Art. 15 (Accordi fra pubbliche amministrazioni)

1. Anche al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 14, le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune.

2. Per detti accordi si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni previste dall’articolo 11, commi 2 e 3. comma così modificato dal DLgs 104/2010 in vigore dal 16/09/2010

2-bis. A fare data dal 30 giugno 2014 gli accordi di cui al comma 1 sono sottoscritti con firma digitale, ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, con firma elettronica avanzata, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera q-bis), del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, ovvero con altra firma elettronica qualificata, pena la nullita' degli stessi. Dall'attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. All'attuazione della medesima si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste dalla legislazione vigente. comma aggiunto dall'art. 6, comma 2, decreto-legge n. 179 del 2012 in vigore dal 20/10/2012, modificato dall’art. 6, comma 2, legge di conversione n. 221/ 2012 in vigore dal 19/12/2012; Il D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni dalla L. 21 febbraio 2014, n. 9 ha disposto (con l'art. 6, comma 7) che sono validi gli accordi di cui al presente articolo, comma 2-bis, non stipulati in modalita' elettronica a far data dal 1° gennaio 2013 e fino alla data in cui la stipula in modalita' elettronica diventa obbligatoria ai sensi del comma 2-bis del presente articolo
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Giurisprudenza e Prassi

ACCORDO DI COLLABORAZIONE TRA P.A. - NECESSARIO UN INTERESSE COMUNE (7.4)

ANAC PARERE 2024

Dunque nell’accordo di collaborazione ai sensi dell’art. 15, della l. n. 241/1990 è di particolare importanza il requisito dell’“interesse comune” delle pubbliche amministrazioni coinvolte e deve sussistere una effettiva condivisione di compiti e di responsabilità (ben diversa dalla situazione che si avrebbe in presenza di un contratto a titolo oneroso in cui solo una parte svolge la prestazione pattuita mentre l’altra assume l’impegno della remunerazione). È, quindi, essenziale la posizione di equiordinazione tra le parti, al fine di coordinare i rispettivi ambiti di intervento su oggetti di interesse comune e non di comporre un conflitto di interessi di carattere patrimoniale; occorre, in sostanza, una “sinergica convergenza” su attività di interesse comune, pur nella diversità del fine pubblico perseguito da ciascuna amministrazione.

Conseguentemente, gli accordi tra PA sono necessariamente quelli aventi la finalità di disciplinare attività non deducibili in contratti di diritto privato, perché non inquadrabili in alcuna delle categorie di prestazioni elencate nell’allegato II-A alla direttiva appalti 2004/18/CE [direttiva sostituita dalla 24/2014/CE]; il contenuto e la funzione elettiva di tali accordi è quella di regolare le rispettive attività funzionali, purché di nessuna di queste possa appropriarsi uno degli enti stipulanti (parere AG14/2017/AP e delibera n.179/2023). 4 Pertanto, qualora un’amministrazione si ponga rispetto all’accordo come un operatore economico (ai sensi di quanto stabilito dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 23 dicembre 2009, in C-305/08), prestatore di servizi e verso un corrispettivo, anche non implicante il riconoscimento di un utile economico ma solo il rimborso dei costi, non è possibile parlare di una cooperazione tra enti pubblici per il perseguimento di funzioni di servizio pubblico comune, ma di uno scambio tra i medesimi.

Conseguentemente ove la stazione appaltante intenda affidare un servizio ad altro soggetto pubblico, senza tuttavia perseguire le predette finalità di condivisione e di “interesse comune” del servizio stesso, tale affidamento è ricondurre nello schema tipico del contratto di appalto, da affidare secondo le procedure di aggiudicazione contemplate nel d.lgs. 36/2023.

CONCESSIONE DI BENI DEMANIALI - NON RIENTRA NEL CONCETTO DI CONCESSIONE DI SERVIZI (3.1.vv)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2021

Ritiene il Collegio che, in considerazione delle loro caratteristiche, gli affidamenti in esame di aree di sedime presso gli aeroporti militari di Latina e Viterbo ad ARES 118 ben possono inquadrarsi nella categoria giuridica dell’accordo tra pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 15 della L. 241/1990 e dell’art. 5, comma 6, D.lgs. n. 50/2016.

L’art. 15 della L. 241/1990 consente alle amministrazioni pubbliche di concludere tra loro accordi per disciplinare “lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune".

Si ravvisa l’interesse comune a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico tutte le volte in cui la funzione o il servizio è comune agli Enti, ma anche allorché, più in generale, si realizzi una collaborazione istituzionale per lo svolgimento di attività di interesse pubblico comuni e sempre che le attività non abbiano natura patrimoniale ed astrattamente reperibile presso privati.

