Giurisprudenza e Prassi

CONCESSIONE DI BENI DEMANIALI - NON RIENTRA NEL CONCETTO DI CONCESSIONE DI SERVIZI (3.1.vv)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2021

Ritiene il Collegio che, in considerazione delle loro caratteristiche, gli affidamenti in esame di aree di sedime presso gli aeroporti militari di Latina e Viterbo ad ARES 118 ben possono inquadrarsi nella categoria giuridica dell’accordo tra pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 15 della L. 241/1990 e dell’art. 5, comma 6, D.lgs. n. 50/2016.

L’art. 15 della L. 241/1990 consente alle amministrazioni pubbliche di concludere tra loro accordi per disciplinare “lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune".

Si ravvisa l’interesse comune a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico tutte le volte in cui la funzione o il servizio è comune agli Enti, ma anche allorché, più in generale, si realizzi una collaborazione istituzionale per lo svolgimento di attività di interesse pubblico comuni e sempre che le attività non abbiano natura patrimoniale ed astrattamente reperibile presso privati.

Il contenuto e la funzione elettiva degli accordi tra pubbliche amministrazioni è, pertanto, quella di regolare le rispettive attività funzionali, purché di nessuna di queste possa appropriarsi uno degli enti stipulanti.

Così chiarisce la giurisprudenza di questo Consiglio: “qualora un'amministrazione si ponga rispetto all'accordo come operatore economico, ai sensi di quanto stabilito dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 23 dicembre 2009, in C 305/08, prestatore di servizi ex all. IIA e verso un corrispettivo, anche non implicante il riconoscimento di un utile economico ma solo il rimborso dei costi, non è possibile parlare di una cooperazione tra enti pubblici per il perseguimento di funzioni di servizio pubblico comune, ma di uno scambio tra i medesimi (cfr. in particolare i Par.Par. 27 - 29 della sentenza di rinvio)….(omissis)

Come nel contratto, le amministrazioni pubbliche stipulanti partecipano all'accordo ex art. 15 in posizione di equiordinazione, ma non già al fine di comporre un conflitto di interessi di carattere patrimoniale, bensì di coordinare i rispettivi ambiti di intervento su oggetti di interesse comune.

Il quale coordinamento può anche implicare la regolamentazione di profili di carattere economico, ma come necessario riflesso delle attività amministrative che in esso sono interessate.” (C.d.S. Sez. V, 15/07/2013, n.3849).

L'accordo di cui all'art. 15 della L. 241/1990 deve, dunque, riguardare l'acquisizione di attività erogata da struttura non solo pubblica, ma anche (e soprattutto) priva di alcuna connotazione imprenditoriale, nell'ampia accezione delineata dall'ordinamento europeo (cfr. C.d.S. Sez. III, 25/01/2012, n. 324; Sez. V, n. 4539/2010).

L’"interesse comune" tra le due pubbliche amministrazioni esclude che l’una intenda avvalersi delle prestazioni dell'altra dietro pagamento di un corrispettivo (Consiglio di Stato sez. V, 15/07/2013, n.3849 sez. V, 16/09/2011, n.5207).

L’art. 5, comma 6, del D.lgs. n. 50/2016 esclude l’accordo concluso esclusivamente tra due amministrazioni dall’applicazione del codice, quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

“a) l'accordo stabilisce o realizza una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che essi sono tenuti a svolgere siano prestati nell'ottica di conseguire gli obiettivi che essi hanno in comune;

b) l'attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all'interesse pubblico;

c) le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione”.

In particolare, quanto alla sussistenza di “obiettivi in comune” (essendo palesemente configurabili le condizioni di cui alle lett. b) e c) richiamate) il giudice di primo grado ha escluso che nella fattispecie sia possibile ritenere che l’ENAC partecipi all’interesse pubblico tutelato dall’affidataria delle aree.

Il Collegio, ai fini del corretto inquadramento della fattispecie, richiama gli enunciati della Corte di Giustizia UE che ha precisato in quali casi i contratti conclusi nell'ambito del settore pubblico non sono soggetti all'applicazione delle norme in materia di appalti pubblici (Corte giustizia UE sez. IV, 28/05/2020, n.796).

Afferma la Corte che “le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero poter decidere di fornire congiuntamente i rispettivi servizi pubblici mediante cooperazione senza essere obbligate ad avvalersi di alcuna forma giuridica in particolare.

