dei principi di cui all’art. 97 Cost. (ex multis, Cons. Stato, V, 29 settembre 2015, n. 4441; III, 20 aprile 2015, n. 1993; VI, 15 dicembre 2014, n. 6154), le prescrizioni stabilite in una lex specialis impegnano non solo i privati interessati, ma, ancora prima, la stessa amministrazione, che non conserva margini di discrezionalità nella loro concreta attuazione, né può disapplicarle, neppure quando alcune di queste regole risultino inopportune o incongrue o comunque superate, fatta salva naturalmente la possibilità di procedere all’annullamento del bando nell’esercizio del potere di autotutela (tra tante, Cons. Stato, V, 5 marzo 2020, n. 1604; 13 settembre 2016, n. 3859; 28 aprile 2014, n. 2201; 30 settembre 2010, n. 7217; 22 marzo 2010, n. 1652; Ad. plen., 25 aprile 2014, n. 9)” (Cons. Stato, Sez. V, 17 febbraio 2022, n. 1196)

Ne consegue che il giudizio di equivalenza funzionale non può trovare applicazione se il prodotto offerto è difforme rispetto a quello descritto dalla lex specialis, costituisce cioè un “aliud pro alio”. In nessun caso, infatti, l’applicazione del principio in commento può condurre ad una disapplicazione del bando di gara perché altrimenti gli operatori economici non potrebbero fare affidamento sulla regolarità della procedura e non potrebbero formulare in maniera ponderata la propria offerta economica.

Nel caso di specie emerge in maniera evidente che l’offerta della società controinteressata non può considerarsi equivalente a quanto richiesto dal bando, atteso che la finalità dichiarata dalla lex di gara è la costituzione di “un’unica piattaforma analitica”, che l’offerta della controinteressata non è in grado di realizzare per mancanza di una completa integrazione tra i moduli offerti.

Ebbene, l’applicazione del principio di equivalenza per come effettuato dalla Commissione di gara si risolve allora in una disapplicazione delle norme che regolano la gara, tanto più che la stessa Commissione si era espressa nel senso della non conformità dell’offerta di Medical “alla caratteristica minima prevista da capitolato (e relativo chiarimento al quesito n. 84)”.




GIUDIZIO DI EQUIVALENZA - NEL CONTESTARLO VALGONO I PRINCIPI DI BUONA FEDE(5)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

La ricorrente esclude che la segnalata circostanza, per cui essa stessa si è giovata di un criterio di equivalenza che contesta in relazione all’offerta della controinteressata, possa ridondare nel presente giudizio, non avendo costituito oggetto di ricorso incidentale da parte della controinteressata, né di provvedimento di autotutela da parte della stazione appaltante. Va infatti osservato che l’odierna appellante contesta l’equivalenza dell’offerta avversaria quando essa stessa si è giovata di un giudizio di equivalenza fondato su ragioni sostanzialmente identiche.

Il Collegio non può fare a meno di richiamare la regola per cui le parti del procedimento amministrativo (dunque anche nel procedimento di evidenza pubblica) devono tenere una condotta conforme ai princìpi di collaborazione e di buona fede [art. 1, comma 2-bis, legge 7 agosto 1990, n. 241, aggiunto dall’art. 12, comma 1, lett. a), del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120].

Si tratta, com’è stato osservato in dottrina, di una tendenza normativa “a voler configurare un “rapporto” di tipo orizzontale tra cittadini e pubblica amministrazione”, che “(…) se genera in capo alla seconda doveri di protezione o, secondo taluni, obblighi correlati a diritti soggettivi, parimenti comporta anche una più marcata responsabilizzazione dei primi, sia in seno al procedimento che con riguardo al processo”.

È appena il caso di osservare che il sopravvenuto art. 5 del d. lgs. 31 marzo 2023, n. 36, direttamente inapplicabile ratione temporis alla fattispecie dedotta nel presente giudizio, fornisce tuttavia ulteriori argomenti esegetici in tal senso (rispetto ad un precetto già vigente all’atto della celebrazione della gara per cui è causa).

Tanto premesso, e fermo restando che l’amministrazione conserva in tesi la titolarità e la facoltà di esercizio del potere di autotutela rispetto all’ammissione dell’offerta dell’odierna appellante, ritiene il Collegio che la riferita condotta della ricorrente sul piano procedimentale non presenti elementi di conformità al canone appena richiamato, mentre sul versante processuale configura in astratto un venire contra factum proprium che, com’è noto, costituisce una forma di abuso del processo (ex multis, in materia di procedure di evidenza pubblica, Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 9691/2022; sez. III, sentenza n. 10878/2022).

SPECIFICHE TECNICHE E SERVIZI INFORMATICI

ANAC DELIBERA 2023

L'art. 68 del d.lgs. 50/2016, prescrive che le stazioni appaltanti devono indicare nei bandi le specifiche tecniche che definiscono le caratteristiche dei lavori, forniture o servizi che si intende acquisire, al fine di consentire la più ampia partecipazione alle procedure. Tali caratteristiche, infatti, debbono essere fissate in termini di requisiti funzionali e debbono consentire pari accesso agli operatori economici alla procedura di aggiudicazione. Ne consegue che <<a meno di non essere giustificate dall'oggetto dell'appalto, le specifiche tecniche non possono menzionare una fabbricazione o provenienza determinata o un procedimento particolare né far riferimento a un marchio, a un brevetto o a un tipo, a un'origine o a una produzione specifica che avrebbero come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti. Tale menzione o riferimento sono autorizzati, in via eccezionale, nel caso in cui una descrizione sufficientemente precisa e intelligibile dell'oggetto dell'appalto non sia possibile applicando i commi 3 e 4, a condizione che siano accompagnati dall'espressione o "equivalente">>; la giurisprudenza è ormai pacifica nell'affermare che "il principio di equivalenza permea l'intera disciplina dell'evidenza pubblica e la possibilità di ammettere a seguito di valutazione della stazione appaltante prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste risponde al principio del favor partecipationis (ampliamento della platea dei concorrenti) e costituisce altresì espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell'Amministrazione" (T.A.R. Lazio, 7 gennaio 2020, n. 77; ex multis Cons. Stato, sez. III, sent. n. 6561 /2018); tale principio trova applicazione anche in assenza di un'espressa previsione del bando di gara (T.A.R. Lazio, Sez. III, 23 maggio 2022, n. 6628);

In una gara per l'affidamento di servizi informatici, fatta salva la necessità di evitare situazioni di lock-in tecnologico, è conforme alla normativa l'operato della stazione appaltante che - ai fini dell'interfacciamento dei servizi oggetto di gara con il software gestionale in uso- pur richiamando nominalmente quest'ultimo, lo individui come sistema "aperto" e alleghi al capitolato la scheda tecnica e i tracciati necessari ai fini dell'interfacciamento (fornendone quindi tutte le specifiche tecniche e funzionali), in modo da renderlo possibile a qualsiasi operatore economico del settore.

PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - NON TROVA APPLICAZIONE CON RIFERIMENTO A REQUISITI TECNICI MINIMI E OBBLIGATORI (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

Nelle gare pubbliche il principio di equivalenza di cui all’articolo 68 del d.lgs. n. 50/2016 non trova applicazione quando si verte sul rispetto di requisiti tecnici minimi obbligatori che identificano le caratteristiche essenziali e indefettibili dei lavori, servizi o forniture richieste dall’Amministrazione; pertanto, il concorrente che voglia presentare un prodotto o servizio equivalente a quello richiesto incontra comunque il limite della difformità del bene rispetto a quello descritto dalla lex specialis, configurante un’ipotesi di aliud pro alio non rimediabile (cfr. Cons. Stato, V, nn. 9693/2022 e 5260/2019; III, nn. 5075/2022, 1225/2021, 5144/2020 e 5140/2020).

Il richiamo al principio di equivalenza in un siffatto caso avrebbe infatti “l’effetto di distorcere l’oggetto del contratto, al punto da consentire ai partecipanti di offrire un bene radicalmente diverso rispetto a quello descritto nella lex specialis, così finendo per rendere sostanzialmente indeterminato l’oggetto dell’appalto e per modificarne surrettiziamente i contenuti in danno della stessa stazione appaltante e dei concorrenti che abbiano puntualmente osservato la disciplina di gara” (Cons. Stato, V, n. 5258/2019; vedi anche id., nn. 1100/2023 e 5034/2022; III, n. 1225/2021).

Si aggiunge poi che la distinzione tra oggetto dell’appalto e specifiche tecniche riconducibili al disposto dell’articolo 68, cit., va effettuata “alla luce della ratio sottesa al principio di equivalenza, presupposto essenziale perché detto principio possa essere richiamato e trovare applicazione essendo che, sul piano qualitativo, si sia in presenza di una specifica in senso propriamente tecnico, e cioè di uno standard - espresso in termini di certificazione, omologazione, attestazione, o in altro modo - capace di individuare e sintetizzare alcune caratteristiche proprie del bene o del servizio, caratteristiche che possono tuttavia essere possedute anche da altro bene o servizio pur formalmente privo della specifica indicata”, con la conseguenza che “il principio trova ragione di applicazione in presenza di specifiche tecniche aventi un grado di dettaglio potenzialmente escludente, a fronte cioè di uno standard tecnico-normativo capace d’impedire la partecipazione alla gara proprio perché - atteso il livello della sua specificità - presenta un portato selettivo: al fine d’impedire che tale selezione si risolva in termini irragionevolmente formalistici, finendo con il produrre un effetto anticompetitivo, la previsione di un siffatto standard deve essere affiancata dalla necessaria clausola d’equivalenza” (Cons. Stato, V, nn. 5258/2019 e 5034/2022).


PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - NON APPLICABILE SE LA P.A. HA GIA' STABILITO UN PARTICOLARE SERVIZIO DA AGGIUDICARE SULLA BASE DEL PREZZO PIU' BASSO (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

I limiti dell’applicazione del principio di equivalenza individuati dalla giurisprudenza sono connessi alla sua ratio: se, infatti, il principio è diretto ad evitare che le norme obbligatorie, le omologazioni nazionali e le specifiche tecniche possano essere artatamente utilizzate per operare indebite esclusioni dalla gare pubbliche, fondate sul pretesto di una non perfetta corrispondenza delle soluzioni tecniche offerte con quelle richieste, ne viene come diretta conseguenza che esso – quale misura diretta ad assicurare che la valutazione della congruità tecnica dell’offerta – non si risolva in una verifica formalistica ma consista nell’apprezzamento della sua conformità sostanziale alle specifiche tecniche inserite nella lex specialis.


Detto principio non può dunque essere invocato per ammettere offerte tecnicamente inappropriate (così Cons. Stato, III, 2 marzo 2018, n. 1316) o che comprendano soluzioni che, sul piano oggettivo funzionale e strutturale, non rispettino le caratteristiche tecniche obbligatorie, configurandosi come un aliud pro alio (ex multis, Cons. Stato, III, 9 febbraio 2021, n. 1225; V 25 luglio 2019, n. 5258).

Nel caso attualmente in esame difettava il presupposto della possibilità, per la stazione appaltante, di valutare discrezionalmente le caratteristiche oggettive e funzionali del prodotto (recte, del servizio) offerto, in quanto il sistema prescelto di aggiudicazione era quello del prezzo più basso riferito ad una prestazione già puntualmente individuata nei suoi elementi caratteristici dalla legge di gara.

In breve, l’amministrazione aveva sin dall’inizio individuato una particolare tipologia di servizio di suo interesse – caratterizzata da ben definite caratteristiche e modalità operative – che i partecipanti alla gara erano tenuti ad offrire alle condizioni economiche più favorevoli; non era invece richiesta (o, per meglio dire, consentita) l’offerta di un servizio in tutto o in parte diverso, quand’anche le differenze rispetto alle indicazioni della legge di gara fossero state giustificate come analoghe, se non addirittura “migliorative” rispetto a queste ultime.

In presenza quindi di una prestazione già definita dalla stazione appaltante nei suoi dettagli rispetto alla quale la legge di gara prevedeva esclusivamente un confronto competitivo basato sull’offerta del prezzo più basso – e relativamente alla quale, significativamente, la medesima legge di gara neppure menzionava la possibilità di prestazioni funzionalmente “equivalenti” a quanto ivi descritto – le eventuali difformità sostanziali del “prodotto” offerto rispetto a tali prescrizioni (come appunto avvenuto nel caso dell’odierna appellante) venivano ad integrare un aliud pro alio, con conseguente esclusione dalla procedura.

PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - VA VERIFICATA L'EQUIVALENZA FUNZIONALE DEL PRODOTTO OFFERTO A QUELLO RICHIESTO (68)

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2023

Il principio di equivalenza “permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica e la possibilità di ammettere a seguito di valutazione della stazione appaltante prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, risponde al principio del favor partecipationis (ampliamento della platea dei concorrenti) e costituisce altresì espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione” (cfr. Cons. Stato, III, n. 4364/2013; n. 4541/2013; n. 5259/2017; n. 6561/2018);

- trova applicazione indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara o da parte dei concorrenti in tutte le fasi della procedura di evidenza pubblica e “l’effetto di “escludere” un’offerta, che la norma consente di neutralizzare facendo valere l’equivalenza funzionale del prodotto offerto a quello richiesto, è testualmente riferibile sia all’offerta nel suo complesso sia al punteggio ad essa spettante per taluni aspetti … e la ratio della valutazione di equivalenza è la medesima quali che siano gli effetti che conseguono alla difformità” (cfr. Cons. Stato, III, n. 6721/2018).

La Commissione è onerata di prendere specificamente posizione, nel merito, sulla conformità sostanziale alle divisate caratteristiche tecniche del prodotto offerto una volta che la concorrente abbia assolto, come avvenuto nel caso di specie, all’onere di corredare la propria offerta di una dichiarazione di equivalenza e contestualmente di dimostrare, con qualsiasi mezzo appropriato, compresi i mezzi di prova di cui all'articolo 86 del medesimo codice, che le soluzioni proposte ottemperino in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche ovvero che i lavori, le forniture o i servizi conformi alla norma ottemperino alle prestazioni e ai requisiti funzionali dell’amministrazione aggiudicatrice.

A fronte di una valutazione positiva operata dalla commissione di gara sull’attendibilità della dichiarazione di equivalenza, parte ricorrente si è limitata a censurare il mero dato formale della differenza tra il materiale offerto e quello richiesto dalla legge di gara, senza tuttavia confutare tecnicamente la ravvisata equivalenza che la commissione, in ragione del proprio ruolo e della propria composizione, ha ritenuto sussistente.

Sul punto il Consiglio di Stato ha rilevato che “è, invero, del tutto insufficiente l’enunciazione incentrata sulla diversa consistenza del materiale del prodotto offerto ove non accompagnata dalla rilevazione di obiettivi elementi distintivi che valgano a tracciare una diversa resa funzionale rispetto agli obiettivi perseguiti. Deve, invero, rilevarsi che, anche in sede di appello, non risultano comprovate significative differenze tra i due prodotti che valgano ad escludere un rapporto di sostanziale equivalenza dei dispositivi in comparazione sotto il profilo tecnico – funzionale ovvero di consistenza (resistenza, allungamento, elasticità etc.) di facilità d’uso e di possibili controindicazioni, con la conseguenza che, in mancanza di elementi idonei a suffragare l’effettiva eterogeneità degli oggetti in comparazione, ogni diversa determinazione si pone in rapporto di distonia con l’assetto regolatorio contenuto nell’articolo 68 del codice dei contratti incentrato, quale canone generale dell’intera disciplina dell’evidenza pubblica, sulla valorizzazione del principio di equivalenza che, per definizione, rende valutabili prestazioni da ritenersi omogenee sul piano funzionale secondo criteri di conformità sostanziale” (cfr. Cons. Stato, n. 7404/2020 cit. che richiama III Sezione n. 932 del 5.2.2020).

Ancora, è stato di recente ribadito che la verifica delle offerte in gara è finalizzata a certificarne non la formale identità ma la sostanziale equivalenza funzionale: l’equivalenza va ragguagliata alla funzionalità di quanto richiesto dalla pubblica Amministrazione con quanto offerto in sede gara, non certo alla mera formale descrizione del prodotto. Ed, invero, le specifiche tecniche hanno il compito di rendere intellegibile il bisogno che la stazione appaltante intende soddisfare con la pubblica gara più che quello di descrivere minuziosamente le caratteristiche del prodotto offerto dai concorrenti (cfr. C.G.A.R.S., Sez. Giur., 20.7.2020, n. 634).

OGGETTO DEL CONTRATTO - LA SCELTA RIENTRA NELLA SCELTA DISCREZIONALE DELLA PA

TAR LAZIO RM SENTENZA 2023

Rebus sic stantibus, il ricorso si risolve, a ben vedere, nell’inammissibile contestazione della scelta del suddetto specifico “oggetto del contratto” ovvero della scelta discrezionale dell’amministrazione di dotarsi non già di “ordinari” armadi ignifughi (costituenti un vero e proprio aliud pro alio rispetto all’effettivo oggetto dell’appalto, per come desumibile dalla lex specialis) bensì di armadi compattabili i quali, grazie a determinate caratteristiche tecniche – tra cui quella “denominata” cd. blockfire, da intendersi riferita non già allo specifico brevetto dell’interveniente, società M., bensì ad una particolare tecnologia, in dotazione a più operatori economici – consentono di garantire l’integrità del materiale cartaceo ivi custodito, anche in caso di incendio.

Siffatta scelta discrezionale, in quanto attualizzata in relazione alle concrete e peculiari esigenze specifiche di cui la stazione appaltante si è fatta carico, appare del tutto logica e ragionevole - in uno alle prescrizioni tecniche all’uopo previste in capitolato - e, come tale, sfugge al sindacato di merito del giudice amministrativo, pena l’indebita ingerenza dello stesso nell’agere pubblico, con conseguente complessiva inammissibilità del ricorso in esame.

Quanto sopra esposto trova conferma in quell’orientamento della giurisprudenza amministrativa, condivisa dal Collegio, secondo cui «La determinazione del contenuto del bando di gara costituisce espressione del potere discrezionale in base al quale l'Amministrazione può effettuare scelte riguardanti gli strumenti e le misure più adeguati, opportuni, congrui, efficienti ed efficaci ai fini del corretto ed effettivo perseguimento dell'interesse pubblico concreto, oggetto dell'appalto da affidare; le scelte così operate, ampiamente discrezionali, impingono nel merito dell'azione amministrativa e si sottraggono, pertanto, al sindacato del giudice amministrativo, salvo che non siano ictu oculi manifestamente irragionevoli, irrazionali, arbitrarie o sproporzionate, specie avuto riguardo alla specificità dell'oggetto e all'esigenza di non restringere la platea dei potenziali concorrenti e di non precostituire situazioni di privilegi» (così Consiglio di Stato sez. III, 31/03/2020, n. 2186; cfr. anche sez. V, 04/11/2022, n. 9693; 20.06.2022, n. 5034).

Ebbene, siffatte condizioni di manifesta irragionevolezza, arbitrarietà, irrazionalità ed inaccettabile pre-costituzione di situazioni di privilegio non sono rinvenibili nella fattispecie in esame se solo si considera che le specifiche tecniche contestate - ancorché in relazione al “falso” oggetto del contratto - per un verso, sono “possedute dal sistema commercializzato da altri operatori economici”, per come contraddittoriamente ammesso dalla stessa società istante a pag. 11 del ricorso, per altro verso, sono tutt’altro che tecnicamente inattuabili, considerata l’ammissione alla selezione che ci occupa di altri soggetti giuridici che, diversamente alla ricorrente, non si sono sottratti alla competizione.


CONDIZIONI TECNICHE - DISPOSITIVO DI PIÙ RECENTE IMMISSIONE IN COMMERCIO – OBBLIGO DI OFFRIRE LA PIÙ AGGIORNATA VERSIONE IN COMMERCIO (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

La giurisprudenza ha stabilito che non sussiste in assoluto la coincidenza e la sovrapponibilità delle due espressioni (“ultima generazione” e “ultimo modello presente sul mercato”), dovendo essere indagata caso per caso la reale intenzione della stazione appaltante e tenendo specularmente conto del principio del favor partecipationis (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. III, 14 maggio 2020, n. 3084, e 11 dicembre 2019, n. 8429), considerando che “il requisito della ‘più recente immissione in commercio’ ha il pregio di offrire un riferimento temporale oggettivo e in tal senso si rivela appropriata la precisazione del giudice di prime cure sulla univocità di significato della clausola in argomento rispetto altre formule parimenti utilizzate nella prassi, come ad esempio quella che più genericamente fa riferimento a prodotti “di ultima generazione” (Consiglio di Stato, Sezione III, 25 ottobre 2022, n. 9072).

La Sezione ha così chiarito che, “mentre è vero che l’ultimo modello presente sul mercato è un prodotto di ultima generazione, non è sempre vero che un prodotto di ultima generazione costituisca anche l’ultimo modello presente sul mercato, dato selettivo qui prescelto dalla legge di gara, dovendo per esso intendersi l’ultimo modello immesso dal concorrente sul mercato (in tal senso cfr. Cons. St., 4 settembre 2020 n. 5358), con la precisazione già sopra svolta, e rinveniente da una lettura sistemica della specifica lex specialis qui in rilievo, che, per rendere operativo il criterio cronologico della più recente immissione in commercio, occorre sincerarsi della sovrapponibilità dei modelli quanto al possesso delle stesse caratteristiche ‘di minima’ richieste.

Ne discende che l’elusione della suddetta regola nella scelta dei modelli da offrire, ove tecnicamente sovrapponibili, si pone in rapporto di chiara distonia con le preferenze della stazione appaltante che, a parità di condizioni tecniche, ha richiesto al singolo operatore di offrire il modello di più recente immissione in commercio, in tal modo ragionevolmente presumendo che fosse quello più tecnologicamente aggiornato” (Consiglio di Stato, cit.).

Orbene, nella fattispecie trova applicazione il principio stabilito dalla Sezione, secondo cui “in definitiva, richiedere il dispositivo di più recente immissione in commercio – in assenza di ulteriori e più perspicue indicazioni - significa richiedere la versione del dispositivo più aggiornata in commercio tra quelle esistenti per i dispositivi rispondenti alle caratteristiche minime poste a pena di esclusione”, sul presupposto che vada fatto riferimento alla “giurisprudenza che, rispetto a controversie di analogo contenuto ove veniva però in rilievo il diverso parametro selettivo che chiedeva l’offerta di prodotti di “ultima generazione in commercio”, ha ritenuto “preferibile ritenere, pertanto, che la disposizione del capitolato in esame possa essere intesa nel senso di prevedere l’obbligo per l’impresa partecipante di fornire, del modello offerto, la più aggiornata versione in commercio, purché conforme alle esigenze del servizio messo a gara. Il focus della valutazione di adeguatezza si sposta, quindi, sulla considerazione degli specifici requisiti tecnici ai quali, ai sensi del capitolato di gara, le strumentazioni offerte dovevano conformarsi” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 6 luglio 2022, n. 5627; Cons. Stato, Sez. III, 5 marzo 2019, n. 1536; Cons. Stato, Sez. III, 18 aprile 2019, n. 2536; Cons. St. 15 marzo 2019, n. 1713)” (Consiglio di Stato, Sezione III, 21 ottobre 2022, n. 9020).

Nel caso all’esame del Collegio, risulta non contestato tra le parti, fermo l’esame della sola documentazione depositata tempestivamente in primo grado, che R. abbia proposto in gara i prodotti realizzati nel 2007 e nel 2008, in disparte la valutazione discrezionale della commissione giudicatrice sulla sussistenza, in generale, dei requisiti minimi richiesti ed anche volendo attribuire efficacia espulsiva alla clausola della legge di gara, secondo cui “i sistemi proposti dovranno essere di ultima generazione, ovvero l’ultimo modello presente sul mercato e nuovi di fabbrica”.

Il Tar ha stabilito condivisibilmente che, in linea generale, “a meno che il prodotto offerto non rispecchi un livello tecnologico non più corrispondente all'attuale stadio di evoluzione tecnico-scientifica (circostanza che comunque sarebbe rilevata in sede di valutazione delle caratteristiche qualitative dell’offerta), appartiene alle scelte competitive del concorrente di offrire un prodotto meno recentemente immesso, rispetto ad altro, sul mercato (quindi ragionevolmente meno sofisticato, da un punto di vista tecnologico), esponendosi ad una valutazione qualitativa meno ‘premiante’, ma eventualmente facendo affidamento su una più favorevole valutazione dell’offerta economica”.

Nel caso di specie, tuttavia, l’offerta della aggiudicataria rispondeva ad entrambi i parametri richiesti dall’articolo 3 del Capitolato speciale d’appalto (avere ad oggetto prodotti di ultima generazione ed ultimi ad essere immessi sul mercato).


EQUIVALENZA FUNZIONALE DEL PRODOTTO RISPETTO ALLE SPECIFICHE TECNICHE - LA PROVA PUO' ESSERE FORNITA CON QUALSIASI MEZZO (68)

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2023

Il principio di “equivalenza”, che permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica (cfr. Cons. di Stato, V, n. 1192/2022; III, n. 6212/2019; TAR Campania, Napoli, V, n. 4583/2021, 4584/2021 e 3518/2022), ammette dunque a comparazione, negli appalti di pubbliche forniture, prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, ai fini della selezione della migliore offerta, rispondendo, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità e di buon andamento e di libertà d’iniziativa economica e dall’altro, al principio euro-unitario di concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gara, mediante un legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’amministrazione alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità. Il principio in questione è dunque finalizzato ad evitare una irragionevole limitazione del confronto competitivo tra gli operatori economici precludendo l’ammissibilità di offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo delle specifiche prescritte (cfr. Cons. di Stato, IV, n. 4353/2021 e V, n. 6035/2021).

Detto principio è stato recepito dal nuovo Codice dei contratti (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), che, all’art. 68, prevede che la stazione appaltante non possa escludere un’offerta perché non conforme alle specifiche tecniche a cui ha fatto riferimento negli atti di gara se il prodotto offerto non è “aliud pro alio”, incontrando il concorrente che voglia presentare un prodotto (o servizio) equivalente a quello richiesto il solo limite della “difformità del bene rispetto a quello descritto dalla lex specialis”, configurandosi, in tal caso, ipotesi di “aliud pro alio” non rimediabile (Cons. di Stato, V, 25 luglio 2019, n. 5258).

Orbene, il Codice dispone che le caratteristiche previste per lavori, servizi e forniture sono definite dalla stazione appaltante mediante l’individuazione di “specifiche tecniche” inserite nei documenti di gara nel rispetto del canone pro-concorrenziale, che garantisce in ogni caso il “pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione” senza comportare direttamente o direttamente ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza (art. 68, comma 4) o generare artificiose o discriminatorie limitazioni nell’accesso al mercato allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici.

Si è poi puntualizzato che i concorrenti non sono onerati di una apposita formale dichiarazione circa l’equivalenza funzionale del prodotto offerto, potendo la relativa prova essere fornita con qualsiasi mezzo appropriato e la Commissione può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis (Cons. di Stato, III, n. 7404/2020).

In particolare, negli appalti di forniture, la produzione in sede di offerta delle schede tecniche dei prodotti è generalmente ritenuta idonea a consentire alla stazione appaltante lo svolgimento del giudizio di idoneità tecnica dell’offerta e di equivalenza dei requisiti del prodotto offerto alle specifiche tecniche (Cons. di Stato, V, n. 2093/2020).

Nel caso all’esame, è appunto contestata la difformità dei prodotti rispetto a quanto richiesto in capitolato, che potrebbe tuttavia essere superata laddove ne fosse verificabile la “equivalenza”.

Venendo, dunque, al punto risolutivo del giudizio, il Tribunale non ritiene di potersi discostare dalle conclusioni cui è pervenuto il verificatore nominato in corso di causa in ordine alla equivalenza dei prodotti.

Va al riguardo precisato che, a fronte delle precise contestazioni mosse da parte ricorrente in relazione a determinate specifiche tecniche contenute nei documenti di gara e testualmente non presenti nei prodotti offerti, il Collegio ha appunto ritenuto necessario verificare se le caratteristiche non formalmente conformi potessero essere surrogate da altre tuttavia presenti nella componentistica offerta e così integrare la equivalenza funzionale ammessa dalla giurisprudenza.

Tanto in assenza sia di una dichiarazione espressa di equivalenza sia di una esplicita presa di posizione in tal senso da parte della Commissione di gara.

Orbene, la conclusione del verificatore è stata inequivoca nel senso di escludere, per la quasi totalità delle caratteristiche segnalate dalla ricorrente, una effettiva equivalenza prestazionale dei prodotti offerti.


PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - NON CONSENTE OFFERTE CHE NON RISPETTANO LE CARATTERISTICHE TECNICHE INDICATE NEL CAPITOLATO (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

Il principio di equivalenza non può essere invocato per ammettere offerte che, sul piano oggettivo e funzionale, non rispettino le caratteristiche tecniche obbligatorie previste nel capitolato di appalto (cfr. Cons. Stato, III, 28 settembre 2018, n. 5568), poiché il richiamo al principio di equivalenza in un siffatto caso avrebbe “l’effetto di distorcere l’oggetto del contratto, al punto da consentire ai partecipanti di offrire un bene radicalmente diverso rispetto a quello descritto nella lex specialis, così finendo per rendere sostanzialmente indeterminato l’oggetto dell’appalto e per modificarne surrettiziamente i contenuti in danno della stessa stazione appaltante e dei concorrenti che abbiano puntualmente osservato la disciplina di gara” (così Cons. Stato, V, 25 luglio 2019, n. 5258, ribadita da Cons. Stato, III, 9 febbraio 2021, n. 1225 e, di recente, da Cons. Stato, V, 20 giugno 2022, n. 5034).

Né in senso diverso si può argomentare, nell’appalto de quo, perché la legge di gara richiama il principio di equivalenza.

Per come fatto palese dal testo dell’art. 12 del disciplinare di gara, riprodotto anche nella sentenza appellata (L’offerta tecnica deve … rispettare le caratteristiche minime stabilite nel Capitolato, pena l’esclusione dalla procedura di gara, nel rispetto del principio di equivalenza di cui all’art. 68 del Codice), il principio di equivalenza è stato inteso dalla stazione appaltante e recepito dalla lex specialis così come previsto dall’art. 68 del d.lgs. n. 50 del 2016 di diretta derivazione comunitaria.

Nel caso di specie rilevano i commi 7 e 8 in riferimento rispettivamente alle specifiche tecniche di cui al comma 5, lett. b) e lett. a): la prima fattispecie si configura quando la stazione appaltante ha formulato le specifiche tecniche mediante riferimento a specifiche norme (in ordine di preferenza, alle norme che recepiscono norme europee, alle valutazioni tecniche europee, alle specifiche tecniche comuni, alle norme internazionali, ad altri sistemi tecnici di riferimento adottati dagli organismi europei di normalizzazione); la seconda quando le specifiche tecniche sono state formulate in termini di prestazioni o requisiti funzionali precisi (ai sensi del comma 5, lett. a) e i lavori, i servizi o le forniture offerti dal concorrente sono conformi a specifiche norme (o agli altri parametri di riferimento indicati al comma 8). In tali situazioni è consentito al concorrente di dimostrare rispettivamente che le soluzioni dallo stesso proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche ovvero che le norme di riferimento contemplano le prestazioni o i requisiti funzionali prescritti dalle specifiche tecniche.

In sintesi, l’equivalenza presuppone una comparazione tra requisiti prestazionali o funzionali quali definiti da standard tecnico-normativi -espressi in termini di certificazione, omologazione, attestazione o altrimenti- che possono essere posseduti anche da beni e servizi privi di tali certificazioni od omologazioni e viceversa (cfr., tra le tante, Cons. Stato, III, 9 febbraio 2021, n. 1225 cit.).

Nel caso di specie, ad esempio, considerando il punto del capitolato speciale in contestazione (punto 3.3.3.3.2, comma 1), il principio di equivalenza, ex art. 68, comma 7, potrebbe essere riferito alla previsione, contenuta nella prima parte, della necessaria conformità delle apparecchiature offerte allo “standard europeo ETSI DMR”, ma non alla richiesta, immediatamente successiva, quali “requisiti tecnici”, di precise caratteristiche delle stesse apparecchiature, che definiscono la tipologia di bene (apparati radio) che la stazione appaltante intende acquisire.

La stazione appaltante, infatti, nell’esercizio della discrezionalità che caratterizza la predisposizione della legge di gara, non si è limitata a richiedere apparecchiature in grado di fornire determinate prestazioni, ma ha indicato caratteristiche strutturali e funzionali intrinseche che avrebbero dovuto obbligatoriamente essere possedute, per quanto qui rileva, dai terminali ricetrasmittenti previsti presso tutte le stazioni periferiche di rilevamento.

Rispetto a requisiti tecnici puntualmente individuati dal capitolato speciale mediante rinvio ad unità di misura comuni (gamma di frequenza, modo di funzionamento semiduplex, tipo di modulazione, canalizzazione, temperatura di funzionamento, potenza Tx nominale, sensibilità Rx, assorbimento in Rx) non è invocabile il principio di equivalenza, poiché se il prodotto offerto non possiede una o più delle caratteristiche richieste non è conforme all’oggetto del contratto, senza che rilevi che sia “equivalente” al prodotto che possiede la caratteristica richiesta quanto alla sua funzionalità, cioè all’idoneità ad effettuare la prestazione contrattuale.

In tale caso infatti, anche se la mancanza del requisito richiesto potrebbe non produrre alcun danno in capo alla stazione appaltante (che quindi avrebbe richiesto un requisito eccessivo o superfluo), viene compromessa la par condicio dei concorrenti, in danno di coloro che hanno rispettato tutte le caratteristiche di minima della lex specialis, affrontandone i costi.

PRODOTTO O SERVIZIO PRIVO DEI REQUISITI TECNICI MINIMI - VA ESCLUSO (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

Gli atti di gara hanno chiarito le specifiche tecniche, consentendo agli operatori economici di individuare le caratteristiche che la prestazione o il prodotto avrebbe dovuto avere per poter concorrere alla procedura competitiva. Secondo l’indirizzo sostenuto dalla giurisprudenza prevalente, l’operatore economico che offre una prestazione o un prodotto privo dei requisiti minimi di carattere tecnico deve essere escluso dalla procedura di gara (Cons. Stato, 1 luglio 2015, n. 3275; Cons. Stato 11 dicembre 2019, n. 8429). E’ stato, infatti, affermato che la difformità dell’offerta rispetto alle caratteristiche tecniche previste dal capitolato di gara per i beni da fornire può risolversi in un ‘aliud pro alio’ idoneo a giustificare, di per sé, l’esclusione dalla selezione (Cons. Stato, sez. V, 5 maggio 2016, n. 1818; Cons. Stato, sez. V, 5 maggio 2016, n. 1809; Cons. Stato, sez. V, 28 giugno 2011, n. 3877).

REQUISITI TECNICI - SE ANALITICI E PRECISI LA MANCANZA DETERMINA L'ESCLUSIONE DELL'OFFERTA (68)

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2023

E’ pacifico che le caratteristiche essenziali e indefettibili (ossia i requisiti minimi) delle prestazioni o del bene previste dalla lex specialis costituiscono una condizione di partecipazione alla procedura selettiva (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 25/07/2019, n. 5260).

La giurisprudenza precisa che le difformità dell’offerta tecnica, che rivelano l’inadeguatezza del progetto proposto dall’impresa offerente rispetto ai requisiti minimi previsti dalla Stazione appaltante per il contratto da affidare, legittimano l’esclusione dalla gara e non già la mera penalizzazione dell’offerta nell’attribuzione del punteggio, perché determinano la mancanza di un elemento essenziale per la formazione dell’accordo necessario per la stipula del contratto (cfr. ex multis Consiglio di Stato, Sez. III , 26/02/2019 , n. 1333; Consiglio di Stato, Sez. III, 26 aprile 2017, n. 1926).

Né rileva la circostanza che la lex specialis non commini espressamente la sanzione espulsiva per l’offerta che presenti caratteristiche difformi da quelle richieste, risolvendosi tale difformità in un aliud pro alio, che comporta, di per sé, l’esclusione dalla gara, anche in mancanza di un’apposita comminatoria in tal senso (tra le altre Cons. Stato, sez. V, 20 dicembre 2018, n. 7191).

Nondimeno, va osservato che non ogni caratteristica tecnica prevista dalla disciplina di gara integra un requisito minimo dell’offerta.

L’effetto espulsivo è predicabile solo se i requisiti tecnici descritti nella legge di gara consentono di ricostruire con esattezza il prodotto richiesto dall’Amministrazione e di fissare in maniera analitica ed inequivoca determinate caratteristiche tecniche come obbligatorie.

Pertanto l’esclusione dell’offerta per difformità dai requisiti minimi, anche in assenza di espressa comminatoria di esclusione, vale solo se la disciplina di gara prevede qualità del prodotto che con assoluta certezza si qualifichino come caratteristiche minime, sia perché espressamente definite come tali nella disciplina di gara, sia perché la descrizione che se ne fa nella lex specialis è tale da farle emergere come qualità essenziali della prestazione richiesta (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. III, 14/05/2020, n. 3084; T.A.R. Lombardia, sez. II, 13/12/2021, n. 2799; T.A.R. Trentino-Alto Adige, Bolzano, sez. I, 03/05/2022, n. 127).

Laddove questa certezza non vi sia e sussista al contrario un margine di ambiguità circa l’effettiva portata delle clausole del bando, riprende vigore il principio residuale che impone di preferire l’interpretazione della lex specialis maggiormente rispettosa del principio del favor partecipationis e dell’interesse al più ampio confronto concorrenziale, oltre che della tassatività - intesa anche nel senso di tipicità ed inequivocabilità - delle cause di esclusione (cfr. in questo senso, Consiglio di Stato, sez. V, n. 1669/2020; Consiglio di Stato, sez. III, nn. 1577/2019 e 565/2018).

LEX SPECIALIS E REQUISITI MINIMI - NON DEROGABILE IN SEDE DI CHIARIMENTI (68)

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA REGIONE SICILIA SENTENZA 2022

In sede di chiarimenti, un operatore economico, con riguardo al lotto n. 10, aveva chiesto se fosse possibile “derogare” al requisito minimo di cui al punto C.1.1. del capitolato tecnico, e che il r.u.p. aveva autorizzato la disapplicazione della menzionata clausola, affermando – in risposta al menzionato quesito – che: “le ditte partecipanti possono presentare strumentazioni con capacità pari a 50 posti ma non per un numero inferiore di posti.

In sede di chiarimenti la stazione appaltante, accogliendo la richiesta di “deroga” presentata da un operatore economico, ha manipolato e violato la lex specialis di gara, consentendo la presentazione anche di “strumentazioni con capacità pari a 50 posti […]” (sulla impossibilità di modificare la lex specialis in sede di chiarimenti, da ultimo Cons. Stato, sez. V, n. 9047 del 2022; sez. III, n. 64 del 2022).

Nel presente caso, venendo in rilievo un requisito tecnico di natura quantitativa espresso in termini numerici (“capacità minima di 60 posti”), non è possibile operare il giudizio di equivalenza ai sensi dell’art. 68 del d.lgs. n. 50/2016: “Il giudizio di equivalenza, tuttavia, come osservato, può essere svolto ove le caratteristiche del prodotto o del servizio in affidamento siano espresse rinviando ad un dato standard tecnico-normativo, mentre risulta inconferente qualora si faccia questione di caratteristiche descritte attraverso grandezze comuni, suscettibili di definire la tipologia di prodotto richiesto inderogabilmente dalla stazione appaltante (requisito minimo) […]” (Cons. stato, sez. VI, n. 3808 del 2020).

SPECIFICHE TECNICHE - PRINCIPIO EQUIVALENZA - APPLICABILE ANCHE SE NON RICHIAMATO NELLA LEX SPECIALIS (68)

TAR LAZIO LT SENTENZA 2022

L’art. 68, comma 7, d.lgs. n. 50 cit., prevede che: “7. Quando si avvalgono della possibilità di fare riferimento alle specifiche tecniche di cui al comma 5, lettera b), le amministrazioni aggiudicatrici non possono dichiarare inammissibile o escludere un’offerta per il motivo che i lavori, le forniture o i servizi offerti non sono conformi alle specifiche tecniche alle quali hanno fatto riferimento, se nella propria offerta l’offerente dimostra, con qualsiasi mezzo appropriato, compresi i mezzi di prova di cui all’articolo 86, che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche”.

Al riguardo, si premette che il sistema introdotto dall’art. 68, comma 7, d.lgs. n. 50 cit., è improntato al riconoscimento del principio generale di equivalenza, che è applicabile anche quando non è richiamato dalla lex specialis ed esprime un apprezzamento tecnico-discrezionale dell’organo valutatore, sindacabile in via giudiziale solo in presenza di macroscopici vizi ed abnormità, non avendo il seggio di gara l’onere di una esplicita esternazione a verbale, né il concorrente quello di produrre una formale e solenne attestazione di equipollenza funzionale, occorrendo solo l’esibizione di un “qualsiasi mezzo appropriato” (nella specie, la relazione tecnica e i documenti allegati), da cui sia desumibile la rispondenza sostanziale del prodotto offerto alla specifica tecnica. (Cons. Stato, sez. IV, 7 giugno 2021 n. 4353; sez. III, 25 novembre 2020 n. 7404; sez. V, 25 marzo 2020 n. 2093; sez. III, 18 settembre 2019 n. 6212).

CONTRARIETA' A PRECISE SPECIFICHE TECNICHE - L'OFFERTA VA ESCLUSA ANCHE SENZA ESPRESSA PREVISIONE ESCLUDENTE (68)

TAR LIGURIA SENTENZA 2022

Orbene, secondo una costante giurisprudenza, la difformità dell’offerta rispetto alle caratteristiche tecniche previste nel capitolato di gara per i beni da fornire può risolversi in un “aliud pro alio” idoneo a giustificare, di per sé, l’esclusione dalla selezione; tuttavia, questo rigido automatismo, valido anche in assenza di un’espressa comminatoria escludente, opera nel solo caso in cui le specifiche tecniche previste nella legge di gara consentano di ricostruire con esattezza il prodotto richiesto dall’amministrazione e di fissare in maniera analitica ed inequivoca determinate caratteristiche tecniche come obbligatorie. Dunque, il principio della esclusione dell’offerta per difformità dai requisiti minimi, anche in assenza di espressa comminatoria di esclusione, non può che valere nei casi in cui la disciplina di gara preveda qualità del prodotto che con assoluta certezza si qualifichino come caratteristiche minime. Ma ove questa certezza non vi sia e sussista al contrario un margine di ambiguità circa l’effettiva portata delle clausole del bando, riprende vigore il principio residuale che impone di preferire l’interpretazione della lex specialis maggiormente rispettosa del principio del favor partecipationis e dell’interesse al più ampio confronto concorrenziale, oltre che della tassatività – intesa anche nel senso di tipicità ed inequivocabilità – delle cause di esclusione (Cons. Stato Sez. III, 14/05/2020, n. 3084; Cons. Stato Sez. III, 20/06/2022, n. 5075; T.A.R. Puglia Lecce Sez. III, 6/4/2022, n. 562; T.A.R. Lazio Roma Sez. I, 28/01/2021, n. 1202; T.A.R. Campania Napoli Sez. I, 09/07/2021, n. 4714).