Il contenuto e la funzione elettiva degli accordi tra pubbliche amministrazioni è, pertanto, quella di regolare le rispettive attività funzionali, purché di nessuna di queste possa appropriarsi uno degli enti stipulanti.

Così chiarisce la giurisprudenza di questo Consiglio: “qualora un'amministrazione si ponga rispetto all'accordo come operatore economico, ai sensi di quanto stabilito dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 23 dicembre 2009, in C 305/08, prestatore di servizi ex all. IIA e verso un corrispettivo, anche non implicante il riconoscimento di un utile economico ma solo il rimborso dei costi, non è possibile parlare di una cooperazione tra enti pubblici per il perseguimento di funzioni di servizio pubblico comune, ma di uno scambio tra i medesimi (cfr. in particolare i Par.Par. 27 - 29 della sentenza di rinvio)….(omissis)

Come nel contratto, le amministrazioni pubbliche stipulanti partecipano all'accordo ex art. 15 in posizione di equiordinazione, ma non già al fine di comporre un conflitto di interessi di carattere patrimoniale, bensì di coordinare i rispettivi ambiti di intervento su oggetti di interesse comune.

Il quale coordinamento può anche implicare la regolamentazione di profili di carattere economico, ma come necessario riflesso delle attività amministrative che in esso sono interessate.” (C.d.S. Sez. V, 15/07/2013, n.3849).

L'accordo di cui all'art. 15 della L. 241/1990 deve, dunque, riguardare l'acquisizione di attività erogata da struttura non solo pubblica, ma anche (e soprattutto) priva di alcuna connotazione imprenditoriale, nell'ampia accezione delineata dall'ordinamento europeo (cfr. C.d.S. Sez. III, 25/01/2012, n. 324; Sez. V, n. 4539/2010).

L’"interesse comune" tra le due pubbliche amministrazioni esclude che l’una intenda avvalersi delle prestazioni dell'altra dietro pagamento di un corrispettivo (Consiglio di Stato sez. V, 15/07/2013, n.3849 sez. V, 16/09/2011, n.5207).

L’art. 5, comma 6, del D.lgs. n. 50/2016 esclude l’accordo concluso esclusivamente tra due amministrazioni dall’applicazione del codice, quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

“a) l'accordo stabilisce o realizza una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che essi sono tenuti a svolgere siano prestati nell'ottica di conseguire gli obiettivi che essi hanno in comune;

b) l'attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all'interesse pubblico;

c) le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione”.

In particolare, quanto alla sussistenza di “obiettivi in comune” (essendo palesemente configurabili le condizioni di cui alle lett. b) e c) richiamate) il giudice di primo grado ha escluso che nella fattispecie sia possibile ritenere che l’ENAC partecipi all’interesse pubblico tutelato dall’affidataria delle aree.

Il Collegio, ai fini del corretto inquadramento della fattispecie, richiama gli enunciati della Corte di Giustizia UE che ha precisato in quali casi i contratti conclusi nell'ambito del settore pubblico non sono soggetti all'applicazione delle norme in materia di appalti pubblici (Corte giustizia UE sez. IV, 28/05/2020, n.796).

Afferma la Corte che “le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero poter decidere di fornire congiuntamente i rispettivi servizi pubblici mediante cooperazione senza essere obbligate ad avvalersi di alcuna forma giuridica in particolare.

Tale cooperazione potrebbe riguardare tutti i tipi di attività connesse alla prestazione di servizi e alle responsabilità affidati alle amministrazioni partecipanti o da esse assunti, quali i compiti obbligatori o facoltativi di enti pubblici territoriali o i servizi affidati a organismi specifici dal diritto pubblico.

I servizi forniti dalle diverse amministrazioni partecipanti non devono necessariamente essere identici; potrebbero anche essere complementari.

Tale chiarimento dovrebbe essere guidato dai principi di cui alla pertinente giurisprudenza della [Corte]. Il solo fatto che entrambe le parti di un accordo siano esse stesse autorità pubbliche non esclude di per sé l'applicazione delle norme sugli appalti. Tuttavia, l'applicazione delle norme in materia di appalti pubblici non dovrebbe interferire con la libertà delle autorità pubbliche di svolgere i compiti di servizio pubblico affidati loro utilizzando le loro stesse risorse, compresa la possibilità di cooperare con altre autorità pubbliche.

