Giurisprudenza e Prassi

CLAUSOLE IMMEDIATAMENTE ESCLUDENTI - MANCATA INDICAZIONE COSTI MANODOPERA - MANCATA INDICAZIONE CCNL

TAR SICILIA CT SENTENZA 2024

Osserva il Collegio che con la richiamata decisione n. 4/2018, l’Adunanza Plenaria ha affermato che sono immediatamente impugnabili soltanto le clausole del bando preclusive della partecipazione o tali da impedire con certezza la stessa formulazione dell’offerta.

Queste ultime sono le uniche eccezioni alla regola della non immediata impugnabilità del bando e, in quanto tali, sono di stretta interpretazione.

In riferimento alla clausola immediatamente escludente che si assuma consistere nella difficoltà/impossibilità di formulare un’offerta, in particolare, la casistica giurisprudenziale vi include anche le clausole che impongono oneri o termini procedimentali o adempimenti propedeutici alla partecipazione di impossibile soddisfazione o del tutto spropositati (cfr. Cons. Stato, sez. V, 30 novembre 2021, n. 7960; cfr. anche T.A.R. Lazio, Sez. III, 14 maggio 2022, n. 6039; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. IV, 19 giugno 2020, n. 1448).

La giurisprudenza ha, inoltre, precisato che per potersi definire “immediatamente escludente” (con quanto ne segue su oneri e modalità di impugnazione), “la previsione della lex specialis deve porre con immediata e oggettiva evidenza, nei confronti di tutti indistintamente gli operatori economici, l’astratta impossibilità per un qualsiasi operatore “medio” di formulare un’offerta economicamente sostenibile (ossia astrattamente idonea a produrre – pur nella normale alea contrattuale – un utile derivante dall’esecuzione del contratto)” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 18 marzo 2019, n. 1736).

Nel solco di tale orientamento, il C.G.A., con la sentenza 22 dicembre 2022, n. 1302, ha inoltre rilevato che “più specificatamente vanno considerate “clausole immediatamente escludenti” solo quelle che con assoluta e oggettiva certezza incidono direttamente sull’interesse delle imprese in quanto precludono, per ragioni oggettive e non di normale alea contrattuale, un’utile partecipazione alla gara a un operatore economico”; con la conseguenza che “l’operatore economico che intende far valere la valenza immediatamente escludente della clausola deve provare, in concreto, che l’impossibilità di partecipare alla gara è comune alla maggioranza delle imprese del settore di riferimento”.

Orbene, in applicazione delle richiamate coordinate ermeneutiche, non pare decisiva la lamentata mancata specifica quantificazione dei costi della manodopera, che ad avviso del Collegio non preclude la possibilità di formulazione adeguata e consapevole delle offerte, dal momento che è sempre possibile accedere, a tal fine, alle tabelle ministeriali di cui all’art. 23 comma 16 del d.lgs.50/2016 (oggi art. 41 comma 13 d.lgs. 36/2023) e far ricorso ad esse per la determinazione dell’ammontare di tale voce (cfr. T.A.R. Catania, Sez. II, 4.5.2021, n.1443, 1444,1449 e T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, 23.07.2018, n. 8327). In proposito è stato precisato che “mentre il rispetto delle norme a tutela dei livelli retributivi dei lavoratori costituisce per gli operatori economici un vincolo inderogabile, la determinazione tabellare del costo del lavoro costituisce per la stazione appaltante soltanto un indice valutativo del giudizio di adeguatezza economica” (Cons. Stato Sez. VI, 20/10/2020, n. 6336).

Circa l’asserita mancata indicazione dei costi di interferenza, rileva il Collegio che nulla precludeva al concorrente di effettuare una propria valutazione dell’eventuale rischio, includendo una stima prudente dei relativi costi nella sua offerta, se ritenuto necessario.

Ad analoga conclusione deve pervenirsi in relazione alla censura sollevata con il secondo motivo di ricorso con il quale si deduce la violazione dell’art. 11 del D.Lgs. n.36/2023, attesa la mancata indicazione nella lex specialis del contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato.

Che detta omissione non sia preclusiva tout court della possibilità per gli operatori di formulare un’offerta adeguata si ricava, in primo luogo, dalla previsione contenuta nel comma 1 del citato art. 11 che con formulazione chiara prevede che “Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente”, nonché dal successivo comma 3 che, ispirato alla tutela della libertà di iniziativa economica, consente comunque agli operatori economici – anche nel caso di individuazione da parte della stazione appaltante di uno specifico CCNL – di indicare il differente contratto che essi applicano, a condizione che questo assicuri un certo standard di tutela.

Ne discende che la contestata omissione non preclude la formulazione di un’offerta demandando all’impresa partecipante la facoltà d’indicare un diverso contratto.

Ritiene, infine, il Collegio che non assumano portata escludente nemmeno le clausole del bando di gara censurate con il terzo motivo di ricorso, nessuna delle quali incide in via diretta ed immediata sulla possibilità degli operatori economici di partecipare alla procedura o di valutare la convenienza e sostenibilità dell’offerta e, segnatamente: -la contestata previsione di un “sistema di accreditamento” dei contraenti privati, piuttosto che di una procedura effettivamente competitiva, benchè in tesi potenzialmente contraria a previsioni di legge od ai principi della concorrenza, non può tuttavia qualificarsi come preclusiva della partecipazione degli operatori economici interessati e pertanto deve ritenersi inidonea a produrre una lesione effettiva ed attuale in capo alla ricorrente; -non può attribuirsi carattere immediatamente escludente nemmeno alla scelta del criterio di selezione dei fornitori basato sul ribasso medio percentuale, così come la scelta del criterio di aggiudicazione del minor prezzo, atteso che con la dianzi citata pronuncia della Plenaria n. 4 del 2018 è stato ribadito che deve restare escluso l’onere di immediata impugnazione delle prescrizioni della lex specialis di gara riguardanti il metodo della gara medesima, nonché il criterio di aggiudicazione e la valutazione dell’anomalia dell’offerta; - anche la previsione di un sistema che consente agli operatori rimasti fuori dalla graduatoria di riformulare l’offerta per farla rientrare nel range percentuale del 20% rispetto al ribasso praticato dalla prima in graduatoria, benchè in astratto potenzialmente illegittima, non arreca tuttavia alcuna lesione attuale e concreta alla posizione giuridica della ricorrente, non precludendo alla stessa la possibilità di parteciparvi; ad analoghe conclusioni deve pervenirsi con riguardo alla previsione della possibilità per il paziente – nei casi di prescrizione generica – di scegliere la tipologia prestazionale indipendentemente dalla graduatoria e con riguardo al contestato criterio di rotazione mensile; così come per la possibilità di mantenere gli apparecchi già in uso agli assistiti alle condizioni indicate nel capitolato.

L’inammissibilità del ricorso introduttivo travolge anche i motivi aggiunti, non potendosi configurare, per le ragioni dette, un interesse immediato del ricorrente alla contestazione degli atti di gara.

In conclusione, per quanto esposto, il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti vanno dichiarati inammissibili, stante l’inesistenza ad oggi in capo a quest’ultima di un interesse giudizialmente azionabile.

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