Nel caso di specie sarebbe però ozioso disputare se la relativa specifica tecnica (che faceva espresso riferimento a sistemi di iniezione “peristaltici”) fosse ingiustificatamente restrittiva della concorrenza, e se, in base al principio dell’equivalenza funzionale, un sistema di iniezione “a siringa” fosse altrettanto idoneo per l’utilizzo nelle “procedure radiografiche tomografiche” oggetto del lotto n. 4, posto che la relativa clausola era chiarissima – oltre che motivata in ragione della specifica destinazione d’uso – al punto da porsi, per il lotto n. 4, come obiettivamente preclusiva della partecipazione per i sistemi di iniezione di mezzi di contrasto a siringa come quello offerto da (...), e dunque da impugnarsi immediatamente (cfr., per tutte, Cons. Stato Sez. III, 3/3/2021, n. 1816).

Il capitolato tecnico prestazionale consentiva infatti di ricostruire con assoluta precisione e senza alcun margine di ambiguità il prodotto richiesto dall’amministrazione per il lotto n. 4, fissando in maniera analitica ed inequivoca come obbligatoria la caratteristica – a pompa peristaltica – del sistema richiesto, sicché per un verso la clausola era da impugnarsi immediatamente da parte di colui che disponesse di un (diverso) sistema a siringa, per altro verso la fornitura di un sistema a siringa proposta da (...) concreta effettivamente un aliud pro alio.

Sennonché, tale clausola è stata impugnata da (...) soltanto con il ricorso incidentale (ritualmente notificato il 14.1.2022 ad ALISA, che aveva in allora emanato il bando – doc. 2 delle produzioni 24.12.2021 di parte ricorrente), che però è irrimediabilmente tardivo: la mancata tempestiva impugnazione della lex specialis di gara rende infatti irricevibile l’impugnativa della stessa successivamente formulata con ricorso incidentale, giacché nel processo amministrativo è inammissibile l’introduzione entro i termini del ricorso incidentale di una domanda che l’interessato aveva l’onere di proporre mediante un tempestivo e rituale ricorso avverso il provvedimento dal quale era sorta per lui un’autonoma ed immediata lesione, e un conseguente diretto interesse ad agire (T.A.R. Campania Napoli, VIII, 19/10/2017, n. 4884).


MANCATO RISPETTO DELLE SPECIFICHE TECNICHE MINIME - NON SI APPLICA PRINCIPIO DI EQUIVALENZA (68.6)

TAR SICILIA CT SENTENZA 2022

Ben conosce il Collegio l’orientamento secondo cui il principio di equivalenza permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, in quanto la possibilità di ammettere alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, ai fini della selezione della migliore offerta, risponde, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e di libertà d’iniziativa economica e, dall’altro, al principio eurounitario di concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare, mediante un legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’amministrazione alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità.

Il principio di equivalenza è, dunque, finalizzato ad evitare un’irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici, precludendo l’ammissibilità di offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta (cfr. Cons. Stato, sez. III, 11 febbraio 2022, n. 1006).

Va poi osservato che la distinzione tra oggetto dell’appalto e specifiche tecniche riconducibili al disposto dell’art. 68 del decreto legislativo 18 aprile 2006, n. 50 è chiaramente espressa dalla giurisprudenza che ha avuto modo di precisare che alla luce della ratio sottesa al principio di equivalenza, presupposto essenziale perché detto principio possa essere richiamato e trovare applicazione è che, sul piano qualitativo, si sia in presenza di una specifica in senso propriamente tecnico, e cioè di uno standard - espresso in termini di certificazione, omologazione, attestazione, o in altro modo - capace di individuare e sintetizzare alcune caratteristiche proprie del bene o del servizio, caratteristiche che possono tuttavia essere possedute anche da altro bene o servizio pur formalmente privo della specifica indicata, con la conseguenza che il principio trova ragione di applicazione in presenza di specifiche tecniche aventi un grado di dettaglio potenzialmente escludente, a fronte cioè di uno standard tecnico-normativo capace d’impedire la partecipazione alla gara proprio perché - atteso il livello della sua specificità - presenta un portato selettivo: al fine d’impedire che tale selezione si risolva in termini irragionevolmente formalistici, finendo con il produrre un effetto anticompetitivo, la previsione di un siffatto standard deve essere affiancata dalla necessaria clausola d’equivalenza.

Per contro, il principio di equivalenza non può essere invocato per ammettere offerte che, sul piano oggettivo, non rispettino le caratteristiche tecniche obbligatorie, previste nel capitolato di appalto, poiché il richiamo al principio di equivalenza in un siffatto caso avrebbe l’effetto di distorcere l’oggetto del contratto, al punto da consentire ai partecipanti di offrire un bene radicalmente diverso rispetto a quello descritto nella lex specialis, così finendo per rendere sostanzialmente indeterminato l’oggetto dell’appalto e per modificarne surrettiziamente i contenuti in danno della stessa stazione appaltante e dei concorrenti che abbiano puntualmente osservato la disciplina di gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 giugno 2022, n. 5034).

In altri termini, se il prodotto è richiesto nel bando con determinati requisiti essenziali, il principio di equivalenza, la cui finalità pro-concorrenziale è evidente, non può essere utilizzato in corso di gara per modificarne surrettiziamente la lex specialis, includendo tra i concorrenti ammessi quanti offrano beni con caratteristiche materiali o funzionali alternative - anche se, in qualche misura fungibili con quelli indicati nel capitolato, in tal modo danneggiando palesemente gli offerenti che abbiano per contro puntualmente osservato la disciplina della gara (o chi avesse deciso di non concorrere, non disponendo del tipo di bene domandato); in tali casi non può sostenersi che spetterebbe alla commissione, nell'esercizio della propria discrezionalità tecnica, valutare comunque in concreto l'equivalenza del prodotto, giacché il ruolo della commissione non può spingersi sino al punto di modificare sostanzialmente l'oggetto della gara, individuando prodotti oggettivamente diversi da quelli previsti invece espressamente dalla lex specialis.

Il giudizio di equivalenza presuppone quindi la previsione di uno standard tecnico normativo e non opera rispetto a grandezze comuni o a caratteristiche che, piuttosto che individuare specifiche tecniche del prodotto, ne definiscono la tipologia, limitandosi a delineare l'oggetto dell'affidamento o a valorizzarne talune caratteristiche ritenute essenziali e prioritarie ai fini della stessa ammissione dell’offerta alla valutazione del seggio di gara (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 7 luglio 2021, n. 4658).



SPECIFICHE TECNIHE - INDIVIDUAZIONE - AMPIA DISCREZIONALITA' DELLA PA

TAR LAZIO RM SENTENZA 2022

L’individuazione delle specifiche tecniche di una fornitura costituisce estrinsecazione di ampia discrezionalità amministrativa; spetta alla p.a. la ricognizione delle esigenze da soddisfare mediante l’approvvigionamento e, in via consequenziale, dei requisiti necessari al relativo soddisfacimento. Tale discrezionalità è purtuttavia assoggettata ai limiti propri di ogni azione amministrativa e, nel settore dei contratti pubblici, al generale principio di concorrenza (cfr. TAR Milano, sez. IV, 15 maggio 2020, n. 823).

In virtù di ciò, le caratteristiche tecniche della fornitura devono essere enucleate dalla p.a. in modo tale da favorire la più ampia partecipazione alla gara, ferma restando la necessità di soddisfare appieno le esigenze della stazione appaltante.

L’Amministrazione procedente, in sede di elaborazione della lex specialis della gara, dovrà pertanto evitare di inserire requisiti che in modo irragionevole restringano la platea dei concorrenti ammessi, individuando specifiche non rivolte al soddisfacimento di un effettivo bisogno, ma tendenti in via esclusiva a limitare ex ante gli interlocutori.

Nel caso in esame, deve stabilirsi se il requisito minimo richiesto “Sistema macchina-reattivi completamente automatico, con tecnica di agglutinazione su colonna, per l’esecuzione di tutti i test delle urgenze h24 – nessuno escluso – ed approfondimento dei casi complessi in urgenza su pazienti interni ed esterni” si sia posta in contraddizione con il principio di concorrenza e, in caso di risposta positiva, se tale limitazione sia stata irragionevole (e dunque illegittima) nel senso sopra evidenziato, ovvero se corrispondesse invece a un’effettiva esigenza della p.a.


PRINCIPIO EQUIVALENZA - NON PUO' COMPORTARE L'AMMISSIONE DI OFFERTE NON CONFORMI (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2022

Il principio di equivalenza, sancito dall’art. 68 del Codice dei contratti pubblici e richiamato in sentenza, non attiene all’ambito dei requisiti soggettivi che l’operatore economico deve possedere per partecipare alla selezione, bensì a quello delle omologazioni e delle specifiche tecniche che il prodotto (o il servizio) offerto deve possedere per essere conforme all’oggetto del contratto (cfr., tra le altre, C.G.A.R.S., 20 giugno 2020, n. 133).

In tale prospettiva oggettiva, si giustificano altresì i limiti al principio di equivalenza elaborati dalla giurisprudenza richiamata nella sentenza, volti ad evitare che il principio di equivalenza venga invocato per ammettere offerte tecnicamente non conformi a quelle richieste dalla stazione appaltante (cfr., da ultimo, Cons. Stato, V, 20 giugno 2022, n. 5034).

SPECIFICHE TECNICHE E PRINCIPIO DI EQUIVALENZA (68.6)

TAR LAZIO RM SENTENZA 2022

Secondo la giurisprudenza in materia di appalti pubblici di forniture, il fatto di non aggiungere l’espressione «o equivalente» dopo l’indicazione, nel capitolato d’oneri, di un determinato prodotto non solo può dissuadere gli operatori economici che usano sistemi analoghi a tale prodotto dal partecipare alla gara d’appalto, ma può altresì ostacolare le correnti d’importazione nel commercio transfrontaliero all’interno dell’Unione, riservando l’appalto ai soli fornitori che si propongano di usare il prodotto specificamente indicato (v., in tal senso, ordinanza del 3 dicembre 2001, Vestergaard, C-59/00, EU:C:2001:654, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

Alla luce delle suesposte considerazioni, spetta al giudice del rinvio verificare se, tenendo conto del margine di discrezionalità di cui dispone l’amministrazione aggiudicatrice nello stabilire le specifiche tecniche secondo taluni requisiti qualitativi in funzione dell’oggetto dell’appalto in esame, il carattere particolarmente dettagliato delle specifiche tecniche di cui trattasi nel procedimento principale non abbia per effetto di favorire indirettamente un partecipante alla gara.

È altresì importante che il grado di dettaglio delle specifiche tecniche rispetti il principio di proporzionalità, il che implica, in particolare, un esame della questione se tale grado di dettaglio sia necessario ai fini del raggiungimento degli obiettivi perseguiti” (Corte di giustizia europea, Sez. IX, 25/10/2018 n. C-413/17).

Le coordinate normative e giurisprudenziali appena esposte inducono a ritenere preferibile, perché più rispettosa dei principi di proporzionalità, non discriminazione e tutela della concorrenza, un’interpretazione non formalistica, che eviti il meccanismo espulsivo allorché vi sia una sostanziale conformità dell’offerta al bando e risulti impossibile o comunque estremamente difficile reperire sul mercato prodotti che soddisfino tutte le caratteristiche richieste dalle specifiche tecniche; e ciò sempreché le “diverse” caratteristiche del prodotto offerto non abbiano consentito al concorrente di proporre un prezzo più vantaggioso e dunque di ottenere l’aggiudicazione proprio grazie a tale aspetto.



CARENZA ELEMENTO OFFERTA TECNICA COLMATO CON IL CAMPIONE PRESENTATO - ESCLUSIONE AUTOMATICA - NON LEGITTIMA

TAR CAMPANIA SENTENZA 2022

L’amministrazione, nel rideterminarsi, ha confermato l’esclusione della ricorrente in quanto:

"nel caso specifico la campionatura non può sostituire l'offerta tecnica ...avendo la campionatura una funzione meramente esemplificativa delle caratteristiche del prodotto che devono essere necessariamente già contenute nella scheda tecnica";

- la campionatura non potrebbe essere d'ausilio "per le caratteristiche intrinseche del prodotto stesso che richiedono accertamenti tecnici specifici";

- "l'operatore economico neanche in sede di ricorso" avrebbe "indicato in quale punto della documentazione tecnica (scheda tecnica ovvero altra documenta zione prodotta in gara) risulta la presenza della caratteristica della idrofobicità del tappo".

Ritiene il Collegio che i ricorsi vadano accolti perché l’amministrazione si è limitata a prendere atto della mancata indicazione nell’offerta tecnica della idrofobicità del tappo senza indagare se nel concreto il prodotto offerto avesse tale caratteristica; verifica possibile in quanto il bando aveva previsto la necessità di presentare un campione del prodotto offerto. Il campione, contrariamente a quanto sostiene l’amministrazione, non ha solo una funzione meramente esemplificativa delle caratteristiche del prodotto, ma rappresenta, invece, il prototipo di prodotto che deve essere conforme alle specifiche tecniche richieste dal bando e che tutti gli altri prodotti oggetto della fornitura devono necessariamente replicare. Peraltro, anche a voler accedere alla ricostruzione dell’amministrazione, va rilevato che la Commissione si è rifiutata di effettuare il citato accertamento, senza indagare in concreto se il campione, al di là delle specifiche caratteristiche, avesse la funzione indicata dal bando di gara (idrofobicità del tappo).

E’ vero che le gare pubbliche sono rette da un principio di autoresponsabilità, che incombe sui partecipanti, e di par condicio tra i concorrenti, ma è contrario con il principio di buona fede il comportamento dell’amministrazione che, avendo chiesto un campione del prodotto offerto, e pur potendo, quindi, accertarne in concreto le caratteristiche, si rifiuti aprioristicamente di farlo, indipendentemente dalla complessità o meno di tale accertamento.

La commissione ha evidenziato di non poter procedere all’accertamento in quanto si tratta di “accertamenti tecnici specifici”. Tale generica affermazione, tuttavia, non spiega se l’accertamento è particolarmente complesso o, come pare, di facile effettuazione.

Ne consegue che, come rilevato con la citata ordinanza cautelare, i ricorsi vanno accolti e i provvedimenti impugnati annullati.



PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - DEVE ESSERCI CONFORMITA' SOSTANZIALE CON LE SPECIFICHE TECNICHE (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2022

Il principio di equivalenza di cui all’art. 68 del Codice dei contratti pubblici – che attua l’art. 42 della direttiva 2014/24/UE e permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, rispondendo, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità, buon andamento e libertà d’iniziativa economica privata e, dall’altro, al principio di libera concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare (Cons. Stato, V, 17 febbraio 2022, n.1186; III, 10 febbraio 2022, n. 1006) – è finalizzato a evitare che un’irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici precluda l’ammissibilità di offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta (Cons. Stato, III, 7 gennaio 2022, n. 65; IV, 7 giugno 2021, n. 4353).

In altri termini, il principio di equivalenza presuppone la corrispondenza delle prestazioni del prodotto offerto, ancorché difforme dalle specifiche tecniche indicate dalla stazione appaltante (Cons. Stato, III, 7 luglio 2021, n. 5169; 22 novembre 2017, n. 5426), quale “conformità sostanziale” con le specifiche tecniche, nella misura in cui queste vengano nella sostanza soddisfatte (Cons. Stato, V, 25 marzo 2020, n. 2093): indi, nell’ambito di una procedura a evidenza pubblica, le caratteristiche minime stabilite nella documentazione di gara non debbono intendersi come vincolanti nel quomodo, ma soltanto quoad effectum, nel senso che le offerte sono ritenute rispettose della lex specialis laddove siano, comunque, capaci di conseguire il fine ultimo dell’affidamento (Cons. Stato, IV, n. 4353 del 2021, cit.).

Nelle gare pubbliche i chiarimenti in ordine alla valenza delle clausole della legge di gara fornite dalla stazione appaltante anteriormente alla presentazione delle offerte non costituiscono un’indebita, e perciò illegittima, modifica delle regole di gara, ma una sorta di interpretazione autentica, con cui l’amministrazione chiarisce la propria volontà provvedimentale, in un primo momento poco intelligibile, precisando e meglio delucidando le previsioni della lex specialis sicché esse, per quanto non vincolanti, orientano i comportamenti degli interessati e non possono essere considerate tamquam non essent (Cons. Stato, V, 2 marzo 2022, n. 1486; III, 22 gennaio 2014, n. 290; IV, 21 gennaio 2013, n. 341);

in sede di gara d’appalto e allorquando il sistema di selezione delle offerte sia basato sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, le soluzioni migliorative si differenziano dalle varianti perché le prime possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati aperti a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara e oggetto di valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dall’Amministrazione, mentre le seconde si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante. In tale prospettiva, le proposte migliorative consistono in soluzioni tecniche che, senza incidere sulla struttura, sulla funzione e sulla tipologia del progetto a base di gara, investono singole lavorazioni o singoli aspetti tecnici dell’opera, lasciati aperti a diverse soluzioni, configurandosi come integrazioni, precisazioni e migliorie che rendono il progetto meglio corrispondente alle esigenze della stazione appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali delle prestazioni richieste (Cons. Stato, V, 15 novembre 2021; n. 760; 25 febbraio 2021, n. 1080; 12 maggio 2020, n. 2969; 8 ottobre 2019, n. 6793; V, 3 maggio 2019, n. 2873; 8 ottobre 2019, n. 6793; 14 settembre 2018, n. 5388; 17 gennaio 2018, n. 269 e 270; VI, 19 giugno 2017, n. 2969; C.G.A.R.S., 30 aprile 2018, n. 251).

E' dunque corretto l'operato dell’Amministrazione che escluso l’offerta che, anziché prevedere, rispettivamente, l’utilizzo di legno di larice e di alluminio integrale, ha proposto un multistrato e legno ricoperto di alluminio.

VEICOLI A MOTORE – DIRETTIVA 2007/46/CE –FORNITURA DI PEZZI DI RICAMBIO EQUIVALENTI- - ASSENZA COMPROVA OMOLOGAZIONE - ESCLUSIONE

CORTE GIUST EU SENTENZA 2022

L’articolo 10, paragrafo 2, l’articolo 19, paragrafo 1, e l’articolo 28, paragrafo 1, della direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (direttiva quadro),

devono essere interpretati nel senso che: essi ostano a che un’amministrazione aggiudicatrice possa accettare, nell’ambito di una gara d’appalto avente ad oggetto la fornitura di componenti di ricambio per autobus destinati al servizio pubblico, un’offerta con cui vengono proposti componenti rientranti in un tipo di componente contemplato dagli atti normativi di cui all’allegato IV alla direttiva 2007/46, non accompagnata da un certificato che attesti l’omologazione di tale tipo di componente né da informazioni sull’effettiva esistenza di tale omologazione, a condizione che tali atti normativi prevedano una siffatta omologazione.

Gli articoli 60 e 62 della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE, devono essere interpretati nel senso che: alla luce della definizione del termine «costruttore» di cui all’articolo 3, punto 27, della direttiva 2007/46, essi ostano a che un ente aggiudicatore, nell’ambito di una gara d’appalto avente ad oggetto la fornitura di componenti di ricambio per autobus destinati al servizio pubblico, possa accettare, come prova dell’equivalenza dei componenti contemplati dagli atti normativi di cui all’allegato IV alla direttiva 2007/46 e proposti dall’offerente, una dichiarazione di equivalenza rilasciata dall’offerente stesso, quando quest’ultimo non può essere considerato come il costruttore di tali componenti.

CLAUSOLA CHE RICHIEDE IL DISPOSITIVO PIU' RECENTE - SI INTERPRETA SECONDO FAVOR PARTECIPATIONIS

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2022

E' ius receptum in giurisprudenza il principio, da intendersi qui ribadito, secondo cui la mancata previsione di un’esplicita clausola espulsiva non vale a impedire l’esclusione di un’offerta, ove questa, sulla base della disamina dello specifico quadro regolatorio di riferimento, risulti priva delle qualità da ritenersi essenziali nell’economia della legge di gara.

In siffatte evenienze viene, infatti, a determinarsi la mancanza di un elemento essenziale per la formazione dell'accordo necessario per la stipula del contratto da cui deriverebbe necessariamente, oltre ad un pregiudizio per l'interesse perseguito dalla stazione appaltante, risolvendosi una simile difformità in un aliud pro alio, anche una chiara lesione del principio della par condicio partecipationis.

Si è, così, condivisibilmente affermato in giurisprudenza che l’esclusione dell’offerta, anche in assenza di un’espressa comminatoria in tal senso, può essere disposta unicamente nei casi in cui la disciplina di gara preveda le qualità del prodotto che con assoluta certezza si qualifichino come caratteristiche minime, mentre - nel caso in cui non vi sia tale certezza, ma vi sia un margine di ambiguità circa l’effettiva portata delle clausole del bando - trova applicazione il principio residuale che impone di preferire l’interpretazione della lex specialis maggiormente rispettosa del principio del favor partecipationis e dell’interesse al più ampio confronto concorrenziale, oltre che della tassatività delle cause di esclusione (Consiglio di Stato , sez. V, 17 febbraio 2022, n. 1192; Cons. St., sez. III, 14 maggio 2020, n. 3084; Cons. St., sez. III, 11 dicembre 2019, n. 8429; Cons. St. sez. V, 25 luglio 2019, n.5260; C.d.S. Sez. III, 21 ottobre 2015, n. 4804; Sez. III, 1° luglio 2015, n. 3275; Sez. V, 17 febbraio 2016, n. 633, 23 settembre 2015, n. 4460).

Orbene, mentre nel caso di introduzione di un espresso presidio sanzionatorio l’essenzialità del requisito trova esplicito e formale riscontro nella stessa disciplina di riferimento, negli altri casi la ineludibilità del possesso di determinate caratteristiche e qualità va verificata in concreto attraverso l’interpretazione degli atti di gara da svolgere secondo gli ordinari canoni ermeneutici, di guisa che è nella descrizione che se ne fa nella disciplina di gara che deve emergere la natura di qualità essenziale delle singole caratteristiche della prestazione richiesta.

In definitiva, richiedere il dispositivo di più recente immissione in commercio – in assenza di ulteriori e più perspicue indicazioni - significa richiedere la versione del dispositivo più aggiornata in commercio tra quelle esistenti per i dispositivi rispondenti alle caratteristiche minime poste a pena di esclusione.

Una simile lettura del disciplinare di gara, infatti, è pienamente allineata ai consolidati principi giurisprudenziali, secondo cui l'interpretazione degli atti amministrativi, ivi compresi i bandi di gara, soggiace alle stesse regole dettate dagli articoli 1362 ss. del codice civile per l'interpretazione dei contratti, tra le quali ha carattere preminente quella collegata all'interpretazione letterale - con esclusione di ogni ulteriore procedimento ermeneutico in caso di clausole assolutamente chiare - ma, in caso di omissioni od ambiguità delle singole clausole, con la necessità del ricorso ad altri canoni ermeneutici, tra cui quello dettato dall'articolo 1363 del codice civile e quello dell'interpretazione secondo buona fede; corollario in materia di procedure di gara ad evidenza pubblica è la necessità di garantire il principio del favor partecipationis secondo il quale, in caso di clausole del bando ambigue o dubbie, va scelta la soluzione che tende ad estendere la platea dei partecipanti alla gara, piuttosto che la soluzione restrittiva della partecipazione, al fine di realizzare l'interesse dell'amministrazione alla selezione della migliore offerta presentata tra quelle concorrenti (Cons. Stato, sez. V, 17 luglio 2020, n. 4599).

PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - IL CONCORRENTE DEVE DIMOSTRARE NELL'OFFERTA L'EQUIVALENZA (68)

TAR LAZIO RM SENTENZA 2022

La prevalente giurisprudenza amministrativa - che il Collegio condivide - ritiene, infatti, che “al fine di scongiurare l'esclusione dalla gara d'appalto, il partecipante che intenda avvalersi della clausola di equivalenza prevista dall' art. 68, d.lgs. n. 50/2016 , ha l'onere di dimostrare già nella propria offerta l'equivalenza tra i servizi o tra i prodotti, non potendo pretendere che tale accertamento sia compiuto d'ufficio dalla Stazione appaltante o, addirittura, che sia demandato alla sede giudiziaria una volta impugnato l'esito della gara”, evidenziando come, “benché il principio dell'equivalenza permei l'intera disciplina dell'evidenza pubblica, rispondendo lo stesso al principio del favor partecipationis e costituendo, altresì, espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte della P.A., nondimeno anche l'ampia latitudine riconosciuta al canone di equivalenza non ne consente, tuttavia, l'estensione all'ipotesi, esulante dal campo applicativo della stessa, di difformità del bene rispetto a quello descritto dalla lex specialis, configurandosi in tal caso un'ipotesi di aliud pro alio non rimediabile” (in tal senso, Consiglio di Stato, Sezione V, n. 3489/2019);

L’operatore che intenda avvalersi del principio dell’equivalenza (suscettibile di trovare applicazione indipendentemente da un espresso richiamo negli atti di gara) deve, dunque, fornirne la prova già in sede di gara, non potendo essa essere verificata d’ufficio dalla stazione appaltante né tantomeno dimostrata in via postuma in sede giudiziale.

PRINCIPIO EQUIVALENZA – NON NECESSARIA ESPRESSA DICHIARAZIONE DA PARTE DELL’OPERATORE (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2022

Il principio di equivalenza è stato recepito dal nuovo Codice dei contratti approvato con d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, che, all’art. 68, prevede che la stazione appaltante non possa escludere un’offerta perché non conforme alle specifiche tecniche a cui ha fatto riferimento se il prodotto offerto non è “aliud pro alio”, incontrando il concorrente che voglia presentare un prodotto (o servizio) equivalente a quello richiesto il solo limite della “difformità del bene rispetto a quello descritto dalla lex specialis”, configurante ipotesi di “aliud pro alio non rimediabile” (Cons. Stato, sez. V, 25 luglio 2019, n. 5258).

Il Codice dispone che le “caratteristiche previste per lavori, servizi e forniture” sono definite dalla stazione appaltante mediante l’individuazione di “specifiche tecniche” inserite nei documenti di gara (art. 68, comma 1), nel rispetto del canone pro-concorrenziale che garantisca in ogni caso il “pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione” senza comportare “direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza” (art. 68, comma 4) o generare artificiose o discriminatorie limitazioni nell’accesso al mercato allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici.

I più recenti arresti del Consiglio di Stato hanno puntualizzato che:

– “…I concorrenti non sono peraltro onerati di una apposita formale dichiarazione che circa l’equivalenza funzionale del prodotto offerto, potendo la relativa prova essere fornita con qualsiasi mezzo appropriato…La Commissione di gara…può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis (Cons. St., sez. III, 25 novembre 2020, n. 7404).

– “Negli appalti di forniture, la produzione in sede di offerta delle schede tecniche dei prodotti è quindi generalmente ritenuta idonea a consentire alla stazione appaltante lo svolgimento del giudizio di idoneità tecnica dell’offerta e di equivalenza dei requisiti del prodotto offerto alle specifiche tecniche” (Cons. St., sez. V, 25 marzo 2020, n. 2093);

– “L’art. 68, comma 7, del d.lgs. 50/2016 non onera i concorrenti di un’apposita formale dichiarazione circa l’equivalenza funzionale del prodotto offerto, potendo la relativa prova essere fornita con qualsiasi mezzo appropriato; la commissione di gara può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis (cfr. Cons. Stato, III, 29 marzo 2018, n. 2013)”.



IMMEDIATA IMPUGNAZIONE CLAUSOLE BANDO - EQUIVALENZA PRODOTTI - NON PORTATA IMMEDIATAMENTE LESIVA (68)

TAR EMILIA BO SENTENZA 2022

Come noto va escluso l’onere di immediata impugnazione in merito alle prescrizioni del bando la cui lesività dipende dalla loro effettiva applicazione e dalla loro concreta incidenza nei confronti dell’impresa partecipante alla procedura concorsuale, secondo consolidati orientamenti giurisprudenziali anche dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (ex multis Consiglio di Stato Ad. Plen., 24 giugno 2002, n.3 e 26 aprile 2018, n. 4).

L’onere/possibilità di immediata impugnazione delle previsioni di bando sussiste solo in presenza di una lesione concreta ed attuale della situazione giuridica dell’interessato, ravvisabile esclusivamente nei casi in cui le clausole impugnate precludano con assoluta certezza l’utile partecipazione, dovendosi altrimenti attendere l’emanazione dell’atto applicativo. L’esigenza di puntuale specificazione, del resto, va correlata alla natura eccezionale delle ipotesi di immediata impugnabilità, eccezionalità che rileva pure quale canone interpretativo della casistica, di elaborazione giurisprudenziale, di clausole immediatamente escludenti (ex multis T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 6 luglio 2021, n.7965; cfr. Consiglio di Stato sez. V, 30 aprile 2018, n. 2602).

Sono ritenute immediatamente escludenti le clausole che comportino l’impossibilità di accedere alla gara, disposizioni abnormi o irragionevoli, condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale obiettivamente non conveniente, imposizione di obblighi “contra jus”, gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta, formule matematiche errate, omessa indicazione dei costi della sicurezza non soggetti a ribasso, clausole che rendano la partecipazione inutile, “contra jus” o eccessivamente gravosa (ex plurimis T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 11 settembre 2018, n. 1927, Consiglio di Stato Adunanza Plenaria 26 aprile 2018, n. 4).

Ancora, vanno considerate “clausole immediatamente escludenti” del bando, comportanti l’onere della immediata impugnazione di questo, solo quelle che con assoluta e oggettiva certezza incidono direttamente sull’interesse delle imprese in quanto precludono, per ragioni oggettive e non di normale alea contrattuale, un’utile partecipazione alla gara a un operatore economico (in termini, Consiglio di Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4), A tal fine quest’ultimo è tenuto a dimostrare, in via pregiudiziale, il suo interesse ad agire, quando prova di non aver potuto formulare, anche in ragione della propria organizzazione aziendale, un’offerta oggettivamente competitiva, e dimostra, nel merito, l’illegittimità della legge di gara quando prova che tale impossibilità è comune alla maggioranza delle imprese operanti nel settore (Consiglio di Stato sez. V, 8 gennaio 2021, n. 284).

Tanto premesso, nel caso di specie l’odierna ricorrente lamenta come visto il possesso delle caratteristiche tecniche di minima richieste dalla lex specialis in capo alla sola controinteressata evidenziando al contempo l’equivalenza tecnica ed anzi la superiorità sotto vari aspetti del proprio sistema offerto.

Il principio di equivalenza – per giurisprudenza costante – permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, e risponde, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità, buon andamento e libertà d’iniziativa economica privata e, dall’altro, al principio di libera concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare (ex multis Consiglio di Stato, sez. III, 10 febbraio 2022, n. 1006). Detto principio è, dunque, finalizzato ad evitare che un’irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici precluda l’ammissibilità di offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta (Consiglio di Stato, sez. III, 7 gennaio 2022, n. 65; Id. sez. IV, 7 giugno 2021, n. 4353).

Per giurisprudenza altrettanto costante, l’interpretazione della lex specialis di gara deve essere, dunque, condotta secondo criteri di proporzionalità e di ragionevolezza, con la finalità di escludere soluzioni interpretative eccessivamente restrittive ed anticoncorrenziali, e, in caso di dubbi interpretativi, deve essere sempre preferita la soluzione che consenta la massima partecipazione alla gara (Consiglio di Stato, sez. V, 25 marzo 2020, n. 2090).

Nella gara per cui è causa è altrettanto incontestato che la stazione appaltante ha espressamente inserito nel bando la clausola di equivalenza, non essendo invero pacifico che in ipotesi di silenzio del bando possa operare l’eterointegrazione per effetto dell’art. 68 d.lgs. 50/2016 (in questo senso Consiglio di Stato sez. III, 24 febbraio 2016, n.746 contra Consiglio di Stato, III, 18 settembre 2019, n. 6212; Id. 27 novembre 2018, n. 6721) ragion per cui non è in discussione l’operatività del principio e la possibilità per la ricorrente di partecipare alla gara, come infatti ha fatto, invocando l’equivalenza tecnica del proprio sistema robotico offerto, salvo poi eventualmente impugnare il provvedimento di esclusione laddove l’Amministrazione violi l’art. 68 d.lgs. 50/2016.

Ai sensi dell’art. 68, comma 7, d.lgs. n. 50/2016, infatti, “quando si avvalgono della possibilità di fare riferimento alle specifiche tecniche di cui al comma 5, lettera b), le amministrazioni aggiudicatrici non possono dichiarare inammissibile o escludere un’offerta per il motivo che i lavori, le forniture o i servizi offerti non sono conformi alle specifiche tecniche alle quali hanno fatto riferimento, se nella propria offerta l’offerente dimostra, con qualsiasi mezzo appropriato, compresi i mezzi di prova di cui all’articolo 86, che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche”.

E’ dunque evidente che sulla base di tale disposizione la ricorrente potrebbe comunque far valere nella fase di ammissione eventuali doglianze sulla conformità o meno della legge di gara (e della ipotetica correlata condotta dell’Amministrazione) al dato primario di riferimento dando dimostrazione della equivalenza tecnica del proprio sistema robotico rispetto a quello offerto dai competitors.

Nessuna plausibile ragione è in definitiva rinvenibile nel caso di specie per affermare la necessità di una (eccezionale) tutela anticipata avverso gli atti di gara al momento della relativa indizione, ben potendo la ricorrente che ha partecipato alla gara (circostanza che di per sé elide l’asserita connotazione escludente) far valere le proprie doglianze all’esito della eventuale esclusione o mancata aggiudicazione della medesima in proprio favore.

Giova poi rilevare come l’esaminato principio di equivalenza operi oltre che al fine della dimostrazione del possesso dei requisiti tecnici minimi per l’ammissione alla gara anche nell’applicazione dei criteri per la selezione dell’offerta economicamente più vantaggiosa (Consiglio di Stato sez. VI, 15 giugno 2020, n. 3808).

Alla luce delle suesposte argomentazioni il ricorso va dichiarato inammissibile per carenza di interesse.



OFFERTA NON CONFORME ALLE SPECIFICHE TECNICHE - LEGITTIMA ESCLUSIONE APPALTO (68)

TAR FRIULI SENTENZA 2022

Secondo quanto in precedenza rilevato, la puntuale descrizione del prodotto effettuata in sede di Capitolato non ha consentito alla Commissione di gara di ammettere alla fase successiva della procedura – ossia a quella di attribuzione dei punteggi tecnici – l’offerta della ricorrente, avendo questa proposto un prodotto che non possedeva uno dei requisiti richiesti inderogabilmente dalla lex specialis (punti 3 e 18.1 del Capitolato).

A fronte di tali espresse previsioni, non ritualmente contestate e quindi vincolanti sia per la Stazione appaltante che per il Giudice, nessuna possibilità di deroga risulta ammessa.

Difatti, “le caratteristiche essenziali e stimate indefettibili (ossia i requisiti minimi) delle prestazioni o del bene, definite dal bando, costituiscono una legittima condizione di partecipazione alla procedura: logica del resto vuole che il contratto vada aggiudicato a un concorrente che sia in grado di assicurare il minimo prestabilito che corrisponde all’essenza della res richiesta. E la significatività della regola è dimostrata anche dal fatto che essa vale anche se la lex specialis non commini espressamente l’esclusione per l’offerta che abbia caratteristiche difformi da quelle richieste. Ciò perché una tale difformità comunque concretizza un aliud pro alio che comporta, di per sé, l’esclusione dalla gara, anche in mancanza di un’apposita comminatoria (di recente, Cons. Stato, V, 25 ottobre 2019, n. 5260; 20 dicembre 2018, n. 7191; III, 3 agosto 2018, n. 4809; 26 gennaio 2018, n. 565; sul punto, anche Cons. Stato, V, 5 maggio 2016, n. 1818; 28 giugno 2011, n. 3877)” (Consiglio di Stato, V, 20 aprile 2020, n. 2486).

D’altra parte, nemmeno si può ritenere che l’offerta di un disco rigido al posto delle alette richieste dalla normativa di gara possa rappresentare una miglioria rispetto alle caratteristiche minime previste nella citata lex specialis, poiché si tratta piuttosto di una alternativa rispetto al prodotto originario richiesto dalla Stazione appaltante, stravolto nelle sue caratteristiche di base; come ritenuto dalla consolidata giurisprudenza, allorquando il sistema di selezione delle offerte sia basato sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, le soluzioni migliorative, ammesse, si differenziano dalle varianti, vietate, perché le prime possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati aperti a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dall’Amministrazione, mentre le seconde si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della Stazione appaltante (cfr. Consiglio di Stato, V, 8 ottobre 2019, n. 6793; 3 maggio 2019, n. 2873; 17 gennaio 2018, n. 269 e n. 270). Nello specifico, vanno ricomprese tra le proposte migliorative soltanto quelle soluzioni tecniche che, senza incidere sulla struttura, sulla funzione e sulla tipologia della prestazione a base di gara – come invece avvenuto nella fattispecie de qua –, investono singoli aspetti tecnici della stessa, lasciati aperti a diverse soluzioni, configurandosi come integrazioni, precisazioni e migliorie che rendono il progetto meglio corrispondente alle esigenze della Stazione appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali di quanto richiesto (cfr. Consiglio di Stato, V, 5 febbraio 2021, n. 1080; 12 maggio 2020, n. 2969; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 14 giugno 2021, n. 1445; 24 maggio 2021, n. 1269).

Pertanto, in presenza di un’offerta che non possiede le caratteristiche essenziali e indefettibili – ossia i requisiti minimi – delle prestazioni o del bene previsti dalla lex specialis risulta carente “una condizione di partecipazione alla procedura selettiva, perché non è ammissibile che il contratto venga aggiudicato a un concorrente che non garantisca il minimo prestabilito che vale a individuare l’essenza stessa della res richiesta, e non depone in senso contrario la circostanza che la lex specialis non disponga espressamente la sanzione espulsiva per l’offerta che presenti caratteristiche difformi da quelle pretese, risolvendosi tale difformità in un aliud pro alio che comporta, di per sé, l’esclusione dalla gara, anche in mancanza di un’apposita comminatoria in tal senso” (Consiglio di Stato, III, 8 luglio 2021, n. 5203; anche, Consiglio di Stato, III, 7 luglio 2022, n. 5650; 14 maggio 2020, n. 3084; III, 11 dicembre 2019, n. 8429; V, 25 luglio 2019, n. 5260; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 3 novembre 2021, n. 2410; 27 settembre 2021, n. 2062; anche, 14 giugno 2021, n. 1445).



RICHIESTA DI UN DETERMINATO MARCHIO – NECESSARIA MOTIVAZIONE (68.4)

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2022

L’art. 68, comma 4, d.lgs. n. 50/2016 prevede che «Le specifiche tecniche consentono pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione e non devono comportare direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza». Il comma 6 dispone poi che non si possa far riferimento a marchi «salvo che [le specifiche tecniche che ne fanno menzione] siano giustificate dall’oggetto dell’appalto» e che «In tal caso la menzione o il riferimento sono accompagnati dall’espressione “o equivalente”».

Nel caso di specie, la stazione appaltante sia nella lettera di invito sia nel capitolato speciale ha espressamente escluso – anche a mezzo dei chiarimenti successivi conformi alla legge di gara – la possibilità di fornire ricambi diversi da quelli originali, senza indicarne alcuna apprezzabile ragione tecnica e, in definitiva, favorendo i produttori dei ricambi Fiorentini o i rivenditori ufficiali.

Anche quando la stazione appaltante è stata successivamente invitata ad annullare la procedura in autotutela, così come nel provvedimento di esclusione, la spiegazione della scelta dell’amministrazione è stata giustificata non da ragioni obiettive e insuperabili di funzionalità degli impianti – mai nemmeno descritte e specificate –, bensì con riferimento a vincoli contrattuali tra la stazione appaltante e il produttore degli impianti (vale a dire la decadenza dalla garanzia), che nulla possono e devono influire sulla predisposizione della legge di gara dei ricambi in senso limitativo della concorrenza.

La richiesta di ricambi originali, sotto questo punto di vista, è pertanto illogica e si presenta come arbitrariamente volta a restringere la concorrenza, con la conseguenza della sua illegittimità e necessità di ripetere la procedura di gara.



PRINCIPIO DI EQUIVALENZA – TUTELA DEL FAVOR PARTECIPATIONIS (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2022

Come chiarito da una consolidata giurisprudenza del giudice amministrativo, (Cons. Stato, sez. V, 25 agosto 2021, n. 6035; sez. III, 20 ottobre 2020, n. 6345), il principio di equivalenza permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, in quanto la possibilità di ammettere alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, ai fini della selezione della migliore offerta, risponde, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e di libertà d’iniziativa economica e, dall’altro, al principio euro-unitario di concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare, mediante un legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’amministrazione alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità. Il principio di equivalenza è, dunque, finalizzato ad evitare una irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici, precludendo l’ammissibilità di offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta (Cons. Stato, sez. IV, 7 giugno 2021, n. 4353).

Il principio di equivalenza è stato recepito dal nuovo Codice dei contratti approvato con d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, che, all’art. 68, prevede che la stazione appaltante non possa escludere un’offerta perché non conforme alle specifiche tecniche a cui ha fatto riferimento se il prodotto offerto non è “aliud pro alio”, incontrando il concorrente che voglia presentare un prodotto (o servizio) equivalente a quello richiesto il solo limite della “difformità del bene rispetto a quello descritto dalla lex specialis”, configurante ipotesi di “aliud pro alio non rimediabile” (Cons. Stato, sez. V, 25 luglio 2019, n. 5258).

Il Codice dispone che le “caratteristiche previste per lavori, servizi e forniture” sono definite dalla stazione appaltante mediante l’individuazione di “specifiche tecniche” inserite nei documenti di gara (art. 68, comma 1), nel rispetto del canone pro-concorrenziale che garantisca in ogni caso il “pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione” senza comportare “direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza” (art. 68, comma 4) o generare artificiose o discriminatorie limitazioni nell’accesso al mercato allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici.


PRINCIPIO DI EQUIVALENZA E LIMITI DI APPLICABILITA' - DISCREZIONALITA' DELLA PA (68.7)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2022

Per consolidato orientamento giurisprudenziale, il principio di equivalenza di cui all’art. 68 del Codice dei contratti pubblici – che attua l’art. 42 della direttiva 2014/24/UE e permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, rispondendo, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità, buon andamento e libertà d’iniziativa economica privata e, dall’altro, al principio di libera concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare (Cons. Stato, V, 17 febbraio 2022, n.1186; III, 10 febbraio 2022, n. 1006) – è finalizzato a evitare che un’irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici precluda l’ammissibilità di offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta (Cons. Stato, III, 7 gennaio 2022, n. 65; IV, 7 giugno 2021, n. 4353).