Si dovrebbe garantire che una qualsiasi cooperazione pubblico-pubblico esentata non dia luogo a una distorsione della concorrenza nei confronti di operatori economici privati nella misura in cui pone un fornitore privato di servizi in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti.

I contratti per la fornitura congiunta di servizi pubblici non dovrebbero essere soggetti all'applicazione delle norme stabilite nella presente direttiva, a condizione che siano conclusi esclusivamente tra amministrazioni aggiudicatrici, che l'attuazione di tale cooperazione sia dettata solo da considerazioni legate al pubblico interesse e che nessun fornitore privato di servizi goda di una posizione di vantaggio rispetto ai suoi concorrenti.

Al fine di rispettare tali condizioni, la cooperazione dovrebbe fondarsi su un concetto cooperativistico. Tale cooperazione non comporta che tutte le amministrazioni partecipanti si assumano la responsabilità di eseguire i principali obblighi contrattuali, fintantoché sussistono impegni a cooperare all'esecuzione del servizio pubblico in questione. Inoltre, l'attuazione della cooperazione, inclusi gli eventuali trasferimenti finanziari tra le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti, dovrebbe essere retta solo da considerazioni legate al pubblico interesse”.

La nozione di «cooperazione» è al centro del meccanismo di esclusione previsto dall'articolo 12, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2014/24, trasfuso dal legislatore nazionale nella disposizione dell’art. 5, comma 6, del D.Lgs 50/2016.

La Corte precisa ancora che, in assenza di una nozione comunitaria di “cooperazione”, va valorizzata dall’interprete la circostanza che “l'intenzione del legislatore dell'Unione fosse quella d'instaurare un meccanismo basato su una cooperazione non autentica o d'ignorare l'effetto utile della cooperazione orizzontale tra amministrazioni aggiudicatrici, occorre rilevare che il requisito di «un'autentica cooperazione» emerge dalla precisazione, enunciata al considerando 33, terzo comma, della direttiva 2014/24, secondo cui la cooperazione deve «fondarsi su un concetto cooperativistico». Una siffatta formulazione, all'apparenza tautologica, deve essere interpretata nel senso di rinviare al requisito di effettività della cooperazione così stabilita o attuata.

29. Ne consegue che la partecipazione congiunta di tutte le parti dell'accordo di cooperazione è indispensabile per garantire che i servizi pubblici che esse sono tenute a svolgere siano prestati e che tale condizione non può essere considerata soddisfatta qualora l'unico contributo di talune controparti contrattuali si limiti a un mero rimborso spese”.

Inoltre, precisa ancora la Corte che “la conclusione di un accordo di cooperazione tra enti nell'ambito del settore pubblico deve costituire la conclusione di un'iniziativa di cooperazione tra le parti di quest'ultimo (v., in tal senso, sentenza del 9 giugno 2009, Commissione/Germania, C-480/06, EU:C:2009:357, punto 38). L'elaborazione di una cooperazione tra enti nell'ambito del settore pubblico presenta, infatti, una dimensione intrinsecamente collaborativa, che è assente in una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico rientrante nelle norme previste dalla direttiva 2014/24.”.



CONTRATTO DI COLLABORAZIONE - APPLICAZIONE IVA - TRATTAMENTO FISCALE APPLICABILE

AGENZIA ENTRATE RISPOSTA 2021

OGGETTO: Trattamento fiscale applicabile alle somme erogate in attuazione di un accordo di collaborazione stipulato ex art 15, d.lgs n. 241 del 1990 - IVA - Articolo 3 del d.P.R. del 26 ottobre 1972, n. 633.

PRESUPPOSTI CONTRATTO ESCLUSO – PARTENARIATO ORIZZONTALE - CONVENZIONAMENTO AI FINI DELLA GESTIONE DI UNA FARMACIA PUBBLICA – ASSENZA INTERESSE PUBBLICO COMUNE (5.6)

TAR PIEMONTE SENTENZA 2019

Le condizioni essenziali affinché due o più Amministrazioni aggiudicatrici possano procedere ad affidamenti mediante accordi in deroga alla disciplina sull’affidamento dei contratti pubblici sono stabilite dall’art. 5, comma 6 del decreto legislativo n. 50 del 2016: a) l'accordo stabilisce o realizza una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che essi sono tenuti a svolgere siano prestati nell'ottica di conseguire gli obiettivi che essi hanno in comune; b) l'attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all'interesse pubblico; c) le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione”.

