Giurisprudenza e Prassi

ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO - DOCUMENTAZIONE DI GARA - AMESSO

TRGA TRENTINO ALTO ADIGE SENTENZA 2021

Se l’istituto dell’accesso civico generalizzato, introdotto dal D.Lgs. n. 33/2013, modificato per effetto del D.Lgs. 97/2016, sia applicabile anche nella materia dei pubblici appalti e quindi se esso operi anche con riferimento ai documenti attinenti alle attività delle amministrazioni sia nella fase procedimentale di evidenza pubblica sia in quella successiva di esecuzione dei lavori, servizi o forniture affidate.

Su questo tema era sorto, come noto, un contrasto interpretativo, che vedeva scontrarsi due opposti orientamenti.

Da un lato vi era quello espresso dalla III. Sezione del Consiglio di Stato, con la pronuncia n. 3780/2019, supportata dal richiamo al parere del Consiglio di Stato n. 515 del 24 febbraio 2016, propensa a riconoscere la portata applicativa dell’accesso civico generalizzato ai contratti pubblici, in un’ottica interpretativa dinamica che desse risalto ad una interpretazione coerente con i principi costituzionali di trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa, senza incorrere in limitazioni conseguenti unicamente ad un mancato coordinamento fra disposizioni normative succedutesi nel tempo.

Dall’altro lato vi era l’orientamento manifestato dalla V. Sezione (in particolare con le sentenze nn. 5502 e 5503 del 2019), sfavorevole all’estensione di tale istituto agli atti di gara. Questo filone interpretativo valorizzava, in particolare, la previsione dettata dall’art. 5 bis, comma 3, del D.lgs. n. 33 del 2013, in base al quale il diritto di accesso civico generalizzato, come disciplinato dall’art. 5, comma 2, del medesimo D.lgs. 33/2013, rimane escluso “nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990”.

Tenuto, infatti, conto del disposto di cui all’art. 53, comma 1, del D.lgs. n. 50/2016, in base al quale “il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241”, si era addivenuti alla conclusione per cui l’unica forma di accesso esperibile nell’ambito della materia degli appalti pubblici fosse quella disciplinata dagli artt. 22 e seguenti della Legge n. 241/90, in quanto così espressamente richiamata dalla disciplina dettata dal legislatore per la materia degli appalti.

Il contrasto interpretativo di cui s’è dato conto ha trovato la propria composizione con la pronuncia n. 10/2020 dell’Adunanza Plenaria che ha affermato l’esperibilità dell’accesso civico generalizzato anche nella materia dei contratti pubblici e ha ricordato la finalità e l’obiettivo dell’istituto, da rinvenirsi nello “scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico” (art. 5, comma 2, del D.lgs. n. 33 del 2013), consentendo il superamento dei limiti connaturati all’accesso documentale, il quale non può essere preordinato ad un controllo generalizzato sull’attività della pubblica amministrazione.

Individuato nell’accesso documentale il bisogno, in capo al richiedente, di conoscere la documentazione amministrativa in rapporto ad una situazione giuridica pregressa, connotata da concretezza e attualità (c.d. need to know), è stato ravvisato nell’accesso civico generalizzato un interesse più ampio, di per sé protetto e garantito come mezzo per consentire il controllo democratico sull’operato della pubblica amministrazione (c.d. right to know), ferme restando le eccezioni opponibili anche in tale ipotesi, così come dettate dall’art. 5 bis commi 1 e 2 del D.lgs. 33/2013.

Con particolare riguardo alle possibili eccezioni opponibili anche all’esperimento dell’accesso civico generalizzato, l’Adunanza Plenaria ha ritenuto essere preferibile un approccio interpretativo che eviti di individuare nuovi limiti all’esercizio del diritto di accesso, imponendo così una lettura tassativa e quindi restrittiva delle ipotesi in cui può essere opposto il diniego all’esercizio di tale forma di accesso.

Ha così affermato che “la disposizione non può invero essere intesa nel senso di esentare dall’accesso generalizzato interi ambiti di materie per il sol fatto che esse prevedano casi di accesso limitato e condizionato, compresi quelli regolati dalla l. n. 241 del 1990, perché, se così fosse, il principio di specialità condurrebbe sempre all’esclusione di quella materia dall’accesso, con la conseguenza, irragionevole, che la disciplina speciale o, addirittura, anche quella generale dell’accesso documentale, in quanto e per quanto richiamata per relationem dalla singola disciplina speciale, assorbirebbe e “fagociterebbe” l’accesso civico generalizzato … Verrebbe meno così, radicalmente, il concorso tra le due forme di accesso – documentale e generalizzato – che, per quanto problematico, è fatto salvo dall’art. 5, comma 11, del d. lgs. n. 33 del 2013, che mantiene ferme «le diverse forme di accesso degli interessati previste dal Capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241»…L’art. 5-bis, comma 3, del d. lgs. n. 33 del 2013 ha insomma inteso rammentare che vi sono appunto casi di eccezioni assolute, come quello del segreto di Stato, o altri, previsti dalle varie leggi settoriali come, ad esempio, il segreto statistico, regolamentato dall’art. 9 del d. lgs. n. 322 del 1989; il segreto militare disciplinato dal R.D. 11 luglio 1941, n. 161; le classifiche di segretezza di atti e documenti di cui all’art. 42 della l. n. 124 del 2007; il segreto bancario previsto dall’art. 7 del d. lgs. n. 385 del 1993; le disposizioni sui contratti secretati previste dall’art. 162 dello stesso d. lgs. n. 50 del 2016; il segreto scientifico e il segreto industriale di cui all’art. 623 del c.p. (per una più ampia e pressoché esaustiva indicazione dei divieti di accesso e divulgazione v. le Linee guida ANAC, par. 6.2.)… Per tali casi, anche quando dette leggi richiamino i limiti generali dell’art. 24, comma 1, della l. n. 241 del 1990, il rispetto delle specifiche restrizioni fissate dalla legge all’accesso, per la ratio ad esse sottesa, preclude la conoscibilità generalizzata (ma giammai – va ribadito – per interi ambiti di materie), in quanto l’accessibilità totale di dati e documenti è radicalmente incompatibile o con la tipologia di documento (ad esempio perché coperto da segreto di Stato) o con la particolare sensibilità dell’interesse protetto”.