In altri termini, il principio di equivalenza presuppone la corrispondenza delle prestazioni del prodotto offerto, ancorché difforme dalle specifiche tecniche indicate dalla stazione appaltante (Cons. Stato, III, 7 luglio 2021, n. 5169; 22 novembre 2017, n. 5426), quale “conformità sostanziale” con le specifiche tecniche, nella misura in cui queste vengano nella sostanza soddisfatte (Cons. Stato, V, 25 marzo 2020, n. 2093): indi, nell’ambito di una procedura a evidenza pubblica, le caratteristiche minime stabilite nella documentazione di gara non debbono intendersi come vincolanti nel quomodo, ma soltanto quoad effectum, nel senso che le offerte sono ritenute rispettose della lex specialis laddove siano, comunque, capaci di conseguire il fine ultimo dell’affidamento (Cons. Stato, IV, n. 4353 del 2021, cit.).

Ne deriva, sul piano applicativo, che la stazione appaltante opera il giudizio di equivalenza sulle specifiche tecniche dei prodotti offerti in gara non attenendosi a riscontri formalistici, bensì sulla base di criteri di conformità sostanziale delle soluzioni tecniche offerte; deve all’uopo registrarsi una conformità di tipo funzionale rispetto alle specifiche tecniche indicate dal bando: specifiche che, in questo modo, “vengono in pratica comunque soddisfatte” (Cons. Stato, III, 2 settembre 2013, n. 4364; 29 marzo 2018, n. 2013).

I limiti dell’applicazione del principio di equivalenza individuati dalla giurisprudenza sono strettamente connessi alla sua ratio. Se, infatti, il principio è diretto ad evitare che le norme obbligatorie, le omologazioni nazionali e le specifiche tecniche possano essere artatamente utilizzate per operare indebite esclusioni dalla gare pubbliche, fondate sul pretesto di una non perfetta corrispondenza delle soluzioni tecniche offerte con quelle richieste, ne viene come diretta conseguenza che esso, quale misura diretta ad assicurare che la valutazione della congruità tecnica dell’offerta non si risolva in una verifica formalistica ma consista nell’apprezzamento della sua conformità sostanziale alle specifiche tecniche inserite nella lex specialis, non possa essere invocato per ammettere offerte tecnicamente inappropriate (Cons. Stato, III, 2 marzo 2018 n. 1316) o che comprendano soluzioni che, sul piano oggettivo funzionale e strutturale, non rispettino le caratteristiche tecniche obbligatorie, configurandosi come un aliud pro alio (Cons. Stato, III, 9 febbraio 2021, n. 1225/2021; V 25 luglio 2019, n. 5258; III, 28 settembre 2018, n. 5568).



CARATTERISTICHE TECNICHE BEN DETTAGLIATE - OPERATORE ECONOMICO NON PARTECIPANTE – NON LEGITTIMATO A PRESENTARE RICORSO (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2022

Come anticipato, nella narrativa in fatto risultano qui attratti nel fuoco della contestazione attorea gli esiti della gara n. 7344340 (“Gara Cateteri”), indetta con determina a contrarre n. 123 del 30 gennaio 2019 e successiva determina n. 190 dell’8 febbraio 2019 “per la conclusione di convenzione per l’affidamento quadriennale della fornitura di cateteri venosi centrali e periferici, cateteri arteriosi, sistemi di monitoraggio cardiovascolare e relativi accessori (medicazioni, dispositivi per disinfezione e sistemi di fissaggio) per le aziende sanitarie e ospedaliero universitarie della regione toscana”, la quale prevedeva, al lotto 75, la fornitura di “Feltrino antimicrobico assorbente in schiuma di poliuretano idrofilico con clorexidina gluconato, idonea per tutti i cateteri vascolari adulti e pediatrici, varie dimensioni in ragione del calibro del catetere, monouso e sterile”, lotto poi aggiudicato, giusta determinazione n. 1178 del 19 luglio 2021, ad Evoluzione S.r.l.

L’impugnazione della società 3M Italia si inserisce in una più ampia contestazione che involge, in sinergia con una domanda coeva spiegata in separato giudizio, anche il bando pubblicato il 16 luglio 2021, mediante il quale ESTAR ha indetto una “gara europea a procedura aperta per l’appalto di fornitura di DM per medicazioni per ferite piaghe e ulcere per le AASS e gli Enti della Regione Toscana e Umbria a distribuzione ospedaliera e territoriale – soggetto aggregatore (cui 2021-032-0002) - gara n. 8202537”, suddivisa in 84 lotti, in cui però non è stato inserito un lotto di gara per l’acquisto di “Medicazione sterile adesiva per fissaggio in film poliuretano con rilascio lento e prolungato di clorexidina”.

Segnatamente, la tesi attorea muove dalla partecipazione di 3M Italia alla precedente procedura di gara indetta con determinazione dirigenziale n. 331 del 29 settembre 2014 per la fornitura biennale, rinnovabile per ugual periodo, di “medicazioni per ferite, piaghe e ulcere” destinate alle Aziende Sanitarie della Regione Toscana, nell’ambito della quale la società appellante si era aggiudicata il lotto n. 43, riferito al seguente prodotto “Medicazione sterile adesiva per fissaggio in film di poliuretano con rilascio lento e prolungato di clorexidina” per una quantità totale pari a 60.930 pezzi all’anno.

Tanto premesso, ritiene il Collegio che la decisione di prime cure si riveli immune dai rilievi di parte appellante nella parte in cui, in accoglimento delle eccezioni sollevate dall’Amministrazione resistente, ha dichiarato, anzitutto, inammissibile il ricorso proposto nello specifico procedimento qui in rilievo siccome riferito ad una procedura selettiva aggiudicata ad un terzo soggetto, alla quale l’odierna appellata non ha nemmeno partecipato e avverso la cui indizione non ha proposto tempestiva impugnazione censurando le relative regole organizzative.

Vanno, invero, ribaditi i noti principi giurisprudenziali, più volte affermati anche da questa Sezione, a mente dei quali, nelle controversie aventi ad oggetto gare di appalto, la legittimazione al ricorso è correlata ad una situazione differenziata e meritevole di tutela, per effetto della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione: pertanto, chi volontariamente e liberamente si sia astenuto dal partecipare alla selezione non è legittimato a chiederne l’annullamento, ancorché possa vantare un interesse di fatto a che la competizione – che per lui è comunque res inter alios acta – venga nuovamente bandita (cfr. ex multis Cons. Stato, A.P., n. 1/2003, n. 4/2011, n. 5/2014, n. 4/2018).

Nel caso in esame l’Amministrazione ha, infatti, reso pubblica la selezione qui contestata e compiutamente perimetrato il relativo oggetto, riferito ad un prodotto specifico corrispondente al proprio fabbisogno e consistente nella fornitura di “Feltrino antimicrobico assorbente in schiuma di poliuretano idrofilico con clorexidina gluconato, idonea per tutti i cateteri vascolari adulti e pediatrici, varie dimensioni in ragione del calibro del catetere, monouso e sterile”.

L’odierno appellante è stato messo, dunque, in condizione di conoscere l’esistenza della gara e quindi di decidere consapevolmente di parteciparvi e, pertanto, l’opzione di non concorrere è dipesa esclusivamente dalla libera scelta dell’operatore economico 3M Italia, attivo nello stesso settore qui in rilievo e dunque ben consapevole dell’ambito operativo della selezione in argomento, di non partecipare.



PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - OBBLIGO PA VALUTARLA (68.7)

TAR LAZIO RM SENTENZA 2022

La ricorrente sostiene che pur se il proprio prodotto non possiede il requisito della dopatura anti-ossidante si sarebbe comunque dovuto applicare il principio di equivalenza in quanto il prodotto è trattato proprio a fini anti-ossidanti.

La giurisprudenza ha chiarito che “il principio di equivalenza permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, in quanto la possibilità di ammettere alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, ai fini della selezione della migliore offerta, risponde, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e di libertà d’iniziativa economica e, dall’altro, al principio euro-unitario di concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare, mediante un legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’amministrazione alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità”. Il principio di equivalenza è, dunque, finalizzato ad evitare un’irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici, precludendo l’ammissibilità di offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta” (Cons. St. sez. III, 7 febbraio 2022, n. 805).

Il principio di equivalenza trova applicazione indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara o da parte dei concorrenti, in tutte le fasi della procedura di evidenza pubblica; l’art. 68, comma 7, d.lgs. n. 50/2016 non onera i concorrenti di un’apposita formale dichiarazione circa l’equivalenza funzionale del prodotto offerto, potendo la relativa prova essere fornita con qualsiasi mezzo appropriato; la commissione di gara può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis (cfr. Cons. St., sez. V, 25 agosto 2021, n. 6035).


SPECIFICHE TECNICHE – DISCREZIONALITÀ PA - SINDACATO - LIMITI (68)

ANAC DELIBERA 2022

La scelta delle specifiche tecniche dei prodotti offerti in termini di prestazioni e/o di requisiti funzionali al perseguimento dell'interesse pubblico sotteso alla gara rientra nella discrezionalità della Stazione appaltante, non sindacabile in sede di legittimità salva la sua manifesta arbitrarietà, illogicità, irrazionalità ed irragionevolezza.

COMPONENTI PER AUTOBUS - SPECIFICHE TECNICHE – PROVA DELL'EQUIVALENZA E OMOLOGAZIONE CE (68)

CORTE GIUST EU CONCLUSIONI 2022

Procedimento pregiudiziale – Appalti pubblici – Direttiva 2014/25/UE – Articoli 60 e 62 – Specifiche tecniche – Componenti per autobus contrassegnati dal marchio Iveco o equivalenti – Prova dell'equivalenza – Direttiva 2007/46/CE – Articolo 10, paragrafo 2, articolo 19, paragrafo 1, articolo 28, paragrafo 1, e allegato IV – Omologazione CE – Componenti – Necessità che i componenti inclusi in uno degli atti normativi di cui all'allegato IV siano provvisti dell'omologazione CE

Gli articoli 10, paragrafo 2, 19, paragrafo 1, e 28, paragrafo 1, della direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli, devono essere interpretati nel senso che, qualora nella procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico per la fornitura di componenti di ricambio per autobus destinati al servizio di trasporto pubblico sia consentita l’offerta di ricambi equivalenti la cui omologazione sia richiesta da uno degli atti normativi di cui all’allegato IV della menzionata direttiva, gli offerenti devono produrre il certificato di omologazione CE e non è sufficiente, a tal fine, che essi presentino solo una dichiarazione di equivalenza.


MINOR PREZZO - REQUISITI TECNICI MINIMI - PROVA PRATICA PREVENTIVA – NON AMMESSA COMPARAZIONE PRODOTTI OFFERTI DAI CONCORRENTI (68)

ANAC DELIBERA 2022

Quando il criterio di aggiudicazione prescelto è il minor prezzo la Stazione appaltante non può effettuare alcun tipo di comparazione tra le offerte basata sulla componente qualitativa o sui requisiti tecnici dei prodotti o delle prestazioni proposte e la prova pratica, eventualmente prevista, assolve all'unica funzione di consentire la verifica, preventiva, della sussistenza delle caratteristiche tecniche (minime) dei prodotti oggetto di fornitura previste dalla lex specialis.


PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - NON SI APPLICA AL MONTE ORE (68)

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2022

La ricorrente sosteneva altresì l’equivalenza della propria offerta (“l’erogazione di un servizio ottimale”, pag. 12 del ricorso) alla prescrizione della lex specialis, pur avendo indicato un monte ore inferiore a quello richiesto dal Capitolato.

L’argomento non è condivisibile. Il principio di equivalenza è infatti previsto dall’art. 68 D. Lgs. 50/2016 esclusivamente per le specifiche tecniche del prodotto o del servizio prescritte dalla stazione appaltante. In tali specifiche non rientra il monte ore lavorativo, che costituisce un criterio identificativo in termini quantitativi della prestazione richiesta e, ove configurato dalla Stazione Appaltante come inderogabile, a maggior ragione in un servizio ad alta intensità di manodopera (quale risulta quello oggetto di causa), non ammette equivalenti di sorta.

Peraltro, anche con riferimento alle specifiche tecniche, il principio di equivalenza non ha un ambito di applicazione generalizzato, dovendosi ritenere lo stesso non operante con riferimento ai requisiti minimi comunque imposti dalla lex specialis: «Laddove l’Amministrazione aggiudicatrice si limiti a prescrivere caratteristiche tecniche ben precise dell’impianto da realizzare, avendo di mira lo scopo a cui esso è destinato e non gli specifici prodotti da offrire, invocare il principio di equivalenza per giustificare deroghe ai requisiti minimi imposti dalla legge di gara introdurrebbe una sorta di connotazione anarchica della selezione e, in definitiva, un’inammissibile indeterminatezza che violerebbe il principio di par condicio tra i concorrenti, fondato sull’oggettività delle regole della selezione» (T.A.R. Campania, Napoli, I, 5 novembre 2021 n. 7036; cfr.: TAR Lazio, Roma, I, 28 gennaio 2021 n. 1202; TAR Lazio, Latina, I, 9 dicembre 2020 n. 465).


LIMITI DEL PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - CORRISPONDENZA COI REQUISITI DEFINITI DALLE SPECIFICHE TECNICHE (68.7)

TAR MARCHE SENTENZA 2022

Tornando comunque alla questione dell’equivalenza, il Collegio osserva che:

- come spesso accade, un principio sorto nell’ordinamento comunitario per una determinata finalità, nell’ordinamento nazionale ha finito per essere in qualche modo piegato ad altri scopi. Va infatti evidenziato che il principio di equivalenza nasce per evitare i c.d. bandi fotografia, ossia la prassi di “cucire su misura” i requisiti tecnici dei materiali oggetto delle pubbliche forniture solo per un determinato prodotto, fabbricato da un determinato produttore;

- ma se é così, ne consegue che il principio di equivalenza opera solo se gli altri operatori del mercato di riferimento riescono a dimostrare che il materiale avente le caratteristiche indicate nel capitolato è prodotto da un solo fabbricante. Al contrario, e salvo che non sussistano elementi oggettivi che denotino uno sviamento di potere, il principio non opera laddove la stazione appaltante, per finalità verificabili oggettivamente, abbia richiesto una specifica tecnica particolare, tale per cui alla gara possono partecipare solo alcuni operatori del mercato di riferimento (il cui numero assicuri però una effettiva concorrenza). Per fare un esempio di agevole comprensione, si pensi ad un bando per la fornitura di automezzi per le forze armate, in cui sia previsto che gli automezzi in parola debbano avere solo la motorizzazione diesel. Questa limitazione, che risponde all’evidente fine dell’amministrazione militare di economizzare i consumi di carburante, è legittima (e non può quindi operare il principio di equivalenza, ossia l’ammissione alla gara anche di concorrenti che propongono mezzi a benzina), visto che sul mercato esistono numerosi produttori di automezzi diesel, di talché è assicurata una concorrenza effettiva. Va poi ricordato che vi sono anche una serie di altre fattispecie in cui è consentito alla stazione appaltante richiedere la fornitura di prodotti specifici, ad esempio quando si tratta di implementare sistemi già installati oppure quando esistono solo determinati materiali che possono “dialogare” con quelli già in uso presso la stazione appaltante;

- nella prassi si osserva invece che il principio di equivalenza molto spesso viene strumentalizzato al fine di giustificare la fornitura di aliud pro alio, richiamando in maniera inconferente i principi di concorrenza e di massima partecipazione;

- vi è poi un profilo ulteriore da considerare, ossia il modo in cui il principio va applicato effettivamente nella realtà operativa. Tale profilo è in effetti preso in considerazione dall’art. 68, commi 6 e 7, del D.Lgs. n. 50/2016, laddove si fa riferimento alla necessità che l’operatore economico che intende proporre un prodotto equivalente sia tenuto a dimostrare “…con qualsiasi mezzo appropriato, compresi i mezzi di prova di cui all'articolo 86, che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche”. Come si può vedere, dunque, l’art. 68 addossa al concorrente che intende proporre un materiale equivalente l’onere di comprovare l’equivalenza, il che si spiega agevolmente richiamando per analogia il principio processuale della c.d. vicinanza della prova. Infatti, solo il fabbricante del prodotto è in grado di attestarne l’equivalenza rispetto a quelli aventi le caratteristiche indicate nella lex specialis, visto che egli conosce perfettamente sia le caratteristiche tecniche del proprio prodotto sia le ragioni per le quali il prodotto è stato progettato con quelle determinate caratteristiche. Alla stazione appaltante è invece rimesso il compito di verificare, nei limiti delle sue possibilità, se l’equivalenza esiste effettivamente oppure no (senza dimenticare che, in alcuni casi, l’equivalenza potrebbe essere anche parziale e quindi non soddisfare in pieno le esigenze dell’amministrazione aggiudicatrice).

Trasportando tali principi al caso di specie, il Tribunale rileva che:

- dagli atti di causa non risulta che la ditta P. abbia prodotto la relazione tecnica idonea a comprovare l’equivalenza fra il prefiltro Hepa e la trappola per liquidi, essendosi limitata ad indicare quali sono le caratteristiche del prefiltro. In questo la ditta Paoletti è probabilmente incorsa nell’equivoco di cui si diceva in precedenza parlando della progressiva “banalizzazione” del principio di equivalenza, ritenendo sufficiente offrire un prodotto diverso che risponde “più o meno” alle medesime finalità di quello richiesto dalla stazione appaltante e ritenendo altresì che spettasse alla commissione di gara ricavare l’equivalenza dalla scheda del materiale;

- dalla relazione a firma del presidente della commissione emerge che sarebbero state effettuate delle prove di funzionamento delle apparecchiature proposte dai concorrenti, ma, in disparte l’assenza della relazione tecnica della ditta Paoletti (senza la quale la commissione non era tenuta nemmeno ad approfondire la questione dell’equivalenza), di tali prove non è stata redatta alcuna verbalizzazione, il che impedisce sia alla società ricorrente sia al giudice di verificare come sono state eseguite le prove e quale ne è stato l’esito.

Già questo è sufficiente per stabilire che, in parte qua, l’operato della commissione di gara e quindi della stazione appaltante è illegittimo, atteso che:

- la ditta che è poi risultata aggiudicataria non ha osservato una prescrizione della lex specialis finalizzata, come si dirà subito appresso, ad evitare che il giudizio di equivalenza sia interamente rimesso, in maniera non trasparente, alla commissione di gara.



SPECIFICHE TECNICHE – PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - FORMALE DICHIARAZIONE IN GARA O IN ASSENZA ANALISI IMPLICITA DELLA COMMISSIONE (68.7)

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2022

Secondo i consolidati principi giurisprudenziali, l’individuazione di “specifiche tecniche”, inserite nei documenti di gara ai sensi dell’art. 68, comma 1, D.lgs. 50/2016, deve assicurare, nel rispetto del canone pro-concorrenziale, il pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione senza comportare direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza (cfr. art. 68, comma 4) o generare artificiose o discriminatorie limitazioni nell’accesso al mercato allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici (cfr. art. 30, comma 2 d. lgs. cit.).

A tal fine, quando la stazione appaltante si sia avvalsa della facoltà di definire direttamente le specifiche tecniche in termini di prestazioni o di requisiti funzionali ovvero abbia optato per il richiamo a specifiche tecniche codificate, l’operatore economico è sempre ammesso a provare, con ogni mezzo, che le soluzioni proposte ottemperino in maniera equivalente ai requisiti prescritti ovvero la concreta conformità della propria offerta agli indicati standard di riferimento, quali normative di recepimento di norme europee, omologazioni tecniche europee, specifiche tecniche comuni, norme internazionali, sistemi tecnici di riferimento adottati da un organismo europeo di normalizzazione (cfr. art. 68, commi 7 e 8).

Il richiamato principio di equivalenza permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, in quanto la possibilità di ammettere alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, ai fini della selezione della migliore offerta, risponde, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e di libertà d’iniziativa economica e, dall’altro, al principio euro-unitario di concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare, mediante un legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’amministrazione alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità (cfr., da ultimo, Cons. Stato, III, 14 maggio 2020, n. 3081).

Ciò posto, nel caso di specie, applicando le superiori coordinate ermeneutiche alla stregua del paradigma normativo di riferimento, emerge, per quanto esposto innanzi, che non risulta affatto provata in giudizio l’erroneità ovvero l’illogicità della valutazione tecnico-discrezionale compiuta dalla S.A. circa l’idoneità funzionale del prodotto offerto da ............. a soddisfare in tutto le caratteristiche tecniche e le prestazioni funzionali di minima richieste dalla lex specialis, anche alla stregua di un criterio di equivalenza.

Ciò anche in conformità ai pacifici principi per cui l’apprezzamento discrezionale dell’amministrazione è soggetto al sindacato pieno di questo giudice amministrativo nei limiti della rilevabilità “ictu oculi” dei vizi di legittimità dedotti, in quanto detto sindacato è volto ad accertare il ricorrere di seri indici di invalidità degli atti gravati e non alla sostituzione del giudice nell’apprezzamento di merito dell’Amministrazione. In base al principio di separazione dei poteri sotteso al nostro ordinamento costituzionale, infatti, solo l’Amministrazione è infatti in grado di apprezzare, in via immediata e diretta, l’interesse pubblico affidato dalla legge alle sue cure, con la conseguenza che il sindacato giurisdizionale sulla motivazione delle valutazioni discrezionali deve essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto acquisiti e non può avvalersi di criteri che portano ad evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione stessa, il che implicherebbe lo sconfinamento nel merito riservato all’amministrazione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 18 febbraio 2013, n. 978).

Sotto altro profilo, non convincono gli ulteriori rilievi della ricorrente, per cui l’Amministrazione, a fronte delle denunciate carenze tecniche della offerta da ............., avrebbe dovuto rappresentare in maniera più eloquente in motivazione il processo logico-valutativo sulla scorta del quale ha ritenuto di confermare il proprio giudizio di conformità sul bene della controinteressata, avendo ben chiarito di aver appurato la mancanza delle rappresentate difformità sul prodotto offerto e, dunque, l’infondatezza dei rilievi della ..............

A tale riguardo va ribadito che il su richiamato art. 68, comma 7, del d.lgs. 50/2016 non onera i concorrenti di un’apposita formale dichiarazione circa l’equivalenza funzionale del prodotto offerto, potendo la relativa prova essere fornita con qualsiasi mezzo appropriato; la commissione di gara può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis (cfr. Cons. Stato, III, 29 marzo 2018, n. 2013).


PRINCIPIO DI EQUIVALENZA FUNZIONALE - GLI ELEMENTI A COMPROVA DEVONO EMERGERE GIA' IN SEDE DI OFFERTA (68)

TAR UMBRIA SENTENZA 2022

Con riguardo all’applicazione del principio di equivalenza funzionale, invocata dalle parti resistenti, deve osservarsi quanto segue.

Le caratteristiche di minima del letto per terapia intensiva erano indicate nel capitolato che, per quanto riguarda l’altezza, richiedeva, come si è visto, un’«[a]ltezza variabile elettricamente sino ad almeno 85 cm con possibilità di abbassare il piano del letto ad almeno 50 cm (circa) con indicatore di altezza minima da terra».

Nella formulazione della prescrizione non vi è traccia di clausole di equivalenza, né la caratteristica dimensionale di cui si discute risulta formulata in termini di prestazioni o di requisiti funzionali (ai sensi dell’art. 68, c. 5, lett. a), d.lgs. n. 50/2016), come invece nei casi decisi con le sentenze citate dalla ricorrente, nei quali i capitolati ammettevano caratteristiche equivalenti a quelle richieste e, comunque, specificavano che la richiesta altezza variabile fino a 85 cm era funzionale alla introduzione dell’amplificatore di brillanza, elemento, quest’ultimo, che non viene invece menzionato nel capitolato della procedura che qui interessa.

Con riguardo al verbale di verifica tecnica del Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contrasto dell’emergenza Covid-19, deve rilevarsi che esso fa riferimento ad un letto di M…… (il modello 378250B) diverso da quello per cui è causa e ad una procedura di gara indetta dall’AUSL di Bologna, con la precisazione, peraltro, che «nella richiamata procedura negoziata dell’ASL di Bologna, le valutazioni effettuate sono strettamente connesse e ancorate alle esigenze delle strutture di destinazione della Stazione Appaltante». Ad ogni modo, non risultano depositati in giudizio gli atti della procedura rispetto ai quali la Struttura commissariale ha ritenuto di formulare il giudizio di equivalenza, cosicché risulta impossibile verificare in quali termini erano articolate in capitolato le caratteristiche tecniche in quel caso richieste dalla stazione appaltante.

Nel caso che forma oggetto del presente giudizio, il requisito di minima dell’altezza di almeno 85 cm, disancorato da qualsiasi specificazione in ordine all’esigenza funzionale perseguita (inserimento di amplificatore di brillanza o di altri dispositivi), risulta dunque espresso mediante il mero riferimento ad una specifica tecnica ai sensi dell’art. 68, c. 5, lett. b), d.lgs. n. 50/2016 e, di fronte alla mancata previsione nel capitolato della clausola di equivalenza, l’operatore economico interessato a fare valere l’equivalenza del prodotto offerto sarebbe stato semmai onerato dell’impugnazione della lex specialis per violazione del comma 7 del citato art. 68, impugnazione che M….. non ha incidentalmente proposto a seguito della proposizione del ricorso da parte di ……….

Sotto altro punto di vista, deve osservarsi che dagli atti del procedimento depositati in giudizio non risulta che sia stata condotta dalla stazione appaltante alcuna istruttoria sull’equivalenza funzionale del letto offerto da Malvestio, nonostante il Manuale d’uso attestasse un’altezza inferiore a quella prescritta dal capitolato tecnico e nonostante non vi fosse nella documentazione dell’offerente alcuna indicazione dell’effetto dell’installazione della quinta ruota elettrica in termini di innalzamento dell’altezza del letto fino agli 85 cm minimi richiesti.

Gli elementi necessari per la dimostrazione dell’equivalenza funzionale devono essere contenuti nell’offerta, non potendo l’operatore economico pretendere di riservarsi di dimostrare l’equivalenza in un secondo momento. Inoltre, l’operatore economico non può limitarsi a dichiarare l’equivalenza, dovendo anche dimostrarla in maniera inequivoca e con qualsiasi mezzo appropriato (ad es. mediante documentazione tecnica del fabbricante o relazione sulle prove eseguite da un organismo riconosciuto: cfr. Cons. Stato, sez. III, 11 luglio 2016, n. 3029; TAR Veneto, sez. III, 10 giugno 2016, n. 626).

Nel caso di specie, la società controinteressata non ha dichiarato né dimostrato in sede di gara l’equivalenza funzionale del letto offerto rispetto alle specifiche indicate nel capitolato tecnico; anzi, pur depositando documentazione tecnica (il Manuale d’uso e manutenzione) attestante la difformità delle caratteristiche del proprio letto rispetto alle specifiche di capitolato, si è limitata a dichiarare nella Relazione tecnica e nel Questionario tecnico un’altezza di 85 cm, senza chiarire in che modo detta altezza sarebbe stata raggiunta.



PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - LEGITTIMO ESERCIZIO DISCREZIONALITA' TECNICA PA (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2022

Al riguardo si deve considerare il consolidato orientamento di questo Consiglio di Stato, secondo cui il principio di equivalenza permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, in quanto la possibilità di ammettere alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, ai fini della selezione della migliore offerta, risponde, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e di libertà d’iniziativa economica e, dall’altro, al principio eurounitario di concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare, mediante un legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’amministrazione alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità.

Il principio di equivalenza è, dunque, finalizzato ad evitare un’irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici, precludendo l’ammissibilità di offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 7 gennaio 2022, n. 65).

SPECIFICHE TECNICHE - DIFFORMITÀ - LEGITTIMA ESCLUSIONE (68)

ANAC DELIBERA 2022

È conforme alla normativa di settore l'esclusione dalla gara a fronte di un giudizio espresso dall'organo tecnico di non conformità della fornitura rispetto alle specifiche tecniche obbligatorie e indefettibili dettagliate nella legge di gara.

PRINCIPIO DI EQUIVALENZA E VALUTAZIONE DELLA PA (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2022

Poiché, tuttavia, la stessa lex specialis, come si è visto, fa salva l’applicazione del principio di equivalenza, normativamente previsto, il thema decidendum si sposta sulla verifica della sussistenza dei relativi presupposti, in funzione legittimante l’ammissione alla gara di un’offerta che, come quella della ………, non contempla uno dei requisiti tecnici previsti a pena di esclusione dalla gara: verifica che suppone l’avvenuto compimento da parte della stazione appaltante della suddetta valutazione di equivalenza (la quale, peraltro, può essere svolta anche in forma implicita, come affermato dalla pregressa giurisprudenza, laddove ha chiarito che “l’art. 68, comma 7, del Codice dei contratti pubblici non onera i concorrenti di un’apposita formale dichiarazione circa l’equivalenza funzionale del prodotto offerto, potendo la relativa prova essere fornita con qualsiasi mezzo appropriato. La Commissione di gara può anzi effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, qualora dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis”: Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1863 del 4 marzo 2021) e che si sostanzia, sul piano processuale, nell’accertamento della rispondenza della suddetta valutazione a canoni di logicità ed attendibilità tecnico- scientifica, costituendo essa espressione – più ancora del mero riscontro della sussistenza delle caratteristiche tecniche minime, vincolato alle previsioni testuali della lex specialis – della discrezionalità tecnica della stazione appaltante, in quanto intesa a far emergere l’attitudine del prodotto offerto, pur non esattamente rispondente al requisito tecnico previsto, a soddisfare l’esigenza funzionale in vista della quale esso è stato formulato.

PRODOTTO CON MATERIALE DIFFERENTE - NON SUSSISTE IL PRINCIPIO DI EQUIVALENZA (68.6)

TAR LAZIO RM SENTENZA 2022

La giurisprudenza è pressoché pacifica nel ritenere che “l’offerta presentata in sede di gara deve essere conforme alle caratteristiche tecniche previste nel capitolato per i beni da fornire, atteso che difformità, anche parziali, si risolvono in un “aliud pro alio” che giustifica l’esclusione dalla procedura senza che sia necessaria un’espressa clausola estromissiva, essendo sufficiente il riscontro della difformità dell’offerta rispetto alle specifiche tecniche richieste dalla "lex specialis", rappresentative … di un livello qualitativo minimo prestabilito … Le caratteristiche essenziali e indefettibili (ossia i requisiti minimi) delle prestazioni o del bene previste dalla lex specialis costituiscono una condizione di partecipazione alla procedura selettiva, perché non è ammissibile che il contratto venga aggiudicato ad un concorrente che non garantisca il minimo prestabilito, minimo che vale a individuare l’essenza stessa della res richiesta; né depone in senso contrario la circostanza che la lex specialis non commini espressamente la sanzione espulsiva per l’offerta che presenti caratteristiche difformi da quelle richieste, risolvendosi tale difformità in un aliud pro alio che comporta, di per sé, l’esclusione dalla gara, anche in mancanza di un’apposita comminatoria in tal senso (cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 dicembre 2018, n. 7191). Dunque la difformità del prodotto offerto rispetto alle prescrizioni minime di gara denota, in linea generale, la sussistenza di un aliud pro alio idoneo a determinare l’esclusione dei singoli concorrenti dalle procedure di gara” (cfr., T.A.R. Lazio, sez. III, 4 gennaio 2021, n. 63).

Nel caso in esame, non può ritenersi un’equivalenza tra i due prodotti stante l’offerta di un prodotto realizzato con un materiale differente da quello espressamente selezionato dalla stazione appaltante.

Infatti, anche se entrambi i prodotti possono svolgere la medesima funzione, diverse e non omogenee sono le modalità d’uso.

In particolare, come specificato dalla stazione appaltante e dalla controinteressata, i contenitori in plastica sono infrangibili, sono più leggeri, vengono smaltiti con costi minori, permettono di infondere il contenuto senza l’utilizzo di un deflussore ventilato e sono dotati di due port (infusione e additivazione) protetti con due sigilli che mantengono sterili le membrane fino al momento dell’utilizzo.

È del tutto evidente, quindi, che l’offerta di un prodotto realizzato con un materiale differente da quello espressamente selezionato dalla stazione appaltante non poteva ritenersi equivalente.


EQUIVALENZA E RELAZIONE DEL VERIFICATORE – ESIGENZA DI CARATTERE TECNICO – NON CARATTERE VINCOLANTE PER IL GIUDICE (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2022

Come chiarito da una consolidata giurisprudenza del giudice amministrativo, (Cons. Stato, sez. V, 25 agosto 2021, n. 6035; sez. III, 20 ottobre 2020, n. 6345), il principio di equivalenza permea l'intera disciplina dell'evidenza pubblica, in quanto la possibilità di ammettere alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, ai fini della selezione della migliore offerta, risponde, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e di libertà d'iniziativa economica e, dall'altro, al principio euro-unitario di concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare, mediante un legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell'amministrazione alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità”. Il principio di equivalenza è, dunque, finalizzato ad evitare un’irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici, precludendo l’ammissibilità di offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta (Cons. Stato, sez. IV, 7 giugno 2021, n. 4353).

Il principio di equivalenza è stato recepito del Codice dei contratti che, all’art. 68, prevede che la stazione appaltante non possa escludere un’offerta perché non conforme alle specifiche tecniche a cui ha fatto riferimento se il prodotto offerto non è “aliud pro alio”, incontrando il concorrente che voglia presentare un prodotto (o servizio) equivalente a quello richiesto il solo limite della "difformità del bene rispetto a quello descritto dalla lex specialis", configurante ipotesi di "aliud pro alio non rimediabile" (Cons. Stato, sez. V, 25 luglio 2019, n. 5258).

Il Codice dispone che le “caratteristiche previste per lavori, servizi e forniture” sono definite dalla stazione appaltante mediante l’individuazione di “specifiche tecniche” inserite nei documenti di gara (art. 68, comma 1), nel rispetto del canone pro-concorrenziale che garantisca in ogni caso il “pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione” senza comportare “direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza” (art. 68, comma 4) o generare artificiose o discriminatorie limitazioni nell’accesso al mercato allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici.

Il Collegio ben conosce e condivide l’arresto del giudice di appello secondo cui l’equivalenza del prodotto offerto a quello indicato nella legge di gara deve essere provata dall’interessato e non può essere demandata alla stazione appaltante, cui spetta, invece, di valutare l’effettiva sussistenza dell’equivalenza addotta dal concorrente. Ritiene però che tale principio vada letto e applicato considerando la tipologia di prodotto previsto in sede di gara ed offerto come equivalente, in ragione della sua complessità e, quindi, della possibilità per la Commissione di evincere con immediatezza tale equivalenza.

In altri termini, è certo che, ad esempio, per un macchinario sanitario che abbia alcune caratteristiche tecniche diverse da quelle richieste dalla lex specialis di gara deve essere il concorrente a dimostrare, all’atto della presentazione dell’offerta tecnica, l’equivalenza; invece, a fronte di prodotti comunemente presenti sul mercato e di utilizzo comune, ove corredati da una scheda tecnica che ne espliciti in modo chiaro le caratteristiche e le qualità, la Commissione può autonomamente valutare se, nonostante la difformità rispetto a quanto richiesto dalla legge di gara, l’articolo offerto possa essere comunque considerato equivalente.

Nel caso all’esame del Collegio la Servizi Ospedalieri ha depositato le schede tecniche del guanciale e della cover, dalle quali la Commissione ha potuto evincere le dimensioni e il materiale dei due articoli, le “caratteristiche chimiche e fisio-meccaniche” e le “caratteristiche funzionali”, con la conseguenza che, alla luce della chiara e trasparente raffigurazione della tipologia del prodotto nonché della campionatura depositata, l’Organo valutativo è stato messo in condizione di giudicare l’equivalenza dell’offerta tecnica della concorrente, dando in tal modo doverosa applicazione all’art. 16 del Disciplinare.

L’art. 16 del Disciplinare, infatti, prevede espressamente l’applicabilità del principio di equivalenza e, quindi, la possibilità per il concorrente di offrire un prodotto con caratteristiche diverse, se “migliorative”. Nel caso in esame quindi, stante la previsione della lex specialis di gara e i limiti introdotti dalla stessa (id est, un prodotto con caratteristiche diverse purché migliori), nonché la chiara scheda illustrativa presentata dalla Servizi Ospedalieri e la campionatura depositata, la Commissione, ove avesse avuto dubbi sull’equivalenza avrebbe dovuto chiedere alla concorrente chiarimenti. Tale conclusione è stata, come si è detto, di fatto confermata dalla relazione del Verificatore.

Il Collegio esclude che fosse onere della Commissione motivare sul perché ammetteva l’offerta pur con articoli con caratteristiche non identiche a quelle descritte nel Capitolato, essendo tale possibilità contemplata dall’art. 16 del Disciplinare, con la conseguenza che la motivazione sarebbe stata necessaria solo in caso di esclusione.

Il motivo di appello, con il quale si contestano le conclusioni alle quali è pervenuto il Tar anche in ordine ad un obbligo del concorrente di esplicitare l’equivalenza, è (diversamente da quanto affermato dal controinteressato) ammissibile e fondato, e ciò consente al Collegio di non esaminare i profili in rito che l’appellante ha riproposto con il primo motivo perché eccepiti in primo grado e non esaminati dal Tar.

Quanto alla valenza che assume la relazione del Verificatore, il Collegio ricorda che le valutazioni dallo stesso espresse non hanno efficacia vincolante per il giudice, che può legittimamente disattenderle attraverso una valutazione critica che sia ancorata alle risultanze processuali e risulti congruamente e logicamente motivata (Cons. St., sez. V, 11 ottobre 2018, n. 5867; id., sez. IV, 18 novembre 2013 n. 5454), dovendo l’organo giudicante indicare, in particolare, gli elementi di cui si è avvalso per ritenere non condivisibili gli argomenti sui quali il verificatore (o il consulente) si è basato, ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico-giuridici per addivenire alla decisione contrastante con il parere del detto verificatore (Cass. civ., sez. I, 14 gennaio 1999, n. 333; Cons. St., sez. IV, 18 novembre 2013, n. 5454).

Ed invero, una volta che il Collegio ha ritenuto che le questioni sottese alla controversia hanno un carattere talmente tecnico da esulare dalla propria competenza e da richiedere l’intervento di un soggetto dotato di tali specifiche competenze, le conclusioni alle quali questi è pervenuto potranno dallo stesso Collegio essere superate solo a fronte di una manifesta erroneità, ictu oculi ravvisabile.

La presenza del Verificatore sta e cade, infatti, in relazione proprio ad un’esigenza di carattere tecnico di accertamento di fatti o di valutazioni tecniche, in questi limiti e in questo ambito giustificando l’assunto per cui le conclusioni cui l’organo perviene, nei confini del sindacato esterno del giudice amministrativo, si sottraggono alle censure di illogicità e di non corretto apprezzamento dei presupposti (Cons. St., sez. IV, 17 febbraio 2014, n. 742; id., sez. III, 18 marzo 2013, n. 1571).

Nel caso in esame il Collegio ritiene che le argomentazioni del Verificatore – che si fondano su una approfondita istruttoria – non siano superabili perché non manifestamente illogiche e di fatto confermative del giudizio di equipollenza al quale era già pervenuta la Commissione di gara.


CORRISPONDENZA PRODOTTO OFFERTO E DICHIARATO - VALUTAZIONE DELLA PA (68)

ANAC DELIBERA 2021

Spetta alla stazione appaltante la valutazione della rispondenza del prodotto offerto alle caratteristiche minime richieste dal bando.

EQUIVALENZA PRODOTTI - SCHEDE TECNICHE - DOCUMENTAZIONE PROBATORIA SUFFICIENTE (68.6)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2021

In materia di appalti di forniture trova generale applicazione il principio, di matrice comunitaria, dell’equivalenza, diretto a tutelare la libera concorrenza e la par condicio tra i partecipanti alle gare.

In base a tale principio, l’offerente può fornire con qualsiasi mezzo appropriato la prova che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche, fermo restando che la stazione appaltante deve essere messa nelle condizioni di svolgere una verifica effettiva e proficua della dichiarata equivalenza.

Ciò risponde al principio del favor partecipationis e costituisce altresì espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte della pubblica amministrazione.

I concorrenti non sono peraltro onerati di una apposita formale dichiarazione circa l’equivalenza funzionale del prodotto offerto, potendo la relativa prova essere fornita con qualsiasi mezzo appropriato.

La Commissione di gara, ha ricordato ancora la sentenza impugnata, può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis (Cons. St., sez. III, 25 novembre 2020, n. 7404).

Negli appalti di forniture, la produzione in sede di offerta delle schede tecniche dei prodotti è quindi generalmente ritenuta idonea a consentire alla stazione appaltante lo svolgimento del giudizio di idoneità tecnica dell’offerta e di equivalenza dei requisiti del prodotto offerto alle specifiche tecniche (Cons. St., sez. V, 25 marzo 2020, n. 2093).

Pertanto, una volta che la pubblica amministrazione, anche implicitamente, abbia proceduto in tal senso, la scelta tecnico – discrezionale può essere inficiata soltanto qualora se ne dimostri l’erroneità (così, da ultimo, Cons. St., sez. IV, 4 marzo 2021, n. 1863).


GIUDIZIO DI EQUIVALENZA PRODOTTI IMPLICITO - NECESSARIO OBBLIGO MOTIVAZIONALE (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2021

La formulazione da parte della stazione appaltante di un giudizio di equivalenza, al fine di ammettere alla gara quelle offerenti che avrebbero dovuto esserne invece escluse in ragione della carenza nei prodotti offerti dei requisiti di minima previsti dalla lex specialis (in qualunque forma e con qualunque contenuto sia stato espresso, attinenti alla valutazione della legittimità di quel giudizio, la quale presuppone risolto in senso affermativo il quesito preliminare relativo all’an del suo compimento), costituisce il criterio fondamentale al fine di individuare gli oneri di allegazione e di prova facenti rispettivamente carico alle parti della controversia: ciò in quanto, in tanto può profilarsi in capo alla parte ricorrente l’onere di contestare espressamente (ergo, mediante specifiche e documentate censure) quel giudizio, in quanto esso sia configurabile “in documentorum natura” (adattamento, con finalità meramente esplicative, della corrispondente e più nota locuzione latina) ovvero, più precisamente, quale manifestazione di giudizio dell’Amministrazione, nell’esercizio del corrispondente potere riconosciutole dall’ordinamento (nonché, in chiave confermativa attesa la natura etero-integrativa della relativa fonte di legge, dalla lex specialis: cfr., sul punto, Consiglio di Stato, Sez. III, n. 2529 del 25 marzo 202).