In materia, a livello eurounitario, fondamentale è la sentenza della Corte di Giustizia, Grande Sezione, 9 giugno 2009, C-480/2006 (Amburgo) nella quale si legge: “va rilevato che il diritto comunitario non impone in alcun modo alle autorità pubbliche di ricorrere ad una particolare forma giuridica per assicurare in comune le loro funzioni di servizio pubblico. Dall'altra, una cooperazione del genere tra autorità pubbliche non può rimettere in questione l'obiettivo principale delle norme comunitarie in materia di appalti pubblici, vale a dire la libera circolazione dei servizi e l'apertura alla concorrenza non falsata in tutti gli Stati membri, poiché l'attuazione di tale cooperazione è retta unicamente da considerazioni e prescrizioni connesse al perseguimento di obiettivi d'interesse pubblico e poiché viene salvaguardato il principio della parità di trattamento degli interessati di cui alla direttiva 92/50, cosicché nessun impresa privata viene posta in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti (v., sentenza Stadt Halle e RPL Lochau, cit., punti 50 e 51)”.

A livello nazionale significativo è il parere del Consiglio di Stato, Sez. II, 22 aprile 2015, n. 1178 il quale evidenzia “Gli artt. 28, paragrafo 4, della direttiva 2014/25/UE sulle procedure d’appalto nei settori speciali e 17, paragrafo 4, della direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, stabiliscono disposizioni di analogo tenore. Di quest'ultima direttiva vanno richiamati il Considerando (45) nella parte in cui si raccomanda che le cooperazioni pubblico-pubblico esentate dalla sua applicazione non provochino una distorsione della concorrenza nei confronti degli operatori economici privati, ed, inoltre, il Considerando (47) secondo il quale l’esclusione dall’applicazione della direttiva dei contratti per la fornitura congiunta di servizi pubblici conclusi tra amministrazioni o enti aggiudicatori vedano tale cooperazione dettata solo da considerazioni legate al pubblico interesse senza che alcun fornitore privato di servizi goda di una posizione di vantaggio rispetto ai suoi concorrenti…”.

Significativo in materia è altresì il parere ANAC del 7 ottobre 2015 AG 70/2015/AP, rilasciato al Ministero dell’Interno, in cui l’Autorità ha espresso criteri utili a stabilire il limite oltre il quale il ricorso alle fattispecie convenzionali si traduce in una violazione della normativa in materia di appalti pubblici.

Alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale sopra riportato il Collegio ritiene che nella fattispecie in esame non sussistano i presupposti del partenariato pubblico-pubblico (rectius orizzontale).

Invero, dalla lettura degli atti depositati in giudizio emerge in primis che l’affidamento di che trattasi ha una natura remunerativa in quanto l’Azienda Speciale non riceve un rimborso spese, ma si riserva il risultato economico della gestione della farmacia riconoscendo peraltro al Comune una quota parte (5%) del fatturato maturato (si veda l’art. 7 della Convenzione), mentre l’art. 5, comma 6, lettera b) del decreto legislativo n. 50 del 2016 stabilisce quale presupposto che l’attuazione di tale cooperazione sia retta esclusivamente da considerazioni inerenti all’interesse pubblico.

CONTRATTI ESCLUSI – ACCORDI TRA ENTI (5.6)

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2019

Il codice dei contratti all’art. 5, comma 6, prevede l’esclusione dall’applicazione della disciplina dei contratti pubblici, in presenza delle condizioni ivi indicate, e rappresenta una disposizione ricognitiva di un quadro normativo e giurisprudenziale già pienamente consolidato (cfr. Cons. Stato, III, n. 4631/2017, che cita le sentenze della CGUE nelle cause C- 159/11, C-564/11, C-386/11 e C-352/12).

Nell’ordinamento nazionale è riconosciuta alle amministrazioni pubbliche la possibilità di concludere fra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune che dunque deve essere letta alla luce del quadro normativo europeo (articolo 15 della l. 241/1990).

In particolare la norma appena citata prevede che agli accordi tra amministrazioni pubbliche non si applichino le previsioni del codice purché siano rispettate <<le seguenti condizioni:

a) l’accordo stabilisce o realizza una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che essi sono tenuti a svolgere siano prestati nell'ottica di conseguire gli obiettivi che essi hanno in comune;

b) l'attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all'interesse pubblico;

c) le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione>>.

Al di fuori di questi casi, ogni accordo avente contenuto patrimoniale ed astrattamente contendibile soggiace alle regole dell’evidenza pubblica dovendosi anche le amministrazioni pubbliche includere nel novero degli operatori economici sottoposti alle regole della concorrenza ai sensi dell’art. 3 lett. p) del d.lgs. n. 50/2016.