Tale cooperazione potrebbe riguardare tutti i tipi di attività connesse alla prestazione di servizi e alle responsabilità affidati alle amministrazioni partecipanti o da esse assunti, quali i compiti obbligatori o facoltativi di enti pubblici territoriali o i servizi affidati a organismi specifici dal diritto pubblico.

I servizi forniti dalle diverse amministrazioni partecipanti non devono necessariamente essere identici; potrebbero anche essere complementari.

Tale chiarimento dovrebbe essere guidato dai principi di cui alla pertinente giurisprudenza della [Corte]. Il solo fatto che entrambe le parti di un accordo siano esse stesse autorità pubbliche non esclude di per sé l'applicazione delle norme sugli appalti. Tuttavia, l'applicazione delle norme in materia di appalti pubblici non dovrebbe interferire con la libertà delle autorità pubbliche di svolgere i compiti di servizio pubblico affidati loro utilizzando le loro stesse risorse, compresa la possibilità di cooperare con altre autorità pubbliche.

Si dovrebbe garantire che una qualsiasi cooperazione pubblico-pubblico esentata non dia luogo a una distorsione della concorrenza nei confronti di operatori economici privati nella misura in cui pone un fornitore privato di servizi in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti.

I contratti per la fornitura congiunta di servizi pubblici non dovrebbero essere soggetti all'applicazione delle norme stabilite nella presente direttiva, a condizione che siano conclusi esclusivamente tra amministrazioni aggiudicatrici, che l'attuazione di tale cooperazione sia dettata solo da considerazioni legate al pubblico interesse e che nessun fornitore privato di servizi goda di una posizione di vantaggio rispetto ai suoi concorrenti.

Al fine di rispettare tali condizioni, la cooperazione dovrebbe fondarsi su un concetto cooperativistico. Tale cooperazione non comporta che tutte le amministrazioni partecipanti si assumano la responsabilità di eseguire i principali obblighi contrattuali, fintantoché sussistono impegni a cooperare all'esecuzione del servizio pubblico in questione. Inoltre, l'attuazione della cooperazione, inclusi gli eventuali trasferimenti finanziari tra le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti, dovrebbe essere retta solo da considerazioni legate al pubblico interesse”.

La nozione di «cooperazione» è al centro del meccanismo di esclusione previsto dall'articolo 12, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2014/24, trasfuso dal legislatore nazionale nella disposizione dell’art. 5, comma 6, del D.Lgs 50/2016.

La Corte precisa ancora che, in assenza di una nozione comunitaria di “cooperazione”, va valorizzata dall’interprete la circostanza che “l'intenzione del legislatore dell'Unione fosse quella d'instaurare un meccanismo basato su una cooperazione non autentica o d'ignorare l'effetto utile della cooperazione orizzontale tra amministrazioni aggiudicatrici, occorre rilevare che il requisito di «un'autentica cooperazione» emerge dalla precisazione, enunciata al considerando 33, terzo comma, della direttiva 2014/24, secondo cui la cooperazione deve «fondarsi su un concetto cooperativistico». Una siffatta formulazione, all'apparenza tautologica, deve essere interpretata nel senso di rinviare al requisito di effettività della cooperazione così stabilita o attuata.

29. Ne consegue che la partecipazione congiunta di tutte le parti dell'accordo di cooperazione è indispensabile per garantire che i servizi pubblici che esse sono tenute a svolgere siano prestati e che tale condizione non può essere considerata soddisfatta qualora l'unico contributo di talune controparti contrattuali si limiti a un mero rimborso spese”.

Inoltre, precisa ancora la Corte che “la conclusione di un accordo di cooperazione tra enti nell'ambito del settore pubblico deve costituire la conclusione di un'iniziativa di cooperazione tra le parti di quest'ultimo (v., in tal senso, sentenza del 9 giugno 2009, Commissione/Germania, C-480/06, EU:C:2009:357, punto 38). L'elaborazione di una cooperazione tra enti nell'ambito del settore pubblico presenta, infatti, una dimensione intrinsecamente collaborativa, che è assente in una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico rientrante nelle norme previste dalla direttiva 2014/24.”.



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APPALTI PUBBLICI: Ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. ii) del Codice: i contratti a titolo oneroso, stipulati per iscritto tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici, aventi per oggetto l'esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti e la prest...
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ENTI AGGIUDICATORI: Ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. e) del Codice: ai sensi del presente punto 2.3;
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