Giurisprudenza e Prassi

CUMULO ALLA RINFUSA - NON SI APPLICA ALLE RETI DI IMPRESE ( 68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2025

Venendo quindi all’istituto del cd. “cumulo alla rinfusa”, lo stesso rappresenta un meccanismo che consente ai consorzi stabili di potersi qualificare, cumulando i propri requisiti di capacità tecnica ed economica a quelli maturati dalle imprese consorziate, in una sorta di avvalimento ex lege. Si tratta, in particolare, di uno strumento – ispirato dal favor partecipationis – inscindibilmente connesso ad una specifica forma di aggregazione di soggetti, vale a dire l’organizzazione d’impresa collettiva di cui all’art. 65, comma 2, lett. d) del d.lgs. n. 36 del 2023, ossia il consorzio stabile.

Come evidenzia, da ultimo, il precedente di Cons. Stato, V, 3 gennaio 2024, n. 71 (riferito ad una fattispecie concreta disciplinata dal d.lgs. n. 50 del 2016, ma esprimente principi applicabili in toto anche al caso qui in esame), l’art. 47, comma primo del predetto decreto prevede(va) il cumulo alla rinfusa per la qualificazione del consorzio stabile – da intendersi senza limiti alla luce della interpretazione autentica ai sensi dell’art. 225, comma 13, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 – mentre il successivo comma 2 precisa(va) che il consorzio stabile esegue la prestazione in proprio o tramite le consorziate, senza che questo possa essere qualificato come subappalto, con responsabilità solidale del consorzio e della consorziata esecutrice.

Dal combinato disposto dei due commi deve dunque desumersi che:

a) la qualificazione è richiesta in capo al consorzio stabile e non in capo alle singole consorziate, poiché la qualificazione delle singole consorziate rileva solo ai fini del cumulo alla rinfusa (onde verificare che il consorzio stabile sia qualificato);

b) una volta che si accerti che il consorzio stabile è qualificato, non rileva verificare anche la qualificazione (o meno) delle singole consorziate;

c) il cumulo alla rinfusa previsto dal comma primo dell’art. 47 determina un avvalimento ex lege, che si deve intendere bidirezionale alla luce del comma 2 della stessa norma;

d) l’esecuzione diretta o tramite consorziate, con responsabilità solidale, presuppone appunto un avvalimento ex legeche opera in senso bidirezionale;

e) non ha alcuna rilevanza che la consorziata esecutrice non sia qualificata, poiché da un lato è richiesta solo la qualificazione del consorzio e comunque, laddove quest’ultimo decida di incaricare una consorziata non qualificata dell’esecuzione, sarà comunque responsabile in solido, venendo ad operare (il consorzio) come una ausiliariaex lege.

In estrema sintesi, il cumulo alla rinfusa va inteso come un avvalimento ex lege, con il relativo regime di responsabilità: deve infatti ragionarsi in termini di unicità del soggetto composto da consorzio stabile e consorziate, indipendentemente da chi abbia i requisiti e da chi esegua, dal momento che in un avvalimento ex lege sono solidalmente responsabili sia i soggetti che hanno i requisiti, sia quelli che in concreto eseguono.

Solo ragionando in termini di unicità, secondo la logica dell’avvalimento ex lege, può infatti comprendersi la scissione tra il soggetto che ha i requisiti di qualificazione – ma non esegue – e quello che esegue ma non ha i requisiti di qualificazione.

I principi di cui sopra trovano applicazione anche nella vigenza del d.lgs. n. 36 del 2023, il cui art. 225, comma 13, secondo periodo interpreta (come già ricordato, autenticamente) l’art. 47, comma 2bis, del Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, nel senso che consente ai consorzi stabili di far ricorso in modo generalizzato al cumulo alla rinfusa ai fini dell’affidamento di servizi e forniture e, dunque, di poter integrare i requisiti previsti dalla lex specialis mediante quelli posseduti dalle proprie consorziate non esecutrici (in termini, già la consolidata giurisprudenza: ex multis, Cons. Stato, V, 4 luglio 2023, n. 6533; 5 maggio 2023, n. 1761; ord. 5 maggio 2023, n. 1761; 14 aprile 2023, n. 1424).