ACCORDI TRA AMMINISTRAZIONI AGGIUDICATRICI - RATIO (5.6)

ANAC DELIBERA 2017

Un accordo tra amministrazioni pubbliche rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 5, comma 6, d.lgs. 50/2016, nel caso in cui regoli la realizzazione di interessi pubblici effettivamente comuni alle parti, con una reale divisione di compiti e responsabilità, in assenza di remunerazione ad eccezione di movimenti finanziari configurabili solo come ristoro delle spese sostenute e senza interferire con gli interessi salvaguardati dalla disciplina in tema di contratti pubblici.

Oggetto: Convenzione quadro tra Ministero della Giustizia e Conferenza dei Rettori delle Università Italiane – misure di attuazione – adozione di modelli convenzionali dei rapporti negoziali – richiesta di parere del Ministero della Giustizia.

ACCORDO DI COOPERAZIONE - AMBITO APPLICATIVO

ANAC DELIBERA 2016

L’accordo di cooperazione ex art. 15 l. 241/90, istituto su cui si basa l’affidamento in oggetto, è uno strumento che formalizza il rapporto tra pubbliche amministrazioni le quali disciplinano lo svolgimento, in collaborazione, di attivita' di interesse comune.

Detto istituto rientra tra le forme di partenariato pubblico-pubblico (PPP), ossia tra quelle relazioni tra pubbliche amministrazioni che conseguentemente, nella misura in cui esse possono essere identificate come prestazioni o scambi di servizi, escludono l’applicazione del Codice dei contratti pubblici.

Sulla scorta della giurisprudenza comunitaria (Corte di giustizia CE, sentenza 9 giugno 2009, causa C-480/06) e nazionale (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 4832/2013), questa Autorita' ha consolidato un proprio orientamento, compiutamente espresso nella Determinazione 21 ottobre 2010, n. 7 e confermato con Parere sulla normativa, 30 luglio 2013, AG 42/13, secondo cui la compatibilita' di tali accordi con il diritto dei contratti pubblici deve essere misurata sulla scorta del rispetto delle seguenti condizioni:

•lo scopo dell’accordo deve essere rivolto a realizzare un interesse pubblico, effettivamente comune ai partecipanti, che hanno l’obbligo di perseguirlo come compito principale, da valutarsi alla luce delle finalita' istituzionali degli enti coinvolti;

•alla base dell’accordo deve rinvenirsi una reale divisione di compiti e responsabilita';

•i movimenti finanziari tra i soggetti devono configurarsi come mero ristoro delle spese sostenute, dovendosi escludere la sussistenza di un corrispettivo per i servizi resi;

•il ricorso all’accordo non puo' interferire con la libera circolazione dei servizi, i.e. l’accordo collaborativo non deve prestarsi come elusione delle norme sulla concorrenza in tema di appalti pubblici.

A tal riguardo si rileva che l’attivita' in oggetto non è contemplata nello statuto dell’ACI tra le funzioni a strettamente pubblicistiche, in quanto la “fornitura di dispositivo elettronico per monitoraggio dei veicoli deputati al trasporto macerie, la fornitura software e gestione dati e la formazione del personale” rientrano nell’ampio concetto delle attivita' istituzionali di cui all’art. 4 dello statuto, che l’ACI puo' svolgere nell’ambito dell’autonomia statutaria, ma nel rispetto delle regole di mercato e di tutela della concorrenza poste dalle norme nazionali (cfr. Corte dei Conti, sez. Controllo sugli Enti, adunanza del 20 gennaio 2012, Determinazione n. 2/2012; Delibera A.N.AC. n. 11 del 20 febbraio 2013 in tema di applicazione del d.lgs. n. 150/2009 all’Automobile Club Italia e agli Automobile Club Provinciali).

S.A: Comune dell'Aquila - Ufficio Speciale per la Ricostruzione della Citta' dell'Aquila (gia' Commissario delegato per la ricostruzione - Soggetto Attuatore per la rimozione delle macerie);

O.E.: Automobil Club L’Aquila – ACI Informatica S.p.A.

ACCORDI TRA AMMINISTRAZIONI AGGIUDICATRICI - RATIO

ANAC PARERE 2015

Nella determinazione n. 7/2010 l’Autorita' ha approfondito il tema degli accordi tra amministrazioni aggiudicatrici ex art. 15 della legge 241/1990 delineando «un modello convenzionale attraverso il quale le pubbliche amministrazioni coordinano l’esercizio di funzioni proprie in vista del conseguimento di un risultato comune in modo complementare e sinergico, ossia in forma di “reciproca collaborazione” e nell’obiettivo comune di fornire servizi “indistintamente a favore della collettivita' e gratuitamente”».

