Giurisprudenza e Prassi

DELIBERA ANAC NON VINCOLANTE - IMPUGNABILE SE HA EFFETTI LESIVI (213)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2022

L’impugnabilità di una delibera non vincolante dell’ANAC non è da escludersi in senso assoluto, atteso che tale provvedimento potrebbe assumere connotazione lesiva tutte le volte in cui, riferendosi alla fattispecie concreta, di fatto incide sulla sfera giuridica dei destinatari, essendo idonea ad arrecare un vulnus diretto ed immediato. Ne consegue che la sua ‘lesività’ non va valutata in astratto o sulla base dell’inquadramento dogmatico del provvedimento, dovendosi rilevare gli effetti conformativi che lo stesso produce, nell’immediato, nei confronti dei soggetti a cui è indirizzata.

E’ noto al Collegio l’indirizzo sostenuto dalla giurisprudenza prevalente, secondo cui l’impugnabilità di un parere non vincolante dell’ANAC, a cui il giudice di prime cure ha sostanzialmente assimilato la Delibera n. -OMISSIS-, può essere ammissibile quando, riferendosi ad una fattispecie concreta, il parere sia fatto proprio dalla stazione appaltante, la quale, sulla base di esso, abbia assunto la relativa determinazione provvedimentale. Ne consegue che, secondo questo indirizzo, l’impugnazione del provvedimento è consentita solo unitamente al provvedimento conclusivo della stazione appaltante, che ne abbia fatto applicazione (Cons. Stato, sez. VI, sent. 11.3.2019, n. 1622). Si ritiene, infatti, che la concreta lesività si manifesta solo nell’ipotesi in cui il parere non vincolante sia trasposto o richiamato nell’atto conclusivo del procedimento, potendo la sua incidenza sulla fattispecie essere valutata solo in relazione alla capacità di integrare la motivazione del provvedimento adottato dall’amministrazione. Pertanto, esso è impugnabile unitamente al provvedimento finale che lo recepisce e del quale diviene presupposto o laddove esso diventi segmento procedimentale.

In linea con questo indirizzo, si è, ad esempio, ritenuta l’inammissibilità dell’impugnazione di una segnalazione che assume valore solo prodromico ed endoprocedimentale, poiché essa non è dotata di autonoma lesività, potendo essere fatti valere eventuali vizi ‘propri’, unicamente in via derivata, impugnando il provvedimento finale dell’Autorità di vigilanza, unico atto avente natura provvedimentale e carattere autoritativo (Cons. Stato, sez. VI, 20 novembre 2017, n. 5331).

Il Collegio condivide le soluzioni argomentative di tale indirizzo, le quali vanno riprese proprio a sostegno del principio, che si intende ribadire, secondo cui, ai fini dell’impugnabilità di un provvedimento amministrativo, occorre valutare in concreto l’effetto che arreca nella sfera giuridica del destinatario e in che modo tale effetto possa arrecare pregiudizio alle posizioni giuridiche soggettive da quest’ultimo vantate.

Invero, va rammentato che è stata riconosciuta l’impugnabilità degli atti anche generali o regolamentari aventi portata immediatamente prescrittiva, ovvero che vincolino la successiva attività amministrativa, di guisa che il successivo atto si atteggi quale atto meramente dichiarativo o ricognitivo (Cons. Stato, 23 aprile 2019, n. 2572) dei suddetti provvedimenti. Ciò in quanto, come si è detto, ciò che rileva è la lesività, immediata e diretta, degli effetti dell’atto amministrativo.

In sostanza, quando le deliberazioni dell’ANAC contengono vincoli conformativi puntuali alla successiva attività dei soggetti vigilati, in capo ai quali non residuano facoltà di modulazione quanto al contenuto e all’estensione, rappresentano provvedimenti lesivi nei confronti dei quali va garantita la tutela del diritto di difesa del destinatario (art. 24 Cost.).

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