In questo quadro di insieme si colloca anche l’art. 68, comma 20 del d.lgs. n. 36 del 2023, norma che secondo il primo giudice consentirebbe alle reti (ancorché nella sola ipotesi di assimilazione, in via sostanziale, ad un consorzio stabile), di beneficiare del cd. cumulo alla rinfusa.

L’interpretazione riportata nella sentenza appellata non è corretta.

Il comma 20 del detto art. 68, infatti, nel prevedere che “Il presente articolo trova applicazione, in quanto compatibile, nella partecipazione alle procedure di affidamento delle aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto di rete, di cui all’articolo 65, comma 2, lettera g); queste ultime, nel caso in cui abbiano tutti i requisiti del consorzio stabile di cui all’articolo 65, comma 2, lettera d), sono ad esso equiparate ai fini della qualificazione SOA”, espressamente si riferisce, in termini specifici, alla “qualificazione SOA”, ossia attiene esclusivamente ai presupposti per potere ottenere la detta attestazione.

La precisazione normativa circoscrive dunque la portata dell’equiparazione, che non si estende (come ritiene il primo giudice) alla “qualificazione” alla gara in quanto tale (e men che mai attiene al cumulo alla rinfusa, istituto al quale non viene neppur fatto formale riferimento).

In assenza dunque di una norma espressa che lo consenta, va ribadita l’impossibilità giuridica di applicare il cumulo alla rinfusa alle reti di imprese, in quanto istituto di carattere eccezionale valevole per i soli consorzi stabili e dunque insuscettibile – in assenza di formale previsione ad hoc – di applicazione al di fuori dei casi espressamente previsti.

Vale comunque evidenziare, per completezza, che la Rete ………………… non poteva essere equiparata ad un consorzio stabile tra imprese, alla luce dei principi in precedenza delineati, per carenza del presupposto dell’autonoma organizzazione di impresa, stante la dichiarazione resa dalla sua procuratrice speciale di non avere dipendenti, né risultando altrimenti dagli atti l’esistenza di una autonoma – ed autosufficiente, ai fini dell’erogazione del servizio posto a gara – struttura di impresa.

Va invero data continuità all’orientamento (ex pluribus, Cons. Stato, V, 28 marzo 2023, n. 3148) per cui elemento essenziale per poter attribuire al consorzio la qualifica di consorzio stabile è il c.d. elemento teleologico, ossia l’effettiva idoneità del consorzio, già esplicitata nello statuto consortile, di operare con un’autonoma struttura di impresa, capace di eseguire, anche in proprio, ovvero senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate, le presentazioni previste nel contratto, ferma restando la facoltà per il consorzio, che abbia tale struttura, di eseguire le prestazioni, nei limiti consentiti, attraverso le consorziate (così Cons. Stato, V, 2 maggio 2017, n. 1984; 17 gennaio 2018, n. 276).

Il richiamo espresso – contenuto nel Codice dei contratti pubblici – alla “comune struttura di impresa” dà atto di come tale elemento costituisca un predicato indefettibile dell’esistenza di una azienda consortile, intesa nel senso civilistico di complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa, utile ad eseguire in proprio – ossia senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate – le prestazioni affidate a mezzo del contratto (in termini, Cons. Stato, Ad. plen. 18 marzo 2021, n. 5; VI, 13 ottobre 2020, n. 6165).

Tale presupposto, non a caso, fonda la decisione della Corte di Giustizia UE (C-376/08, 23 dicembre 2009) di ammettere la contemporanea partecipazione alla medesima gara del consorzio stabile e della consorziata, ove quest’ultima non sia stata designata per l’esecuzione del contratto e non abbia pertanto concordato la presentazione dell’offerta (Cons. Stato, III, 4 febbraio 2019, n. 865).



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