Nel contempo l’Autorita' ha individuato le condizioni che devono essere rispettate affinche' il ricorso a tali fattispecie negoziali non si traduca in una violazione della normativa in materia di appalti pubblici:

1.l’accordo deve regolare la realizzazione di un interesse pubblico, effettivamente comune ai partecipanti, che le parti hanno l’obbligo di perseguire come compito principale, da valutarsi alla luce delle finalita' istituzionali degli enti coinvolti;

2.alla base dell’accordo deve esserci una reale divisione di compiti e responsabilita';

3.i movimenti finanziari tra i soggetti che sottoscrivono l’accordo devono configurarsi solo come ristoro delle spese sostenute, essendo escluso il pagamento di un vero e proprio corrispettivo comprensivo di un margine di guadagno;

4.il ricorso all’accordo non puo' interferire con il perseguimento dell’obiettivo principale delle norme comunitarie in tema di appalti pubblici, ossia la libera circolazione dei servizi e l’apertura alla concorrenza non falsata negli Stati membri. Pertanto, la collaborazione tra amministrazioni non puo' trasformarsi in una costruzione di puro artificio diretta ad eludere le norme menzionate e gli atti che approvano l’accordo, nella motivazione, devono dar conto di quanto su esposto.

Date queste premesse le parti hanno ritenuto che «l’istituzione di un centro di ricerca, congiunto tra CNR e codesto Ministero, sia il modo piu' efficiente, efficace e economicamente vantaggioso per conseguire il trasferimento di conoscenze e lo sviluppo di strumenti innovativi di Open Source Intelligence in grado di supportare le attivita' operative di codesto Ministero».

La convergenza degli interessi sull’attivita' di ricerca svolta dal CRAIM è avvalorata dalla circostanza che i risultati della ricerca, nonche' gli eventuali brevetti, appartengono in uguale misura ad entrambe le parti, di modo che sembrerebbe non esservi una amministrazione che trae un’utilitas dall’attivita' svolta dalla controparte in suo favore.

Oggetto: Ministero dell’Interno – Convenzione operativa tra il Ministero dell’Interno Dipartimento della Pubblica Sicurezza e il Consiglio Nazionale delle Ricerche - richiesta di parere.

ACCORDI TRA PA - NON SOTTOPOSTI ALLA DISCIPLINA SUGLI APPALTI PUBBLICI

ANAC PARERE 2015

L’orientamento giurisprudenziale è conforme a quello del giudice comunitario (ex multis decisione del 19 dicembre 2012, Causa C-159/2011) a tenore del quale gli appalti conclusi da enti pubblici non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici, ove istituiscano una cooperazione finalizzata a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune (in tal senso, anche sentenza del 9 giugno 2009, C‑480/06). In tale ipotesi, le norme del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici non sono applicabili, a condizione che tali contratti siano stipulati esclusivamente tra enti pubblici, senza la partecipazione di una parte privata, che nessun prestatore privato sia posto in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti e che la cooperazione da essi istituita sia retta unicamente da considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi d’interesse pubblico.

Gli accordi conclusi ai sensi dell’art. 15 l. 241/1990, in relazione ai quali non trova applicazione la disciplina in materia di contratti pubblici, riguardano esclusivamente le amministrazioni pubbliche che intendono disciplinare, con lo strumento convenzionale, lo svolgimento di attivita' di interesse comune, in assenza quindi di un contrasto di interessi e di uno scambio economico, nei termini in precedenza illustrati.

OGGETTO: Ministero dell’Interno Programma Nazionale per i Servizi di Cura all’infanzia e agli anziani non autosufficienti.

UNIVERSITA' - AFFIDAMENTI SENZA GARA - LIMITI

ANAC DELIBERA 2015

Le Universita' sono organismi di diritto pubblico, cui in linea di principio è consentito partecipare ad un procedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi, purche' tale attivita' non comprometta la loro funzione didattica (cfr. art. 66 cit.). E’ altrettanto indubbio, pero', che stante la loro natura giuridica, rientrano tra quegli enti a cui secondo l’art. 15 della legge 241/90 è consentita la stipula di accordi di collaborazione per lo svolgimento di attivita' di comune interesse.