Ciò premesso, deve osservarsi che il giudice di primo grado è pervenuto alla affermazione dell’avvenuto compimento da parte della stazione appaltante di un giudizio, sebbene “implicito”, di equivalenza avente ad oggetto le offerte tecniche delle controinteressate sulla scorta dei seguenti elementi argomentativi:

– l’esistenza di un orientamento giurisprudenziale, al quale il Collegio giudicante ha dichiarato espressamente di aderire (siccome “prevalente”), secondo cui la stazione appaltante potrebbe ravvisare l’equivalenza (anche in forma implicita) tra prodotti alla luce della documentazione tecnica versata in gara, anche in mancanza di una specifica indicazione dell’operatore, ove dalla documentazione tecnica e dall’esame della campionatura sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis;

– la presenza nella lex specialis concernente la gara de qua di una disciplina positiva dell’equivalenza, consentendo essa espressamente l’ammissione di prodotti equivalenti (art. 2, comma 1, del capitolato) con l’avvertenza (art. 15 del disciplinare) che il principio di equivalenza di cui all’art. 68 Codice appalti “dovrà essere debitamente documentato dal partecipante in fase di gara”.

Ebbene, la parte appellante confuta l’ordito motivazionale sul quale si fonda in parte qua la sentenza appellata, essenzialmente deducendo che i verbali di gara non fanno alcun cenno al giudizio di equivalenza né le concorrenti hanno depositato in gara dichiarazioni sull’equivalenza dei prodotti o fornito alcun documento idoneo a sostenere una prova di equivalenza.

Le così sintetizzate considerazioni della parte appellante, come anticipato, devono essere condivise.

Deve in primo luogo osservarsi che la stessa giurisprudenza richiamata nella sentenza appellata subordina la ammissibilità (nel doppio senso, si ritiene di aggiungere, della configurabilità e della legittimità) di un giudizio “implicito” di equivalenza all’ipotesi che dalla documentazione tecnica comunque prodotta dal concorrente – e quindi anche in mancanza di una espressa dichiarazione di equivalenza – sia desumibile l’idoneità del prodotto a soddisfare, in modo appunto equivalente, il requisito previsto dalla lex specialis (cfr. in tal senso, di recente, Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1863 del 4 marzo 2021: “la Commissione di gara può anzi effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, qualora dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis”).

Ebbene, ritiene la Sezione che il suddetto orientamento interpretativo debba essere (non rimeditato, ma) precisato nei termini che seguono, al fine di renderlo coerente, da un lato, con l’esigenza che l’attività provvedimentale della P.A. sia caratterizzata da un livello “minimo” di “visibilità” e di evitare che il privato sia pregiudicato (anche in ragione dell’effetto preclusivo che discende dalla mancata tempestiva attivazione dei rimedi giurisdizionali) da manifestazioni autoritative “occulte”, dall’altro lato, con il divieto fatto al giudice amministrativo (dall’art. 34, comma 2, c.p.a.) di esercitare il suo sindacato con riferimento a “poteri amministrativi non ancora esercitati”.

Se, infatti, può riconoscersi alla valutazione di equivalenza della stazione appaltante carattere implicito, secondo la tecnica motivazionale “per relationem”, a diversa conclusione deve pervenirsi con riferimento all’oggetto della “relatio”, che non può che essere espresso, al fine di evitare che la catena dei rimandi si risolva nella sostanziale elusione dell’obbligo motivazionale che assiste (tutti, sebbene in diversa misura a seconda della tipologia e degli effetti) i provvedimenti amministrativi.

A tale logica si ispira, del resto, l’indirizzo interpretativo maturato in relazione al sindacato sulla valutazione di anomalia dell’offerta, essendo costante l’affermazione giurisprudenziale secondo cui “l’obbligo di motivazione analitica e puntuale sulle giustificazioni sussiste solo nel caso in cui l’Amministrazione esprima un giudizio negativo, mentre tale onere non sussiste in caso di esito positivo del giudizio di congruità dell’offerta essendo sufficiente in tal caso motivare il provvedimento per relationem alle giustificazioni presentate dal concorrente” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, n. 8442 del 28 dicembre 2020).


CARATTERISTICHE MINIME DEI PRODOTTI - MATERIALE DIFFERENTE - SE EQUIVALENZA VIENE COMPROVATA - NO ESCLUSIONE (68.6)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2021

A fronte di caratteristiche dei contenitori che nel complesso consentivano il raggiungimento degli scopi indicati dalla legge di gara, la mera diversità del materiale offerto rispetto a quello indicato dalla legge di gara non poteva costituire motivo di esclusione dell’offerta, non essendo del resto tale conseguenza neppure prevista dalla legge di gara (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 2 agosto 2019, n. 5505).

Nel caso di specie poi tale profilo non potrebbe neppure giustificare l’attribuzione in concreto di un minor punteggio tecnico all’aggiudicataria: come evidenziato, l’elemento di valutazione costituito dalle “caratteristiche dei contenitori” era, infatti, solo uno degli elementi previsti dal criterio sub A.1.4., concernente l’ “organizzazione del servizio di veicolazione dei pasti”; altri elementi da considerare ai fini dell’attribuzione del relativo punteggio erano infatti il numero dei contenitori (consistente quello indicato dall’offerta di Dussmann per le diverse tipologie di preparazioni), i tempi di veicolazione dei pasti nonché il numero e le caratteristiche dei mezzi utilizzati, che non sono oggetto di specifiche censure; sotto altro concorrente profilo, la differente natura del materiale offerto non prova di suo l’inidoneità dei contenitori alle finalità prescritte.

La sentenza non ha dunque sovrapposto una soggettiva e opinabile interpretazione alla volontà contrattuale della stazione appaltante, ma si è conformata alla legge di gara, considerando le finalità sottese ai criteri di valutazione, e in specie quelli aventi ad oggetto le “caratteristiche dei contenitori” ai fini dell’assegnazione del punteggio, anche alla luce del principio di equivalenza.

Infatti, come chiarito dalla giurisprudenza, il principio di equivalenza “fonda su principi generali che informano la disciplina dei pubblici affidamenti ed in forza dei quali la commissione di gara ben può “valutare equivalenti talune caratteristiche tecniche dei prodotti offerti (rispetto alle specifiche prescrizioni contenute nella lex specialis) anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto ex specialis” (cfr. Cons. Stato, III, n. 2103/2018; n. 747/2018)” (Cons. Stato, Sez. III, 18 settembre 2019, n. 6212) e permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, ispirandosi “…al criterio della conformità sostanziale delle soluzioni tecniche offerte” (Cons. Stato III, 2 marzo 2018, n. 1316), indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara o da parte dei concorrenti, al fine di ampliare la platea dei partecipanti alle gare pubbliche.

Su queste premesse correttamente assunte bene il primo giudice ha evidenziato la rilevanza del principio di equivalenza con riguardo alla valutazione tecnica della conformità sostanziale dei contenitori al risultato perseguito dalla lex specialis di gara, come definito dal menzionato art. 31, comma 1, del Capitolato.

Quest’ultima norma non conteneva, infatti, in sé una previsione di equivalenza riferita solo all’utilizzo del materiale “non espanso” (come sostiene l’appellante), ma richiedeva di valutare l’equivalenza del prodotto offerto in termini più ampi e generali, di funzionalità al risultato perseguito rispetto alle specifiche tecniche essenziali ivi individuate (ovvero la conformità alle normative in materia di alimenti e il mantenimento delle temperature dei cibi): in questi termini, la Commissione, in esercizio di discrezionalità tecnica, ha correttamente ritenuto, con giudizio immune da profili di illogicità, la sostanziale equivalenza dei contenitori offerti dall’aggiudicataria in ragione della loro idoneità funzionale ai fini dell’“organizzazione del servizio”, alla luce di una valutazione complessiva di tutti i fattori previsti dai richiamati criteri.

L’appellante non spiega poi quale sarebbe la ratio sostanziale, al fine di garantire la corretta e migliore esecuzione del servizio, per cui si dovrebbe ritenere che le caratteristiche relative al materiale dei contenitori siano state intese in termini di essenzialità dalla stazione appaltante, non contestando le deduzioni dell’aggiudicataria (supportate anche dall’ausilio di un parere tecnico di parte le cui motivate argomentazioni non sono state oggetto di valida e specifica confutazione) in ordine al fatto che la soluzione proposta sarebbe non solo equivalente, ma finanche migliorativa rispetto alle caratteristiche e finalità stabilite dalla lex specialis di gara.



PRODOTTI NON EQUIVALENTI - LEGITTIMA ESCLSIONE DALLA GARA (68.6)

TAR TOSCANA SENTENZA 2021

La giurisprudenza più recente della Sezione ha già affrontato la problematica, rilevando come l’intasamento con materiale ecologico ed ecocompatibile non possa essere considerato equivalente a quello eseguito con materiale siliceo, avuto riferimento ai maggiori costi di smaltimento ed al maggior peso del manto e quindi al maggior quantitativo di materiali oggetto di smaltimento (T.A.R. Toscana, sez. I, 15 giugno 2021, n. 919); nel caso in esame i certificati depositati in giudizio non affermano per nulla la piena equipollenza dei due materiali, permanendo importanti differenze per quello che riguarda la durata nel tempo, l’elasticità dei materiali e il processo di smaltimento (nel caso della sabbia silicea, sempre necessario anche ai sensi della certificazione della S. e del parere reso dal progettista nel procedimento di verifica della non anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria); non può trovare applicazione alla fattispecie la previsione di cui all’art. 68 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, non trattandosi di prodotti equivalenti, sotto il profilo della durata nel tempo (profilo che è, da ultimo evidenziato dalla difesa dell’Amministrazione comunale dell’elasticità e della riciclabilità.

Si tratta di una manchevolezza dell’offerta che non poteva essere surrogata in sede di valutazione della non anomalia dell’offerta, venendo sostanzialmente ad integrare un sostanziale “ripensamento” della Stazione appaltante in ordine ad alcuni contenuti essenziali della prestazione posti a base della procedura ed inderogabilmente fissati dalla lex specialis.


CHIARIMENITI PA - MODIFICA CONTENUTO REQUISITO PARTECIPAZIONE - INAMMISSIBILE (74.4)

ANAC DELIBERA 2021

I chiarimenti sono ammissibili se contribuiscono, con un'operazione di interpretazione del testo, a renderne chiaro e comprensibile il significato e la ratio, ma non quando, mediante l'attività interpretativa, si giunga ad attribuire a una disposizione del bando un significato e una portata diversa e maggiore di quella che risulta dal testo stesso, in tal caso violandosi il rigoroso principio formale della lex specialis, posto a garanzia dei principi di cui all'art. 97 Cost.

PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - VALUTAZIONE IMPLICITA DELLA PA - AMMESSA (68.7)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2021

La questione fondamentale posta dall’appello attiene ai criteri valutativi dell’equivalenza sostanziale delle specifiche tecniche delle forniture ai sensi dell’art. 68, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016.

Infatti, le “caratteristiche previste per lavori, servizi e forniture” sono definite dalla stazione appaltante mediante l’individuazione di “specifiche tecniche” inserite nei documenti di gara (art. 68, comma 1), nel rispetto del canone pro-concorrenziale che garantisca in ogni caso il “pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione” senza comportare “direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza” (art. 68, comma 4) o generare artificiose o discriminatorie limitazioni nell’accesso al mercato “allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici” (art. 30, comma 2 d. lgs. cit.).

A tal fine, l’art. 68, comma 5, prefigura le alternative modalità di formulazione, nel corpo della lex specialis, delle caratteristiche tecniche delle prestazioni, prevedendo che la stazione appaltante – “fatte salve le regole tecniche nazionali obbligatorie” – possa procedere: a) alla indicazione (in termini “sufficientemente precisi”, tali cioè da consentire una idonea determinazione dell’oggetto dell’appalto) di “prestazioni o di requisiti funzionali” (lett. a); b) al richiamo per relationem di standard normativi di riferimento preordinati alla codificazione di “specifiche tecniche” ( nell’ordine di preferenza indicato nella lett. b); c) alla diversa combinazione dell’una e dell’altro (lett. c e d).

In ogni caso, ad evitare esiti illegittimamente discriminatori, resta fermo:

a) che – quando la stazione appaltante si sia avvalsa della facoltà di “definire” direttamente le specifiche tecniche in termini “di prestazioni o di requisiti funzionali” – l’operatore economico è sempre ammesso a provare, con ogni mezzo, la concreta rispondenza della propria offerta alle prescrizioni capitolari in virtù della allegata conformità a standard di riferimento (normative di recepimento di norme europee, omologazioni tecniche europee, specifiche tecniche comuni, norme internazionali, sistemi tecnici di riferimento adottati da un organismo europeo di normalizzazione) se contemplino le prestazioni o i requisiti funzionali prescritti (art. 68, comma 8);

b) che – quando la stazione appaltante abbia optato per il richiamo a specifiche tecniche codificate – l’operatore economico è sempre ammesso a provare, con qualsiasi mezzo appropriato, l’<<equivalenza>> delle soluzioni proposte ai “requisiti definiti dalle specifiche tecniche” (art. 68, comma 7).

Quest’ultima disposizione va applicata al caso di specie, dovendosi ribadire che “il principio di equivalenza permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, in quanto la possibilità di ammettere alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, ai fini della selezione della migliore offerta, risponde, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e di libertà d’iniziativa economica e, dall’altro, al principio euro-unitario di concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare, mediante un legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’amministrazione alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità” (cfr., da ultimo, Cons. Stato, III, 20 ottobre 2020, n. 6345).

Dato ciò, il principio di equivalenza trova applicazione indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara o da parte dei concorrenti, in tutte le fasi della procedura di evidenza pubblica; l’art. 68, comma 7, del d.lgs. 50/2016 non onera i concorrenti di un’apposita formale dichiarazione circa l’equivalenza funzionale del prodotto offerto, potendo la relativa prova essere fornita con qualsiasi mezzo appropriato; la commissione di gara può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis (cfr. Cons. Stato, III, 29 marzo 2018, n. 2013, tra le altre).


SPECIFICHE TECNICHE - VALUTAZIONE PA DELL'EQUIVALENZA - DISCREZIONALITA' TECNICA (68)

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2021

Con il primo ordine di motivi la ricorrente lamenta che l’offerta della società controinteressata, in ragione dell’evidenziata difformità delle caratteristiche di minima, che la stessa nondimeno avrebbe in maniera inveritiera dichiarato di rispettare in sede di domanda, costituirebbe un aliud pro alio, avuto riguardo alla dedotta circostanza che quest’ultima avrebbe proposto, in tesi, una soluzione radicalmente diversa rispetto a quella descritta nella lex specialis.

Né, secondo l’articolata prospettazione difensiva, potrebbe invocarsi il principio di equivalenza funzionale di cui all’art. 68, comma 7, D. Lgs. 50/2016, atteso che, in conformità al pacifico orientamento pretorio (ex multis, Cons. di Stato, sez. III, 15 settembre 2020, n. 5464), allorché il requisito del prodotto prescritto dalla lex specialis di gara venga definito, come è avvenuto nella specie, per il tramite di una grandezza comune (il peso, la misura, appunto il numero), non sarebbe configurabile uno standard tecnico-normativo per il quale si rende applicabile il principio di equivalenza, a meno di non produrre l’effetto di distorcere l’oggetto del contratto, modificandone surrettiziamente i contenuti, in danno della stessa stazione appaltante e dei concorrenti che abbiano puntualmente osservato la disciplina di gara.

Il motivo è privo di pregio.

Secondo consolidati principi giurisprudenziali, la possibilità di ammettere, a seguito di valutazione della stazione appaltante, prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, risponde al principio del favor partecipationis e costituisce altresì espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione (cfr. Consiglio di Stato, Sezione III, n. 6212 del 18.9.2019; n. 5259/2017; n. 6561/2018).

Detta discrezionalità tecnica, allorquando si concretizza nelle valutazioni della Commissioni di gara, in termini di idoneità dell’offerta tecnica presentata da un partecipante a gara pubblica, è insuscettibile di un sindacato sostitutivo da parte del giudice amministrativo, che può certamente censurare tali valutazioni, ma solo qualora viziate in maniera evidente da profili di erroneità, di illogicità e incoerenze tali da renderle inattendibili (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 21 gennaio 2009 n. 282).

Invero, «Nelle gare pubbliche il controllo del giudice della legittimità sugli apprezzamenti tecnici dell’Amministrazione deve essere svolto “extrinsecus”, nei limiti della rilevabilità “ictu oculi” dei vizi di legittimità dedotti, essendo diretto ad accertare il ricorrere di seri indici di invalidità e non alla sostituzione dell’Amministrazione; la sostituzione, da parte del giudice amministrativo, della propria valutazione a quella riservata alla discrezionalità dell’Amministrazione costituisce infatti ipotesi di sconfinamento vietato della giurisdizione di legittimità nella sfera riservata alla p.a. quand’anche l’eccesso in questione sia compiuto da una pronuncia il cui contenuto dispositivo si mantenga nell’area dell’annullamento dell’atto; in base al principio di separazione dei poteri sotteso al nostro ordinamento costituzionale, solo l’Amministrazione è infatti in grado di apprezzare, in via immediata e diretta, l’interesse pubblico affidato dalla legge alle sue cure, con la conseguenza che il sindacato giurisdizionale sulla motivazione delle valutazioni discrezionali deve essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto acquisiti; non può avvalersi di criteri che portano ad evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione stessa; deve tenere distinti i profili meramente accertativi da quelli valutativi (a più alto tasso di opinabilità) rimessi all’organo amministrativo, potendo esercitare più penetranti controlli, anche mediante c.t.u. o verificazione, solo avuto riguardo ai primi» (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 18 febbraio 2013, n. 978).


PRINCIPIO DI EQUIVALENZA -RATIO - TUTELA DEL FAVOR PARTECIPATIONIS (68)

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2021

In limine litis va vagliata l’eccezione formulata da parte resistente e dalla controinteressata circa la tardiva contestazione del ricorrente principale delle prescrizioni del disciplinare tecnico contenente le specifiche tecniche.

La stessa, come evidenziato in sede cautelare, va disattesa, dovendo comunque l’esclusione avvenire all’esito della valutazione dell’offerta delle partecipanti alla procedura di gara nella quale la stazione appaltante deve comunque osservare, alla luce di quanto prescritto dall’art. 68 comma 8, il principio secondo il quale “Quando si avvalgono della facoltà, prevista al comma 5, lettera a), di definire le specifiche tecniche in termini di prestazioni o di requisiti funzionali” – facoltà di cui si è avvalsa la stazione appaltante nell’ipotesi di specie – “le amministrazioni aggiudicatrici non possono dichiarare inammissibile o escludere un’offerta di lavori, di forniture o di servizi conformi a una norma che recepisce una norma europea, a una omologazione tecnica europea, a una specifica tecnica comune, a una norma internazionale o a un sistema tecnico di riferimento adottato da un organismo europeo di normalizzazione se tali specifiche contemplano le prestazioni o i requisiti funzionali da esse prescritti. Nella propria offerta, l’offerente è tenuto a dimostrare con qualunque mezzo appropriato, compresi i mezzi di prova di cui all’articolo 86, che i lavori, le forniture o i servizi conformi alla norma ottemperino alle prestazioni e ai requisiti funzionali dell’amministrazione aggiudicatrice”.

Detto disposto normativo, che costituisce ulteriore specificazione del principio di equivalenza, pertanto deve intendersi come eteorointegrativo della lex specialis di gara come da costante giurisprudenza in materia.

Infatti il principio di equivalenza, codificato dall’art. 68 D.lgs. 50/2016, che attua l’art. 42 della direttiva 2014/24/UE, “permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica e la possibilità di ammettere a seguito di valutazione della stazione appaltante prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste risponde al principio del favor partecipationis (ampliamento della platea dei concorrenti) e costituisce altresì espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione” (cfr. Cons. Stato, III, n. 4364/2013; n. 4541/2013; n. 5259/2017; n. 6561/2018), “di ammettere, a seguito di valutazione della stazione appaltante, prodotti aventi specifiche tecniche nella sostanza equivalenti a quelle richieste …” (cfr. TAR, Puglia, Bari, II, 17.2.2020 n. 273; Cons. St., III, 18.9.2019 n. 6212).

Detto principio, secondo la condivisibile giurisprudenza “trova applicazione indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara o da parte dei concorrenti, in tutte le fasi della procedura di evidenza pubblica e “l’effetto di “escludere” un’offerta, che la norma consente di neutralizzare facendo valere l’equivalenza funzionale del prodotto offerto a quello richiesto, è testualmente riferibile sia all’offerta nel suo complesso sia al punteggio ad essa spettante per taluni aspetti … e la ratio della valutazione di equivalenza è la medesima quali che siano gli effetti che conseguono alla difformità” (Cons. Stato, III, n. 6721/2018; in senso analogo, Consiglio di Stato, sez. III, 20/10/2020, n. 6345, secondo cui “Il principio di equivalenza permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, in quanto la possibilità di ammettere alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, ai fini della selezione della migliore offerta, risponde, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e di libertà d’iniziativa economica e, dall’altro, al principio euro-unitario di concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare, mediante un legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità. Di conseguenza, non può essere accolta l’impugnativa volta all’esclusione dell’offerta aggiudicataria nell’ipotesi in cui la Stazione appaltante abbia fatto un uso non irragionevole, né vessatorio, e quindi non illegittimo, del proprio potere discrezionale, nel ritenere, con ampia motivazione, che l’aggiudicataria abbia comprovato l’equivalenza del proprio prodotto, in quanto avente caratteristiche che lo rendono utilizzabile secondo le esigenze di tutela della salute dei pazienti sottese alle prescrizioni tecniche di capitolato. Qualunque sia il prodotto aggiudicato resta, in ogni caso, in capo alla struttura sanitaria che ha optato per l’equivalenza e poi selezionato il prodotto, pur avendogli attribuito un punteggio tecnico minore, ogni responsabilità per un suo corretto utilizzo, che garantisca la piena tutela della salute dei pazienti; da ultimo, T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 16/03/2021 n. 3212).

La giurisprudenza ha chiarito, altresì, che l’art. 68, comma 7, del d.lgs. 50/2016 non onera i concorrenti di un’apposita formale dichiarazione circa l’equivalenza funzionale del prodotto offerto, potendo la relativa prova essere fornita con qualsiasi mezzo appropriato; la commissione di gara può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis” (cfr. Cons. St., III, n. 2013/2018, sentenza nella quale si è altresì precisato che la medesima Sezione, con sentenza del 11/09/2017, n. 4282, ha sottolineato che il comma 4 dell’art. 68 del d.lgs. n. 163 – laddove prevedeva che le stazioni appaltanti non potessero respingere un’offerta per il motivo che i prodotti e i servizi offerti non erano conformi alle specifiche alle quali avevano fatto riferimento – imponeva che il riscontro delle specifiche tecniche in una gara fosse agganciato non al formale, meccanico riscontro della specifica certificazione tecnica, ma al criterio della conformità sostanziale delle soluzioni tecniche offerte”; con richiamo anche a Cons. St., III, n. 747/2018, secondo cui “quanto alla mancata presentazione di “un’espressa dichiarazione di equivalenza”, richiesta dal comma 6 del medesimo art. 68” (D.lgs. 163/2006), “la produzione in sede di offerta delle schede tecniche dei prodotti e dei campioni deve ritenersi sufficiente a consentire alla stazione appaltante lo svolgimento di un giudizio di idoneità tecnica dell’offerta e di equivalenza dei requisiti del prodotto offerto alle specifiche tecniche: tanto più quando la mancata presentazione della suddetta dichiarazione di equivalenza, non è sanzionata con l’esclusione né dalla lex specialis, né dalla disposizione di legge citata …”, concludendo che, “inoltre, la ratio della dichiarazione di equivalenza appare essere di ordine meramente strumentale, siccome finalizzata a richiamare l’attenzione della stazione appaltante sulla necessità di compiere le verifiche di cui al comma 4, mentre la valutazione di equivalenza può ritenersi comunque compiuta, sebbene in forma implicita, dalla commissione di gara che abbia ritenuto valutabile l’offerta tecnica”.

Peraltro, secondo la giurisprudenza, “sulle valutazioni tecnico-discrezionali espresse dalla stazione appaltante in ordine alla idoneità dell’offerta presentata da un partecipante a gara pubblica non è ammissibile un sindacato sostitutivo da parte del giudice amministrativo, il quale può censurare tali valutazioni, anche se di carattere tecnico, ma solo se risultino fondate su errori, illogicità e incoerenze tali da renderle inattendibili” (ex multis, Cons. Stato, sez. III, 15 maggio 2018, n. 2894; Cons. Stato, sez. V, 5 aprile 2016, n. 1331; Cons. Stato, sez. V, 28 ottobre 2015, n. 4943; Cons. Stato, sez. V, 30 aprile 2015, n. 2198; Cons. Stato, sez. V, 23 febbraio 2015, n. 882).


SPECIFICHE TECNICHE - DIFFORMITA' ESSENZIALI PRESENTATE IN GARA - LEGITTIMA ESCLUSIONE (68)

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2021

Secondo costante e condivisa giurisprudenza, le difformità essenziali dell’offerta tecnica tali da rivelare l’inadeguatezza del prodotto proposto rispetto ai requisiti minimi previsti dalla Stazione appaltante comportano necessariamente l’esclusione dell’offerente dalla gara e non già la mera penalizzazione dell’offerta nell’attribuzione del punteggio (cfr.: Cons. Stato, sez. III, 21 ottobre 2015, n. 4804). Viene, in tal caso, a determinarsi la mancanza di un elemento essenziale per la formazione dell’accordo necessario per la stipula del contratto da cui deriverebbe necessariamente, oltre ad un nocumento per la Stazione appaltante, anche una chiara lesione del principio della par condicio partecipationis. (cfr.: T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 23/07/2020, n. 3259).

In definitiva, “la difformità dell’offerta rispetto alle caratteristiche tecniche previste nel capitolato di gara per i beni da fornire può risolversi in un “aliud pro alio” idoneo a giustificare, di per sé, l’esclusione dalla selezione; tale rigido automatismo, valido anche in assenza di un’espressa comminatoria escludente, opera tuttavia solo nel caso in cui le specifiche tecniche previste nella legge di gara consentano di ricostruire con esattezza il prodotto richiesto dall’Amministrazione Pubblica e di fissare in maniera analitica ed inequivoca determinate caratteristiche tecniche come obbligatorie ed indefettibili” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 14 maggio 2020, n. 3084).

L’art. 68, comma 7 del d.lgs. n. 50/2016 afferma che “Quando si avvalgono della possibilità di fare riferimento alle specifiche tecniche di cui al comma 5, lettera b), le amministrazioni aggiudicatrici non possono dichiarare inammissibile o escludere un’offerta per il motivo che i lavori, le forniture o i servizi offerti non sono conformi alle specifiche tecniche alle quali hanno fatto riferimento, se nella propria offerta l’offerente dimostra, con qualsiasi mezzo appropriato, compresi i mezzi di prova di cui all’articolo 86, che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche”.

Deve innanzitutto precisarsi che “l’equivalenza attiene alle specifiche tecniche in senso proprio, consistenti cioè in standard capaci di individuare e sintetizzare alcune caratteristiche proprie del bene o del servizio, espressi in termini di certificazione, omologazione, attestazione, o in altro modo” (T.A.R. Toscana, sez. III, 23 luglio 2020, n. 961).

Il giudizio di equivalenza presuppone quindi la previsione di uno standard tecnico normativo e non opera rispetto a grandezze comuni o a caratteristiche che, piuttosto che individuare specifiche tecniche del prodotto, ne definiscono la tipologia, limitandosi a delineare l’oggetto dell’affidamento o, come nel caso di specie, a valorizzarne talune caratteristiche ritenute essenziali e prioritarie ai fini della stessa ammissione dell’offerta alla valutazione del seggio di gara (cfr. arg. ex Cons. Stato, sez. VI, 15 giugno 2020, n. 3808).

La finalità dell’art. 68 del d.lg. 163/2006 è quella di evitare indebite restrizioni alla concorrenza ed alla partecipazione ai pubblici appalti, che potrebbero verificarsi in caso di indicazione, da parte delle stazioni appaltanti, di specifiche tecniche di prodotto eccessivamente restrittive oppure costituite da una determinata fabbricazione o provenienza, se non addirittura da uno specifico marchio o brevetto; situazioni queste che sono scongiurate dall’obbligo in capo ai committenti di menzione nella legge di gara dell’espressione “o equivalente” (cfr. i commi 3 lettera ” a ” e 13 dell’art. 68); tuttavia, nel caso in cui il committente indichi e circoscriva l’oggetto dell’appalto con riferimento ad un prodotto esistente, connotato da specifiche caratteristiche espresse in grandezze numericamente fisse, il richiamo al principio di equivalenza non può consentire di distorcere completamente l’oggetto dell’appalto, al punto da permettere ai partecipanti di offrire un bene radicalmente differente (insomma, un vero e proprio “aliud pro alio”), finendo così per rendere sostanzialmente indeterminato l’oggetto dell’appalto medesimo” (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 10/02/2017, n.328).

Nella sostanza, non può fare a meno di osservarsi come il principio di equivalenza non sia invocabile ogniqualvolta l’offerta abbia a oggetto un bene che non rispetta le caratteristiche tecniche obbligatorie previste per la fornitura e, come tale, si risolva in un inammissibile aliud pro alio. La giurisprudenza ha chiarito che l’indiscriminata ammissione alla gara di offerte, non rispondenti alle specifiche produttive, funzionali e prestazionali richieste per la partecipazione, finirebbe per violare la parità di trattamento dei concorrenti, oltre a rendere di fatto indeterminato l’oggetto del contratto e vanificare le finalità pratiche e le esigenze concrete perseguite dalla stazione appaltante al momento della indicazione di un determinato standard tecnico-produttivo (cfr. Cons. Stato, sez. III, 28 settembre 2018, n. 5568).

Nel caso in esame, le caratteristiche essenziali indicate dalla scheda tecnica non integrano delle specifiche tecniche nel senso appena precisato, trattandosi, piuttosto, di caratteristiche che definiscono l’oggetto della fornitura, attraverso la valorizzazione di requisiti prestazionali, quantitativamente determinati, ritenuti indispensabili dalla stazione appaltante, alla luce dei propri bisogni, nella fase di predisposizione degli atti di gara, onde procurarsi un estrattore idoneo a realizzare la diagnosi molecolare infettivologica pediatrica (cfr. Cons. Stato, sez. V, 25 luglio 2019, n. 5258).


PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - RISPONDE A SPECIFICO INTERESSE DELLA PA (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2021

La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato è in argomento pacifica nel ricondurre il requisito dell’equivalenza non già ad un mero attributo formale, suscettibile di strumentalizzazioni formalistiche, ma ad un elemento rispondente ad uno specifico interesse del committente pubblico, incidente sulla qualità della prestazione richiesta.

In tal senso la sentenza di questo Consiglio di Stato, sez. III, n. 7404/2020 ha ricordato che “Secondo la giurisprudenza prevalente di questa Sezione, ancora di recente ribadita (cfr. Cons. St., sez. III, 18 settembre 2019, n. 6212), l’ambito di applicazione del principio di equivalenza è piuttosto ampio, essendo stato affermato che:

– il principio di equivalenza “permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica e la possibilità di ammettere a seguito di valutazione della stazione appaltante prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste risponde al principio del favor partecipationis (ampliamento della platea dei concorrenti) e costituisce altresì espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione” (cfr. Cons. Stato, III, n. 4364/2013; n. 4541/2013; n. 5259/2017; n. 6561/2018);

– trova applicazione indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara o da parte dei concorrenti in tutte le fasi della procedura di evidenza pubblica e “l’effetto di “escludere” un’offerta, che la norma consente di neutralizzare facendo valere l’equivalenza funzionale del prodotto offerto a quello richiesto, è testualmente riferibile sia all’offerta nel suo complesso sia al punteggio ad essa spettante per taluni aspetti … e la ratio della valutazione di equivalenza è la medesima quali che siano gli effetti che conseguono alla difformità” (cfr. Cons. Stato, III, n. 6721/2018);

– l’art. 68, comma 7, del d.lgs. 50/2016 non onera i concorrenti di un’apposita formale dichiarazione circa l’equivalenza funzionale del prodotto offerto, potendo la relativa prova essere fornita con qualsiasi mezzo appropriato; la commissione di gara può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis (cfr. Cons. Stato, III, n. 2013/2018; n. 747/2018)”.


PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - ONERE PROBATORIO - SPETTA ALL'OPERATORE ECONOMICO (68.7)

TAR EMILIA BO SENTENZA 2021

L’art. 68, d.lgs. n. 50 del 2016 prevede che la stazione appaltante non possa escludere un’offerta perché non conforme alle specifiche tecniche a cui ha fatto riferimento “se nella propria offerta l’offerente dimostra … che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche”: è conseguentemente doverosa l’esclusione di concorrente qualora la sua offerta non sia conforme alle specifiche tecniche indicate negli atti di gara e nella stessa non venga dimostrata l’equivalenza fra quanto proposto e quanto specificatamente richiesto dalla stazione appaltante. Anche secondo la giurisprudenza l’operatore che intenda offrire una fornitura caratterizzata da specifiche tecniche differenti rispetto a quanto previsto dalla lex specialis di gara avvalendosi della clausola di equivalenza è gravato dell’onere di dimostrare l’equivalenza fra i prodotti, segnalando nella propria offerta la corrispondenza della propria proposta a quanto offerto dalla P.A., non potendo pretendere che di una tale verifica sia onerata la Commissione di gara (Cons. Stato, sez. III, 1 ottobre 2019, n. 6560; id. 5 settembre 2017, n. 4207; id. 13 maggio 2011, n. 2905; Tar Napoli, sez. II, 29 gennaio 2020, n. 413).

​​​​​​​In altre parole l’equivalenza tra i servizi o tra i prodotti oggetto dell’appalto – che trova applicazione indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara – deve essere provata in sede di gara dall’operatore che intende avvalersi dell’equivalenza, non potendo essa essere verificata d’ufficio dalla stazione appaltante né tantomeno dimostrata in via postuma in sede giudiziale. ​​​​

SPECIFICHE TECNICHE - PRINCIPIO DI EQUIVALENZA – ESERCIZIO DISCREZIONALE PA

TAR TOSCANA FI SENTENZA 2020

Recenti pronunce hanno avuto modo di confermare che “la difformità dell'offerta rispetto alle caratteristiche tecniche previste nel capitolato di gara per i beni da fornire può risolversi in un "aliud pro alio" idoneo a giustificare, di per sé, l'esclusione dalla selezione. Tuttavia, questo rigido automatismo, valido anche in assenza di una espressa comminatoria escludente, opera nel solo caso in cui le specifiche tecniche previste nella legge di gara consentano di ricostruire con esattezza il prodotto richiesto dall'Amministrazione e di fissare in maniera analitica ed inequivoca determinate caratteristiche tecniche come obbligatorie. Dunque, il principio della esclusione dell'offerta per difformità dai requisiti minimi, anche in assenza di espressa comminatoria di esclusione, non può che valere nei casi in cui la disciplina di gara prevede qualità del prodotto che con assoluta certezza si qualifichino come caratteristiche minime. Ma ove questa certezza non vi sia e sussista al contrario un margine di ambiguità circa l'effettiva portata delle clausole del bando, riprende vigore il principio residuale che impone di preferire l'interpretazione della lex specialis maggiormente rispettosa del principio del favor partecipationis e dell'interesse al più ampio confronto concorrenziale, oltre che della tassatività - intesa anche nel senso di tipicità ed inequivocabilità - delle cause di esclusione (Cons. Stato Sez. III, 14/05/2020, n. 3084)”.

Un pressoché costante orientamento giurisprudenziale ha previsto che in materia di offerta nelle gare pubbliche, il principio di equivalenza permea l'intera disciplina dell'evidenza pubblica e la possibilità di ammettere a seguito di valutazione della stazione appaltante prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste risponde al principio del favor partecipationis (ampliamento della platea dei concorrenti) e costituisce altresì espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell'Amministrazione (Cons. Stato Sez. III, 17/08/2020, n. 5063).

SPECIFICHE TECNICHE - RICAMBI EQUIVALENTI PER VEICOLI - REMISSIONE CORTE UE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

Sono sottoposti alla Corte di Giustizia UE i seguenti quesiti pregiudiziali ai fini della decisione della controversia:

1) “se sia conforme al diritto europeo - e, in particolare, alle previsioni della direttiva 2007/46/CE (di cui agli artt. 10, 19 e 28 della detta direttiva comunitaria), nonché ai principi di parità di trattamento ed imparzialità, di piena concorrenzialità e buon andamento dell’azione amministrativa” - che, con specifico riferimento alla fornitura mediante appalto pubblico di componenti di ricambio per autobus destinati al servizio pubblico, sia consentito alla Stazione appaltante accettare componenti di ricambio destinate ad un determinato veicolo, realizzate da un fabbricante diverso dal costruttore del veicolo, quindi non omologate unitamente al veicolo, rientranti in una delle tipologie di componenti contemplate dalle normative tecniche elencate nell’allegato IV della su indicata direttiva (Elenco delle prescrizioni per l'omologazione CE dei veicoli) ed offerte in gara senza il corredo del certificato di omologazione e senza alcuna notizia sull’effettiva omologazione ed anzi sul presupposto che l’omologazione non sarebbe necessaria, risultando sufficiente solo una dichiarazione di equivalenza all’originale omologato resa dall’offerente;

2) “se sia conforme al diritto europeo - e, in particolare, all’art. 3, punto 27, della direttiva 2007/46/CE – che, in relazione alla fornitura mediante appalto pubblico di componenti di ricambio per autobus destinati al servizio pubblico, sia consentito al singolo concorrente di autoqualificarsi come “costruttore” di una determinata componente di ricambio non originale destinata ad un determinato veicolo, in particolare ove rientrante in una delle tipologie di componenti contemplate dalle normative tecniche elencate nell’allegato IV (Elenco delle prescrizioni per l'omologazione CE dei veicoli) della direttiva 2007/46/Ce, ovvero se detto concorrente debba invece provare – per ciascuno delle componenti di ricambio così offerte e per attestarne l’equivalenza alle specifiche tecniche di gara- di essere il soggetto responsabile verso l’autorità di omologazione di tutti gli aspetti del procedimento di omologazione nonché della conformità della produzione e relativo livello qualitativo e di realizzare direttamente almeno alcune delle fasi di costruzione del componente soggetto all’omologazione, chiarendo altresì, in caso affermativo, con quali mezzi debba essere fornita detta prova”;

SPECIFICHE TECNICHE – ISTANZE DI SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE – LEGITTIME (68)

ANAC DELIBERA 2020

La discrezionalità di cui gode la stazione appaltante nella definizione dell’oggetto dell’appalto va esercitata nel rispetto dei principi di concorrenza e par condicio, per cui la stazione appaltante non può stabilire specifiche tecniche ingiustificatamente discriminatorie, ovvero obiettivamente restrittive della concorrenza senza essere, al contempo, sufficientemente idonee alla realizzazione dell’interesse pubblico perseguito attraverso la gara; esse devono essere collegate all’oggetto dell’appalto e proporzionate al suo valore e ai suoi obiettivi (cfr. art. 68, comma 1, d.lgs. n. 50/2016). La previsione dell’art. 42, par. 2, della direttiva 2014/24/UE («Le specifiche tecniche consentono pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione e non comportano la creazione di ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza»), recepita dal legislatore nazionale tramite il comma 4 dell’art. 68 del d.lgs. n. 50/2016, e l’art. 18, par. 1, della medesima direttiva («Le amministrazioni aggiudicatrici trattano gli operatori economici su un piano di parità e in modo non discriminatorio e agiscono in maniera trasparente e proporzionata») devono essere interpretate nel senso che tali disposizioni «esigono che le specifiche tecniche, nel loro insieme, rispettino i principi della parità di trattamento e di proporzionalità». (CGUE C-413/17 del 25 ottobre 2018). Occorre tuttavia considerare che, nel quadro regolatorio tracciato dalle ultime direttive, la disciplina della concorrenza non è più intesa come esclusivamente volta alla realizzazione di finalità di natura economica, ma ad essa vengono affiancati ed integrati nuovi obiettivi di natura anche sociale e ambientale, ritenuti ugualmente meritevoli di tutela. Con particolare riferimento alle specifiche tecniche, il Considerando 74 della direttiva 2014/24 prevede che «Le specifiche tecniche fissate dai committenti pubblici devono permettere l’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nonché il conseguimento degli obiettivi di sostenibilità». Le istanze ambientali, in particolare, al termine di un lungo processo iniziato con il Libro verde sugli appalti pubblici, sono ormai stabilmente inserite all’interno delle dinamiche concorrenziali e la tutela dell’ambiente è integrata nei principi che governano i contratti pubblici (cfr. articoli 4 e 30, comma 1, d.lgs. n. 50/2016). Ai sensi dell’art.68, comma 5, lett.a), d.lgs. n. 50/2016, le caratteristiche ambientali sono tra i requisiti funzionali attraverso i quali la stazione appaltante definisce le specifiche tecniche. Da ciò discende che, tra gli obiettivi di interesse pubblico alla cui soddisfazione tende la definizione delle specifiche tecniche, e a cui l’ordinamento riconosce la legittimazione a restringere giustificatamente la concorrenza, rientrano anche gli obiettivi di sostenibilità ambientale, purché collegati all’oggetto del contratto e ad esso proporzionati; Considerato che, nel caso in esame, la scelta del tipo di smaltimento dei rifiuti (direttamente in discarica o previa termovalorizzazione/termodistruzione) da dedurre nell’oggetto del contratto è stata dettata dalle caratteristiche dei rifiuti da smaltire (Cfr. art. 1 Capitolato tecnico, «Le caratteristiche dei rifiuti prodotti sono tali da renderli idonei allo smaltimento presso …») e dalla volontà di evitare che vengano sottoposti ad un trattamento di natura chimico-fisica ulteriore rispetto a quello a cui sono già sottoposti dall’impianto di depurazione, che comporterebbe un inutile aggravio di matrice ambientale, richiedendo l’utilizzo di ulteriori risorse (reagenti, carburanti, ecc), senza alcun vantaggio in termini di possibilità di recupero del rifiuto (Relazione RUP.)

