VALORE MASSIMO DELL'ACCORDO QUADRO: LA SOVRASTIMA DEI RICAVI DA PARTE DEL CONCORRENTE RENDE L'OFFERTA INSOSTENIBILE (59)
La giurisprudenza ha inquadrato l’Accordo quadro nella tipologia dei contratti normativi, cioè quei contratti da cui non conseguono nell’immediato effetti reali o obbligatori, e il cui effetto pratico è quello di vincolare le parti contraenti al rispetto delle condizioni fissate ai fini della disciplina dei successivi contratti esecutivi. Per tale ragione, l’aggiudicatario non acquisisce alcun diritto o aspettativa a eseguire le prestazioni nella misura indicata come valore massimo dell’Accordo quadro nei documenti di gara.
In questa logica, la giurisprudenza comunitaria ha affermato che nell’Accordo quadro è necessario fissare il valore massimo dello stesso che definisce il limite dello sforzo organizzativo che potrà essere richiesto all’aggiudicatario, al fine di garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento e di trasparenza. Ai fini della legittimità dell’affidamento, l’unico obbligo che hanno gli enti appaltanti è quello di fissare nella documentazione di gara il valore dell’Accordo quadro, che costituisce un limite che opera in duplice direzione: limite massimo di spesa che l’ente appaltante non può superare e limite massimo delle prestazioni che possono essere richieste all’aggiudicatario.
Tale aspetto assume un rilievo determinante ai fini di un corretto dialogo competitivo perché, se non incide sulla possibile di formulazione dell’offerta, incide certamente sulla convenienza economica dell’operatore a partecipare alla procedura e a stipulare l’Accordo e i conseguenti contratti in sede di esecuzione (Cons. Stato, n. 1222 del 2019), proprio sulla base del valore dell’operazione negoziale.
L’assunto trova un supporto normativo nella disciplina di cui all’art. 59 del d.lgs. n. 36 del 2023 che al comma 1 dispone: “L’accordo quadro indica il valore stimato dell’intera operazione contrattuale”.
Non assume importanza decisiva che nel provvedimento di esclusione non si sia fatto espresso riferimento all’assenza di utile o alle eventuali perdite, dovendosi dare rilievo al fatto che la ratio del provvedimento espulsivo risiede nella (illegittima) sovrastima del valore dell’Accordo quadro e quindi della insostenibilità dell’offerta presentata dall’appellante.
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