Escluso, dunque, che il rapporto tra le diverse discipline, generali e settoriali, le quali regolano le diverse forme di accesso, possa essere letto in termini di specialità escludente, l’Adunanza Plenaria ha privilegiato un’interpretazione che ne assicuri l’integrazione reciproca, in un’ottica che, mirando a tutelare la trasparenza dell’operato della pubblica amministrazione, non tollera limiti ingiustificati – specie per intere materie – alla soddisfazione dell’interesse conoscitivo (right to know) quale espressione di una libertà fondamentale in un ordinamento democratico.

L’Adunanza Plenaria ha quindi concluso, con specifico riferimento alla previsione contenuta nell’art. 53 del D.lgs. 50 del 2016, quale disposizione speciale dettata dal codice dei contratti, nel senso che essa non può costituire una eccezione assoluta all’esercizio del diritto in questione.

Rilevata la sussistenza di ragioni di limitazione all’accesso, così come dettate nelle ipotesi previste dall’art. 22 della Legge n. 241/90 e quindi dalla singola disciplina di settore, giustificate in linea generale dalla necessità di assicurare la riservatezza e la segretezza nel corso dell’espletamento della procedura di gara e sino al suo esito, si è poi concluso che, una volta venute meno le ragioni poste a fondamento di tali limiti, non vi è motivo di inibire l’accesso civico generalizzato nelle successive fasi, in particolare, per quanto qui di interesse, proprio con riferimento al contratto stipulato all’esito della gara.

“Del resto la configurazione di una trasparenza che risponda a un <<controllo diffuso >> della collettività sull’azione amministrativa è particolarmente avvertita – come segnala l’Adunanza Plenaria – nella materia dei contratti pubblici e delle concessioni e, in particolare, nell’esecuzione di tali rapporti, dove spesso si annidano fenomeni di cattiva amministrazione, corruzione e infiltrazione mafiosa, con esiti di inefficienza e aree di malgoverno per le opere costruite o i servizi forniti dalla pubblica amministrazione e gravi carenze organizzative tali da pregiudicare persino il godimento di diritti fondamentali da parte dei cittadini nella loro pretesa ai cc.dd. diritti sociali”.

Alla luce, dunque, delle conclusioni cui è giunta la richiamata pronuncia dell’Adunanza Plenaria – secondo la quale “l’accesso civico generalizzato soddisfa … ampiamente questo diffuso desiderio conoscitivo finalizzato alla garanzia della legalità nei contratti pubblici, che è per così dire la rinnovata e moderna cifra dell’evidenza pubblica non solo nella tradizionale fase dell’aggiudicazione ma anche nell’esecuzione, dovendo questa, come detto, rispettarne specularmente condizioni, contenuti e limiti” – è da ritenersi illegittimo il silenzio serbato da ........... S.r.l. sull’istanza di accesso al contratto d’appalto, formulata dalla ricorrente con istanza del 24.5.2021 (doc. 9 della ricorrente), rispetto alla quale la società pubblica non ha ritenuto di assumere alcuna determinazione, lasciando semplicemente inevasa la richiesta nel successivo provvedimento del 3.6.2021.

La circostanza che l’interessato non abbia un interesse diretto, attuale e concreto ai sensi dell’art. 22 della l. n. 241 del 1990, non per questo rende inammissibile l’istanza di accesso civico generalizzato, nata anche per superare le restrizioni imposte dalla legittimazione all’accesso documentale.

Non si deve confondere da questo punto di vista la ratio dell’istituto con l’interesse del richiedente, che non necessariamente deve essere altruistico o sociale né deve sottostare ad un giudizio di meritevolezza, per quanto, come detto, certamente non deve essere pretestuoso o contrario a buona fede.

Ciò che va tutelato è l’interesse alla conoscenza del dato e questa conoscenza non può essere negata, anche ai sensi del considerando n. 122 della richiamata direttiva, anche e anzitutto all’operatore economico del settore” (Ad. Plen., sentenza n. 10/2020).



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DIRITTO DI ACCESSO: Ai sensi dell'art. 22 della Legge 241/90 si intende il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi
DIRITTO DI ACCESSO: Ai sensi dell'art. 22 della Legge 241/90 si intende il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi
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