RAPPORTO TRA RICAMBI ORIGINALI E RICAMBI EQUIVALENTI - IMMODIFICABILITA' OFFERTA (68)

ANAC DELIBERA 2020

Sulla questione della immodificabilità dell’offerta, infatti, si considera corretta e conferente la sentenza del Consiglio di Stato citata dall’istante che proprio in ordine alla vexata quaestio del rapporto tra ricambi originali e ricambi equivalenti ha affermato che «Una volta chiarito che i ricambi equivalenti sono quelli aventi caratteristiche tecniche e sono idonei a fornire prestazioni corrispondenti a quelli originali, non vi è ragione alcuna per discriminarli sul piano della valutazione dell’offerta e ritenere pertanto che essa sia stata modificata nel corso della gara. Ciò che risulta invece determinante, ai sensi dell’art. 68 cod. contratti pubblici… è che l’offerta contempli effettivamente prodotti aventi caratteristiche tecniche e funzionali equivalenti, essendo legittima l’esclusione dalla gara solo una volta accertato che tale rispondenza non sussiste» (CdS, Sez. V, sent. n. 5289/2015). Sul punto ATAC erra sostenendo che tale sentenza «risulta del tutto inconferente, riguardando una fattispecie ben diversa, in cui la S.A. non aveva in radice consentito l’offerta di ricambi equivalenti e per l’effetto aveva escluso il concorrente», atteso che la lex specialis della gara oggetto di ricorso prevedeva sin dall’origine la possibilità di fornire ricambi equivalenti, mentre l’illegittimità della stessa è stata dichiarata solo in relazione alla previsione di un tertium genus di ricambi ovvero quelli “di primo impianto o equipaggiamento” (e cioè quelli forniti al produttore del veicolo da altra impresa, ma originariamente installati sul veicolo e commercializzati dal primo) che è stata ritenuta non avere alcun fondamento normativo, e alla correlativa previsione dell’obbligo da parte dei concorrenti di effettuare al momento della formulazione dell’offerta una scelta “secca” tra le tipologie di ricambi da proporre, non essendo cioè consentita una commistione tra le stesse (offrire, ad esempio, ricambi in parte originali e in parte equivalenti). Inoltre, è opportuno precisare che ammettere l’eventualità che un concorrente si rifornisca di ricambi equivalenti prodotti da soggetti e riportanti un marchio diversi da quelli indicati nella domanda di partecipazione significa tutelare in concreto la libera concorrenza e la par condicio tra tutti gli operatori economici del settore, considerato che anche per i prodotti originali è ben nota l’eventualità, correttamente mai contestata da alcuna Stazione appaltante, che la “casa madre” faccia fabbricare a soggetti diversi, nel corso del tempo, i propri ricambi cui apporre poi il proprio marchio.

SPECIFICHE TECNICHE - DETTAGLIATA DESCRIZIONE PRODOTTO (68)

TAR PUGLIA BA SENTENZA 2020

La giurisprudenza ha condiviso un approccio di tipo sostanzialistico, inteso a rintracciare la conformità ai parametri e/o alle specifiche tecniche richiesta dalla disciplina di gara, ogniqualvolta si tratti di assumere in considerazione prodotti o macchinari in concreto analoghi (T.A.R. Marche, sez. I, 7 settembre 2020 n. 518; T.A.R. Lazio, sez. III, 25 novembre 2019 n. 13499; T.A.R. Lazio, sez. III 5 novembre 2019 n. 12675; Cons. St., sez. III, 5 giugno 2019 n. 3778), tanto anche con precipuo riferimento ai dispositivi medici (Cons. G.A.R.S. 20 luglio 2020 n. 634; Cons. St., sez. III, 14 maggio 2020 n. 3081). Invero, la descrizione tecnica del parametro di valutazione e/o della specifica tecnica ha lo scopo di precisare il contenuto del bene ricercato in fornitura, senza però che la stessa possa risultare asservita ad inutili limitazioni. Per cui, il bene chiesto in fornitura, da un lato, onde identificarne le caratteristiche essenziali, non può rimanere troppo generico e vago; ma, al contempo, dall’altro lato, al fine di non restringere la concorrenza, non può essere troppo specifico e definito nel dettaglio minuto. Ratio delle procedure di evidenza pubblica è proprio quella di consentire il libero confronto concorrenziale, nell’interesse invero concordante sia degli operatori economici, che in tal modo accedono, a parità di armi, al mercato del tipo di monopsonio, sia delle amministrazioni appaltanti, che possono reperire nel mercato il migliore prodotto possibile.

SPECIFICHE TECNICHE- PRINCIPIO DI EQUIVALENZA (68)

TAR TOSCANA SENTENZA 2020

Come di recente affermato da questa stessa Sezione, “l'equivalenza attiene alle specifiche tecniche in senso proprio, consistenti cioè in standard capaci di individuare e sintetizzare alcune caratteristiche proprie del bene o del servizio, espressi in termini di certificazione, omologazione, attestazione, o in altro modo” (T.A.R. Toscana, sez. III, 23 luglio 2020, n. 961).

Il giudizio di equivalenza presuppone quindi la previsione di uno standard tecnico normativo e non opera rispetto a grandezze comuni o a caratteristiche che, piuttosto che individuare specifiche tecniche del prodotto, ne definiscono la tipologia, limitandosi a delineare l’oggetto dell’affidamento o, come nel caso di specie, a valorizzarne talune caratteristiche in fase di attribuzione dei punteggi (cfr. arg. ex Cons. Stato, sez. VI, 15 giugno 2020, n. 3808).

Nel caso in esame, la sterilizzazione a raggi gamma - prevista esclusivamente come criterio premiale di valutazione delle offerte tecniche e non come requisito di ammissione - non costituisce una specifica tecnica nel senso appena precisato; si tratta, piuttosto, di una caratteristica che specifica e definisce l’oggetto della fornitura, attraverso la valorizzazione di un processo (la sterilizzazione) ritenuto apprezzabile dalla stazione appaltante, alla luce dei propri bisogni, nella fase di predisposizione degli atti di gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, 25 luglio 2019, n. 5258).


COMMISSIONE DI GARA - VALUTAZIONE IDONEITÀ OFFERTE AMPIA DISCREZIONALITÀ TECNICA

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2020

Osserva il Collegio, in linea generale, che la valutazione di idoneità delle offerte, come l’attribuzione dei punteggi, rientra nell’ampia discrezionalità tecnica riconosciuta alla commissione giudicatrice, organo tecnico competente, per cui, fatto salvo il limite della abnormità della scelta tecnica operata, per come risultante dagli atti di gara e di causa, di norma devono ritenersi inammissibili le censure che impingono nel merito di valutazioni per loro natura opinabili (cfr. Cons. di Stato, III, n. 330/2020).

Più puntualmente, il Consiglio di Stato ha precisato che, a fronte di censure circa la qualità tecnica dell’offerta dell’aggiudicataria, in astratto idonee a superare la c.d. prova di resistenza, e tanto più, aggiunge il Collegio, ove prospettanti la doverosità della sua esclusione, ferma l’impossibilità di esercitare un sindacato sostitutivo, i limiti del sindacato giurisdizionale si fermano ad un “sommario, essenziale, esame delle stesse”, dal quale “si evinca motivatamente che dette censure non disvelano un’abnormità della valutazione, del tutto illogica e/o parziale, o un manifesto travisamento di fatto” (cfr. Cons. di Stato, VI, n. 6753/2020).

2.5. Applicando le suesposte coordinate ermeneutiche, ritiene il Collegio che i rilievi sollevati dalla ricorrente e compendiati nell’unico motivo di ricorso, non siano idonei a superare la valutazione tecnica operata dalla commissione giudicatrice, in quanto non rappresentativi della richiesta abnormità o illogicità della valutazione.

Invero, la ricorrente ha censurato il prodotto offerto dalla aggiudicataria, deducendo che lo stesso sarebbe non conforme, come si evincerebbe dalla pretesa inidoneità sia del motore Renysis, di cui le schede tecniche rappresentano la controindicazione rispetto all’applicazione su lesioni del tipo di quelle che si intendono curare con il sistema richiesto, sia della medicazione congiuntamente proposta (Acticoat), che, in difformità delle specifiche richieste nel disciplinare, conterrebbe argento e dunque non sarebbe idoneo, del pari, alla cura delle lesioni previste.

L’Amministrazione, che aveva viceversa, già in prima battuta, ritenuto il prodotto idoneo, ha chiarito, a seguito della espressa richiesta del Collegio (di cui all’Ordinanza n. 1140/2020), che la valutazione di “idoneità” doveva intendersi, ed era effettivamente stata resa, non già sulla singola componente offerta, ma sul “sistema nel suo complesso”.

SPECIFICHE TECNICHE -PRINCIPIO DI EQUIVALENZA – RISPETTO MASSIMA CONCORRENZA (68)

TAR MARCHE SENTENZA 2020

Il principio di equivalenza disciplinato dall’art. 68 del d.lgs. n. 50 del 2016 (..) secondo l’orientamento più estensivo della giurisprudenza - dal quale il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi - costituisce un principio “immanente alla disciplina degli appalti pubblici, impone di valutare i prodotti offerti nell'ambito di una procedura di gara secondo un criterio di conformità sostanziale alle caratteristiche tecniche descritte dalla stazione appaltante (Consiglio di Stato, sez. III, 5 febbraio 2020, n. 932, secondo cui il principio di equivalenza "rende valutabili prestazioni da ritenersi omogenee sul piano funzionale secondo criteri di conformità sostanziale"). In particolare, la verifica di equivalenza presuppone che il prodotto concretamente offerto dal concorrente, sebbene non rispettoso formalmente dello standard tecnico-normativo richiamato dalla documentazione di gara, sia comunque idoneo a soddisfare sostanzialmente l'esigenza posta a base della relativa specifica” (Cons. Stato, sez. VI, 15 giugno 2020, n. 3808). (..) La pronuncia innanzi citata (e la giurisprudenza ivi richiamata) consente di ricavare le seguenti ulteriori coordinate ermeneutiche:

- il principio di equivalenza tende ad assicurare la massima concorrenza e la parità di trattamento tra gli operatori economici; esso trova una generale applicazione nella materia dell’evidenza pubblica, sicché, ogniqualvolta occorra verificare la conformità del prodotto offerto in gara rispetto ad uno standard tecnico normativo richiamato dalla stazione appaltante, si impone un approccio sostanziale, che consenta al concorrente di dimostrare che la propria proposta ottemperi in maniera equivalente allo standard prestazionale richiesto;

- la clausola di equivalenza, sebbene - di regola - sia posta a presidio del favor partecipationis, impedendo l’esclusione di offerte idonee parimenti a soddisfare l’esigenza sottesa al requisito tecnico inderogabile prescritto dalla stazione appaltante, può anche essere invocata per evitare irragionevoli disparità di trattamento nella valorizzazione delle offerte tecniche e, in particolare, nell’applicazione dei criteri per la selezione dell’offerta economicamente più vantaggiosa;

- il giudizio di equivalenza può essere svolto solo ove le caratteristiche del prodotto o del servizio in affidamento siano espresse rinviando ad un dato standard tecnico-normativo e non anche quando si tratti di caratteristiche descritte attraverso grandezze comuni.

A tanto aggiungasi che il principio di equivalenza si applica indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara o da parte dei ricorrenti, essendo esso espressione della massima concorrenzialità nel settore dei contratti pubblici; pertanto, ogni deroga a tale finalità di carattere generale deve essere suscettiva di stretta interpretazione.

FORNITURE DI PRODOTTI OSPEDALIERI - SPECIFICHE TECNICHE – EQUIVALENZA -AMMESSA (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

in caso di scelte terapeutiche dalle quali scaturiscano, nella fase di ricorso al mercato, l'indicazione di specificazioni tecniche stringenti, il concorrente è ammesso a dimostrare che il proprio prodotto è equivalente, negli effetti, rispetto a quello richiesto dall'amministrazione, secondo il chiaro disposto dell'art. 68, comma 7, del d.lgs n. 50 del 2016, il quale precisa: "quando si avvalgono della possibilità di fare riferimento alle specifiche tecniche di cui al comma 5, lettera b), le amministrazioni aggiudicatrici non possono dichiarare inammissibile o escludere un'offerta per il motivo che i lavori, le forniture o i servizi offerti non sono conformi alle specifiche tecniche alle quali hanno fatto riferimento, se nella propria offerta l'offerente dimostra, con qualsiasi mezzo appropriato, compresi i mezzi di prova di cui all'articolo 86, che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche".

Nel caso di specie, il disciplinare di gara prevedeva espressamente che "È possibile proporre offerte con prodotti equivalenti. L'equivalenza, che dovrà essere dimostrata dal partecipante alla gara in sede di presentazione della scheda tecnica, sarà oggetto di accertamento di conformità da parte del Servizio di Dietetica dell'Ospedale di Trento, successivamente alla formazione della graduatoria così come previsto dal paragrafo 21".

L'appellante ha presentato un'offerta non corredata da una dichiarazione di equivalenza del prodotto offerto rispetto alla ridetta caratteristica tecnica richiesta dalla disciplina di gara, dunque la sua esclusione è stata del tutto legittima.

SPECIFICHE TECNICHE- PRINCIPIO DI EQUIVALENZA- RISPETTO PRINCIPIO DEL FAVOR PARTECIPATIONIS (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

Secondo la giurisprudenza il principio di equivalenza "permea l'intera disciplina dell'evidenza pubblica e la possibilità di ammettere a seguito di valutazione della stazione appaltante prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste risponde al principio del favor partecipationis (ampliamento della platea dei concorrenti) e costituisce altresì espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell'Amministrazione" (cfr. Cons. Stato, III, Cons. di Stato, sez. III, 18 settembre 2019 n. 6212, id n. 4364/2013; n. 4541/2013; n. 5259/2017; n. 6561/2018)"; La norma dell’art. 68 del codice degli appalti, in attuazione del principio comunitario della massima concorrenza (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 18 settembre 2019, n. 6212), è finalizzata a che la ponderata e fruttuosa scelta del miglior contraente non debba comportare ostacoli non giustificati da reali esigenze tecniche. Il precetto di equivalenza delle specifiche tecniche impone che i concorrenti possano sempre dimostrare che la loro proposta ottemperi in maniera equivalente allo standard prestazionale richiesto (Cons. Stato, Sez. III, n. 7450/2019; id. 2093/2020 )

La giurisprudenza, chiamata a pronunciarsi sull’interpretazione della norma recata dal citato art. 68, non ha avuto esitazioni ad affermare la regola della possibilità per l’Amministrazione di ammettere prodotti equivalenti (Cons. St., sez. IV, 26 agosto 2016, n. 3701; id., sez. III, 3 dicembre 2015, n. 5494), che – come si è detto – risponde al principio del favor partecipationis, perchè assicura un ampliamento della platea dei concorrenti.

"L'art. 68, comma 7, del D.Lgs. n. 50 del 2016 non onera i concorrenti di un'apposita formale dichiarazione circa l'equivalenza funzionale del prodotto offerto, potendo la relativa prova essere fornita con qualsiasi mezzo appropriato; la commissione di gara può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis (cfr. Cons. Stato, III, n. 2013/2018; n. 747/2018)."

(..) Deve ribadirsi, quindi, che il giudizio di equivalenza sulle specifiche tecniche dei prodotti offerti in gara risulta legato non a formalistici riscontri, ma a criteri di conformità sostanziale delle soluzioni tecniche offerte: deve in altri termini registrarsi una conformità di tipo meramente funzionale rispetto alle specifiche tecniche indicate dal bando (Cons. St., sez. III, 29 marzo 2018, n. 2013).

Questa Sezione, con specifico riguardo ad un appalto attinente al settore sanitario, ha ribadito che “il principio di equivalenza permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, rispondendo al principio del favor partecipationis (ampliamento della platea dei concorrenti) ai fini della massima concorrenzialità nel settore dei pubblici contratti e della conseguente individuazione della migliore offerta, secondo i principi di libera iniziativa economica e di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione nel perseguimento delle propri funzioni d’interesse pubblico e nell’impiego delle risorse finanziarie pubbliche, sanciti dagli articoli 41 e 97 della Costituzione” (Cons. St., III, 14 maggio 2020, n. 3081).

FORNITURA DI DISPOSITIVI MEDICI - GIUDIZIO DI EQUIVALENZA (68)

CGA SICILIA SENTENZA 2020

In sede di gara per l’appalto di fornitura di dispositivi medici trova applicazione il giudizio di equivalenza, la quale va ragguagliata alla funzionalità di quanto richiesto dalla Pubblica amministrazione con quanto offerto in sede gara, non certo alla mera formale descrizione del prodotto.

FORNITURA APPARECCHIATURA MEDICA – SPECIFICHE TECNICHE – INFUNGIBILITÀ O ESCLUSIVITÀ DELLA FORNITURA (68)

ANAC DELIBERA 2020

Oggetto Istanza congiunta di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 211, comma 1 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 presentata dalla Elekta Spa e dall’ASL di Pescara – Procedura aperta per la fornitura di n.1 acceleratore lineare, servizi connessi e lavori di installazione – Criterio di aggiudicazione: offerta economicamente più vantaggiosa – Importo a base di gara: euro 2.788.075,11 – S.A.: ASL di Pescara

Il Consiglio ritiene, sulla base di tutte le motivazioni che precedono, - nella riedizione della procedura, la stazione appaltante, anche eventualmente a seguito di ulteriore e più approfondita consultazione preliminare di mercato – e fatta salva la possibile valutazione motivata in ordine alla natura infungibile dell’approvvigionamento (ai sensi dell’art. 63, comma 2, lett. b) del Codice) – dovrà predisporre la documentazione di gara con l’individuazione di requisiti tecnici minimi che garantiscano il rispetto dei principi di parità di trattamento e non discriminazione e, quindi, la effettiva contendibilità dell’affidamento; - qualora perdurasse la situazione di incertezza circa le soluzioni tecniche più appropriate e di asimmetria informativa tra Amministrazione e operatori economici del settore, la Stazione appaltante potrebbe ricorrere alla procedura del dialogo competitivo di cui all’art. 64 del Codice finalizzato all'individuazione e alla definizione dei mezzi più idonei a soddisfare le proprie necessità.

SPECIFICHE TECNICHE -NON SI EVINCE EQUIVALENZA - ILLEGITTIMA ESCLUSIONE (68)

ANAC DELIBERA 2020

Nell'ambito di una procedura negoziata di acquisto sotto soglia di rilevanza comunitaria avviata con RDO su MEPA ai sensi dell'art. 36, comma 6, d.lgs. n. 50/2016, si ritiene non inficiata da illogicità e irragionevolezza l'esclusione dell'offerta di forniture ritenute non conformi alle richieste contenute nella RDO, ove l'istante non adduca elementi sufficienti da cui possa evincersi che i prodotti forniti siano conformi alle richieste della documentazione di gara, anche sotto il profilo della equivalenza funzionale ai sensi dell'art. 68, comma 7, d.lgs. n. 50/2016.

Oggetto: Istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 211, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 presentata da ETT di Torrisi Felice & C. Sas - Forniture di personal computer e monitor - P.O. San Luca Dea 1° livello - Vallo della Lucania - Agropoli - Importo a base di gara: euro 20.000,00 - SA: ASL Salerno

POSSESSO DELLE ETICHETTE AMBIENTALI – APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - LEGITTIMITÀ (68)

ANAC DELIBERA 2020

Le stazioni appaltanti possono imporre, nell’ambito dei criteri di selezione, il possesso di una specifica etichetta ambientale a condizione che questa sia conforme ai requisiti prescritti dall’art. 69 del d.lgs. 50/2016.

Le stazioni appaltanti sono sempre tenute a garantire la libera concorrenza mediante l’applicazione del principio di equivalenza, pertanto, ove richiedano specifiche etichette ambientali quale criterio di selezione, sono tenute ad accettare gli altri mezzi di prova presentati dall’operatore economico per dimostrare che i propri prodotti, privi di tali etichette, sono comunque conformi agli standard da esse richiesti e, solo dopo aver valutato tali mezzi inidonei o insufficienti, possono procedere all’esclusione.

Oggetto: Istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 211, comma 1, del d.lgs. 50/2016 presentata da Progetti D’Ufficio S.r.l.– RdO sul mercato elettronico per la fornitura di 50 Pc Desktop e 100 Monitor 24 – Criterio di aggiudicazione: minor prezzo - Importo a base di gara: euro 45.000,00 – S.A. ARGEA – Agenzia regionale per il sostegno all’agricoltura – CIG 8017231C4E

ASSENZA CLAUSOLA PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - SPECIFICHE TECNICHE - ILLEGITTIMO (68)

ANAC DELIBERA 2020

Oggetto: istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 211, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 presentata dalla Provincia di Livorno – U.O. Comando di Polizia – Procedura telematica per l’affidamento del servizio di gestione integrata per gli accertamenti elevati in violazione alle norme del nuovo codice della strada. Importo a base di gara euro: 923.625,00. S.A.: Provincia di Livorno – U.O. Comando di Polizia.

Considerato quanto previsto in generale dall’art. 68 d.lgs. 50/2016 e s.m.i in tema di specifiche tecniche da un lato, con riferimento al comma 4, circa “la garanzia di pari accesso degli operatori economici alla procedura di gara onde evitare direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati alla concorrenza” e dall’altro, con riferimento al successivo comma 6, indicando che “le specifiche tecniche non possono menzionare la fabbricazione o la provenienza determinata o un procedimento caratteristico dei prodotti o dei servizi forniti da un operatore specifico, né fare riferimento a un marchio, a un brevetto o a un tipo, a un’origine o a una produzione specifica che avrebbero come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti”; rilevato che nel caso di specie, vero è che la stazione appaltante ha ritenuto di voler continuare, in un’ottica di economicità, ad avvalersi del sistema software in utilizzo più precisamente del “programma metropilis concilia del gruppo maggioli” chiedendo quindi alle imprese concorrenti una serie di prescrizioni (generanti anche oneri non solo economici per uniformare i due sistemi, quello dell’o.e. con quello della stazione appaltante) al fine di consentire che il servizio di gestione integrata per gli accertamenti elevati in violazione alle norme del nuovo codice della strada, oggetto di gara, fosse allineato e reso compatibile con il software sopra descritto; Ritenuto tuttavia che, pur rientrando nella discrezionalità della stazione appaltante la definizione della procedura de qua, le richieste avanzate dalla stessa negli atti di gara senza un richiamo al possibile utilizzo di un software ulteriore e alternativo rispetto a quello attualmente in dotazione, non sembra consentire agli operatori concorrenti di poter formulare le proprie offerte anche mediante ricorso a soluzioni equivalenti di sistema, con il rischio di vedere preclusa e/o privilegiata invece la partecipazione a taluni operatori del settore; considerato che la giurisprudenza è ormai pacifica nell’affermare che “il principio di equivalenza permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica e la possibilità di ammettere a seguito di valutazione della stazione appaltante prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste risponde al principio del favor partecipationis (ampliamento della platea dei concorrenti) e costituisce altresì espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’amministrazione” (cfr. tar lazio, 7.01.2020, n. 77; ex multis cons. stato, iii sezione, sentenza n. 6561 /2018).

SPECIFICHE TECNICHE- PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - PREVALE FAVOR PARTECIPATIONIS (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

Ai fini della decisione di merito, ritiene viceversa il Collegio di dover fare riferimento alla oramai consolidata giurisprudenza amministrativa che, con particolare riferimento all’appalto per la fornitura di medicinali e dispositivi medici, condivide i principi espressi da questa Sezione (fra le altre, Cons. di Stato, sez. III, 18 settembre 2019 n. 6212) secondo i quali il principio di equivalenza permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, rispondendo al principio del favor partecipationis (ampliamento della platea dei concorrenti) ai fini della massima concorrenzialità nel settore dei pubblici contratti e della conseguente individuazione della migliore offerta, secondo i principi di libera iniziativa economica e di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione nel perseguimento delle propri funzioni d’interesse pubblico e nell’impiego delle risorse finanziarie pubbliche, sanciti dagli articoli 41 e 97 della Costituzione.

Occorre, dunque, interpretare la lex specialis di gara alla luce del richiamo, contenuto nella Lettera d’Invito, all’art. 68 del d.lgs. n. 50/2016, che rendeva inequivoca la volontà dell’Asl di ammettere sostituti dermici equivalenti a quello (peraltro unico sul mercato) in possesso dei requisiti prescritti, fermo restando che in caso contrario sarebbe stato comunque necessario etero-integrare la lex specialis con la clausola generale di legge concernente l’ammissibilità delle offerte equivalenti.

Ciò premesso, considera il Collegio, quanto alla specifica fattispecie in esame, che la verificazione tecnica disposta dal TAR si è svolta correttamente e che non sono state allegati al giudizio studi, sperimentazioni ed evidenze scientifiche in grado di contraddirla. Le informazioni disponibili depongono, in particolare, per una migliore qualità terapeutica del prodotto di Integra nelle lesioni più gravi, ma non contraddicono il giudizio, reso dal verificatore e fatto proprio dal giudice di prime cure, circa la sostanziale equivalenza dei due prodotti ai fini delle prestazioni sanitarie che hanno motivato la fornitura in esame, fornitura che, con ogni evidenza, non esaurisce la possibilità ed anzi il dovere del servizio sanitario di munirsi di prodotti particolari o di ricorrere a strutture mediche particolari adeguati alle esigenze di tutela della salute di ogni singolo paziente per specifici casi di particolare gravità.

ETICHETTATURE SPECIFICHE – CLAUSOLA DI EQUIVALENZA - PREVALE IL FAVOR PARTECIPATIONIS (69.2)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

Nel caso di specie, non si tratta di integrare la clausola del bando, quanto, piuttosto, di attenersi al significato letterale delle espressioni; il riferimento, con articolo indeterminativo, a beni e servizi dotati di marchio di qualità ecologica (“il possesso di un marchio di qualità ecologia dell’Unione europea”), porta a ritenere che l’etichetta Ecolabel – UE sia stata citata in parentesi a soli fini esemplificativi dei marchi attestanti la compatibilità del prodotto con l’ambiente apprezzati dalla commissione (per la preferenza per un’interpretazione strettamente letterale del bando di gara, cfr. Cons. Stato, sez. III, 9 marzo 2020, n. 1711; VI, 3 marzo 2020, n. 1537; V, 2 dicembre 2019, n. 8237). Nella specie, poi, tale interpretazione è anche l’unica comunitariamente orientata poiché risponde all’esigenza di par condicio tra i concorrenti espressa dalla clausola di equivalenza prevista dall’art. 69, comma 2, del codice dei contratti (“Le amministrazioni aggiudicatrici che esigono un’etichettatura specifica accettano tutte le etichettature che confermano che i lavori, le forniture o i servizi soddisfano i requisiti equivalenti”) e direttamente derivante dalle direttive comunitarie: non è consentita una diversa valutazione dei concorrenti che si servano di prodotti del tutto equivalenti quanto alla compatibilità ambientale, per il solo fatto che uno di essi ne abbia in uso alcuni con marchio Ecolabel – UE.

APPALTO DI SERVIZI - CLAUSOLA MONTE ORE MINIMO INDEROGABILE - AMMESSA E LEGITTIMA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

A mezzo del contratto stipulato con l’aggiudicatario, l’amministrazione persegue lo scopo istituzionale, espresso dal quadro esigenziale sotteso alla determinazione a contrarre, che giustifica il correlato impegno economico sul bilancio pubblico e corrisponde all’illustrazione puntuale dell’oggetto della gara nella lex specialis.

In tema, va anzitutto considerato in via generale che le disposizioni legislative sulla formazione del contratto pubblico sono speciali rispetto a quelle del tipo di contratto d’appalto indicato dal Codice civile, e fonte primaria pariordinata a quello. Né esiste nell’ordinamento vigente alcuna regola o principio per cui vi possano essere subordinate. Sicché vale a risolvere ogni eventuale antinomia tra le due fonti sia il criterio della legge posteriore, sia comunque il criterio della specialità.

Il contenuto dell’offerta definito dalla lex specialis corrisponde infatti all’utilità che l’amministrazione intende acquisire mediante la procedura, ferme ulteriori utilità da elementi dell’offerta che il bando non precostituisce e rimette alle scelte organizzative dell’operatore economico che partecipa alla gara, e che concorrono, nella misura in cui si innestano sul livello delle componenti necessarie dell’offerta, al raggiungimento di un livello di qualità da poi comparare con le parallele offerte e graduare al fine della selezione del miglior contraente.

La presenza di uno specifico quadro esigenziale, quello riflesso nella lex specialis, è del resto presupposto immanente a qualsiasi gara pubblica, la cui causa consiste nell’approvvigionare, mediante il più conveniente dei possibili contratti, la pubblica amministrazione delle opere, dei beni o dei servizi di cui effettivamente necessita nell’interesse generale, non nel mero mettere a disposizione delle imprese interessate un’occasione ordinaria di lavoro da modulare sulle loro preferenze organizzative. In questo contesto normativo e funzionale, da sempre è considerato naturale che l’autonomia dell’appaltatore pubblico sia meno ampia rispetto all’appalto di diritto comune (Cass., 10 luglio 1984, n. 4050; III, 9 febbraio 1991, n. 1346; I, 25 febbraio 1993, n. 2328; III, 9 dicembre 1997, n. 12449; 31 luglio 2002, n. 11356; I, 2 luglio 2010, n. 15784).

In altri termini, le caratteristiche essenziali e stimate indefettibili (ossia i requisiti minimi) delle prestazioni o del bene, definite dal bando, costituiscono una legittima condizione di partecipazione alla procedura: logica del resto vuole che il contratto vada aggiudicato a un concorrente che sia in grado di assicurare il minimo prestabilito che corrisponde all’essenza della res richiesta. E la significatività della regola è dimostrata anche dal fatto che essa vale anche se la lex specialis non commini espressamente l’esclusione per l’offerta che abbia caratteristiche difformi da quelle richieste. Ciò perché una tale difformità comunque concretizza un aliud pro alio che comporta, di per sé, l’esclusione dalla gara, anche in mancanza di un’apposita comminatoria (di recente, Cons. Stato, V, 25 ottobre 2019, n. 5260; 20 dicembre 2018, n. 7191; III, 3 agosto 2018, n. 4809; 26 gennaio 2018 , n. 565; sul punto, anche Cons. Stato, V, 5 maggio 2016, n. 1818; 28 giugno 2011, n. 3877). L’assoggettamento delle offerte per il servizio di pulizia in questione alla previsione inderogabile di un numero minimo obbligatorio di ore di lavoro concorre a definire la specifica obbligazione che, per l’Amministrazione che ha bandito la gara, l’appaltatore deve comunque mostrare di saper soddisfare.

Ciò fermo, va specificato che la correlata previsione nella lex specialis, comunque, non contrasta con l’art. 1655 Cod. civ., perché esprime le concrete esigenze contrattuali del committente. Nulla dunque consente di affermare che la sua apposizione nel bando non sia compatibile con il modello generale del contratto di appalto di cui all’art. 1655 Cod. civ.. L’imprenditore che non ravvisi in quelle clausole – che traducono motivi del contrarre della pubblica amministrazione – la convenienza alla sua organizzazione non è tenuto a presentare offerta e nulla può lamentare al riguardo, salvo impugnarle in giustizia ove irragionevoli, ingiustificate o sproporzionate. Il che certamente sarebbe – va già qui anticipato – se esse intaccassero la sua connotazione imprenditoriale (art. 2082 Cod. civ.), ma non se solo contrastino con suoi individuali criteri organizzativi dei fattori della produzione.

Va piuttosto verificato se la clausola contestata, che esprime la valutazione dell’amministrazione nel tracciare le regole (tecniche e tecnico-giuridiche) della procedura di evidenza pubblica, risponda a proporzionalità e adeguatezza, tenendo conto della tipologia e dell’oggetto della prestazione per la quale è gara: è questo il tema su cui si incentra la seconda linea argomentativa del mezzo in esame, che però, come meglio in seguito, è infondata.

La giurisprudenza ha così enucleato gli elementi utili a distinguere la somministrazione di lavoro da altre fattispecie: a) la richiesta da parte del committente di un certo numero di ore di lavoro; b) l’inserimento stabile del personale dell’appaltatore nel ciclo produttivo del committente; c) l’identità dell’attività svolta dal personale dell’appaltatore rispetto a quella svolta dai dipendenti del committente; d) la proprietà in capo al committente delle attrezzature necessarie per l’espletamento delle attività; e) l’organizzazione da parte del committente dell’attività dei dipendenti dell’appaltatore (Cons. Stato, III, 12 marzo 2018, n.1571, che richiama Cass., lav., 7 febbraio 2017, n. 3178).

Su tali basi si può sintetizzare rilevando che: l’obbligazione dell’appaltatore è un’obbligazione di risultato; invece la somministrazione di lavoro è la messa a disposizione di lavoratori che svolgono attività nell’interesse e sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore, secondo lo schema dell’obbligazione di mezzi; nel contratto di appalto i lavoratori restano nella effettiva disponibilità dell’impresa appaltatrice, che ne cura la direzione e il controllo; nella somministrazione di lavoro è invece l’utilizzatore (non il somministratore) che dispone in concreto dei lavoratori, impartendo loro le direttive.

Applicando tali coordinate al caso di specie, è naturale concludere che non basta la sola richiesta del committente di un certo numero di ore di lavoro per escludere che ricorra un appalto e qualificare il contratto come di somministrazione di lavoro: occorre infatti, in primis, che sia trasferito al committente l’esercizio del potere organizzativo e direttivo dei lavoratori impiegati. Il che qui non risulta dimostrato, perché la stazione appaltante non intende acquistare un monte di ore di lavoro da gestire a propria discrezione, ma semplicemente garantire che sia effettuato un determinato numero ore di servizio minimo che evidentemente stima correlato allo specifico servizio di cui abbisogna.

Così stando le cose, la contestata clausola realizza quella predeterminazione del committente “anche delle modalità temporali” della prestazione, ovvero “delle modalità analitiche operative del servizio” che la giurisprudenza, sia anteriore che precedente all’art. 29 d.lgs. n. 276 del 2003, ha ritenuto ben compatibile con il contratto di appalto (rispettivamente, Cass., n. 12201/2011 e n. 15557/2019, cit.).

Si può aggiungere, trattandosi di un elemento correlato al tema, che con lo stesso bando qui in esame la stazione appaltante intende promuovere anche una certa stabilità occupazionale del personale da impiegare da parte dell’appaltatore, effetto che affida alla c.d. “clausola sociale”, prevista dal disciplinare [paragrafo 25, Condizioni generali degli accordi quadro e dei contratti esecutivi, lett. a), ultimo periodo, pag. 33]: condizione che, peraltro, l’appellante, che incentra le doglianze su “una questione di sistema” relativa alle “ore di lavoro minime e inderogabili” – non ha peraltro impugnato.

Tanto premesso, e considerati i detti criteri discretivi, si deve concludere che l’appellante – che si limita come visto a contestare la compatibilità della clausola del monte ore minimo inderogabile con gli schemi di cui all’art. 1655 Cod. civ. e all’art. 29 d.lgs. n. 276 del 2003 – non dimostra la concreta sussistenza, nella fattispecie in esame, di una siffatta condizione: vale a dire che la lex specialis configuri non già un contratto di appalto, ma una figura non consentita di contratto di somministrazione di lavoro.

Quanto, invece, alla seconda censura (che evidenzia che il bando-tipo n. 2 adottato dall’ANAC per i servizi di pulizia non contempla una clausola quale quella qui in rilievo), è la stessa deducente a rilevare che l’art. 71 del d.lgs. n. 50 del 2016 prevede la possibilità delle stazioni appaltanti di derogare ai bandi-tipo Anac previa motivazione nella determina a contrarre. Sicché per un verso va confermato il rilievo del primo giudice sulla non vincolatività dei bandi-tipo, ulteriormente rilevandosi la coerenza della conclusione con le finalità meramente agevolative e di omogeneità che la legge collega espressamente alla loro predisposizione; per altro verso va escluso che una prescrizione meramente aggiuntiva a quelle del bando-tipo di cui sia accertata la compatibilità con il quadro normativo della materia, come quella di cui si discute, possa ritenersi illegittima, con conseguente sua demolizione giurisdizionale, solo perché carente di specifica motivazione: la gravità della sanzione ipotizzata dall’appellante, sia ex se, sia per l’afferenza alla materia dei bandi pubblici, ove domina l’esigenza della certezza della regolazione, imporrebbe infatti la sua predeterminazione da parte dell’art. 71 in parola, che invece non la contempla.


APPALTO DI SERVIZI - CLAUSOLA MONTE ORE MINIMO INDEROGABILE - AMMESSA E LEGITTIMA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

A mezzo del contratto stipulato con l’aggiudicatario, l’amministrazione persegue lo scopo istituzionale, espresso dal quadro esigenziale sotteso alla determinazione a contrarre, che giustifica il correlato impegno economico sul bilancio pubblico e corrisponde all’illustrazione puntuale dell’oggetto della gara nella lex specialis.

In tema, va anzitutto considerato in via generale che le disposizioni legislative sulla formazione del contratto pubblico sono speciali rispetto a quelle del tipo di contratto d’appalto indicato dal Codice civile, e fonte primaria pariordinata a quello. Né esiste nell’ordinamento vigente alcuna regola o principio per cui vi possano essere subordinate. Sicché vale a risolvere ogni eventuale antinomia tra le due fonti sia il criterio della legge posteriore, sia comunque il criterio della specialità.

Il contenuto dell’offerta definito dalla lex specialis corrisponde infatti all’utilità che l’amministrazione intende acquisire mediante la procedura, ferme ulteriori utilità da elementi dell’offerta che il bando non precostituisce e rimette alle scelte organizzative dell’operatore economico che partecipa alla gara, e che concorrono, nella misura in cui si innestano sul livello delle componenti necessarie dell’offerta, al raggiungimento di un livello di qualità da poi comparare con le parallele offerte e graduare al fine della selezione del miglior contraente.

La presenza di uno specifico quadro esigenziale, quello riflesso nella lex specialis, è del resto presupposto immanente a qualsiasi gara pubblica, la cui causa consiste nell’approvvigionare, mediante il più conveniente dei possibili contratti, la pubblica amministrazione delle opere, dei beni o dei servizi di cui effettivamente necessita nell’interesse generale, non nel mero mettere a disposizione delle imprese interessate un’occasione ordinaria di lavoro da modulare sulle loro preferenze organizzative. In questo contesto normativo e funzionale, da sempre è considerato naturale che l’autonomia dell’appaltatore pubblico sia meno ampia rispetto all’appalto di diritto comune (Cass., 10 luglio 1984, n. 4050; III, 9 febbraio 1991, n. 1346; I, 25 febbraio 1993, n. 2328; III, 9 dicembre 1997, n. 12449; 31 luglio 2002, n. 11356; I, 2 luglio 2010, n. 15784).

In altri termini, le caratteristiche essenziali e stimate indefettibili (ossia i requisiti minimi) delle prestazioni o del bene, definite dal bando, costituiscono una legittima condizione di partecipazione alla procedura: logica del resto vuole che il contratto vada aggiudicato a un concorrente che sia in grado di assicurare il minimo prestabilito che corrisponde all’essenza della res richiesta. E la significatività della regola è dimostrata anche dal fatto che essa vale anche se la lex specialis non commini espressamente l’esclusione per l’offerta che abbia caratteristiche difformi da quelle richieste. Ciò perché una tale difformità comunque concretizza un aliud pro alio che comporta, di per sé, l’esclusione dalla gara, anche in mancanza di un’apposita comminatoria (di recente, Cons. Stato, V, 25 ottobre 2019, n. 5260; 20 dicembre 2018, n. 7191; III, 3 agosto 2018, n. 4809; 26 gennaio 2018 , n. 565; sul punto, anche Cons. Stato, V, 5 maggio 2016, n. 1818; 28 giugno 2011, n. 3877). L’assoggettamento delle offerte per il servizio di pulizia in questione alla previsione inderogabile di un numero minimo obbligatorio di ore di lavoro concorre a definire la specifica obbligazione che, per l’Amministrazione che ha bandito la gara, l’appaltatore deve comunque mostrare di saper soddisfare.

Ciò fermo, va specificato che la correlata previsione nella lex specialis, comunque, non contrasta con l’art. 1655 Cod. civ., perché esprime le concrete esigenze contrattuali del committente. Nulla dunque consente di affermare che la sua apposizione nel bando non sia compatibile con il modello generale del contratto di appalto di cui all’art. 1655 Cod. civ.. L’imprenditore che non ravvisi in quelle clausole – che traducono motivi del contrarre della pubblica amministrazione – la convenienza alla sua organizzazione non è tenuto a presentare offerta e nulla può lamentare al riguardo, salvo impugnarle in giustizia ove irragionevoli, ingiustificate o sproporzionate. Il che certamente sarebbe – va già qui anticipato – se esse intaccassero la sua connotazione imprenditoriale (art. 2082 Cod. civ.), ma non se solo contrastino con suoi individuali criteri organizzativi dei fattori della produzione.

Va piuttosto verificato se la clausola contestata, che esprime la valutazione dell’amministrazione nel tracciare le regole (tecniche e tecnico-giuridiche) della procedura di evidenza pubblica, risponda a proporzionalità e adeguatezza, tenendo conto della tipologia e dell’oggetto della prestazione per la quale è gara: è questo il tema su cui si incentra la seconda linea argomentativa del mezzo in esame, che però, come meglio in seguito, è infondata.

La giurisprudenza ha così enucleato gli elementi utili a distinguere la somministrazione di lavoro da altre fattispecie: a) la richiesta da parte del committente di un certo numero di ore di lavoro; b) l’inserimento stabile del personale dell’appaltatore nel ciclo produttivo del committente; c) l’identità dell’attività svolta dal personale dell’appaltatore rispetto a quella svolta dai dipendenti del committente; d) la proprietà in capo al committente delle attrezzature necessarie per l’espletamento delle attività; e) l’organizzazione da parte del committente dell’attività dei dipendenti dell’appaltatore (Cons. Stato, III, 12 marzo 2018, n.1571, che richiama Cass., lav., 7 febbraio 2017, n. 3178).

Su tali basi si può sintetizzare rilevando che: l’obbligazione dell’appaltatore è un’obbligazione di risultato; invece la somministrazione di lavoro è la messa a disposizione di lavoratori che svolgono attività nell’interesse e sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore, secondo lo schema dell’obbligazione di mezzi; nel contratto di appalto i lavoratori restano nella effettiva disponibilità dell’impresa appaltatrice, che ne cura la direzione e il controllo; nella somministrazione di lavoro è invece l’utilizzatore (non il somministratore) che dispone in concreto dei lavoratori, impartendo loro le direttive.

Applicando tali coordinate al caso di specie, è naturale concludere che non basta la sola richiesta del committente di un certo numero di ore di lavoro per escludere che ricorra un appalto e qualificare il contratto come di somministrazione di lavoro: occorre infatti, in primis, che sia trasferito al committente l’esercizio del potere organizzativo e direttivo dei lavoratori impiegati. Il che qui non risulta dimostrato, perché la stazione appaltante non intende acquistare un monte di ore di lavoro da gestire a propria discrezione, ma semplicemente garantire che sia effettuato un determinato numero ore di servizio minimo che evidentemente stima correlato allo specifico servizio di cui abbisogna.

Così stando le cose, la contestata clausola realizza quella predeterminazione del committente “anche delle modalità temporali” della prestazione, ovvero “delle modalità analitiche operative del servizio” che la giurisprudenza, sia anteriore che precedente all’art. 29 d.lgs. n. 276 del 2003, ha ritenuto ben compatibile con il contratto di appalto (rispettivamente, Cass., n. 12201/2011 e n. 15557/2019, cit.).