L’affidamento senza gara da parte di una amministrazione aggiudicatrice di un contratto contrasta con le norme ed i principi sull’evidenza pubblica quando ha ad oggetto servizi i quali, pur riconducibili ad attivita' scientifica, “ricadono, secondo la loro natura effettiva, nell’ambito dei servizi di ricerca e sviluppo di cui all’Allegato IIA, categoria 8, della Direttiva 2004/18, oppure nell’ambito dei servizi d’ingegneria e dei servizi affini di consulenza scientifica e tecnica indicati nella categoria 12 di tale allegato” (cosi' Corte di Giustizia Europea-Grande Sezione, Sentenza del 19 dicembre 2012 nella causa n. C-159/11).

Oggetto: rapporti contrattuali tra Ministero A, Universita' B e societa' C scarl in tema di ricerca, sviluppo sperimentale e applicazione di tecnologie innovative nei settori dell’Information Technology inerenti ai Servizi Demografici (CNSD) e per il progetto CIE (Carta d’identita' elettronica). Stazione Appaltante: Ministero A.

ACCORDI TRA LE PA - POTERE DI RECESSO

TAR PUGLIA LE SENTENZA 2014

L’assenza nell’art. 15 L. 7 agosto 1990 n. 241 di un richiamo al comma 4 del precedente art. 11 non esclude la possibilita' per l’Amministrazione di recedere dall’accordo, considerato che è proprio della funzione di amministrazione attiva il generale potere di revoca del provvedimento amministrativo, del quale l’accordo ha il contenuto e al quale è sottesa la cura di un pubblico interesse, per cui è affievolita la forza vincolante di una convenzione sottoscritta da soggetti pubblici ed è reso inapplicabile il principio civilistico per il quale il contratto ha forza di legge tra le parti (in questo senso T.a.r. Marche, 19 settembre 2003 n. 1015).

La previsione dell’art. 11 comma 4 è, del resto, confermativa e non derogatoria di detta regola generale in quanto il potere di recedere (nel pubblico interesse) dagli accordi amministrativi, non rappresenta altro se non la particolare configurazione che la potesta' di revoca assume quando il potere amministrativo è stato esercitato mediante un accordo iniziale anziche' in forma unilaterale. Il fondamento giuridico del recesso dagli accordi – istituto che si pone in un rapporto di species ad genus rispetto al potere amministrativo di revoca – risiede, dunque, nel tratto piu' tipico e innato del potere amministrativo: la sua inesauribilita'.

Potra' discutersi se, nel silenzio del legislatore, il recesso di una P.A. da un accordo precedentemente concluso ex art. 15 sia legato a particolari causali ovvero sia illimitato, possa cioè essere motivato solo da sopravvenute ragioni di interesse pubblico (recesso per sopravvenienze o autotutela legata) o anche da una rivalutazione dell’interesse pubblico originario (recesso jus poenitendi), se esso faccia sorgere o meno l’obbligo di indennizzo, ma non pare potersi dubitare della possibilita' per la P.A. di garantire nel tempo la conformita' all’interesse pubblico dell’assetto giuridico derivante dall’accordo, esigenza tradizionalmente ritenuta prevalente rispetto a quella di tutela di affidamenti eventualmente creati e che attribuisce una connotazione di precarieta' e instabilita' ai rapporti giuridici amministrativi a contenuto discrezionale.

ACCORDI DI COLLABORAZIONE TRA PA

AVCP PARERE 2014

Nell’accordo di collaborazione ai sensi dell’art. 15, della legge n. 241/1990, è di particolare importanza il requisito dell’“interesse comune” delle pubbliche amministrazioni sottoscriventi, da valutarsi secondo un criterio di effettivita' alla luce di un’attenta valutazione del caso concreto. In altri termini, deve sussistere una effettiva condivisione di compiti e di responsabilita', ben diversa dalla situazione che si avrebbe in presenza di un contratto a titolo oneroso in cui solo una parte svolge la prestazione pattuita mentre l’altra assume l’impegno della remunerazione. Secondo tale modello “le pubbliche amministrazioni coordinano l’esercizio di funzioni proprie in vista del conseguimento di un risultato comune in modo complementare e sinergico, ossia in forma di reciproca collaborazione e nell’obiettivo comune di fornire servizi indistintamente a favore della collettivita' e gratuitamente”, con la conseguenza che pare difficile sostenere l’applicabilita' dello schema della collaborazione “nel caso in cui un ente si procuri il bene di cui necessita per il conseguimento degli obiettivi assegnati a fronte del pagamento del rispettivo prezzo” (Determinazione 7/2010).

