Art. 5. Accesso civico a dati e documenti

1. L'obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione.

2. Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis.

3. L'esercizio del diritto di cui ai commi 1 e 2 non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente. L'istanza di accesso civico identifica i dati, le informazioni o i documenti richiesti e non richiede motivazione. L'istanza può essere trasmessa per via telematica secondo le modalità previste dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ed è presentata alternativamente ad uno dei seguenti uffici:

a) all'ufficio che detiene i dati, le informazioni o i documenti;

b) all'Ufficio relazioni con il pubblico;

c) ad altro ufficio indicato dall'amministrazione nella sezione "Amministrazione trasparente" del sito istituzionale;

d) al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, ove l'istanza abbia a oggetto dati, informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi del presente decreto.

4. Il rilascio di dati o documenti in formato elettronico o cartaceo è gratuito, salvo il rimborso del costo effettivamente sostenuto e documentato dall'amministrazione per la riproduzione su supporti materiali.

5. Fatti salvi i casi di pubblicazione obbligatoria, l'amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, ai sensi dell'articolo 5-bis, comma 2, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione. Entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione, i controinteressati possono presentare una motivata opposizione, anche per via telematica, alla richiesta di accesso. A decorrere dalla comunicazione ai controinteressati, il termine di cui al comma 6 è sospeso fino all'eventuale opposizione dei controinteressati. Decorso tale termine, la pubblica amministrazione provvede sulla richiesta, accertata la ricezione della comunicazione.

6. Il procedimento di accesso civico deve concludersi con provvedimento espresso e motivato nel termine di trenta giorni dalla presentazione dell'istanza con la comunicazione al richiedente e agli eventuali controinteressati. In caso di accoglimento, l'amministrazione provvede a trasmettere tempestivamente al richiedente i dati o i documenti richiesti, ovvero, nel caso in cui l'istanza riguardi dati, informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi del presente decreto, a pubblicare sul sito i dati, le informazioni o i documenti richiesti e a comunicare al richiedente l'avvenuta pubblicazione dello stesso, indicandogli il relativo collegamento ipertestuale. In caso di accoglimento della richiesta di accesso civico nonostante l'opposizione del controinteressato, salvi i casi di comprovata indifferibilità, l'amministrazione ne dà comunicazione al controinteressato e provvede a trasmettere al richiedente i dati o i documenti richiesti non prima di quindici giorni dalla ricezione della stessa comunicazione da parte del controinteressato. Il rifiuto, il differimento e la limitazione dell'accesso devono essere motivati con riferimento ai casi e ai limiti stabiliti dall'articolo 5-bis. Il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza può chiedere agli uffici della relativa amministrazione informazioni sull'esito delle istanze.

7. Nei casi di diniego totale o parziale dell'accesso o di mancata risposta entro il termine indicato al comma 6, il richiedente può presentare richiesta di riesame al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, di cui all'articolo 43, che decide con provvedimento motivato, entro il termine di venti giorni. Se l'accesso è stato negato o differito a tutela degli interessi di cui all'articolo 5-bis, comma 2, lettera a), il suddetto responsabile provvede sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta. A decorrere dalla comunicazione al Garante, il termine per l'adozione del provvedimento da parte del responsabile è sospeso, fino alla ricezione del parere del Garante e comunque per un periodo non superiore ai predetti dieci giorni. Avverso la decisione dell'amministrazione competente o, in caso di richiesta di riesame, avverso quella del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, il richiedente può proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell'articolo 116 del Codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.