Si può aggiungere, trattandosi di un elemento correlato al tema, che con lo stesso bando qui in esame la stazione appaltante intende promuovere anche una certa stabilità occupazionale del personale da impiegare da parte dell’appaltatore, effetto che affida alla c.d. “clausola sociale”, prevista dal disciplinare [paragrafo 25, Condizioni generali degli accordi quadro e dei contratti esecutivi, lett. a), ultimo periodo, pag. 33]: condizione che, peraltro, l’appellante, che incentra le doglianze su “una questione di sistema” relativa alle “ore di lavoro minime e inderogabili” – non ha peraltro impugnato.

Tanto premesso, e considerati i detti criteri discretivi, si deve concludere che l’appellante – che si limita come visto a contestare la compatibilità della clausola del monte ore minimo inderogabile con gli schemi di cui all’art. 1655 Cod. civ. e all’art. 29 d.lgs. n. 276 del 2003 – non dimostra la concreta sussistenza, nella fattispecie in esame, di una siffatta condizione: vale a dire che la lex specialis configuri non già un contratto di appalto, ma una figura non consentita di contratto di somministrazione di lavoro.

Quanto, invece, alla seconda censura (che evidenzia che il bando-tipo n. 2 adottato dall’ANAC per i servizi di pulizia non contempla una clausola quale quella qui in rilievo), è la stessa deducente a rilevare che l’art. 71 del d.lgs. n. 50 del 2016 prevede la possibilità delle stazioni appaltanti di derogare ai bandi-tipo Anac previa motivazione nella determina a contrarre. Sicché per un verso va confermato il rilievo del primo giudice sulla non vincolatività dei bandi-tipo, ulteriormente rilevandosi la coerenza della conclusione con le finalità meramente agevolative e di omogeneità che la legge collega espressamente alla loro predisposizione; per altro verso va escluso che una prescrizione meramente aggiuntiva a quelle del bando-tipo di cui sia accertata la compatibilità con il quadro normativo della materia, come quella di cui si discute, possa ritenersi illegittima, con conseguente sua demolizione giurisdizionale, solo perché carente di specifica motivazione: la gravità della sanzione ipotizzata dall’appellante, sia ex se, sia per l’afferenza alla materia dei bandi pubblici, ove domina l’esigenza della certezza della regolazione, imporrebbe infatti la sua predeterminazione da parte dell’art. 71 in parola, che invece non la contempla.


SPECIFICHE TECNICHE- CRITERIO DELL’EQUIVALENZA - APPLICAZIONE INDIPENDENTE DA ESPRESSI RICHIAMI NEGLI ATTI DI GARA - NON ONERA I CONCORRENTI DI UN’APPOSITA FORMALE DICHIARAZIONE - PRODUZIONE DI UN CERTIFICATO RILASCIATO DA UN ENTE NON ACCREDITATO

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2020

Il principio di equivalenza, codificato dall’art. 68 Dlgs. 50/2016, che attua l’art. 42 della direttiva 2014/24/UE “permea l'intera disciplina dell'evidenza pubblica e la possibilità di ammettere a seguito di valutazione della stazione appaltante prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste risponde al principio del favor partecipationis (ampliamento della platea dei concorrenti) e costituisce altresì espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell'Amministrazione” (cfr. Cons. Stato, III, n. 4364/2013; n. 4541/2013; n. 5259/2017; n. 6561/2018), “di ammettere, a seguito di valutazione della stazione appaltante, prodotti aventi specifiche tecniche nella sostanza equivalenti a quelle richieste...” (cfr. TAR, Puglia, Bari, II, 17.2.2020 n. 273; Cons .St., III, 18.9.2019 n. 6212).

Detto principio, secondo la condivisibile giurisprudenza “trova applicazione indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara o da parte dei concorrenti, in tutte le fasi della procedura di evidenza pubblica e “l'effetto di “escludere” un’offerta, che la norma consente di neutralizzare facendo valere l'equivalenza funzionale del prodotto offerto a quello richiesto, è testualmente riferibile sia all’offerta nel suo complesso sia al punteggio ad essa spettante per taluni aspetti ... e la ratio della valutazione di equivalenza è la medesima quali che siano gli effetti che conseguono alla difformità” (Cons. Stato, III, n. 6721/2018).

La giurisprudenza ha chiarito, altresì, che l’art. 68, comma 7, del d.lgs. 50/2016 non onera i concorrenti di un’apposita formale dichiarazione circa l'equivalenza funzionale del prodotto offerto, potendo la relativa prova essere fornita con qualsiasi mezzo appropriato; la commissione di gara può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis” (cfr. Cons. St., III, n. 2013/2018 nella quale si è altresì precisato che la medesima Sezione con sentenza del 11/09/2017, n. 4282, ha sottolineato che il comma 4 dell'art. 68 del d.lgs. n. 163 - laddove prevedeva che le stazioni appaltanti non potessero respingere un'offerta per il motivo che i prodotti e i servizi offerti non erano conformi alle specifiche alle quali avevano fatto riferimento - imponeva che il riscontro delle specifiche tecniche in una gara fosse agganciato non al formale, meccanico riscontro della specifica certificazione tecnica, ma al criterio della conformità sostanziale delle soluzioni tecniche offerte; Cons. St., III, n. 747/2018 secondo cui “quanto alla mancata presentazione di "un'espressa dichiarazione di equivalenza", richiesta dal comma 6 del medesimo art. 68” (Dlgs. 163/2006), “la produzione in sede di offerta delle schede tecniche dei prodotti e dei campioni deve ritenersi sufficiente a consentire alla stazione appaltante lo svolgimento di un giudizio di idoneità tecnica dell'offerta e di equivalenza dei requisiti del prodotto offerto alle specifiche tecniche: tanto più quando la mancata presentazione della suddetta dichiarazione di equivalenza, non è sanzionata con l'esclusione né dalla lex specialis, né dalla disposizione di legge citata”.

Inoltre, la ratio della dichiarazione di equivalenza appare essere di ordine meramente strumentale, siccome finalizzata a richiamare l'attenzione della stazione appaltante sulla necessità di compiere le verifiche di cui al comma 4, mentre la valutazione di equivalenza può ritenersi comunque compiuta, sebbene in forma implicita, dalla commissione di gara che abbia ritenuto valutabile l'offerta tecnica”.

Dalla giurisprudenza deve inoltre ricavarsi il principio secondo il quale la stazione appaltante non può legittimamente escludere un’offerta, per mancata osservanza delle specifiche tecniche, laddove le stesse siano impossibile da essere osservate (cfr in tal senso Consiglio di Stato sez. III, 18/12/2018, n. 7128 secondo cui “Nell'ambito di una gara d'appalto per la fornitura di dispositivi IVD consumabili sottovuoto e aghi per prelievo sottovuoto in cui la "lex specialis" richieda talune specifiche tecniche, strutturali e prestazionali, complessivamente contraddittorie ed impossibili da realizzare, è illegittima l'esclusione dell'offerta per la pretesa non conformità della stessa rispetto a tali caratteristiche” (fattispecie nella quale erano richieste provette da siero senza alcun additivo per farmaci, metalli liquor ed era stato rilevato che una provetta senza additivi non è idonea per raccogliere campioni di sangue, e una provetta sottovuoto con additivi non è idonea per raccogliere campioni di liquor)).

Il collegio ritiene inoltre di aderire all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale “la produzione di un certificato rilasciato da un ente non accreditato non può comportare “ex se” l'esclusione dell'operatore economico da una procedura di gara, ma impone alla stazione appaltante una valutazione in ordine all'effettivo possesso dei requisiti in capo al concorrente; valutazione che ben può avvenire anche attraverso l’esame della certificazione non accreditata da questi fornita, giacché il legislatore ha prediletto un approccio sostanzialista, inteso a contemperare l’esigenza di ammettere alla gara le sole imprese in possesso dei requisiti posti dalla “lex specialis” con il generale “favor partecipationis” che informa la disciplina degli appalti” (Consiglio di Stato, Sez. V, 13.10.2016, n. 4238).

Ed invero detta interpretazione, seppure riferita al Codice previgente, e nello specifico al disposto dell’art. 43 d.lgs. 163/2006, ben si concilia con la lettera dell’art. 87 comma 1 Dlgs. 50/2016 secondo il quale “Qualora richiedano la presentazione di certificati rilasciati da organismi indipendenti per attestare che l'operatore economico soddisfa determinate norme di garanzia della qualità, compresa l'accessibilità per le persone con disabilità, le stazioni appaltanti si riferiscono ai sistemi di garanzia della qualità basati sulle serie di norme europee in materia, certificati da organismi accreditati. Le stazioni appaltanti riconoscono i certificati equivalenti rilasciati da organismi stabiliti in altri Stati membri”.

CONSULTAZIONE PRELIMINARE DI MERCATO - VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI EQUIVALENZA (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

Con il primo motivo si censura la sentenza appellata nella parte in cui ha rilevato che la richiesta ai partecipanti del requisito della disponibilità esclusivamente di parti di ricambio nuove e originali sia incompatibile con il principio di equivalenza di cui all’articolo 68, D.Lgs. 50/2016. La censura è infondata. La pretesa di limitare la fornitura ai pezzi di ricambio nuovi e originali costituisce una restrizione della concorrenza, che oltre a non trovare alcuna ragionevole giustificazione, viene smentita dall’articolo 23 del Regolamento UE 2017/745, relativo ai dispositivi medici, che legittima l’introduzione sul mercato di articoli destinati “in maniera specifica a sostituire una parte o un componente identico o simile di un dispositivo difettoso o usurato al fine di mantenere o ripristinare la funzione del dispositivo stesso”. Inoltre, come condivisibilmente dedotto dalla parte appellata, avuto riguardo ai richiamati tratti caratterizzanti l’istituto in esame, una simile limitazione sarebbe dovuta al più conseguire solamente all’esito della Consultazione preliminare di mercato, in coerenza con la ratio di tale istituto.

APPALTO SERVIZI - SPECIFICHE TECNICHE - EQUIVALENZA - ESAME DEGLI ELEMENTI FORNITI IN GARA (68.7)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

Come affermato in giurisprudenza- “Il precetto di equivalenza delle specifiche tecniche è un presidio del canone comunitario dell'effettiva concorrenza (come tale vincolante per l'Amministrazione e per il giudice) ed impone che i concorrenti possano sempre dimostrare che la loro proposta ottemperi in maniera equivalente allo standard prestazionale richiesto”, con la conseguenza che “se è vero che il concorrente che voglia avvalersi del principio di equivalenza, ha l'onere di dimostrare, appunto, l'equivalenza tra i prodotti, non potendo pretendere che di tale accertamento si faccia carico la Commissione di gara. Ma, una volta che l’Amministrazione abbia proceduto in tal senso, la scelta tecnico discrezionale può essere inficiata soltanto qualora se ne dimostri l’erroneità” (Cons. Stato, Sez. III 13 dicembre 2018 n. 7039).

Né si può argomentare che ciò sia accaduto nel caso di specie o sostenere l’illegittima integrazione-modificazione postuma dell’offerta da parte di I. solo perché la stazione appaltante ha ritenuto di verificarne alcuni elementi dopo l’aggiudicazione, chiedendo ed ottenendo informazioni sulle modalità con le quali in concreto il servizio sarebbe stato fornito.

In proposito, è bene sottolineare ancora una volta che il criterio di aggiudicazione era quello del prezzo più basso, sicché, mancando un progetto tecnico di esecuzione dei servizi da affidare, è condivisibile il passaggio motivazionale della sentenza di primo grado che valorizza la dichiarazione di OMISSIS s.p.a. di “aver preso visione del Capitolato Tecnico e che i beni e/o servizi che verranno offerti dal Concorrente rispettano tutti i requisiti minimi in esso indicati”, al fine di escludere che il riferimento al servizio commercialmente denominato Managed Maintenance Support (MMS) contenuto nel documento “verifiche sull’offerta” (fornito per rispondere alla richiesta di informazioni) costituisca un’integrazione postuma dell’offerta.

Dal momento che i servizi offerti consistevano nelle prestazioni espressamente indicate e descritte nel capitolato speciale per il supporto e la manutenzione di apparati della rete Cisco e dal momento che la modalità di erogazione del servizio, indicata nell’offerta di I. come PSS, prevedeva che il soggetto erogante non fosse direttamente Cisco, ma che vi fosse, appunto, l’intermediazione di I., in qualità di partner Cisco, i chiarimenti sono serviti esclusivamente ad informare la committenza di come tale intermediazione avrebbe operato in modo da “preservare in via sostanziale la possibilità di interazione diretta tra Committente e produttore Cisco, senza oneri aggiuntivi per la Committente” (come da chiarimenti n. 12).

In sintesi, l’intermediazione di I. presupponeva l’erogazione del servizio con risorse proprie e con propri mezzi, secondo la modalità Partner Support (già indicata nell’offerta economica), di modo il riferimento al servizio commercialmente denominato MMS è servito a spiegare come sarebbe stato fornito il supporto di primo e di secondo livello da parte della stessa OMISSIS, mentre il terzo livello sarebbe stato fornito direttamente da Cisco, sia pure con l’intermediazione di I., ma in modo tale da rispondere alle esigenze della stazione appaltante quali precisate con i detti chiarimenti.

L’offerta è rimasta identica sia quanto alle prestazioni offerte (in specie in punto di rispetto dei requisiti minimi indicati nel capitolato speciale) che quanto alle modalità di erogazione del servizio, salvo che queste sono state descritte in concreto, senza che siano stati offerti servizi aggiuntivi, come infondatamente denunciato dall’appellante.

EQUIVALENTE PRODOTTO – MANCATA DIMOSTRAZIONE – ESCLUSIONE (68)

TAR LAZIO RM SENTENZA 2020

Secondo un orientamento consolidato nella giurisprudenza amministrativa, il principio di equivalenza ha lo scopo di evitare che, attraverso la previsione di specifiche tecniche eccessivamente dettagliate - in alcuni casi addirittura “nominative”, con indicazione ad esempio di un singolo brevetto, marchio o provenienza - risulti irragionevolmente limitato il confronto competitivo fra gli operatori economici, e in particolare vengano precluse offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta.

In ragione di ciò, proprio alla luce della ratio sottesa al principio di equivalenza, presupposto essenziale perché detto principio possa essere richiamato e trovare applicazione è che, sul piano qualitativo, si sia in presenza di una specifica in senso propriamente tecnico, e cioè di uno standard - espresso in termini di certificazione, omologazione, attestazione, o in altro modo - capace di individuare e sintetizzare alcune caratteristiche proprie del bene o del servizio, caratteristiche che possono tuttavia essere possedute anche da altro bene o servizio pur formalmente privo della specifica indicata (Consiglio di Stato, sez. V, 25 luglio 2019 n. 5258).

Sennonché, nel caso di specie, la CB s.r.l. non ha fornito adeguata dimostrazione della equivalenza dei prodotti da essa offerti rispetto a quanto richiesto dalla lex specialis.

A tale riguardo, non può essere attribuita rilevanza giuridica dirimente alla polizza per la responsabilità civile verso terzi o alle certificazioni di qualità prodotte (UNI EN ISO 9001-2015; UNI EN ISO 13485 – 2016), in quanto la prima assume rilevanza sotto il profilo della responsabilità dell’appaltatore per i danni cagionati a terzi, mentre le seconde sono certificazioni di qualità delle quali non è dimostrata l’assimilabilità a quella richiesta dal Capitolato tecnico (certificazione EN ISO 15883).

Né tantomeno può essere attribuita rilevanza giuridica alla circostanza allegata dalla società CB s.r.l. di essere aggiudicataria di altre commesse di analogo oggetto in altre Regioni, in quanto l’oggetto del presente giudizio è limitato allo scrutinio della legittimità della procedura di gara di cui sopra.

In conclusione, non essendo la documentazione prodotta idonea a dimostrare l’equivalenza dei propri prodotti rispetto a quelli richiesti dal Capitolato tecnico, la società CB s.r.l. avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per inidoneità della offerta, tenendo altresì conto dei limitati poteri della Commissione di gara, in relazione al criterio di aggiudicazione prescelto dalla stazione appaltante (criterio del prezzo più basso) e della particolare destinazione dell’oggetto della fornitura (i prodotti sono destinati ad essere utilizzati per la detersione/disinfezione e per la sterilizzazione degli endoscopi).

PRINCIPIO DI EQUIVALENZA – LIMITI (68)

TAR LAZIO SENTENZA 2020

Un’Azienda Sanitaria Locale indiceva una procedura aperta per l’affidamento triennale di una fornitura avente ad oggetto determinati prodotti di natura sostanzialmente standardizzata. Proprio in ragione della natura dell’oggetto del contratto veniva individuato come criterio di aggiudicazione quello del prezzo più basso. All’esito della procedura, la seconda classificata proponeva ricorso dinanzi al TAR deducendo, per quel che qui rileva, che il prodotto offerto dall’impresa aggiudicataria non fosse conforme alle caratteristiche tecniche minime stabilite dal Capitolato Tecnico, con la conseguenza che la società aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara.

Il Collegio ha ritenuto di accogliere le doglianze proposte dalla ricorrente ribadendo alcune fondamentali coordinate applicative sul principio di equivalenza.

I giudici del TAR, richiamando una consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato, hanno ritenuto che nella fattispecie non potesse trovare applicazione il principio di equivalenza – invocato dall’aggiudicataria – poiché «presupposto essenziale perché detto principio possa essere richiamato e trovare applicazione è che, sul piano qualitativo, si sia in presenza di una specifica in senso propriamente tecnico, e cioè di uno standard - espresso in termini di certificazione, omologazione, attestazione, o in altro modo - capace di individuare e sintetizzare alcune caratteristiche proprie del bene o del servizio, caratteristiche che possono tuttavia essere possedute anche da altro bene o servizio pur formalmente privo della specifica indicata (Consiglio di Stato, sez. V, 25 luglio 2019 n. 5258)».

Il Collegio ha in primo luogo rilevato che nella fattispecie la stazione appaltante nel dettare la disciplina di gara avesse stabilito in maniera precisa le caratteristiche tecniche dei prodotti oggetto della fornitura. Altrettando dirimente secondo il TAR è stata la circostanza secondo cui la Commissione di gara nel corso della procedura si fosse limitata a dichiarare la conformità del prodotto offerto dall’aggiudicataria (rivelatosi al contrario non conforme all’esito della valutazione giurisdizionale), senza alcun approfondimento in ordine alla equivalenza del prodotto offerto da quest’ultima rispetto a quanto richiesto nel Capitolato. Inoltre, il Collegio ha precisato che il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso scelto dalla stazione appaltante avrebbe dovuto limitare in maniera significativa l’ambito di operatività delle valutazioni compiute della Commissione di gara.

In ragione di quanto detto, il TAR ha accolto il ricorso e dichiarato illegittima l’aggiudicazione. Ciò in quanto, avendo l’Amministrazione richiesto alle imprese partecipanti alla gara il possesso di requisiti specifici dei prodotti oggetto di fornitura, questa si sarebbe potuta discostare dalle prescrizioni della lex specialis solo fornendo un’ampia e congrua motivazione al riguardo, pena l’evidente violazione della par condicio.

SPECIFICHE TECNICHE – PAR CONDITIO CONCORRENTI (68.4)

TAR LAZIO RM SENTENZA 2020

È bensì vero che l’art. 68, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016 dispone: 4. Le specifiche tecniche consentono pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione e non devono comportare direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati all'apertura degli appalti pubblici alla concorrenza. E, tuttavia, nel caso di specie, la ricorrente non ha fornito elementi concreti che dimostrino che le specifiche tecniche richieste dalla stazione appaltante siano ingiustificate e abbiano il solo scopo di alterare la par condicio tra concorrenti.

Le Amministrazioni, pur dovendo favorire la massima partecipazione alle procedure di gara in materia di appalti pubblici, non sono ovviamente in condizione di conoscere le dotazioni strumentali dei diversi operatori economici presenti sul mercato, con la conseguenza che sono questi ultimi, attraverso lungimiranti politiche di investimento nel patrimonio aziendale, a dover ottimizzare e diversificare l’offerta di prestazioni, al fine di venire incontro alle legittime esigenze delle stazioni appaltanti. Di contro non appare ravvisabile in capo alla Amministrazione resistente un obbligo giuridico di ridurre, sotto il profilo qualitativo o quantitativo, l’oggetto della fornitura, al fine di consentire alla ricorrente, in relazione alle sue dotazioni strumentali, di partecipare alla procedura di gara de qua.

PRINCIPIO DI EQUIVALENZA – NON APPLICABILE SE PRODOTTO NON SPECIFICO IN LEX SPECIALIS (68)

TAR LAZIO RM SENTENZA 2020

Non trova applicazione il principio di equivalenza nelle ipotesi in cui non si richieda un prodotto così specificatamente individuato da restringere eccessivamente la possibilità di partecipazione alla gara. Nel caso di specie, la lex specialis si era limitata ad individuare le caratteristiche minime della fornitura, senza scendere in dettagli tecnici prestazionali o funzionali, con la conseguenza che l’Amministrazione non era, pertanto, tenuta a valutare ogni prodotto in ipotesi equivalente, ma solamente a riscontrare la presenza di tutte le caratteristiche richieste nel bando per il corretto e ottimale funzionamento del servizio.

PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - RISPETTO DEL PRINCIPIO DEL FAVOR PARTECIPATIONIS (68.6)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

Il principio di equivalenza presuppone la corrispondenza delle prestazioni del prodotto offerto, ancorché difforme dalle specifiche tecniche indicate dalla stazione appaltante (Cons. St., sez. III, 22 novembre 2017, n. 5426; Cons. Stato sez. III, 31/10/2019, n.7450); la giurisprudenza ha costantemente sostenuto che sussiste la possibilità per l'Amministrazione di ammettere prodotti equivalenti (Cons. St., sez. IV, 26 agosto 2016, n. 3701; id., sez. III, 3 dicembre 2015, n. 5494), a tutela del principio del favor partecipationis, perché assicura un ampliamento della platea dei concorrenti. Ha anche affermato che la scelta della stazione appaltante di ammettere prodotti equivalenti costituisce espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica dell’Amministrazione (Cons. St. sez. III, 2 settembre 2013, n. 4364; Cons. Stato sez. III, 18/09/2019, n.6212), in quanto tale sindacabile solo se manifestamente erronea o irragionevole, situazione che non ricorre nel caso di specie.

PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - ESPRESSIONE DEL FAVOR PARTECIPATIONIS (68)

ANAC DELIBERA 2020

Il principio di equivalenza o di equipollenza permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, essendo espressione del più generale principio del favor partecipationis, e consente alla stazione appaltante di ammettere, a seguito di una propria valutazione discrezionale prodotti con specifiche tecniche equivalenti (artt. 68, 69 e 170 del Codice), certificati di conformità (art. 82), certificazioni di qualità (art. 87) ed in generale mezzi di prova sul possesso dei requisiti equivalenti a quelli richiesti da uno Stato membro (artt. 86 e 90), ovvero titoli di studio e/o professionali equipollenti a quelli prescritti dalla lex specialis (art. 83). Nell’ambito del giudizio di equipollenza tra titoli di studio e/o professionali richiesti come requisiti di capacità tecnica e professionale, si possono verificare diverse situazioni. Nel caso in cui la lex specialis richieda tassativamente il possesso di un titolo, escludendo una valutazione di equipollenza oppure limitandola a quella ex lege, la stazione appaltante non è titolare di un potere discrezionale nella valutazione di titoli diversi rispetto a quelli richiesti nel bando, ma è tenuta a riconoscere solo quelli equipollenti ex lege. Invece, nel caso in cui la lex specialis ammetta una valutazione di equipollenza tout court, la stazione appaltante dispone di un più ampio potere discrezionale, potendo valutare, alla luce del favor partecipionis, anche l’“equivalenza sostanziale” dei titoli che non sono ex lege automaticamente equipollenti a quelli richiesti, ma che, alla luce dell’oggetto e delle caratteristiche della singola gara, soddisfano egualmente l’interesse pubblico sotteso alla clausola della lex specialis.

OGGETTO: Istanza congiunta di parere di precontenzioso ex art. 211, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016 presentata da A e da B - Procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando per l’affidamento del servizio per la conduzione e manutenzione ordinaria, manutenzione programmata e manutenzione straordinaria dell’impianto di depurazione delle pubbliche fognature comunali per il Comune di Francavilla di Sicilia - Importo a base di gara: € 92.939,16 oltre Iva – S.A.: C.U.C. Distretto Taormina Etna.

EQUIVALENZA FRA I PRINCIPI ATTIVI - ACCORPAMENTO IN UN UNICO LOTTO -LEGITTIMO (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

Così ricostruito il sistema al momento dell’indizione della gara, la scelta di SCR di ritenere terapeuticamente equivalenti due farmaci con la stessa classificazione ATC di V livello, senza ricorrere al preventivo parere dell’AIFA, deve ritenersi legittima.

In altri termini, trovandosi ad operare nel suddetto contesto regolatorio, ai fini dell’acquisto centralizzato dei farmaci, può dirsi legittima la decisione di SCR di accorpare in un unico lotto farmaci a base di Fattore VIII ricombinante con principi attivi identificati con ATC di V livello….

Il Collegio ritiene, infatti, che SCR in ossequio al principio di buon andamento ed economicità, abbia esercitato correttamente il proprio potere discrezionale nel predisporre gli atti di gara, a fronte di inequivoche indicazioni del legislatore (che definisce il principio attivo attraverso l’ATC di V livello) e di AIFA (che individua il principio attivo nel fattore VIII, cui corrisponde l’ATC di V livello B02BD02).

In conclusione, a giudizio del Collegio i due ricorsi in appello sono fondati e devono essere accolti, in quanto, come statuito dalla giurisprudenza di questa Sezione, nella fattispecie in esame non sussisteva l’obbligo di richiesta di un parere preventivo dell’AIFA, non essendovi un problema di possibile equivalenza fra principi attivi diversi; a differenza di quanto ritenuto dal Tar Piemonte, il legislatore nazionale ha univocamente identificato il “principio attivo” attraverso il “codice ATC di V livello”, anche ai fini del citato art. 15, co. 11 ter, d.l. n. 95 del 2012, avendo i farmaci posti in competizione, definiti come “fattore VIII”, tutti stesso ATC di V livello B02BD02 e stessa indicazione terapeutica (cura dell’emofilia A).

L’accertata equivalenza fra i principi attivi dei diversi farmaci messi a gara consente, peraltro, di superare le dedotte illegittimità, non essendo state allegate specifiche esigenze di cura personalizzata a tutela del diritto alla salute dei singoli pazienti con farmaci mirati e restando comunque ferma la prevista percentuale di possibile prescrizione di farmaci diversi.

La medesima equivalenza nell’ambito di un medesimo lotto affranca altresì le modalità di gara e di aggiudicazione al massimo ribasso dai dedotti vizi di illegittimità fondati sulla non comparabilità fra i diversi prodotti e su normative e parametri tecnici internazionali e comunitari che non appaiono comunque incompatibili con le scelte dell’appellante.




SPECIFICHE TECNICHE – PRINCIPIO DI EQUIVALENZA (68.7)

TAR LAZIO RM SENTENZA 2019

Osserva il collegio che, anche alla luce della più recente giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, sez. III, 18 settembre 2019, n. 6212):

a) ai fini della partecipazione alle pubbliche gare, il principio di equivalenza permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica;

b) esso trova applicazione “indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara o da parte dei concorrenti” (cfr. punto 24 della citata decisione del Consiglio di Stato). Nel caso di specie il principio di equivalenza era comunque espressamente richiamato dall’art. 15 del disciplinare di gara;

c) tale criterio risponde al più generale principio del favor partecipationis (id est: ampliamento della platea dei concorrenti), costituendo dunque espressione della massima concorrenzialità nel settore dei pubblici contratti. Ogni deroga a tale finalità di carattere generale deve di conseguenza essere suscettiva di stretta interpretazione: di qui l’esigenza di limitare entro rigorosi limiti applicativi l’area dei requisiti tecnici minimi e di dare spazio – parallelamente ma anche ragionevolmente e proporzionalmente – ai prodotti sostanzialmente analoghi a quelli espressamente richiesti dalla disciplina di gara;

d) ne consegue, sul piano più strettamente applicativo, che un siffatto giudizio di equivalenza sulle specifiche tecniche dei prodotti offerti in gara risulta legato non a formalistici riscontri ma a criteri di conformità sostanziale delle soluzioni tecniche offerte: deve in altri termini registrarsi una conformità di tipo funzionale rispetto alle specifiche tecniche indicate dal bando. Di qui il ricorso ad un criterio di sostanziale ottemperanza, da parte dei prodotti ritenuti equivalenti, rispetto alle ridette specifiche (cfr. Cons. Stato, sez. III, 29 marzo 2018, n. 2013). Specifiche che, in questo modo, “vengono in pratica comunque soddisfatte” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 2 settembre 2013, n. 4364);

e) sul piano procedimentale il meccanismo di cui al citato art. 68, comma 7, non onera i concorrenti di un’apposita formale dichiarazione circa l’equivalenza funzionale del prodotto offerto. Con il nuovo codice degli appalti (decreto legislativo n. 50 del 2016) non risulta infatti più esplicitamente richiesta una “separata dichiarazione” da allegare all’offerta, bastando altresì al riguardo una prova da includere nell’offerta stessa con qualsivoglia mezzo appropriato. Prova questa da fornire in funzione della natura e dell’importanza della relativa fornitura (cfr. artt. 68 e 86 codice appalti), dunque anche mediante una specifica descrizione del prodotto e della fornitura [cfr. All. XVII, Parte II, lettere c) e k)]. Questa nuova previsione recepisce del resto un orientamento già affermatosi nel precedente regime normativo (decreto legislativo n. 163 del 2006) laddove è stato ritenuto che “la produzione in sede di offerta delle schede tecniche dei prodotti … deve ritenersi sufficiente ai fini dell’ammissione alla gara, in quanto atta a consentire alla stazione appaltante lo svolgimento di un giudizio di idoneità tecnica dell’offerta e di equivalenza dei requisiti del prodotto offerto alle specifiche tecniche” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 5 febbraio 2018, n. 747). Si osserva, a tale specifico riguardo, come nel caso di specie le “schede prodotto” fornite dalla prima classificata senz’altro risultino idonee a rispondere alle suddette finalità (cfr. doc. 5 della produzione ASL);

f) ancora sul piano procedimentale, la commissione di gara può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis (cfr. Cons. Stato, sez. III, 29 marzo 2018, n. 2013). Ciò anche in linea con quel dato orientamento secondo cui gli atti di assenso non necessitano di diffusa motivazione, soprattutto laddove si possa operare per relationem un rinvio alla documentazione tecnica versata agli atti del procedimento da parte del soggetto direttamente interessato. […];

g) a ciò si aggiunga che il giudizio di equivalenza costituisce pacificamente legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, sez. I, 19 febbraio 2018, n. 1904). Pertanto, il relativo sindacato giurisdizionale deve attestarsi su riscontrati (e prima ancora dimostrati) vizi di manifesta erroneità o di evidente illogicità del giudizio stesso, ossia sulla palese inattendibilità della valutazione espressa dalla stessa commissione di gara.

CONDIZIONI DI PARTECIPAZIONE – PIÙ RIGOROSE RISPETTO A QUELLE DI LEGGE – AMMISSIBILITÀ – LIMITI

TRGA TRENTINO ALTO ADIGE SENTENZA 2019

Va riconosciuta alla stazione appaltante un’ampia discrezionalità nello stabilire prescrizioni e condizioni di ammissione alla gara, introducendo anche requisiti di partecipazione più rigorosi e restrittivi di quelli stabiliti dalla legge, ma a condizione che gli stessi siano rispettosi dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza, e non introducano discriminazioni nell’accesso alla procedura comparativa. L’esercizio di tale potere costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sicché esula dalla competenza del Giudice amministrativo sindacare le valutazioni della stazione appaltante laddove esse non risultino macroscopicamente viziate da illogicità irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti. Il giudice esercita, quindi, il proprio sindacato mediante un controllo di legittimità delle ragioni dell’introduzione dei requisiti di partecipazione, ferma restando l’impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello dell’Amministrazione.

MANCANZA REQUISITI MINIMI – IMMEDIATA ESCLUSIONE

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2019

La ricorrente censura la propria esclusione dalla procedura selettiva in quanto la lex specialis di gara, a suo dire “scarsamente intellegibile” e “fuorviante”, non imporrebbe in alcun modo, quali requisiti minimi dei prodotti oggetto di fornitura a pena di esclusione, la biodegradabilità e compostabilità dei bicchieri e delle palette/cucchiaini oggetto di offerta, considerando che:

- la lex specialis è chiarissima nel prescrivere i requisiti della biodegradabilità e compostabilità dei bicchieri: l’art. 1.4.1. del capitolato speciale, denominato “TERMINI DELLA PRESTAZIONE – CARATTERISTICHE DEI DISTRIBUTORI DA INSTALLARE”, nell’ultimo capoverso, precisa infatti che “per l’erogazione delle bevande calde, sia a mezzo distributori automatici che semiautomatici, l’operatore è obbligato ad utilizzare bicchierini e palette/cucchiaini biodegradabili e compostabili”;

- inoltre, il paragrafo 16 del Disciplinare di gara prevede che “l’offerta tecnica deve rispettare le caratteristiche minime stabilite nel Progetto, pena l’esclusione dalla procedura di gara, nel rispetto del principio di equivalenza di cui all’art. 68 del Codice”.

Secondo la giurisprudenza condivisa dal Collegio, in caso di mancanza nell’offerta di requisiti minimi previsti nel capitolato speciale, la sanzione dell’esclusione si applica automaticamente anche nel caso in cui nel regolamento di gara non sia specificato in maniera inequivoca l’applicazione di tale sanzione (v. C.d.S., Sez. III, n. 3029/2016); la ricorrente, per un verso, si è limitata ad indicare che aveva a disposizione solo bicchieri e palette riciclabili (ovvero di materiale completamente diverso rispetto a quello biodegradabile e compostabile) della linea Hybrid, e, per altro verso, nonostante la stazione appaltante l’avesse invitata a chiarire se l’Hybrid fosse solo una “modalità alternativa” rispetto a quella compostabile e riciclabile, ha precisato che l’unica fornitura del bicchiere standard sarebbe stata quella del bicchiere Hybrid, ribadendo altresì che detto bicchiere è semplicemente riciclabile.

PRNCIPIO DI EQUIVALENZA FUNZIONALE NEGLI APPALTI PUBBLICI (68.7)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2019

Secondo la giurisprudenza prevalente di questa Sezione, l’ambito di applicazione del principio di equivalenza è piuttosto ampio, essendo stato affermato che:

- il principio di equivalenza “permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica e la possibilità di ammettere a seguito di valutazione della stazione appaltante prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste risponde al principio del favor partecipationis (ampliamento della platea dei concorrenti) e costituisce altresì espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione” (cfr. Cons. Stato, III, n. 4364/2013; n. 4541/2013; n. 5259/2017; n. 6561/2018);

- trova applicazione indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara o da parte dei concorrenti, in tutte le fasi della procedura di evidenza pubblica e “l’effetto di “escludere” un’offerta, che la norma consente di neutralizzare facendo valere l’equivalenza funzionale del prodotto offerto a quello richiesto, è testualmente riferibile sia all’offerta nel suo complesso sia al punteggio ad essa spettante per taluni aspetti … e la ratio della valutazione di equivalenza è la medesima quali che siano gli effetti che conseguono alla difformità” (cfr. Cons. Stato, III, n. 6721/2018);

- l’art. 68, comma 7, del d.lgs. 50/2016 non onera i concorrenti di un’apposita formale dichiarazione circa l’equivalenza funzionale del prodotto offerto, potendo la relativa prova essere fornita con qualsiasi mezzo appropriato; la commissione di gara può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis (cfr. Cons. Stato, III, n. 2013/2018; n. 747/2018).

SPECIFICHE TECNICHE – PARITA’ DI TRATTAMENTO

ANAC DELIBERA 2019

La ratio sottesa alla disciplina delle specifiche tecniche, è quella di evitare che le stazioni appaltanti predispongano regole di gara discriminatorie e del tutto avulse dalle obiettive esigenze collegate al tipo di appalto da affidare e che, pertanto, le specifiche tecniche devono consentire pari accesso agli offerenti e non devono comportare la creazione di ingiustificati ostacoli all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza (pareri di precontenzioso n. 17 del 26 gennaio 2011 e n. 524 del 17 maggio 2017).

Nondimeno […] le specifiche tecniche devono consentire agli operatori economici una parità di accesso alla procedura di aggiudicazione dell’appalto, e non possono comportare la creazione di ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza». Pertanto la Corte ribadisce che i principi della parità di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza rivestono un’importanza determinante per quanto riguarda le specifiche tecniche, in considerazione dei rischi di discriminazione connessi sia alla scelta di queste ultime, sia al modo in cui sono formulate, e pertanto esse dovrebbero «essere redatte in modo da evitare di restringere artificialmente la concorrenza mediante requisiti che favoriscono uno specifico operatore economico in quanto rispecchiano le principali caratteristiche delle forniture, dei servizi o dei lavori da esso abitualmente offerti» e pertanto dovrebbe essere possibile presentare offerte che riflettono la varietà delle soluzioni tecniche, delle norme e delle specifiche tecniche prevalenti sul mercato.

OGGETTO: Istanza singola di parere di precontenzioso ex art. 211, comma 1, del d.lgs.50/2016 presentata da A – Procedura aperta, suddivisa in sei lotti, per la fornitura e l’istallazione di apparecchiature sanitarie occorrenti ai PP.OO. di Taormina, Milazzo, Patti e Sant’Agata di Militello dell’ASP di Messina - Importo a base di gara: Lotto 1: 1.184.000,00 - Criterio di aggiudicazione: offerta economicamente più vantaggiosa

SPECIFICHE TECNICHE- PRINCIPIO DI EQUIVALENZA TECNICA - PRESIDIO DEL CANONE COMUNITARIO DELL’EFFETTIVA CONCORRENZA (68)

TAR LOMBARDIA BS SENTENZA 2019

L’art. 68 del D.Lgs n. 50/2016 (e, prima ancora, l’omologa disposizione del d.lgs. 163/2006), espressione del principio di equivalenza tecnica volto ad “evitare che le norme obbligatorie, le omologazioni nazionali e le specifiche tecniche possano essere artatamente utilizzate per operare indebite espulsioni di concorrenti, con il pretesto di una non perfetta corrispondenza delle soluzioni tecniche richieste” (Consiglio di Stato sez. III, 28 settembre 2018, n.5568). Il precetto di equivalenza delle specifiche tecniche è un presidio del canone comunitario dell’effettiva concorrenza (come tale vincolante per l’amministrazione e per il giudice) ed impone che “i concorrenti possano sempre dimostrare che la loro proposta ottempera in maniera equivalente allo standard prestazionale richiesto” (TAR Toscana, Firenze, sez. III, 30 ottobre 2018, n.1424 che richiama TAR Sicilia, Catania, sez. II, 10 gennaio 2018, n.59). In sostanza “il concorrente non può essere escluso se possiede una certificazione equivalente ovvero se propone caratteristiche tecniche sostanzialmente equivalenti e corrispondenti agli standards richiesti dall'amministrazione” (TAR Lazio, Roma, sez. II, 09 aprile 2018, n. 3896). Infine, è stato ulteriormente precisato che “se è vero che il concorrente che voglia avvalersi del principio di equivalenza, ha l'onere di dimostrare, appunto, l'equivalenza tra i prodotti, non potendo pretendere che di tale accertamento si faccia carico la Commissione di gara. Ma, una volta che l'Amministrazione abbia proceduto in tal senso, la scelta tecnico discrezionale può essere inficiata soltanto qualora se ne dimostri l'erroneità: ciò che nel caso in esame non è avvenuto” (Consiglio di Stato sez. III, 13 dicembre 2018, n.7039).

INADEGUATEZZA PROGETTO RISPETTO AI REQUISITI MINIMI - EFFETTI

TAR TOSCANA SENTENZA 2019

Il principio di tassatività delle cause di esclusione va inteso nel senso che l'esclusione dalla gara va disposta anche nel caso in cui siano imposti "adempimenti doverosi" pur senza prevedere espressamente l'esclusione (Cons. St., sez. V, 17/01/2019, n. 430) ovvero l’offerta del concorrente non sia conforme alle specifiche tecniche fissate dalla lex specialis o che, comunque, presuppongono o comportano che lo svolgimento del servizio venga svolto in maniera non corrispondente a quanto stabilito dalla legge di gara (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 23/01/2019 , n. 131; T.A.R. Lazio, sez. II, 21/05/2019, n. 6250).

In altre parole, l'inadeguatezza del progetto proposto dall'impresa offerente, rispetto ai requisiti minimi previsti dalla stazione appaltante per il contratto da affidare, legittimano l'esclusione dalla gara e non già la mera penalizzazione dell'offerta nell'attribuzione del punteggio, perché determinano la mancanza di un elemento essenziale per la formazione dell'accordo necessario per la stipula del contratto (T.A.R. Emilia Romagna, Parma 10/01/2019, n. 1).

SPECIFICHE TECNICHE – LEGITTIMO RINVIO AD UN “CAMPIONE UFFICIALE” (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2019

Le specifiche tecniche “definiscono le caratteristiche previste per lavori, servizi o forniture” (art. 68, comma 1, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50); è necessario che siano precise per consentire agli operatori economici la piena comprensione delle richieste della stazione appaltante.

Non v’è alcun divieto per la stazione appaltante di esprimere le specifiche tecniche mediante rinvio ad un “campione ufficiale”, vale a dire ad un modello predisposto dalla stessa amministrazione al quale gli operatori economici devono conformarsi per la realizzazione del loro “campione”, poiché, anzi, in questo modo, sono rese più chiare ed inequivoche le caratteristiche attese.

L’operatore economico, a sua volta, non può lamentarsi che il suo campione sia stato ritenuto inidoneo dalla commissione giudicatrice per difformità al “campione ufficiale”, senza fornire prova di aver proposto caratteristiche “equivalenti” a quelle richieste dall’amministrazione.

SPECIFICHE TECNICHE- GRAVA SULL’OFFERENTE L’ONERE DI DIMOSTRARE L’EQUIVALENZA- DETTO INCOMBENTE DEVE ESSERE ASSOLTO GIÀ IN SEDE DI PRESENTAZIONE DELL’OFFERTA (68.7)

TAR PUGLIA LE SENTENZA 2019

L’art. 68 comma 7 del d.lgs. n. 50 del 2016 è (…) inequivocabile nel precisare che grava sull’offerente l’onere di dimostrare l’invocata equivalenza, e che detto incombente deve essere assolto già in sede di presentazione dell’offerta. In tal senso, del resto, si esprime costantemente la giurisprudenza: “L'art. 68, commi 7 e 8, del d.lgs. n. 50/2016 onera i concorrenti di dimostrare nella propria offerta di aver proposto una soluzione in grado di ottemperare in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche, ovvero alle prestazioni e ai requisiti funzionali voluti dall'amministrazione aggiudicatrice, talché è irrilevante la prova di equivalenza fornita soltanto in giudizio o al di fuori dell'offerta. […]” (TAR Toscana, Firenze, Sez. III, 13 novembre 2018, n. 1490).