Oggetto: Richiesta di parere C. – Servizio di assistenza alla stazione appaltante, ricognizione delle reti, valutazione estimativa degli impianti - Affidamento diretto ad Anci Lombardia – Accordi di collaborazione art. 15 l. 241/90

COOPERAZIONE ENTI PUBBLICI - ESCLUSI AMBITO APPLICAZIONE NORMATIVA COMUNITARIA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

Secondo la giurisprudenza della Corte comunitaria, tra gli appalti conclusi da enti pubblici, che non rientrano nell’a'mbito di applicazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici, sono da annoverare i contratti che istituiscono una cooperazione tra enti pubblici finalizzata a garantire l'adempimento di una funzione di servizio pubblico comune a questi ultimi ( v., in tal senso, sentenza del 9 giugno 2009, Commissione/Germania, C-480/06, Racc. pag. I-4747, punto 37 ). In tale ipotesi, le norme del diritto dell'Unione in materia di appalti pubblici non sono applicabili, a condizione che - inoltre - tali contratti siano stipulati esclusivamente tra enti pubblici, senza la partecipazione di una parte privata, che nessun prestatore privato sia posto in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti e che la cooperazione da essi istituita sia retta unicamente da considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi d'interesse pubblico (v. sentenza Commissione/Germania, cit., punti 44 e 47). Risulta evidente la valenza generale rivestita dagli accordi organizzativi di cui all'art.15, primo comma, della legge n. 241 del 1990, in forza del quale gli enti pubblici possono "sempre" utilizzare lo strumento convenzionale per concludere tra loro accordi organizzativi volti a disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attivita' di interesse comune. Del resto, una cooperazione del genere tra autorita' pubbliche non puo' interferire con l'obiettivo principale delle norme comunitarie in materia di appalti pubblici, vale a dire la libera circolazione dei servizi e l'apertura alla concorrenza non falsata in tutti gli Stati membri, "poiche' l'attuazione di tale cooperazione è retta unicamente da considerazioni e prescrizioni connesse al perseguimento di obiettivi d'interesse pubblico e poiche' viene salvaguardato il principio della parita' di trattamento degli interessati di cui alla direttiva 92/50, cosicche' nessun impresa privata viene posta in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti” (v., in tal senso, sentenza 9 giugno 2009 in C-480/06, Stadt Halle e RPL Lochau, punti 50 e 51).

CROCE ROSSA ITALIANA E STIPULAZIONE CONVENZIONI

TAR LAZIO SENTENZA 2012

La Croce Rossa Italiana, in quanto ente pubblico esercente istituzionalmente attività sanitaria e socio-assistenziale senza scopo di lucro, non può, in ragione del suo statuto, stipulare contratti di appalto e, dunque, partecipare a gare pubbliche indette per l'aggiudicazione di tali appalti-servizi a titolo oneroso, ma gli stessi servizi può offrire, ai sensi degli artt. 5, comma 1, d.P.R. 31 luglio 1980, n. 613 e art. 2, comma 1, lett. c) e d), d.P.C.M. 6 maggio 2005, n. 97, mediante convenzioni con lo Stato, le Regioni e gli altri enti pubblici, stipulate ai sensi dell’art. 15, l. n. 241 del 1990.

Agli effetti della correttezza di tale conclusione non può assumere alcun rilievo la novella introdotta dal d.lgs. 28 settembre 2012, n. 178, il cui art. 1, comma 6, prevede che la nuova Associazione della Croce Rossa Italiana (che ai sensi del comma 1 subentra all’attuale Associazione Italiana della Croce Rossa) - persona giuridica di diritto privato ai sensi del Libro Primo, titolo II, capo II, del codice civile - per lo svolgimento di attività sanitarie e socio sanitarie per il Servizio sanitario nazionale (SSN), può sottoscrivere convenzioni con Pubbliche amministrazioni, partecipare a gare indette da Pubbliche amministrazioni e sottoscrivere i relativi contratti, atteso che la trasformazione della CRI in soggetto di diritto privato decorre dall’1 gennaio 2014. Del resto, ove proprio volesse darsi rilevanza a tale nuova disciplina, non potrebbe non sottolinearsi che proprio in virtù del citato comma 6 “per lo svolgimento delle attività di cui al presente articolo, le Pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 sono autorizzate a stipulare convenzioni prioritariamente con l'Associazione”.

Elemento rilevante a riprova della legittimità del modus operandi dell’Ares 118 è la circostanza che, diversamente da quanto afferma parte ricorrente, la CRI non ricava alcun guadagno dallo svolgimento del servizio in questione ma, con il corrispettivo che riceve, copre le spese vive sostenute e debitamente documentate (art. 12 della convenzione). Il pagamento viene infatti effettuato solo previa rendicontazione ed esibizione di fattura.