8. Qualora si tratti di atti delle amministrazioni delle regioni o degli enti locali, il richiedente può altresì presentare ricorso al difensore civico competente per ambito territoriale, ove costituito. Qualora tale organo non sia stato istituito, la competenza è attribuita al difensore civico competente per l'ambito territoriale immediatamente superiore. Il ricorso va altresì notificato all'amministrazione interessata. Il difensore civico si pronuncia entro trenta giorni dalla presentazione del ricorso. Se il difensore civico ritiene illegittimo il diniego o il differimento, ne informa il richiedente e lo comunica all'amministrazione competente. Se questa non conferma il diniego o il differimento entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico, l'accesso è consentito. Qualora il richiedente l'accesso si sia rivolto al difensore civico, il termine di cui all'articolo 116 del Codice del processo amministrativo decorre dalla data di ricevimento, da parte del richiedente, dell'esito della sua istanza al difensore civico. Se l'accesso è stato negato o differito a tutela degli interessi di cui all'articolo 5-bis, comma 2, lettera a), il difensore civico provvede sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta. A decorrere dalla comunicazione al Garante, il termine per la pronuncia del difensore è sospeso, fino alla ricezione del parere del Garante e comunque per un periodo non superiore ai predetti dieci giorni.

9. Nei casi di accoglimento della richiesta di accesso, il controinteressato può presentare richiesta di riesame ai sensi del comma 7 e presentare ricorso al difensore civico ai sensi del comma 8.

10. Nel caso in cui la richiesta di accesso civico riguardi dati, informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi del presente decreto, il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza ha l'obbligo di effettuare la segnalazione di cui all'articolo 43, comma 5.

11. Restano fermi gli obblighi di pubblicazione previsti dal Capo II, nonché le diverse forme di accesso degli interessati previste dal

Capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241.
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Giurisprudenza e Prassi

ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO - DOCUMENTAZIONE DI GARA - AMESSO

TRGA TRENTINO ALTO ADIGE SENTENZA 2021

Se l’istituto dell’accesso civico generalizzato, introdotto dal D.Lgs. n. 33/2013, modificato per effetto del D.Lgs. 97/2016, sia applicabile anche nella materia dei pubblici appalti e quindi se esso operi anche con riferimento ai documenti attinenti alle attività delle amministrazioni sia nella fase procedimentale di evidenza pubblica sia in quella successiva di esecuzione dei lavori, servizi o forniture affidate.

Su questo tema era sorto, come noto, un contrasto interpretativo, che vedeva scontrarsi due opposti orientamenti.

Da un lato vi era quello espresso dalla III. Sezione del Consiglio di Stato, con la pronuncia n. 3780/2019, supportata dal richiamo al parere del Consiglio di Stato n. 515 del 24 febbraio 2016, propensa a riconoscere la portata applicativa dell’accesso civico generalizzato ai contratti pubblici, in un’ottica interpretativa dinamica che desse risalto ad una interpretazione coerente con i principi costituzionali di trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa, senza incorrere in limitazioni conseguenti unicamente ad un mancato coordinamento fra disposizioni normative succedutesi nel tempo.

Dall’altro lato vi era l’orientamento manifestato dalla V. Sezione (in particolare con le sentenze nn. 5502 e 5503 del 2019), sfavorevole all’estensione di tale istituto agli atti di gara. Questo filone interpretativo valorizzava, in particolare, la previsione dettata dall’art. 5 bis, comma 3, del D.lgs. n. 33 del 2013, in base al quale il diritto di accesso civico generalizzato, come disciplinato dall’art. 5, comma 2, del medesimo D.lgs. 33/2013, rimane escluso “nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990”.

Tenuto, infatti, conto del disposto di cui all’art. 53, comma 1, del D.lgs. n. 50/2016, in base al quale “il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241”, si era addivenuti alla conclusione per cui l’unica forma di accesso esperibile nell’ambito della materia degli appalti pubblici fosse quella disciplinata dagli artt. 22 e seguenti della Legge n. 241/90, in quanto così espressamente richiamata dalla disciplina dettata dal legislatore per la materia degli appalti.

Il contrasto interpretativo di cui s’è dato conto ha trovato la propria composizione con la pronuncia n. 10/2020 dell’Adunanza Plenaria che ha affermato l’esperibilità dell’accesso civico generalizzato anche nella materia dei contratti pubblici e ha ricordato la finalità e l’obiettivo dell’istituto, da rinvenirsi nello “scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico” (art. 5, comma 2, del D.lgs. n. 33 del 2013), consentendo il superamento dei limiti connaturati all’accesso documentale, il quale non può essere preordinato ad un controllo generalizzato sull’attività della pubblica amministrazione.