PRESENTAZIONE DELLE OFFERTE - PRINCIPIO DI EQUIVALENZA

TAR EMILIA BO SENTENZA 2019

In linea generale, il principio, ben chiaro in giurisprudenza, per cui, in sede di presentazione delle offerte in una gara d'appalto pubblico, opera il c.d. principio di equivalenza, garantisce e promuove la maggior apertura concorrenziale tanto nell'ambito del singolo procedimento di affidamento (così collegandosi all’altrettanto rilevante principio del favor partecipationis nelle gare pubbliche), quanto nel mercato degli appalti pubblici.

Tale principio, oggi cristallizzato nell'art. 68, commi 4 e 7 del Dlg 163/2006, pone in capo all’offerente l'onere di dimostrare, con qualsiasi mezzo appropriato e ritenuto soddisfacente dalla stazione appaltante, l'equivalenza del prodotto offerto rispetto a quello indicato nel capitolato.

Il Consiglio di Sato ha già chiarito che “Negli appalti pubblici la clausola di equivalenza non trova applicazione indipendentemente dall’espressa previsione della lex specialis, perché le norme destinate a disciplinare la gara hanno valore di lex specialis, le quali non vanno integrate da quelle operative ai sensi dell’art.1339 Cod. civ., dovendo in tal caso il giudice amministrativo non certo annullare la legge di gara bensì annullare, ove sia stata ritualmente impugnata nei termini, la clausola del bando che fissi specifiche tecniche ristrettive in violazione di quanto previsto nell’art.68 comma 4 D.L.vo 12 aprile 2006 n.163 con conseguente illegittima esclusione del concorrente che abbia presentato un prodotto equivalente” (Cons. St., sez. III, 2 settembre 2013, n.4364; Cons. St. sez. V, 8 aprile 2014, n.1666; sez. V, 24 febbraio 2017, n.868).

Nel caso di specie – tuttavia - risulta in atti che il prodotto offerto non è pienamente equivalente.

PRINCIPIO DI EQUIVALENZA – LIMITI –OFFERTE TECNICAMENTE INAPPROPRIATE – NON AMMESSO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2019

In relazione allo spettro applicativo del principio di equivalenza la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, che il Collegio condivide, ha posto in risalto che “nell’ambito dei paesi appartenenti all’Unione Europea, come è evidente dai commi 4, 5 e 6, del cit. articolo [i.e., art. 68 d. lgs. n. 163 del 2006, oggi corrispondente all’art. 68 d. lgs. n. 50 del 2016], il predetto presidio [i.e., dell’equivalenza] è diretto ad evitare che le norme obbligatorie, le omologazioni nazionali e le specifiche tecniche potessero essere artatamente utilizzate per operare indebite espulsioni di concorrenti, con il pretesto di una non perfetta corrispondenza delle soluzioni tecniche richieste. Ma il principio non può assolutamente essere invocato per ammettere offerte tecnicamente inappropriate. Il principio di equivalenza delle specifiche tecniche è infatti diretto ad assicurare che la valutazione della congruità tecnica non si risolva in una verifica formalistica, ma nella conformità sostanziale dell’offerta delle specifiche tecniche inserite nella lex specialis (cfr. Consiglio di Stato sez. III 02 marzo 2018 n. 1316) (…). Ma il principio non può essere postumamente invocato nel differente caso che l’offerta comprenda una soluzione la quale, sul piano oggettivo funzionale e strutturale, non rispetta affatto le caratteristiche tecniche obbligatorie, previste nel capitolato di appalto per i beni oggetto di fornitura” (Cons. Stato, III, 28 settembre 2018, n. 5568).

Nel caso di specie la previsione del peso del prodotto, lungi dal configurare uno standard tecnico-normativo dettagliato passibile d’equivalenza, vale a definire in termini generali l’oggetto della fornitura, discrezionalmente confezionato dall’amministrazione (cfr. in proposito Cons. Stato, III, 24 febbraio 2016, n. 746): non può perciò invocarsi a riguardo il suddetto principio - in particolare al fine di ritenere illegittima la lex specialis che non vi faccia riferimento, o non consenta di fondare un giudizio d’ipotetica equivalenza - prevalendo di per sé l’assorbente constatazione della difformità del bene rispetto a quello descritto dalla lex specialis, con conseguente integrazione di un’ipotesi di aliud pro alio non rimediabile.

Il richiamo al principio di equivalenza in un siffatto caso avrebbe infatti l’effetto di distorcere l’oggetto del contratto, al punto da consentire ai partecipanti di offrire un bene radicalmente diverso rispetto a quello descritto nella lex specialis, così finendo per rendere sostanzialmente indeterminato l’oggetto dell’appalto e per modificarne surrettiziamente i contenuti in danno della stessa stazione appaltante e dei concorrenti che abbiano puntualmente osservato la disciplina di gara.

PEZZI DI RICAMBIO – SOLO ORIGINALI – ILLEGITTIMA RICHIESTA

TAR TOSCANA FI SENTENZA 2019

La pretesa di ESTAR relativa alla disponibilità di sole parti di ricambio nuove e originali appare, nella sua assolutezza, incompatibile con il principio di equivalenza enunciato dall’art. 68 d.lgs. n. 50/2016. La giurisprudenza eurounitaria non dubita che le specifiche tecniche, anche in ambito sanitario, debbano rispettare i principi della parità di trattamento e di proporzionalità (cfr. Corte di giustizia UE, sez. IX, 25 ottobre 2018, C-413/17); e, del resto, il riconoscimento della possibilità di intervenire sui dispositivi medici mediante sostituzione delle parti originali non più funzionanti con parti non originali è implicito nella previsione di cui all’art. 23 del Regolamento UE 2017/745 relativo ai dispositivi medici, che legittima l’immissione sul mercato di articoli destinati “in maniera specifica a sostituire una parte o un componente identico o simile di un dispositivo difettoso o usurato al fine di mantenere o ripristinare la funzione del dispositivo stesso”, purché detti articoli non compromettano la sicurezza e le prestazioni del dispositivo, e di ciò siano tenute a disposizione delle autorità competenti evidenze a sostegno.

La norma da ultimo richiamata, in particolare, smentisce la tesi esposta da ESTAR nell’avviso di consultazione, secondo cui l’impiego di parti di ricambio non originali cambierebbe di per sé la sostanza stessa dell’apparecchiatura e non ne garantirebbe la corretta funzionalità. In questi termini, la scelta di ESTAR di escludere a priori e in assoluto i ricambi non originali non può dirsi adeguatamente motivata, tenuto conto del vigente quadro normativo, e dà luogo a un’ingiustificata restrizione della concorrenza sin dalla fase dell’indagine di mercato.

Altra componente del servizio di manutenzione è poi quella rappresentata dalla disponibilità della documentazione e degli strumenti tecnici necessari per eseguire gli interventi di manutenzione in conformità alle indicazioni del fabbricante, a partire dalle chiavi informatiche di accesso e dai software di servizio delle apparecchiature.

FORNITURE DI FARMACI BIOSIMILARI – REGOLA DELL’EQUIVALENZA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2019

Affinché un farmaco biosimilare possa concorrere alla integrazione del numero minimo che, ai sensi della norma citata, impone il ricorso alla procedura dell’accordo-quadro e quindi, a fortiori, alla composizione di un unico lotto, esso deve fondarsi sull’identico principio attivo sul quale si basa il farmaco “originator”. (C.d.S. III Sez. n. 871 del 5.2.2019)

Invece, non è esclusa la possibilità di mettere in gara con unico lotto farmaci biologici “originatori” con diversi principi attivi (secondo la regola dell’equivalenza); tuttavia, la valutazione di equivalenza non è rimessa alla valutazione della stazione appaltante, ma è subordinata al parere dell’OMISSIS, organo competente ex art. 15, comma 11 ter.

Il parere dell’OMISSIS deve precedere la gara e, in mancanza, diversi principi attivi non possono essere messi in competizione tra loro. La lacuna non potrebbe essere colmata da un riconoscimento ex post dell’OMISSIS, dovendo l’equipollenza precedere l’indizione della gara (cfr. CDS, Sez. III, n. 4459 del 28.6.2019; Consiglio di Stato sez. III, 11/05/2018, n. 2820; parere della I sezione del C.d.S. n. 3992/2006 del 20 giugno 2007; cfr. anche determine OMISSIS 204/2004 e 818/2018).

RISTORAZIONE DELLA MENSA COMUNALE - PREVALENZA PRODOTTI ITALIANI

TAR FRIULI SENTENZA 2019

Le specifiche tecniche in questione, costituenti parte integrante e sostanziale del c.s.a. ai sensi dell’art.11 dello stesso, accettate incondizionatamente e senza riserve con la presentazione dell’offerta (vedi art. 15.4.1, punto 6, del Disciplinare di gara – all. 003-7 fascicolo doc. Comune di Sacile in data 20/3/2019), anche ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 16 del Disciplinare (“L’offerta tecnica deve rispettare, pena l’esclusione dalla procedura di gara, le caratteristiche minime stabilite nel progetto, le specifiche tecniche in esso contenute nonché le specifiche tecniche e le clausole contrattuali di cui al citato D.M. Ambiente e tutela del territorio 25 luglio 2011, recante ”) e 21 del c.s.a. (“Le derrate utilizzate per la preparazione dei pasti devono possedere le caratteristiche indicate nell’allegato B al presente capitolato”), prevedevano, infatti, espressamente:

a) alla voce “Cerali e derivati – pane fresco comune” (pag. 2), che “Il pane fornito deve essere garantito di produzione italiana giornaliera”;

b) alla voce “Carni – requisiti minimi delle carni bovine” (pag. 7), che “devono provenire da bovini nati, allevati in Italia, macellati e sezionati in stabilimenti italiani autorizzati CE”;

c) alla voce “Requisiti comuni a tutte le derrate” (pag. 1), che “Ai sensi di quanto previsto dai … il concessionario deve utilizzare per la preparazione dei pasti e fornire… prodotti provenienti da agricoltura biologica specificatamente richiesti per ogni preparazione giornaliera del menù: -… tutte le verdure surgelate…”;

d) alla voce “Altri prodotti - Miele vergine monofiore integrale” (pag. 31), che il miele stesso “Deve essere di origine esclusivamente italiana…”.

“…le caratteristiche tecniche previste nel capitolato di appalto valgono a qualificare i beni oggetto di fornitura e concorrono… a definire il contenuto della prestazione sulla quale deve perfezionarsi l’accordo contrattuale, di talché eventuali, apprezzabile difformità registrate nell’offerta concretano una forma di , comportante, di per sé, l'esclusione dalla gara, anche in mancanza di apposita comminatoria, e, nel contempo, non rimediabile tramite regolarizzazione postuma, consentita soltanto quando i vizi rilevati nell'offerta siano puramente formali o chiaramente imputabili a errore materiale…” (Consiglio di Stato, sez. III, 3 agosto 2018, n. 4809; in termini TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 2809 del 2018; TAR Lazio, Roma. Sez. II, 21 febbraio 2018, n. 2016) e che “ai fini dell’esclusione, non è necessaria un’espressa previsione in tal senso, essendo sufficiente il riscontro della difformità dell’offerta rispetto alle specifiche tecniche richieste dalla lex specialis, che abbiano per l’Amministrazione un valore essenziale” (così ancora Consiglio di Stato, Sez. III, 26 gennaio 2018, n. 565 e TAR Umbria, 1 settembre 2017, n. 563).

Ciò basta, ad avviso del Collegio, a deprivare la ricorrente principale di qualsivoglia interesse a contestare il concreto dispiegarsi della procedura (sul quale solo ha posto la sua attenzione avendo omesso di impugnare espressamente la legge di gara), in quanto, per effetto dell’esclusione che deriva dalla presente pronuncia, rimane priva del titolo necessario per contestarne gli esiti e la legittimità della scansioni procedimentali, dovendo il suo interesse protetto essere qualificato quale interesse di “mero fatto”, non dissimile da quello di qualsiasi operatore del settore che, non avendo partecipato alla gara, non ha titolo ad impugnarne gli atti (ex multis Consiglio di Stato n. 570 del 26 gennaio 2018; Tar Lazio – Roma, Sez. I bis, 15 maggio 2017, n. 5775).

FORNITURE DI MEDICINALI - EQUIVALENZA TERAPEUTICA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2019

L’art. 15, comma 11 ter, del D.L. n°95/2012 prevede che “nell’adottare eventuali decisioni basate sull’equivalenza terapeutica fra medicinali contenenti differenti principi attivi, le regioni si attengono alle motivate e documentate valutazioni espresse dall’Agenzia italiana del farmaco”.

Nel caso in cui due farmaci condividano tutti i livelli dell’ATC, ivi compreso il quinto, concernente il principio attivo, possono dirsi terapeuticamente equivalenti, almeno sino a contraria prova scientifica.

É per questa ragione che il legislatore, a mezzo dell’art. 15, comma 11 ter cit. ha ritenuto opportuno prevedere l’obbligatorio parere AIFA solo per le decisioni in tema di equivalenza terapeutica relativi a principi attivi diversi.

É evidente che, ai fini dell’acquisto centralizzato dei farmaci la medesima classificazione ATC di quinto livello è dato sufficiente per consentire gare in concorrenza, indipendentemente dalle eventuali differenze tecniche, posologiche o molecolari.

SPECIFICHE TECNICHE – PROVA DI EQUIVALENZA (68.6)

TAR LIGURIA SENTENZA 2019

Ha precisato la giurisprudenza amministrativa che il comma 6 dell’art. 68 del d.lgs. n. 50/2016, a sua volta riproduttivo dell'art. 60, paragrafo 4, della direttiva 2014/25, deve essere interpretato nel senso che, “quando le specifiche tecniche che figurano nei documenti di gara fanno riferimento ad un marchio […] l’ente aggiudicatore deve esigere che l’offerente fornisca, già nella sua offerta, la prova dell’equivalenza dei prodotti che propone rispetto a quelli definiti nelle citate specifiche tecniche” (Cons. Stato, sez. V, 18 febbraio 2019, n. 1100).

In aderenza a tale principio e considerando che il disposto di cui all’art. 68 citato ha forza eterointegrante della legge di gara, va diagnosticata la fondatezza della censura sollevata con il primo motivo aggiunto di ricorso, dal momento che l’appalto (recte: il lotto che forma oggetto di contestazione) è stato aggiudicato a L S.p.a., malgrado questa non avesse fornito al momento dell'offerta la prova dell’equivalenza del prodotto offerto rispetto al modello “Spotorno” indicato dalla stazione appaltante.

L’esclusione delle altre sei offerte avrebbe imposto di ricalcolare il punteggio economico, facendo applicazione della specifica regola che la legge di gara aveva previsto, proprio al fine di “non frustrare la ratio del metodo di aggiudicazione adottato”, per il caso in cui le offerte da valutare fossero soltanto due (cfr. disciplinare di gara, pag. 35).

La stazione appaltante ha ritenuto che tale opzione procedurale fosse preclusa dall’art. 95, comma 15, del d.lgs. n. 50/2016, secondo cui “ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte”.

É stata fatta concreta applicazione, cioè, del cosiddetto principio di “invarianza della soglia” che, a tutela dell’esigenza di garantire la celerità dell’affidamento e la stabilità degli esiti della gara, sancisce l’immodificabilità della graduatoria e l’irrilevanza delle sopravvenienze, pur se determinate da vicende giudiziarie.

Il tutto allo scopo di evitare contenziosi strumentali, promossi al solo fine di rimettere in discussione, per il tramite indiretto della modifica della platea dei concorrenti, il calcolo delle medie e la soglia di anomalia una volta che siano state rese note le offerte e, quindi, possano essere apprezzati gli effetti che esse producono sulle medie e sulla soglia predette.

Nel caso in esame, non ricorrono i presupposti che giustificano il “blocco della graduatoria” realizzato dalla stazione appaltante.

Infatti, anche prescindendo dal carattere evidentemente non strumentale dell’istanza di autotutela proposta dall’odierna ricorrente (intesa a conseguire l’aggiudicazione della gara tramite l’esclusione di tutte le offerte concorrenti), l’accoglimento dell’istanza medesima non implicava la considerazione di “valori medi” né, tantomeno, la rideterminazione dell’eventuale soglia di anomalia, ma solo l’applicazione della formula prevista dal disciplinare in relazione alle due offerte rimaste in gara, necessaria per garantire la concreta operatività del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

LEX SPECIALIS- PRESCRIZIONI INTANGIBILI - PRINCIPIO DI EQUIVALENZA DELLE SPECIFICHE TECNICHE (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2019

L’amministrazione che indice una procedura selettiva è vincolata al rispetto delle previsioni della lex specialis della procedura medesima, le cui prescrizioni risultano intangibili e non possono essere modificate o disapplicate, salvo naturalmente l’eventuale esercizio del potere di autotutela. La stazione appaltante non conserva perciò alcun margine di discrezionalità nella concreta attuazione delle prescrizioni di gara, né può disapplicarle, neppure nel caso in cui alcune di tali regole eventualmente risultino inopportunamente o incongruamente formulate, salva la possibilità di procedere all’annullamento ex officio delle stesse (ex multis, Cons. Stato, VI, 21 gennaio 2015, n. 215; V, 22 marzo 2016, n. 1173; sez. III,13 gennaio 2016, n. 74).

Il principio di equivalenza delle specifiche tecniche (..) vincola l’amministrazione solo qualora il bando di gara, il capitolato d’oneri o i documenti complementari dettagliatamente menzionano un marchio, un brevetto o un tipo, un’origine o una produzione specifica che avrebbero come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti; tale indicazione deve essere accompagnata già nel bando dall'espressione “o equivalente” (ex multis, Cons. Stato, III, 11 luglio 2016, n. 3029).

SPECIFICHE TECNICHE FORMULATE “IN TERMINI DI PRESTAZIONI O DI REQUISITI FUNZIONALI - PRINCIPIO DI EQUIVALENZA – APPLICABILE SIA AI REQUISITI DI AMMISSIONE SIA ALLE SPECIFICHE TECNICHE PER L’ATTRIBUZIONE DEI PUNTEGGI (68.5)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2019

Questa Sezione ha recentemente avuto modo di chiarire (cfr. sentenza n. 6721 del 27 novembre 2018), “le caratteristiche migliorative al centro dei gravami, com’è evidente dalla loro descrizione nel capitolato e come è confermato dalle argomentazioni di tutte le parti in causa, sono riconducibili alle specifiche tecniche formulate “in termini di prestazioni o di requisiti funzionali”, ai sensi dell’art. 68, comma 5, lettera a), del d.lgs. 50/2016. Pertanto, ad esse si applica il comma 8, secondo il quale: (i) - “le amministrazioni aggiudicatrici non possono dichiarare inammissibile o escludere un'offerta di lavori, di forniture o di servizi conformi a una norma che recepisce una norma europea, a una omologazione tecnica europea, a una specifica tecnica comune, a una norma internazionale o a un sistema tecnico di riferimento adottato da un organismo europeo di normalizzazione se tali specifiche contemplano le prestazioni o i requisiti funzionali da esse prescritti”; (ii) – a tal fine, “l’offerente è tenuto a dimostrare con qualunque mezzo appropriato, compresi i mezzi di prova di cui all’articolo 86, che i lavori, le forniture o i servizi conformi alla norma ottemperino alle prestazioni e ai requisiti funzionali dell’amministrazione aggiudicatrice”. (…) Il T.A.R. ha al riguardo affermato che l’art. 86, cit., consente all’offerente di dimostrare, con qualsiasi mezzo appropriato ed idoneo, che le soluzioni da lui offerte corrispondono in maniera equivalente alle prestazioni ed ai requisiti funzionali dell’amministrazione aggiudicatrice. E da ciò ha fatto discendere che, per evidenti ragioni di coerenza sistematica e di favor per la effettiva concorrenza tra i partecipanti, il principio di equivalenza debba applicarsi sia ai requisiti di ammissione sia alle specifiche tecniche per l’attribuzione dei punteggi; e che l’obbligo di rispettare il principio, derivando direttamente dalla legge, non debba essere previsto necessariamente in modo espresso dalla lex specialis ai fini della sua applicazione. Il Collegio ritiene condivisibili tali affermazioni. Del resto, anche testualmente, l’effetto di “escludere” un’offerta, che la norma consente di neutralizzare facendo valere l’equivalenza funzionale del prodotto offerto a quello richiesto, è testualmente riferibile sia all’offerta nel suo complesso sia al punteggio ad essa spettante per taluni aspetti (come nel caso delle caratteristiche migliorative sulle quali si discute nella gara in questione) e la ratio della valutazione di equivalenza è la medesima quali che siano gli effetti che conseguono alla difformità”.

OFFERTA – RISPONDENZA ALLE SPECIFICHE INDICATE NELLA DOCUMENTAZIONE DI GARA (68)

ANAC DELIBERA 2019

La formulazione di un’offerta tecnica difforme dai documenti posti a base di gara comporta l’esclusione dalla procedura selettiva. Attraverso l’esclusione dalla gara del concorrente che ha presentato un’offerta tecnica priva dei requisiti ritenuti essenziali, la stazione appaltante esprime il proprio dissenso rispetto ad un prodotto o servizio giudicato non rispondente alle caratteristiche tecniche minime previste nel progetto o nel capitolato posto a base della selezione (Consiglio di Stato, sez. III, 21 ottobre 2015, n. 4804; 1 luglio 2015, n. 3275; sez. V, 17 febbraio 2016, n. 633, 23 settembre 2015, n. 4460; 5 maggio 2016, n. 1809; sez. III, 26 febbraio 2019 n. 1333; TAR Liguria, 10 luglio 2017 n. 597; TAR Umbria, Sez. I, 1 settembre 2017, n. 563; TAR Veneto, 11 settembre 2018 n. 885). Nello stesso senso anche l’Autorità con i pareri di precontenzioso n. 427 del 13 aprile 2016 e n. 250 del 7 marzo 2018.

OGGETTO: Istanza singola di parere di precontenzioso ex art. 211, comma 1, del d.lgs.50/2016 presentata da … – Affidamento del servizio postale di raccolta, accettazione, smistamento, trasporto e recapito su tutto il territorio nazionale o all’estero (paesi dell’Unione Europea ed extra Unione Europea) della corrispondenza della Corte Suprema di Cassazione non eccedente i 2 kg per l’anno 2019 – Importo a base di gara: euro 360.000,00 - S.A.: Corte Suprema di Cassazione

VERIFICA DI IDONEITÀ TECNICA DEI PRODOTTI OFFERTI – SOLO DOPO LA FORMAZIONE DELLA GRADUATORIA – ILLEGITTIMITÀ

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2019

È illegittima la clausola del disciplinare di gara che prevede - dopo l’apertura delle offerte economiche e la formazione della graduatoria - una “verifica di idoneità tecnica dei prodotti offerti” da parte del personale medico dell’amministrazione. Tale modalità procedimentale, connotata dall’esercizio di un’ampia discrezionalità tecnica, nel capovolgere il corretto andamento della pubblica selezione, contrasta con il principio della segretezza delle offerte economiche, le quali non possono essere conosciute dalla stazione appaltante prima che quest’ultima abbia definitivamente stabilito l’idoneità tecnica dei prodotti, pena anche la violazione del principio di imparzialità dell’amministrazione e della par condicio dei partecipanti.

La citata norma del disciplinare, dalla cui illegittimità discende quella della successiva aggiudicazione, non deve essere immediatamente impugnata, in quanto non risulta ostativa alla partecipazione alla gara (cfr. la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4/2018).

OFFERTA TECNICA - DIFFORMITÀ CHE RILEVANO INADEGUATEZZA PROGETTO PROPOSTO RISPETTO AI REQUISITI MINIMI PREVISTI DALLA STAZIONE APPALTANTE - LEGITTIMANO L’ESCLUSIONE DALLA GARA - CARENZA DI ELEMENTI ESSENZIALI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2019

Per giurisprudenza costante le difformità dell’offerta tecnica che rivelano l’inadeguatezza del progetto proposto dall’impresa offerente rispetto ai requisiti minimi previsti dalla stazione appaltante per il contratto da affidare, legittimano l’esclusione dalla gara e non già la mera penalizzazione dell’offerta nell’attribuzione del punteggio, perché determinano la mancanza di un elemento essenziale per la formazione dell’accordo necessario per la stipula del contratto.

MANCATA CONFORMITA' ALLE SPECIFICHE TECNICHE - ESCLUSIONE

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2019

L’offerta presentata in sede di gara deve essere conforme sin dal principio alle caratteristiche tecniche previste nel capitolato per i beni o i servizi da fornire, atteso che difformità, anche parziali, si risolvono in un “aliud pro alio”, che giustifica l’esclusione dalla selezione; pertanto, ai fini dell’esclusione, non è necessaria un’espressa previsione in tal senso, essendo sufficiente il riscontro della difformità dell’offerta proposta rispetto alle specifiche tecniche richieste dalla lex specialis, le quali, in quanto tali, assumono valore di elementi essenziali dell’offerta ai fini del soddisfacimento delle particolari esigenze dell’amministrazione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 26 gennaio 2018 n. 565; Consiglio di Stato, Sez. V, 5 maggio 2016 n. 1818);

Ne discende che la palese difformità tra offerta tecnica e le specifiche tecniche di cui all’art. 7 del capitolato quanto a monte ore mensile effettivo, non poteva che determinare la sua esclusione dalla gara.

SPECIFICHE TECNICHE – COSTITUISCONO UNA CONDIZIONE DI PARTECIPAZIONE ALLA SELEZIONE - ESCLUSIONE PRODOTTI DIFFORMI

TAR CALABRIA CZ SENTENZA 2019

Il disciplinare, richiamando testualmente il disposto di cui all’art. 68 comma 7 D.lgs. n. 50/2016, ha indirettamente considerato quale causa di inammissibilità ovvero esclusione dell’offerta la mancata corrispondenza ovvero equivalenza funzionale del prodotto proposto rispetto alle specifiche tecniche minimali analiticamente descritte nel medesimo. (..) Quanto sopra trova conferma in quel pacifico orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo cui “L'art. 68 (Specifiche tecniche) del d.lg. n. 163/2006 - ed oggi del d.lg. n. 50 del 2016 - consente all'amministrazione di escludere dalla procedura selettiva le imprese che offrono prodotti difformi dalle specifiche tecniche richieste. Le caratteristiche tecniche previste nel capitolato di appalto per i beni oggetto di fornitura posta in gara costituiscono una condizione di partecipazione alla selezione, non essendo ammissibile che la stazione appaltante possa aggiudicare il contratto ad un concorrente che non garantisca il livello qualitativo minimo prestabilito; né depone in senso contrario la circostanza che il bando non commini espressamente la sanzione espulsiva per l'offerta di beni difformi dalle caratteristiche indicate nel capitolato, giacché tale difformità si risolve in un 'aliud pro aliò, comportante, di per sé, l'esclusione dalla gara, anche in mancanza di apposita comminatoria, e, nel contempo, non rimediabile tramite regolarizzazione postuma, consentita soltanto quando i vizi rilevati nell'offerta siano puramente formali o chiaramente imputabili a errore materiale” (così T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 17/01/2018, n.139).

REQUISITI MINIMI DEL PRODOTTO – CONDIZIONE DI PARTECIPAZIONE OGGETTIVA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2019

La carenza, nel prodotto presentato del “requisito di minima”, (..) richiesta dall’art. 1 del Capitolato Tecnico di gara a pena di esclusione può configurarsi come la mancanza di una “condizione di partecipazione” oggettiva, riferita alla necessaria qualità della prestazione e non ai requisiti dell’offerente, e quindi idonea a determinare l’esclusione dalla gara secondo le indicazioni espresse non dal giudice ma dalla stazione appaltante.

DIFFORMITÀ ESSENZIALI DELL’OFFERTA – ESCLUSIONE

TAR ABRUZZO PE 2019

L’esclusione dalla gara di un concorrente per difformità essenziali dell’offerta esprime il dissenso dell’amministrazione rispetto ad un prodotto o servizio giudicato non rispondente alle caratteristiche tecniche minime previste nel progetto o nel capitolato posto a base della selezione (da ultimo: Sez. III, 21 ottobre 2015, n. 4804, 1 luglio 2015, n. 3275; Sez. V, 17 febbraio 2016, n. 633, 23 settembre 2015, n. 4460).

PRESTAZIONI OFFERTE – CHE NON SODDISFINO REQUISITI MINIMI – ESCLUSIONE DELL’OFFERTA – ANCHE IN ASSENZA DI COMMINATORIA DI ESCLUSIONE – LEGITTIMITÀ

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2018

Allorché, negli atti di gara, si sia richiesta una prestazione con specifiche caratteristiche qualitative (nella fattispecie: conformità dell’immobile alla destinazione urbanistica) esse sono da intendersi quale requisito minimo indefettibile richiesto, indipendentemente dalla circostanza che, i tali atti di gara, la sua mancanza fosse espressamente sanzionata con l’esclusione. Infatti, le caratteristiche essenziali e indefettibili (ossia i requisiti minimi) delle prestazioni o del bene previste dalla lex specialis costituiscono una condizione di partecipazione alla procedura selettiva, perché non è ammissibile che il contratto venga aggiudicato ad un concorrente che non garantisca il minimo prestabilito, minimo che vale a individuare l’essenza stessa della res richiesta. È, pertanto, irrilevante la circostanza che la lex specialis non commini espressamente la sanzione espulsiva per l’offerta che presenti caratteristiche difformi da quelle richieste, risolvendosi tale difformità in un aliud pro alio che comporta, di per sé, l’esclusione dalla gara, anche in mancanza di un’apposita comminatoria in tal senso.

DIMOSTRAZIONE SPECIFICHE TECNICHE EQUIVALENTI E GARE TELEMATICHE SENZA SEDUTA PUBBLICA (68.7 - 68.8)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2018

L’art. 68 del d.lgs. 50/2016 (e, prima ancora, l’omologa disposizione del d.lgs. 163/2006), in attuazione del principio comunitario della massima concorrenza, è finalizzato a che la ponderata e fruttuosa scelta del miglior contraente non debba comportare ostacoli non giustificati da reali esigenze tecniche. Il precetto di equivalenza delle specifiche tecniche è un presidio del canone comunitario dell'effettiva concorrenza (come tale vincolante per l'Amministrazione e per il giudice) ed impone che i concorrenti possano sempre dimostrare che la loro proposta ottemperi in maniera equivalente allo standard prestazionale richiesto (cfr. Cons. Stato, III, n. 1316/2017).

Pertanto, se è vero che il concorrente che voglia avvalersi del principio di equivalenza, ha l'onere di dimostrare, appunto, l'equivalenza tra i prodotti, non potendo pretendere che di tale accertamento si faccia carico la Commissione di gara. Ma, una volta che l’Amministrazione abbia proceduto in tal senso, la scelta tecnico discrezionale può essere inficiata soltanto qualora se ne dimostri l’erroneità: ciò che nel caso in esame non è avvenuto.

Tanto più che l’art. 68 vigente, non prevede più che “L'operatore economico che propone soluzioni equivalenti ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche equivalenti lo segnala con separata dichiarazione che allega all'offerta” (art. 68, comma 6, d.lgs. 163/2006), mentre ha mantenuto la possibilità di dimostrare nell’offerta “con qualsiasi mezzo appropriato … che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche” (art. 68, commi 7 e 8, del d.lgs. 50/2016).

Inoltre, “la gestione telematica della gara offre il vantaggio di una maggiore sicurezza nella “conservazione” dell’integrità delle offerte in quanto permette automaticamente l’apertura delle buste in esito alla conclusione della fase precedente e garantisce l’immodificabilità delle stesse, nonché la tracciabilità di ogni operazione compiuta; inoltre, nessuno degli addetti alla gestione della gara potrà accedere ai documenti dei partecipanti, fino alla data ed all'ora di seduta della gara, specificata in fase di creazione della procedura. Le stesse caratteristiche della gara telematica escludono in radice ed oggettivamente la possibilità di modifica delle offerte (cfr. Cons. Stato, III, n. 4990/2016, che richiama id., n. 4050/2016 e V, n. 5377/2014).

Nella seduta pubblica del 1 marzo 2017 la Commissione aveva riscontrato la presentazione delle offerte e dei documenti ad esse relativi, senza però aprire i singoli documenti e senza verificarne il contenuto, attività queste ultime che erano svolte nelle successive sedute riservate.

Il TAR ha respinto la censura sottolineando che lo svolgimento della procedura elettronica, per le proprie caratteristiche, rende estremamente improbabile l’ipotetica manomissione o manipolazione dei documenti caricati a sistema, posto che essi sono identificati con un codice (hash) che garantisce l’identità e la paternità dei documenti stessi, e che le eventuali modifiche di detti codici sono segnalate dal sistema, per cui la commissione – ma anche gli operatori interessati, attraverso l’accesso agli atti del procedimento – possono facilmente individuare eventuali manipolazioni dei documenti.

Ha aggiunto che la visione integrale in seduta pubblica del contenuto di tutti i files trasmessi, renderebbe la procedura di gara estremamente lunga, in contrasto con esigenze di economicità, efficacia e tempestività dell’azione amministrativa.

L’esame in seduta pubblica del contenuto interno dei singoli documenti, presenti nei file elettronici, oltre a poter determinare delle potenziali violazioni della privacy e della riservatezza, in relazione alla conoscibilità di eventuali contenuti da non divulgare presenti nelle singole offerte, avrebbe comportato tempi assai lunghi. Dall’altro, l’apertura e lo scorrimento veloce anche di ogni documento incluso nella cartella (offerta tecnica), non avrebbero realisticamente sortito alcun effetto utile sia per i commissari di gara sia per gli stessi rappresentanti delle ditte concorrenti presenti in seduta.

FORNITURE SANITARIE - FARMACI - PRINCIPIO EQUIVALENZA TERAPEUTICA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2018

Facendo riferimento al principio dell’equivalenza terapeutica per le indicazioni terapeutiche principali sovrapponibili, è ora possibile, in base a quanto previsto nell’art. 15 comma 11 ter del D.L. n. 95/12, conv. in L. n. 135/2012, porre in competizione all’interno dello stesso lotto anche farmaci aventi diverso principio attivo, perseguendo finalità proconcorrenziali e di riduzione della spesa sanitaria, sollecitate anche dall’Autorità Garante della Concorrenza nel Mercato (cfr. Linee Guida AIFA del 22 maggio 2018; Cons. Stato, Sez. Terza n. 1306/2016; AGCM Analisi conoscitiva relativa la settore farmaceutico n. 9/1998): la finalità della gara è, infatti, quella di reperire il miglior farmaco, al minor prezzo, per una determinata indicazione terapeutica (principale).

DIFFORMITÀ DELL’OFFERTA TECNICA RISPETTO ALLA LEX SPECIALIS DI GARA - LEGITTIMANO L’ESCLUSIONE DALLA GARA E NON GIÀ LA PENALIZZAZIONE DELL’OFFERTA NELL’ATTRIBUZIONE DEL PUNTEGGIO (68)

TAR VENETO SENTENZA 2018

Si richiama l’insegnamento della più recente giurisprudenza, secondo cui le difformità dell’offerta tecnica rispetto alla lex specialis di gara legittimano l’esclusione dalla gara e non già la penalizzazione dell’offerta nell’attribuzione del punteggio, perché determinano la mancanza di un elemento essenziale per la formazione dell’accordo necessario per la stipula del contratto; né sussiste in capo all’Amministrazione l’obbligo di esercitare il soccorso istruttorio a fronte di un’offerta tecnica carente, in radice, di un essenziale requisito rilevante ai fini dell’esclusione (cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, 4 maggio 2018, n. 758).

Ove, poi, si volesse sostenere che la disciplina di gara richiamava normative tecniche ormai superate e, per tal motivo, era illegittima, sarebbe agevole replicare che detta disciplina non risulta oggetto di impugnazione da parte dell’odierna ricorrente: a tal fine non potrebbe certo bastare il mero richiamo all’impugnazione “di ogni altro atto connesso, presupposto e/o conseguente”, trattandosi, per costante giurisprudenza, di clausola di stile che, per la sua estrema genericità, non è suscettibile di individuare sufficientemente il petitum processuale a cui estendere il gravame (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. VI, 13 gennaio 2011, n. 177; T.A.R. Veneto, Sez. I, 18 luglio 2017, n. 681; T.A.R. Sardegna, Sez. II, 3 febbraio 2016, n. 91) .

PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - DISCREZIONALITA' TECNICA PA (68)

ANAC DELIBERA 2018

Il principio di equivalenza e la conseguente possibilità di ammettere, a seguito di apposita valutazione della stazione appaltante, prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, risponde al principio del favor partecipationis e costituisce altresì espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione. In ossequio al principio di equivalenza, la giurisprudenza ha stabilito che non è consentito alle stazioni appaltanti respingere un’offerta per il motivo che i prodotti offerti non sono conformi alle specifiche di riferimento, se nell’offerta stessa è data prova, con qualsiasi mezzo appropriato, che le soluzioni proposte corrispondono in maniera equivalente ai requisiti richiesti dalle specifiche tecniche (Cons. Stato, Sez. III, 2 settembre 2013, n.4364).

fermo il principio che la scelta della stazione appaltante di ammettere prodotti equivalenti costituisce espressione del legittimo esercizio della sua discrezionalità tecnica, non possono che richiamarsi i limiti al sindacato giurisdizionale, che valgono evidentemente anche per le valutazioni dell’Autorità: quando l’amministrazione ha considerato l’eventuale equivalenza funzionale dei prodotti concretamente offerti in gara rispetto a quelli richiesti, giungendo ad un giudizio che si presenta privo di profili di macroscopica irragionevolezza o illogicità, esso non può ritenersi sindacabile dal giudice nemmeno attraverso l’adozione di una CTU, che avrebbe un contenuto inammissibilmente sostitutivo delle valutazioni di spettanza dell’amministrazione ( Cons. Stato, Sez. V, 14 giugno 2017, n. 2902).

OGGETTO: Istanza singola di parere di precontenzioso ex art. 211, comma 1, del d. lgs. 50/2016 presentata da ….. – Appalto specifico per la fornitura di prodotti farmaceutici nell’ambito del bando istitutivo avente ad oggetto il sistema dinamico di acquisizione della PA Consip per la fornitura di prodotti farmaceutici - Importo complessivo a base d’asta: euro 4.383.045.765,23 - S.A.: ………….

SPECIFICHE TECNICHE - EVENTUALI DIFFORMITÀ DELL’OFFERTA - ONERE DITTA DIMOSTRARE EQUIVALENZA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2018

Com’è noto, le caratteristiche tecniche previste nel capitolato di appalto valgono a qualificare i beni oggetto di fornitura e concorrono, dunque, a definire il contenuto della prestazione sulla quale deve perfezionarsi l’accordo contrattuale, di talchè eventuali, apprezzabili difformità registrate nell’offerta concretano una forma di 'aliud pro aliò, comportante, di per sé, l'esclusione dalla gara, anche in mancanza di apposita comminatoria, e, nel contempo, non rimediabile tramite regolarizzazione postuma, consentita soltanto quando i vizi rilevati nell'offerta siano puramente formali o chiaramente imputabili a errore materiale (cfr. Cons. Stato, sez. III, 14 giugno 2011, n. 3614). Per scongiurare tale epilogo è la ditta che intende avvalersi della clausola di equivalenza ex art. 68 del D.Lgs. 163/06, ad avere l'onere di dimostrare l'equivalenza tra i prodotti, non potendo pretendere che di tale accertamento si faccia carico la Commissione di gara (Consiglio di Stato, sez. III, 05/09/2017 n. 4207; Cons. St., sez. III, 13 maggio 2011, n. 2905).

SPECIFICHE TECNICHE - SETTORI SPECIALI

CORTE GIUST EU SENTENZA 2018

L'art. 34, c.8, della direttiva 2004/17, sulle specifiche tecniche, deve essere interpretato nel senso di imporre la prova dell'equivalenza all'originale dei prodotti da fornire già in sede di offerta L’art. 34, paragrafo 8, della direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali, deve essere interpretato nel senso che, quando le specifiche tecniche che figurano nei documenti dell’appalto fanno riferimento a un marchio, a un’origine o a una produzione specifica, l’ente aggiudicatore deve esigere che l’offerente fornisca, già nella sua offerta, la prova dell’equivalenza dei prodotti che propone rispetto a quelli definiti nelle citate specifiche tecniche.

SPECIFICHE TECNICHE - PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - GARANTISCE APERTURA CONCORRENZIALE – OFFERENTE DEVE DIMOSTRARE L'EQUIVALENZA DEL PRODOTTO OFFERTO RISPETTO A QUELLO RICHIESTO (68.6 – 68.5)

TAR EMILIA BO SENTENZA 2018

Come noto, l'art. 68 d.lgs. n. 50/2016 prevede che: <6. Salvo che siano giustificate dall'oggetto dell'appalto, le specifiche tecniche non possono menzionare una fabbricazione o provenienza determinata o un procedimento particolare caratteristico dei prodotti o dei servizi forniti da un operatore economico specifico, né far riferimento a un marchio, a un brevetto o a un tipo, a un'origine o a una produzione specifica che avrebbero come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti. Tale menzione o riferimento sono tuttavia consentiti, in via eccezionale, nel caso in cui una descrizione sufficientemente precisa e intelligibile dell'oggetto dell'appalto non sia possibile applicando il comma 5. In tal caso la menzione o il riferimento sono accompagnati dall'espressione “o equivalente”>.

In linea generale, il principio, ben chiaro in giurisprudenza, per cui, in sede di presentazione delle offerte in una gara d'appalto pubblico, opera il c.d. principio di equivalenza, garantisce e promuove la maggior apertura concorrenziale tanto nell'ambito del singolo procedimento di affidamento (così collegandosi all’altrettanto rilevante principio del favor partecipationis nelle gare pubbliche), quanto nel mercato degli appalti pubblici.

Tale principio (…) pone in capo all’offerente l'onere di dimostrare, con qualsiasi mezzo appropriato e ritenuto soddisfacente dalla stazione appaltante, l'equivalenza del prodotto offerto rispetto a quello indicato nel capitolato.

DETTAGLIO DELLE SPECIFICHE TECNICHE

ANAC DELIBERA 2018

La mera indicazione nei documenti originari di “scaffalatura metallica da magazzino” non sia sufficiente a delineare le caratteristiche dei beni richiesti, posto che le portate minime degli scaffali, successivamente dettagliate, rappresentano caratteristiche indefettibili e pertanto l’indicazione fornita con il chiarimento costituisce non già una mera precisazione di quanto già descritto ma bensì una vera e propria modifica del capitolato tecnico, di carattere sostanziale poiché introduce un parametro a effetto escludente ai fini dell’offerta.

