Giurisprudenza e Prassi

CONCESSIONE DI SERVIZIO IN SCADENZA - PROROGA TECNICA - AMMESSA AI MEDESIMI PARAMETRI ECONOMICI INIZIALI

TRGA TRENTINO ALTO ADIGE SENTENZA 2021

La proroga di un contratto pubblico può essere contrattuale oppure tecnica.

La proroga c.d. “contrattuale” è così definita perché prevista nel bando di gara e nel contratto. A tutti i partecipanti alla gara è quindi noto che il contratto è esposto a un prolungamento della sua durata e di un tanto possono tenere conto ai fini della partecipazione alla gara e della formulazione dell’offerta.

Nel caso di specie, il contratto originario stipulato da CAA nel 2014 prevedeva la clausola dell’opzione di proroga contrattuale e l’Amministrazione provinciale si è avvalsa due volte del diritto di chiedere la proroga del contratto di trasporto scolastico, alle stesse condizioni, per gli anni scolastici 2018/2019 e 2019/2020. Come previsto dagli artt. 20G e 14S del contratto, nel corso delle varie annualità, l’Amministrazione ha riconosciuto al Consorzio ricorrente un adeguamento del prezzo chilometrico, aggiornato al c.d. indice FOI (indice di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati), pubblicato dall’ISTAT (cfr. doc. 10 della Provincia).

Si ha invece proroga c.d. “tecnica” quando il contratto viene prolungato dall’Amministrazione, per cause a essa non imputabili, allo scopo di garantire la continuità di un servizio essenziale nelle more della conclusione della procedura di gara per scegliere il nuovo gestore (che va bandita prima dell’originaria scadenza contrattuale). La proroga tecnica ha quindi carattere di temporaneità e rappresenta uno strumento atto esclusivamente ad assicurare il passaggio da un regime contrattuale a un altro. Come di recente affermato da questo Tribunale “la proroga quindi è teorizzabile, ancorandola al principio di continuità dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.) nei soli, limitati ed eccezionali, casi in cui (per ragioni obiettivamente non dipendenti dall’Amministrazione) vi sia l’effettiva necessità di assicurare precariamente il servizio nelle more del reperimento di un nuovo contraente” (cfr. TRGA Bolzano, 12 febbraio 2021, n. 43; nello stesso senso, cfr. TAR Campania, Napoli, 18 aprile 2020, n. 1392 e Consiglio di Stato, Sez. V, 11 maggio 2009, n. 2882).

La proroga tecnica – oggetto del presente giudizio – è quindi un istituto del tutto eccezionale, di elaborazione giurisprudenziale, che non era codificato nel previgente Codice dei contratti pubblici, ed è ora disciplinato dall’art. 106, comma 11, del D. Lgs. n. 50 del 2016.

Il vigente Codice dei contratti pubblici stabilisce infatti che “la durata del contratto può essere modificata esclusivamente per i contratti in corso di esecuzione se è prevista nel bando e nei documenti di gara una opzione di proroga. La proroga è limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente. In tal caso il contraente è tenuto all’esecuzione delle prestazioni previste nel contratto agli stessi prezzi, patti e condizioni o più favorevoli per la stazione appaltante” (art. 106, comma 11, D. Lgs. n. 50/2016).

Il legislatore ha quindi ora chiarito in modo inequivocabile che in caso di proroga del contratto per il tempo necessario a concludere la procedura di gara ad evidenza pubblica il contraente è tenuto a espletare il servizio alle stesse condizioni stabilite nel contratto originario ovvero in quelle più favorevoli per la stazione appaltante. Nessun tipo di modifica del contratto è quindi ammessa, se non in termini di estensione temporale della sua durata per il tempo strettamente necessario.

La giurisprudenza elaborata nella vigenza del D. Lgs. n. 106 del 2006 aveva peraltro già chiarito che, nell’ipotesi di proroga tecnica, non vi era spazio per alcuna ridefinizione dei termini del contratto: “E’ noto che in materia di … proroga dei contratti pubblici di appalto di servizi non vi è alcuno spazio per l’autonomia contrattuale delle parti in quanto vige il principio inderogabile, fissato dal legislatore per ragioni di interesse pubblico, in forza del quale, salve espresse previsioni dettate dalla legge in conformità della normativa comunitaria, l’Amministrazione, una volta scaduto il contratto deve, qualora abbia ancora la necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazioni, effettuare una nuova gara” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 20 agosto 2013, n. 4192; nello stesso senso, Sez. V, 2 febbraio 2010, n. 445; Sez. V, 8 luglio 2008, n. 3391; TRGA Bolzano, 12 febbraio 2021, n. 43; TAR Emilia Romagna, Parma, 8 aprile 2016, n. 124; TAR Campania, Napoli, Sez. IV, 12 giugno 2015, n. 3201; TAR Puglia, Bari, Sez. II, 28 settembre 2012, n. 1718 e TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 6 agosto 2009, n. 1999).