OGGETTO: Istanza singola di parere di precontenzioso ex art. 211, comma 1, del d. lgs. 50/2016 presentata da A – Procedura negoziata previa consultazione tramite RDO per la fornitura scaffalature metalliche compreso montaggio ed installazione presso i locali dell’Azienda Ospedaliera - Importo a base d’asta: euro 18.500,00 - S.A.: Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti B.

MANCATA PRESENTAZIONE DICHIARAZIONE DI EQUVALENZA - NON RICHIESTA A PENA DI ESCLUSIONE - NON OSTA ALLA VALUTAZIONE DI IDONEITA’ DA PARTE DELLA STAZIONE APPALTANTE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2018

Laddove il rispetto delle "specifiche tecniche" sia presidiato dalla sanzione di esclusione, ciò non osta all'applicazione dell'art. 68 D.Lvo n. 163/2006 operando, in funzione di raccordo tra la disposizione suindicata e la lex specialis, la previsione di cui all'art. 46, comma 1 bis, D.Lvo n. 163/2006, in tema di nullità delle clausole di esclusione innovative (o comunque più restrittive e rigorose) rispetto alla normazione generale; quanto alla mancata presentazione di "un'espressa dichiarazione di equivalenza", richiesta dal comma 6 del medesimo art. 68, la produzione in sede di offerta delle schede tecniche dei prodotti e dei campioni deve ritenersi sufficiente a consentire alla stazione appaltante lo svolgimento di un giudizio di idoneità tecnica dell'offerta e di equivalenza dei requisiti del prodotto offerto alle specifiche tecniche: tanto più quando la mancata presentazione della suddetta dichiarazione di equivalenza, non è sanzionata con l'esclusione né dalla lex specialis, né dalla disposizione di legge citata.

PRINCIPIO DI EQUIVALENZA (68)

ANAC DELIBERA 2018

Ai sensi dell’art. 68 D.lgs. 50/2016 s.m.i., è possibile per le ditte partecipanti alla gara, offrire dispositivi e/o sistemi che possiedano caratteristiche tecniche ritenute equivalenti a quelle richieste in sede di gara.

OGGETTO: Istanza di parere per la soluzione delle controversie ex art. 211 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50/2016 presentata da …….. Procedura aperta per la fornitura a titolo di noleggio di un fluorangiografo OCT per l’U.O di Oculistica. Criterio di aggiudicazione: offerta economicamente più vantaggiosa. Importo a base di gara: 270.000,00 euro.

PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - CERTIFICAZIONI PRODOTTO - APPLICABILE

ANAC DELIBERA 2018

Ai sensi delle disposizioni di cui all’art. 68 del d. lgs. 50/2016, il riferimento negli atti di gara a specifiche certificazioni tecniche non consente alla stazione appaltante di escludere un concorrente respingendo un'offerta se questa possiede una certificazione equivalente e se il concorrente dimostra che il prodotto offerto ha caratteristiche tecniche perfettamente corrispondenti allo specifico standard richiesto (Cons. Stato, sez. III, 2 marzo 2018, n. 1316).

OGGETTO: Istanza singola di parere di precontenzioso ex art. 211, comma 1, del d. lgs. 50/2016 presentata da ………. - Procedura aperta per la fornitura di tubazioni per condotte di acqua potabile - Importo a base d’asta: euro 1.723.000,00 - S.A. …...

SPECIFICHE TECNICHE - SOLUZIONI EQUIVALENTI (68)

TAR LAZIO RM SENTENZA 2018

L’art. 68 (“Specifiche tecniche”) del D. Lgs 18.4.2016 n. 50, in recepimento dell’art. 42 della Direttiva 26/02/2014 n. 24 ed attuazione dell'art. 1, comma 1°, lett. c) e pp), della legge 28 gennaio 2016, n. 11 stabilisce che le specifiche tecniche, inserite nei documenti di gara per definire le caratteristiche previste per lavori, servizi o forniture, devono consentire pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione e non devono comportare, direttamente o indirettamente, ostacoli ingiustificati all'apertura degli appalti pubblici alla concorrenza. Conseguentemente, il citato articolo individua le modalità con le quali debbano essere formulate dette specifiche tecniche. A tutela della concorrenzialità, esso dispone che le specifiche tecniche, salvo che siano giustificate dall'oggetto dell'appalto, non possono menzionare una fabbricazione, una provenienza determinata od un procedimento particolare caratteristico dei prodotti o dei servizi forniti da un operatore economico specifico, né far riferimento ad un marchio, ad un brevetto ad un tipo, a un'origine o ad una produzione specifica, che avrebbero l’effetto di favorire o di eliminare talune imprese o taluni prodotti.

Tale menzione o riferimento sono tuttavia consentiti, in via eccezionale, nel caso in cui una descrizione sufficientemente precisa e intelligibile dell'oggetto dell'appalto non sia possibile: in tal caso, la menzione o il riferimento sono accompagnati dall'espressione “o equivalente”.

Invero, la P.A. ha il potere di individuare i prodotti ritenuti più appropriati alle sue finalità, ma sulla base di specifiche caratteristiche dei prodotti stessi e, dunque, facendo riferimento ad elementi effettivamente significativi, che consentano di distinguere nettamente l'oggetto della fornitura, o, per converso, di ritenere equivalente l'uno oggetto all'altro, senza determinare alcuna discriminazione a favore o contro le imprese produttrici di determinati beni.

Le amministrazioni aggiudicatrici non possono, comunque, dichiarare inammissibile o escludere un'offerta per il motivo che i lavori, le forniture o i servizi offerti non siano conformi alle specifiche tecniche alle quali hanno fatto riferimento, se l'offerente dimostra, con qualsiasi mezzo appropriato, che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche.

Nei casi in cui le specifiche tecniche risultino tutte incentrate sul riferimento al prodotto, il riferimento tecnico deve consentire di individuare il dato funzionale del prodotto, in relazione alle sue caratteristiche essenziali.

Quest'aspetto deve risultare adeguatamente da una valutazione dell'Amministrazione preliminare al procedimento di gara, dalla quale emerga con chiarezza che può ritenersi equivalente l'offerta di un prodotto piuttosto che dell'altro, sulla scorta delle concrete esigenze dell'amministrazione.

La ratio dello specifico intervento normativo è quella di garantire che la predisposizione di specifiche tecniche nei bandi e nei capitolati - seppur idonea a delimitare tecnicamente il mercato ed a ridurre il novero degli operatori economici potenzialmente coinvolti nella procedura di affidamento della commessa pubblica- debba avvenire in modo obiettivo, chiaramente definito e trasparente, al fine di evitare che le Amministrazioni aggiudicatici predispongano regole di gara gratuitamente discriminatorie e del tutto avulse da obiettive - e per questo legittimamente condivisibili - esigenze collegate al tipo di appalto da affidarsi e, soprattutto, al concreto lavoro, servizio o fornitura da realizzare.”

SPECIFICHE TECNICHE - CRITERIO DI EQUIVALENZA - CONFORMITA’ SOSTANZIALE CON LE SPECIFICHE TECNICHE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2018

Come chiarito dalla giurisprudenza, con i commi 1 e 4 dell’art. 68, d.lgs. n. 163 il legislatore - allorchè le offerte tecniche devono recare per la loro idoneità elementi corrispondenti a specifiche tecniche - ha inteso introdurre, ai fini della valutazione del prodotto offerto dal soggetto concorrente, il criterio dell’equivalenza, nel senso cioè che non vi deve essere una conformità formale, ma sostanziale con le specifiche tecniche nella misura in cui esse vengono in pratica comunque soddisfatte.

La norma, in attuazione del principio comunitario della massima concorrenza, è finalizzata a che la ponderata e fruttuosa scelta del miglior contraente non debba comportare ostacoli non giustificati da reali esigenze tecniche. Il precetto di equivalenza delle specifiche tecniche è un presidio del canone comunitario dell’effettiva concorrenza (come tale vincolante per l'Amministrazione e per il giudice) ed impone che i concorrenti possano sempre dimostrare che la loro proposta ottemperi in maniera equivalente allo standard prestazionale richiesto.

Il comma 4 dell'art. 68, d.lgs. n.163, laddove prevede che le stazioni appaltanti non possono respingere un'offerta per il motivo che i prodotti e i servizi presentati non sono conformi alle specifiche alle quali hanno fatto riferimento, impone che il riscontro delle stesse in una gara sia agganciato non al formale meccanico riscontro della specifica certificazione tecnica, ma al criterio della conformità sostanziale delle soluzioni tecniche offerte.

In definitiva, come è stato già ampiamente chiarito dal Consiglio di Stato (sez. III, 11 settembre 2017, n. 4282), il riferimento negli atti di gara a specifiche certificazioni tecniche non consente alla stazione appaltante di escludere un concorrente respingendo un'offerta se questa possiede una certificazione equivalente e se il concorrente dimostra che il prodotto offerto ha caratteristiche tecniche perfettamente corrispondenti allo specifico standard richiesto.

Del resto la giurisprudenza, chiamata a pronunciarsi sull’interpretazione della norma di cui al citato art. 68, non ha avuto esitazioni ad affermare la regola della possibilità per l’Amministrazione di ammettere prodotti equivalenti (Cons. St., sez. IV, 26 agosto 2016, n. 3701; id., sez. III, 3 dicembre 2015, n. 5494), che – come si è detto – risponde al principio del favor partecipationis, perchè assicura un ampliamento della platea dei concorrenti.

La stessa giurisprudenza ha affermato che la scelta della stazione appaltante di ammettere prodotti equivalenti costituisce espressione del legittimo esercizio della sua discrezionalità tecnica (Cons. St. sez. III, 2 settembre 2013, n. 4364), in quanto tale sindacabile solo se manifestamente irragionevole, vizio quest’ultimo che non sembra per nulla infirmare la decisione dell’Azienda sanitaria di Modena di ammettere equipollenti alla calza compressiva con l’”inserto anticostrizione”.

OFFERTA TECNICA - INDICAZIONE MARCA E MODELLI PRODOTTI OFFERTI – OMISSIONE - INDETERMINATEZZA OFFERTA - NO SOCCORSO ISTRUTTORIO (68)

ANAC DELIBERA 2017

Se nel bando di gara, l’ente committente non può indicare una marca specifica se non avvalendosi della clausola di equivalenza per non violare la par condicio e il principio di più ampia partecipazione, oltre che l’espresso divieto sancito dall’art. 8 comma 6 del D.lgs. 358/92, nell’offerta l’indicazione delle marche e modelli da fornire non può mancare dovendo essa consentire di individuare con precisione le prestazioni oggetto delle obbligazioni assunte dalla concorrente.

Lacune sulla indicazione del marchio nelle specifiche tecniche allegate all’offerta non sono colmabili neppure in sede di soccorso istruttorio, in coerenza con i principi generali di tutela della concorrenza e della parità di trattamento tra gli operatori economici partecipanti alla gara.

OGGETTO: Istanza di parere per la soluzione delle controversie ex art. 211 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50/2016 presentata da ... Fornitura tramite accordo quadro di arredi non sanitari, arredi sanitari vari e arredi di stanze degenti occorrenti al … Lotto A (1). Criterio di aggiudicazione: minor prezzo. Importo a base di gara: 330.881,50 euro.

PREC 243/17/F

SPECIFICHE TECNICHE - PRINCIPIO DI EQUIVALENZA

CONSIGLIO DI STATO SEGNALAZIONE 2017

Le stazioni appaltanti non possono respingere un'offerta per il motivo che i prodotti e i servizi offerti non sono conformi alle specifiche alle quali avevano fatto riferimento; il riscontro delle specifiche tecniche in una gara è agganciato non al formale, meccanico riscontro della specifica certificazione tecnica, ma al criterio della conformità sostanziale delle soluzioni tecniche offerte.

In ordine a tale ultimo criterio, questo Consiglio (sez. IV, 26/08/2016, n. 3701) ha, altresì, precisato che:

i) occorre verificare se negli elementi che connotano l'offerta tecnica si ravvisa una conformità di tipo funzionale alle specifiche tecniche, senza che quindi si faccia luogo ad un criterio di inderogabile corrispondenza a dette specifiche;

ii) che il principio di equivalenza permea l'intera disciplina dell'evidenza pubblica e, specificatamente, la norma di cui all'art. 68 del D. Lgs n. 163/2006 e che la possibilità di ammettere a seguito di valutazione della stazione appaltante prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste risponde al principio del favor partecipationis e costituisce altresì espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell'Amministrazione (Cons Stato, Sez. III 2/9/2013 n. 4364 e 13/9/2013 n. 4541);

iii) in relazione alla precipua disposizione di cui al comma 4 del citato articolo del codice dei contratti, in giurisprudenza è stata affermata l'applicazione del criterio di sostanziale ottemperanza alle specifiche tecniche dei prodotti considerati equivalenti, senza che ciò possa comportare la esclusione dalla gara (Cons Stato, Sez. VI 13/6/2008 n. 2959; Cons Stato Sez. III, 30/4/2014 n. 2273).

iv) insomma dal suddetto quadro normativo non è prescritto un obbligo stringente e incoercibile di pedissequo rispetto delle specifiche tecniche, ma piuttosto la possibilità di soluzioni tecniche che soddisfino le esigenze di tipo tecnico per le quali è stata bandita la procedura selettiva;

v) inoltre, la valutazione delle offerte tecniche da parte della Commissione giudicatrice costituisce apprezzamento connotato da chiara discrezionalità tecnica sì da rendere detta valutazione insindacabile (Cons Stato, Sez. III, 13712/2013 n. 5984; Cons stato, Sez. V, 26/9/2013 n. 4761). (Riforma della sentenza del Tar Piemonte, II Sez. n. 400 del 2017).

EQUIVALENZA DELLE TECNOLOGIE - DIFFERENZA VALUTAZIONE AI FINI DELLA ATTRIBUZIONE DEI PUNTEGGI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2017

Il principio comunitario dell'equivalenza delle tecnologie è un corollario del principio di non discriminazione dei produttori e concerne precipuamente la fase della partecipazione alle gare con prodotti compatibili o idonei per prestazioni, ma non per questo comporta ex se il diritto alla automatica equiparazione, sul piano delle attribuzione di punteggi, tra prodotti di differente origine e tecnologia, da valutare caso per caso in relazione alla tipologia delle prestazioni.

SPECIFICHE TECNICHE - CLAUSOLA DI EQUIVALENZA - ONERE DI DIMOSTRARE EQUIVALENZA E DI FORNIRE DOCUMENTAZIONE E PROVE CIRCA POSSESSO REQUISITI EQUIVALENTI - SPETTA AL CONCORRENTE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2017

Quando una ditta intende avvalersi della clausola di equivalenza ex art. 68 del D.Lgs. 163/06, ha l’onere di dimostrare l’equivalenza tra i prodotti, non potendo pretendere che di tale accertamento si faccia carico la Commissione di gara (Cons. St., sez. III, 13 maggio 2011, n. 2905).

E’ nell’offerta tecnica che il concorrente deve fornire “prova in modo ritenuto soddisfacente dalle stazioni appaltanti, con qualsiasi mezzo ritenuto appropriato, che le soluzioni da lui proposte ottemperino in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche anche mediante relazione sulle prove eseguite da un organismo riconosciuto” e rappresentando comunque alla stazione appaltante con separata dichiarazione “l’equivalenza del proprio prodotto alle caratteristiche tecniche descritte nella legge di gara” (art. 68, commi 4, 5 e 6 del D.Lgs. 163/06).

OBBLIGO DI PRODURRE CAMPIONI - VALUTAZIONE DI NON CONFORMITA’ ALLE SPECIFICHE TECNICHE MINIME - OBBLIGO DI SOSTITUZIONE - IL CAMPIONE E’ MERO ELEMENTO DIMOSTRATIVO DELL’OFFERTA TECNICA

TAR CALABRIA CZ SENTENZA 2017

Orbene, stanti le predette coordinate ermeneutiche di riferimento, la clausola che prevede che, nel caso in cui i campioni (da analizzare prima della proposta di aggiudicazione) non dovessero essere ritenuti dalla commissione conformi alle caratteristiche tecniche specificate nella scheda tecnica, il concorrente dovrà sostituire gli articoli interessati e fornire altri campioni a dimostrazione dell’avvenuto adempimento, non sembra essere affetta da particolari vizi di illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà.

Quanto appena esposto è, del resto, conforme al prevalente indirizzo della giurisprudenza amministrativa, in virtù del quale la produzione della campionatura tende a consentire l’apprezzamento, su un piano di effettività, dei requisiti di idoneità dell’impresa ammessa alla gara a rendere una prestazione conforme alle specifiche del disciplinare di gara, in funzione probatoria e dimostrativa, e non ad substantiam.

Secondo la citata giurisprudenza, il campione non è un elemento costitutivo, ma semplicemente dimostrativo, dell’offerta (tecnica), che consente all’Amministrazione di saggiare e di toccare con mano, se così può dirsi, la bontà tecnica del prodotto offerto, e non può considerarsi parte integrante di essa, per quanto oggetto di valutazione, a determinati fini, da parte della Commissione giudicatrice, perché la sua funzione è quella, inequivocabile, di fornire la "dimostrazione delle capacità tecniche dei contraenti", per gli appalti di forniture, attraverso la "produzione di campioni, descrizioni o fotografie dei beni da fornire" (così, espressamente, Cons. Stato, Sez. III, 08/09/2015, n. 4190 e 03/02/2017, n. 475).

SPECIFICHE TECNICHE - PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - L'ONERE DI PROVARE L’EQUIVALENZA INCOMBE SUL CONCORRENTE (68.7 - 68.8)

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2017

Il principio di equivalenza, che non è certo in discussione, postula però, ai fini della sua applicazione, il rispetto delle modalità procedimentali previste dalla disciplina sugli appalti, anche a garanzia della parità di trattamento fra gli operatori partecipanti, senza che la stazione appaltante debba effettuare una sorta di indebita valutazione ufficiosa dell’equivalenza (cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 4.5.2017, n. 1003; preme altresì evidenziare che anche i commi 7 e 8 dell’art. 68 del D.Lgs. 50/2016 impongono al partecipante la prova dell’equivalenza “nella propria offerta”).

SPECIFICHE TECNICHE - TASSATIVITÀ DELLE CAUSE DI ESCLUSIONE

TAR FRIULI SENTENZA 2017

Va innanzitutto posta l’attenzione sul criterio di aggiudicazione dell’appalto per cui è causa, che è quello del prezzo più basso.

La scelta del criterio del prezzo più basso implica che l’oggetto della prestazione che deve essere resa dal contraente dell’Amministrazione sia già stato predeterminato a monte dalla stazione appaltante in sede di elaborazione della lex specialis di gara e che quel che differenzia un’offerta dall’altra sia solamente il corrispettivo per quella prestazione.

Conseguentemente, la mancata corrispondenza della prestazione dell’appaltatore alle specifiche tecniche della lex specialis di gara non determina una inammissibilità dell’offerta, perché l’offerta non ha ad oggetto la prestazione dell’appaltatore, ma solamente il suo corrispettivo. Sicché, detta non corrispondenza potrà rilevare in sede di esecuzione del contratto, ai fini dell’esatto adempimento del medesimo.

Il comma 8 dell’articolo 83 del D.Lgs. n. 50/2016, in continuità con il previgente comma 1 bis dell’articolo 46 del D.Lgs. n. 163/2016, pone il principio di tassatività delle cause di esclusione della gara, comminando la nullità delle previsioni della lex specialis di gara che stabiliscano cause di esclusione ulteriori e diverse rispetto a quelle normativamente fissate. La disposizione precitata in realtà codifica l’orientamento sostanzialista già invalso nella più recente giurisprudenza amministrativa, per cui le cause di esclusione dalla gara, in quanto limitative della libertà di concorrenza, devono essere ritenute di stretta interpretazione, senza possibilità di estensione analogica (cfr., C.d.S., Sez. V^, sentenza n. 2064/2013), con la conseguenza che, in caso di equivocità delle disposizioni che regolano lo svolgimento della gara, deve essere preferita quell’interpretazione che, in aderenza ai criteri di proporzionalità e ragionevolezza, eviti eccessivi formalismi e illegittime restrizioni alla partecipazione (cfr., T.A.R. Lombardia – Milano, Sez. IV^, sentenza n. 208/2017).

SPECIFICHE TECNICHE – INDICAZIONE DI UNA PRODUZIONE SPECIFICA – ILLEGITTIMITÀ (68.13)

ANAC DELIBERA 2017

La previsione di specifiche tecniche riferite a un marchio o ad un brevetto, e la mancata menzione del termine "o equivalente", comportano l'illegittimità della clausola del disciplinare nei limiti in cui pone dette restrizioni.

OGGETTO: Istanza di parere di precontenzioso ex art. 211, comma 1, del d.lgs.50/2016 presentata da A – Progetto definitivo-esecutivo interventi urgenti di messa in sicurezza per sfondellamento solai - Importo a base di gara: euro 118.985,20 - S.A. Comune di Seveso (MB)

SPECIFICHE TECNICHE – CONDIZIONE DI PARTECIPAZIONE ALLA SELEZIONE - DIVIETO DI REGOLARIZZAZIONE POSTUMA

TAR TOSCANA SENTENZA 2017

Le caratteristiche tecniche previste nel capitolato per i beni oggetto di fornitura da affidare ad esito di gara costituiscono una condizione di partecipazione alla selezione, non essendo ammissibile che la stazione appaltante possa aggiudicare l'appalto ad un concorrente che non garantisca il livello qualitativo minimo prestabilito; non depone in senso contrario la circostanza che il bando non sanzioni espressamente con l'esclusione l'offerta di beni difformi dalle caratteristiche indicate nel capitolato, giacché tale difformità si risolve in un "aliud pro alio" comportante di per sé l'esclusione dalla gara, anche in mancanza di apposita comminatoria, e al tempo stesso impedisce una regolarizzazione postuma, consentita soltanto quando i vizi rilevati nell'offerta siano puramente formali o chiaramente imputabili a errore materiale (TAR Toscana, I, 17.7.2014, n. 1309; TAR Sardegna, I, 15.4.2015, n. 705).

SPECIFICHE TECNICHE - PIANO DI QUALITÀ - EQUIVALENZA (68)

ANAC DELIBERA 2017

L’indicazione nel Piano di qualità allegato al Capitolato tecnico dell’utilizzo di uno specifico applicativo non può considerarsi alla stregua di una specifica tecnica vincolante per gli operatori economici partecipanti alla gara se l’offerta di detto software da parte dell’operatore economico non rientra nell’oggetto del contratto e l’applicativo indicato è un mero strumento per il raggiungimento dei livelli qualitativi minimi nella gestione del servizio stabiliti nel Piano di qualità e quindi è sostituibile da parte dell’operatore economico aggiudicatario con altro software, purché idoneo al raggiungimento dei medesimi livelli qualitativi.

OGGETTO: Istanza singola di parere di precontenzioso ex art. 211, comma 1, del d.lgs.50/2016 presentata da A –Affidamento in outsourcing del servizio ReCup – Importo a base di gara: euro 2.846.058,80 - S.A.: B

SPECIFICHE TECNICHE - COMPATIBILITÀ DEI MATERIALI CON IL PROGETTO - PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - PRINCIPIO DELL’AFFIDAMENTO - VERIFICA DELL’ANOMALIA

ANAC DELIBERA 2017

Deve ritenersi illegittima in quanto viola il principio di equivalenza la revoca dell’aggiudicazione provvisoria disposta nei confronti di un impresa che abbia offerto di svolgere i lavori adoperando materiali ritenuti compatibili con la destinazione del progetto dalla Sovrintendenza ai beni culturali

OGGETTO: Istanza di parere per la soluzione delle controversie ex art. 211 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50/2016 presentata da A /Comune di Pistoia. Procedura negoziata per l’affidamento dell’intervento di riqualificazione e pedonalizzazione della Piazza Santo Spirito. Criterio di aggiudicazione: minor prezzo. Importo a base di gara: 490.221,67 euro.

SPECIFICHE TECNICHE -COMPATIBILITÀ DEI MATERIALI CON IL PROGETTO - PRINCIPIO DI EQUIVALENZA

ANAC DELIBERA 2017

Deve ritenersi illegittima in quanto viola il principio di equivalenza la revoca dell’aggiudicazione provvisoria disposta nei confronti di un impresa che abbia offerto di svolgere i lavori adoperando materiali ritenuti compatibili con la destinazione del progetto dalla Sovrintendenza ai beni culturali.

OGGETTO: Istanza di parere per la soluzione delle controversie ex art. 211 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50/2016 presentata da A/Comune di Pistoia. Procedura negoziata per l’affidamento dell’intervento di riqualificazione e pedonalizzazione della Piazza Santo Spirito. Criterio di aggiudicazione: minor prezzo. Importo a base di gara: 490.221,67 euro.

CONTRATTI PUBBLICI - FORNITURE - SPECIFICHE TECNICHE – EQUIVALENZA

TAR PIEMONTE ORDINANZA 2017

Gli atti di gara erano molto chiari nel richiedere che le valvole cardiache oggetto di fornitura dovessero essere prodotte, sia in sede di presentazione della offerta cha in sede di esecuzione del contratto, complete di “cauterio” allocato nella medesima confezione o in confezione separata, adempimento questo funzionale, da una parte, allo scopo di consentire alla Commissione giudicatrice di valutarne la adeguatezza e funzionalità, d’altra parte al fine di assicurare, nel corso degli interventi chirurgici destinati alla installazione delle citate valvole cardiache, la disponibilità di cauteri adeguati alla installazione del dispositivo da impiantare sul paziente; ritenuto altresì che allo stato non si dispone di elementi inequivocabili che consentano di mettere in dubbio l’equivalenza o la comparabilità tra le valvole di “collagene bovino” indicate dal capitolato speciale e quelle di “gelatina” offerte dalla controinteressata, non potendosi a tale scopo tenere in considerazione solo gli studi – per di più in lingua straniera – prodotti da parte ricorrente.

OFFERTA TECNICA – SPECIFICHE TECNICHE – OFFERTA NON CONFORME – REVOCA AGGIUDICAZIONE

TAR TRENTINO TN SENTENZA 2017

L’onere della prova circa l’effettivo rispetto delle specifiche tecniche, o l’eventuale equivalenza del prodotto offerto rispetto alle stesse ex art. 68, co. 4, d.lgs. n.163/2006, incombe all’impresa, e - d’altra parte - le inerenti valutazioni rientrano nella discrezionalità tecnica della stazione appaltante a meno di evidenti aporie logiche o fattuali.

PROVA EQUIVALENZA NELL'OFFERTA - RIMISSIONE CORTE DI GIUSTIZIA (68.13)

CONSIGLIO DI STATO ORDINANZA 2016

L’art. 68 del D. Lgs. n. 163/2006 al comma 13 prevede che: “A meno di non essere giustificate dall'oggetto dell'appalto, le specifiche tecniche non possono menzionare una fabbricazione o provenienza determinata o un procedimento particolare né far riferimento a un marchio, a un brevetto o a un tipo, a un'origine o a una produzione specifica che avrebbero come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti. Tale menzione o riferimento sono autorizzati, in via eccezionale, nel caso in cui una descrizione sufficientemente precisa e intelligibile dell'oggetto dell'appalto non sia possibile applicando i commi 3 e 4, a condizione che siano accompagnati dall'espressione «o equivalente»”.

La trascritta norma non prescrive che il concorrente provi in sede di gara l’equivalenza dei prodotti offerti a quelli originali e ciò diversamente dalle ipotesi in cui la stazione appaltante individui i prodotti oggetto della commessa ai sensi del precedente, comma 3, nelle quali il concorrente è tenuto a comprovare già nella propria offerta “che le soluzioni da lui proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche” (commi 4, 6, 7 e 8).

Peraltro, il testo dell’art. 68, comma 13, del D. Lgs. n. 163/2006, è pressoché perfettamente sovrapponibile a quello dell’art. 34, comma 8, della direttiva n. 2004/17/CE.

Quest’ultimo infatti prevede che: “A meno di non essere giustificate dall'oggetto dell'appalto, le specifiche tecniche non possono menzionare una fabbricazione o provenienza determinata o un procedimento particolare né far riferimento a un marchio, a un brevetto o a un tipo, a un'origine o a una produzione specifica con l'effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti. Tale menzione o riferimento sono autorizzati, in via eccezionale, nel caso in cui una descrizione sufficientemente precisa e intelligibile dell'oggetto dell'appalto non sia possibile applicando i paragrafi 3 e 4; una siffatta menzione o un siffatto riferimento sono accompagnati dall'espressione «o equivalente»”.

Prima facie, quindi, non emergono contrasti tra la norma interna e quella euro unitaria.

Per cui potrebbe concludersi per la conformità della prima alla seconda.

Tuttavia, un’interpretazione sistematica di quest’ultima potrebbe portare a ritenere che anche nell’ipotesi di prodotti individuati ai sensi del comma 8 della Direttiva n. 2004/17/CE, la prova dell’equivalenza debba essere data sin dall’offerta.

Ai fini del decidere diviene, quindi, rilevante stabilire se la detta direttiva debba essere intesa nel senso di imporre la prova dell’equivalenza dei prodotti da fornire già nell’offerta, anche nell’ipotesi di cui al comma 8 e per conseguenza se sia conforme ad essa, l’art. 68, comma 13, del D.Lgs. n. 163/2006.

Il Collegio ritiene di dover rimettere alla Corte di giustizia dell’UE le seguenti questioni pregiudiziali:

a) in via principale: se l’art. 34, comma 8, della direttiva 2004/17/CE debba essere inteso nel senso di imporre la prova dell’equivalenza all’originale dei prodotti da fornire già in sede di offerta;

b) in via subordinata rispetto al primo quesito, per il caso in cui la questione di interpretazione di cui alla precedente lettera a) sia risolta in senso negativo: con quali modalità debba essere assicurato il rispetto dei principi di parità di trattamento e imparzialità, di piena concorrenzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, nonché del diritto di difesa e contraddittorio degli altri concorrenti.

PRODOTTI CON SPECIFICHE TECNICHE ANALOGHE A QUELLE RICHIESTE - FAVOR PARTECIPATIONIS (68)

TAR LOMBARDIA BS SENTENZA 2016

In ossequio al diritto comunitario, il principio di equivalenza permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, per cui la possibilità di ammettere (a seguito di valutazione della stazione appaltante) prodotti aventi specifiche tecniche analoghe a quelle richieste risponde al principio del favor partecipationis (Consiglio di Stato, sez. IV – 26/8/2016 n. 2701 e la giurisprudenza ivi richiamata). Già ai sensi dell’art. 68 comma 4 del D.Lgs. n. 163/2006, quando si avvalevano della possibilità di prescrivere determinate specifiche tecniche, le stazioni appaltanti non potevano respingere un'offerta per il motivo che i prodotti e i servizi offerti non fossero conformi alle specifiche alle quali avevano fatto riferimento, se nella propria offerta l'offerente provava in modo ritenuto soddisfacente dalle stazioni appaltanti, con qualsiasi mezzo appropriato, che le soluzioni da lui proposte ottemperavano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche medesime. Detto principio è ribadito e rafforzato dall’art. 68 del D. Lgs. 50/2016 vigente. Peraltro, sin dal momento della presentazione dell’offerta, il concorrente che offre prodotti equivalenti deve fornire una prova idonea a dimostrare l’equivalenza allegata (T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV – 7/7/2016 n. 1339, che risulta appellata), così come sancito dal predetto art. 68 comma 7.

REVOCA AGGIUDICAZIONE - DIFFORMITA' PRODOTTO OFFERTO

TAR PUGLIA LE SENTENZA 2016

Deve ritenersi adeguatamente motivato il provvedimento nel momento in cui si fa riferimento alla difformità del prodotto offerto rispetto a quello richiesto nella lettera di invito, soprattutto quando il tempo trascorso tra i due provvedimenti (aggiudicazione e revoca) non può aver inciso sull’affidamento dell’aggiudicatario.

A fronte della chiara prescrizione, negli atti di gara, di taluni elementi essenziali nella composizione dei prodotti, richiesti a pena di esclusione, la presenza di una composizione diversa non vale a garantire, in mancanza di quelle caratteristiche, la sua rispondenza alle esigenze che l’Amministrazione ha inteso cristallizzare, nell'esercizio della sua discrezionalità, nella lex specialis.

I chiarimenti della stazione appaltante non possono valere in alcun modo a modificare la disciplina dettata per lo svolgimento della gara, per come scolpita nella lex specialis, restando legittimi nelle sole ipotesi in cui non è ravvisabile un conflitto tra le delucidazioni fornite dalla stazione appaltante e il tenore delle clausole chiarite, costituendo, solo in tale caso, una sorta di interpretazione autentica, con cui l'Amministrazione aggiudicatrice chiarisce la propria volontà provvedi mentale.

Nelle gare pubbliche le valutazioni operate dalle commissioni giudicanti in ordine alle offerte tecniche presentate dalle imprese concorrenti, in quanto espressione di discrezionalità tecnica, sono sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano manifestamente illogiche, irrazionali, irragionevoli, arbitrarie ovvero fondate su di un altrettanto palese e manifesto travisamento dei fatti.

Non si può richiedere che nelle schede tecniche dei prodotti “appaia” anche l’indicazione di sostanze non presenti nello stesso prodotto, per cui sono ammesse solo precisazioni della documentazione prodotta che in quanto tali non costituiscono integrazione di un’offerta carente.

Pareri della redazione di CodiceAppalti.it

QUESITO del 12/04/2021 - ATTESTAZIONE DI EQUIVALENZA DEI RICAMBI NON ORIGINALI E COMPROVA STATUS DI PRODUTTORE

Premesso che noi non produciamo quei ricambi offerti, potremmo qualificarci come fabbricanti, individuando una fase da effettuare all’interno, come per esempio la fase finale di controllo qualità e inscatolamento? Maggiorni dettagli in allegato grazie


QUESITO del 11/11/2021 - FATTURATO IDENTICO E DIVIETO PRODOTTI EQUIVALENTI - LEGITTIMITA' O MENO DEL BANDO DI GARA

C’è una stazione appaltante che per la seconda volta in una procedura negoziata per fornitura annuale di ricambi nuovi originali/primo impianto per autobus inserisce come requisito di fatturato specifico quello che allego (disciplinare pag.3) In un’altra procedura negoziata chiedevano il fatturato specifico solo di forniture di ricambi IVECO ORIGINALI (perché la gara riguardava la fornitura iveco). Quindi per l’altra gara, avevo chiesto se potessero almeno allargare il requisito di fatturato specifico ai ricambi Iveco originali e equivalenti e mi hanno detto di no. Ora, a voi non sembra che questo precluda a molte aziende la partecipazione e limiti la libera concorrenza e piuttosto dia la vittoria in mano a chi ha vinto l’anno precedente? La capacità tecnica e finanziaria dovrebbe riguardare la fornitura di ricambi per autobus in generale, non esclusiva di un marchio e per di più di un marchio solo in originale e non equivalenti, oltre al fatto che anche solo il divieto di poter fornire ricambi equivalenti è di per sé una violazione della libera concorrenza (nel settore di fornitura ricambi per mezzi di trasporto). Ci sono direttive o sentenze che vietano questo tipo di comportamento? Attendo vostre, grazie


QUESITO del 23/06/2022 - SERVIZI MANUTENZIONE AUTOMOBILI - AFFILIAZIONE OFFICINA CASA MADRE - ILLEGITTIMA CLAUSOLA

Buongiorno, durante l'espletamento di una procedura di gara, uno studio legale, in nome e per conto di una società interessata alla partecipazione, ha contestato l'inserimento di una clausola di obbligatorietà riportata dal Capitolato Tecnico. Nel dettaglio , la ditta contesta l'obbligatorietà, ai fini della partecipazione, di affiliazione al circuito manutentivo FIAT e/o IVECO. Tale obbligatorietà è stata inserita dal Responsabile della fase di progettazione in quanto la tipologia di mezzi da sottoporre a lavorazione sono in larga parte riconducibili ai suddetti marchi. In particolare la ditta asserisce che il requisito indicato dal CT incide sulla concorrenza dei servizi di manutenzione post vendita delle case madri cui l'unione europea ha provato a porre rimedio con regolamento 1400/2022 e 461/2010. In merito a quanto esposto si chiede parere in merito alla liceità della contestazione elevata. Distinti Saluti


QUESITO del 27/06/2022 - OFFERTA TECNICA - EQUIVALENZA - POTERE DISCREZIONALE

Stessa gara del quesito precedente (quello del contratto di avvalimento). Nelle gare di fornitura di ricambi originali ed equivalenti per autobus, questo Ente attua sempre la stessa modalità di richiesta dei documenti di equivalenza. Nella dichiarazione di ricambi originali e equivalenti (che allego) che fa parte dei documenti da firmare e allegare ci sono le istruzioni. Quindi, dopo aver aperto le buste amministrative, e prima di aprire quelle economiche, fanno un’estrazione del 10% dei ricambi che vengono offerti come “equivalenti” e chiedono la documentazione che si legge appunto nella Dichiarazione di ricambi originali ed equivalenti che ALLEGO. Dunque, dato che io ho già partecipato alle gare di questo Ente, produco sempre gli stessi documenti: 1) Il certificato di equivalenza, ripetendo pedissequamente quanto da loro indicato –questo è L’UNICO DOCUMENTO CHE SECONDO I REGOLAMENTI IN MATERIA DI RICAMBI ORIGINALI ED EQUIVALENTI DEVE ESSERE PRODOTTO. E questo è ok. 2) Per documentazione attestante il controllo del processo produttivo……io scrivo “LA FASE DI REALIZZAZIONE DA NOI EFFETTUATA ai sensi del regolamento 858/2018 è: d) certifica la conformità del prodotto finito conformemente alle specifiche e alle norme di produzione del costruttore del veicolo. Pertanto, è stato allegato il PIANO DI QUALITA’ E CONTROLLO, le schede di verifica e gli attestati di conformità. “ Ora, questi documenti sono vuoti, nel senso che io dimostro quello che faccio attraverso il piano di qualità, in cui inserisco i codici degli articoli, ma le schede di verifica e gli attestati sono vuoti, perché vanno riempiti nel momento in cui mi fanno un ordine. Di solito, con questo ente, io inserisco anche le schede tecniche degli articoli estratti, ma in questo caso essendo oltre 700 articoli, ho messo qualche scheda dicendo: in via esemplificativa inserisco le schede tecniche di qualche articolo. HANNO FATTO UN SOCCORSO ISTRUTTORIO, dicendo che la documentazione non è sufficiente, senza specificare quello che vogliono. Desumo che vogliano le schede tecniche di tutti gli articoli, ma questo non è dovuto in questa fase, non c’è scritto da nessuna parte. Infatti nel doc di equivalenza si legga all’ultimo punto “in fase di esecuzione del contratto”, che rimanda all’art. 3.2 lettera a) del capitolato che ALLEGO. In sostanza, in fase di esecuzione del contratto dovranno essere prodotti gli stessi documenti che hanno chiesto ora per il 10% dei ricambi estratti PIU’ IL PUNTO D) le schede di applicazione o il catalogo- Dunque i punti sono due: 1) Sono tenuta ad inviare queste schede di applicazione ADESSO? Solo perché me lo chiedono senza tra l’altro specificarlo? E invece nei documenti di gara si evince che quelli sono documenti da inviare in fase di esecuzione, cioè per l’aggiudicatario. Questo mi comporta una mole di lavoro enorme. E come si fa a stabilire quali sono i documenti che dimostrano il controllo qualità prima di un ordine? 2) L’unica revisione al Piano di Qualità (allegato) che ho effettuato è inserire un link di accesso al catalogo online di uno dei produttori e ho inserito nuovamente tutta la lista dei ricambi con la corrispondenza nostro codice con il codice ricambi originali. Nella mia risposta al soccorso, posso scrivere che se mi escludono intendo chiedere un parere di precontenzioso all'Anac? si può fare in questa fase? E che i pareri sarebbero due: uno per questa questione e uno per quella del contratto di avvalimento (primo quesito). Grazie


QUESITO del 26/09/2022 - FORNITURE E PROPRIETA' INTELLETTUALE

Quesito di settembre Nell’art 68 che avete pubblicato sul vostro portale, comma 2 si legge dell’eventuale trasferimento della proprietà intellettuale. Cosa si intende? In una gara di fornitura di ricambi per treni, l’ente richiede la fornitura di ricambi e pubblica i disegni tecnici nella documentazione tecnica e tali disegni sono spesso firmati dai costruttori di quei ricambi, a volte con all’interno la richiesta di non divulgazione, altre volte no (allego un esempio). Dunque io posso decidere se far produrre quel ricambio dal costruttore originario o farlo produrre da un altro fabbricante, che dovrà copiare quel disegno. Posso io dunque utilizzare quei disegni per produrre un ricambio internamente o presso un fabbricante a mia scelta, giusto? Cioè far produrre su mia iniziativa, internamente o inviando quel disegno di quel ricambio? Del resto nelle gare è proprio questo che si fa, si propongono ricambi equivalenti (la famosa questione) solo che in questo caso, io non faccio un semplice ordine ad un fabbricante che ha già i propri disegni e produce i ricambi equivalenti, ma produco io internamente o faccio produrre su disegno che invio e che ho ottenuto dall’Ente. Questo è considerata lesione della proprietà intellettuale? L’ente non scrive alcunchè in materia di proprietà intellettuale, si limita a mettere a disposizione i disegni ed accetta i ricambi equivalenti, accompagnati dal certificato di equivalenza. Chi dice che quel ricambio è prodotto a seguito del disegno che è stato inviato dall’ente e in ogni caso, se ci sono innumerevoli fabbricanti di ricambi equivalenti, questo vuol dire che quei disegni tecnici e di progettazione siano ormai di pubblico dominio. Altro punto: può essere la produzione in stampa 3D di quel disegno, una questione rilevante per il miglioramento di quel ricambio, tale per cui si va oltre qualsiasi lesione di proprietà, perché si ottiene un miglioramento di quel ricambio, sia per alleggerimento del pezzo (si utilizzano altri materiali) che per sostenibilità, riduzione Co2 e miglioramento del processo di approvvigionamento (riduzione tempi e costi).


APPALTI PUBBLICI: Ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. ii) del Codice: i contratti a titolo oneroso, stipulati per iscritto tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici, aventi per oggetto l'esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti e la prest...
AMMINISTRAZIONI AGGIUDICATRICI: Ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. a) del Codice: le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costi...
AMMINISTRAZIONI AGGIUDICATRICI: Ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. a) del Codice: le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costi...
AMMINISTRAZIONI AGGIUDICATRICI: Ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. a) del Codice: le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costi...
CICLO DI VITA: Ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. hhhh) del Codice: tutte le fasi consecutive o interconnesse, compresi la ricerca e lo sviluppo da realizzare, la produzione, gli scambi e le relative condizioni, il trasporto, l'utilizzazione e la manutenzione, del...
OPERATORE ECONOMICO: Ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. p) del Codice: una persona fisica o giuridica, un ente pubblico, un raggruppamento di tali persone o enti, compresa qualsiasi associazione temporanea di imprese, un ente senza personalità giuridica, ivi compreso il...