L’istituto della proroga tecnica si differenzia dal rinnovo del contratto pubblico proprio perché mentre la proroga ha come solo effetto il differimento del termine finale del rapporto, che rimane per il resto regolato dall’atto originario, il rinnovo comporta una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, che può concludersi con l’integrale conferma delle precedenti condizioni o con la modifica di alcune di esse in quanto non più attuali (cfr., ex pluribus, Consiglio di Stato, Sez. III, 18 ottobre 2019, n. 7077; Sez. III, 22 gennaio 2016, n. 209; TAR Campania, Napoli, Sez. V, 2 aprile 2020, n. 1312; TAR Sardegna, Cagliari, 23 gennaio 2020, n. 47; TAR Veneto, Venezia, Sez. I, 2 gennaio 2017, n. 3).

Ai fini di qualificare la tipologia contrattuale (rinnovo o proroga) “non è rilevante il nomen iuris formalmente attribuito dalle parti, bensì l’esistenza in concreto, per il rinnovo di una nuova negoziazione e per la proroga del solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, il quale rimane per il resto regolato dall’atto originario, con la precisazione che la nuova negoziazione può anche concludersi con la conferma delle precedenti condizioni” (cfr. TAR Basilicata, Potenza, Sez. I, 26 marzo 2020, n. 215).

Dunque l’istituto della proroga tecnica, non solo in base al vigente Codice dei contratti pubblici, ma anche sotto il previgente, si caratterizza proprio per la non modificabilità delle condizioni contrattuali stabilite per il contraente, in considerazione del limitato tempo della proroga.

Alla luce dei principi sopra citati appare al Collegio legittima la decisione dell’Amministrazione provinciale di applicare alle due proroghe impugnate i medesimi parametri economici pattuiti a suo tempo nel contratto originario, con il solo correttivo dell’adeguamento del prezzo chilometrico di aggiudicazione al tasso di inflazione nazionale dell’indice dei prezzi al consumo per i lavoratori e loro familiari FOI, già previsto nel contratto del 2014.

Va in altre parole esclusa, nel caso specifico, la sussistenza di un obbligo per l’Amministrazione di riconoscere a CAA maggiori compensi rispetto a quelli previsti nel contratto originario, se non attraverso lo strumento della revisione prezzi di cui all’art. 115 del D. Lgs. n. 163 del 2006, applicabile alla fattispecie ratione temporis.

Detta norma prevede(va) che “tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo, la revisione viene operata sulla base di un’istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all’articolo 7, comma 4, lettera c) e comma 5”.

Osserva il Collegio che la finalità dell’istituto della revisione è da un lato quello di salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e di servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di diminuzione qualitativa a causa dell’eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 maggio 2015, n. 2295 e Sez. V, 20 agosto 2008, n. 3994), dall’altro quello di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo, tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 23 aprile 2014, n. 2052; Sez. III, 4 marzo 2015, n. 1074 e Sez. V, 19 giugno 2009, n. 4079).

Al riguardo la giurisprudenza ha precisato che l’adeguamento all’indice FOI/ISTAT “costituisce per l’amministrazione ‘il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall’impresa, non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale’ (così la citata sentenza 9 giugno 2008, n. 2786). Questo criterio revisionale è stato in particolare ritenuto quello maggiormente coerente con la finalità della norma di legge finanziaria, consistente nel preservare il privato appaltatore o concessionario dalla svalutazione monetaria, a garanzia della corretta esecuzione del contratto d’appalto, in comparazione con le esigenze di prevenire un ingiustificato aumento della spesa pubblica. Sotto questo profilo, finirebbe per ‘premiare’ le imprese meno efficienti, le quali cioè non si rivelano in grado di reagire a rialzi dei propri costi attraverso le necessarie misure di razionalizzazione produttiva, in virtù della possibilità di traslare i relativi oneri a carico della controparte pubblica” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 20 novembre 2015, n. 5291).

A fronte del principio generale di immodificabilità del corrispettivo contrattuale offerto dall’impresa, l’adeguamento all’indice FOI/ISTAT è considerato dunque sufficiente, anche nei contratti di durata, per mitigare eventuali incrementi dei costi durante il periodo di esecuzione pluriennale del contratto.

Un aumento ulteriore del corrispettivo offerto rispetto all’adeguamento all’indice FOI/ISTAT (previsto nel caso specifico dal contratto del 2014) deve considerarsi del tutto eccezionale e va in ogni caso dimostrato da parte dell’operatore economico, nell’ambito del suddetto procedimento di revisione prezzi, attraverso ulteriori e soddisfacenti elementi, atti a comprovare l’entità del maggior danno rispetto a quello coperto con il ricorso all’indice FOI/ISTAT, escludendo quindi automatismi o presunzioni (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 1 aprile 2016, n. 1309).

La giurisprudenza ha infatti chiarito che l’obbligatoria inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo, da operare sulla base di un’istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell’amministrazione, “non comporta anche il diritto all’automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto che l’amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente sanciti“ (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 6 agosto 2018, n. 4827).

Quindi l’appaltatore o concessionario non può in assoluto vantare un diritto automatico all’aggiornamento del corrispettivo contrattuale ma solo un interesse legittimo quanto alla richiesta di effettuare la revisione, cui corrisponde una facoltà discrezionale della stazione appaltante, che deve effettuare un bilanciamento tra l’interesse dell’appaltatore o concessionario alla revisione e l’interesse pubblico connesso al risparmio di spesa e alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato.



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CODICE: Ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. uuuu) del Codice: il presente decreto che disciplina i contratti pubblici di lavori, servizi, forniture;
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