Individuato nell’accesso documentale il bisogno, in capo al richiedente, di conoscere la documentazione amministrativa in rapporto ad una situazione giuridica pregressa, connotata da concretezza e attualità (c.d. need to know), è stato ravvisato nell’accesso civico generalizzato un interesse più ampio, di per sé protetto e garantito come mezzo per consentire il controllo democratico sull’operato della pubblica amministrazione (c.d. right to know), ferme restando le eccezioni opponibili anche in tale ipotesi, così come dettate dall’art. 5 bis commi 1 e 2 del D.lgs. 33/2013.

Con particolare riguardo alle possibili eccezioni opponibili anche all’esperimento dell’accesso civico generalizzato, l’Adunanza Plenaria ha ritenuto essere preferibile un approccio interpretativo che eviti di individuare nuovi limiti all’esercizio del diritto di accesso, imponendo così una lettura tassativa e quindi restrittiva delle ipotesi in cui può essere opposto il diniego all’esercizio di tale forma di accesso.

Ha così affermato che “la disposizione non può invero essere intesa nel senso di esentare dall’accesso generalizzato interi ambiti di materie per il sol fatto che esse prevedano casi di accesso limitato e condizionato, compresi quelli regolati dalla l. n. 241 del 1990, perché, se così fosse, il principio di specialità condurrebbe sempre all’esclusione di quella materia dall’accesso, con la conseguenza, irragionevole, che la disciplina speciale o, addirittura, anche quella generale dell’accesso documentale, in quanto e per quanto richiamata per relationem dalla singola disciplina speciale, assorbirebbe e “fagociterebbe” l’accesso civico generalizzato … Verrebbe meno così, radicalmente, il concorso tra le due forme di accesso – documentale e generalizzato – che, per quanto problematico, è fatto salvo dall’art. 5, comma 11, del d. lgs. n. 33 del 2013, che mantiene ferme «le diverse forme di accesso degli interessati previste dal Capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241»…L’art. 5-bis, comma 3, del d. lgs. n. 33 del 2013 ha insomma inteso rammentare che vi sono appunto casi di eccezioni assolute, come quello del segreto di Stato, o altri, previsti dalle varie leggi settoriali come, ad esempio, il segreto statistico, regolamentato dall’art. 9 del d. lgs. n. 322 del 1989; il segreto militare disciplinato dal R.D. 11 luglio 1941, n. 161; le classifiche di segretezza di atti e documenti di cui all’art. 42 della l. n. 124 del 2007; il segreto bancario previsto dall’art. 7 del d. lgs. n. 385 del 1993; le disposizioni sui contratti secretati previste dall’art. 162 dello stesso d. lgs. n. 50 del 2016; il segreto scientifico e il segreto industriale di cui all’art. 623 del c.p. (per una più ampia e pressoché esaustiva indicazione dei divieti di accesso e divulgazione v. le Linee guida ANAC, par. 6.2.)… Per tali casi, anche quando dette leggi richiamino i limiti generali dell’art. 24, comma 1, della l. n. 241 del 1990, il rispetto delle specifiche restrizioni fissate dalla legge all’accesso, per la ratio ad esse sottesa, preclude la conoscibilità generalizzata (ma giammai – va ribadito – per interi ambiti di materie), in quanto l’accessibilità totale di dati e documenti è radicalmente incompatibile o con la tipologia di documento (ad esempio perché coperto da segreto di Stato) o con la particolare sensibilità dell’interesse protetto”.

Escluso, dunque, che il rapporto tra le diverse discipline, generali e settoriali, le quali regolano le diverse forme di accesso, possa essere letto in termini di specialità escludente, l’Adunanza Plenaria ha privilegiato un’interpretazione che ne assicuri l’integrazione reciproca, in un’ottica che, mirando a tutelare la trasparenza dell’operato della pubblica amministrazione, non tollera limiti ingiustificati – specie per intere materie – alla soddisfazione dell’interesse conoscitivo (right to know) quale espressione di una libertà fondamentale in un ordinamento democratico.

L’Adunanza Plenaria ha quindi concluso, con specifico riferimento alla previsione contenuta nell’art. 53 del D.lgs. 50 del 2016, quale disposizione speciale dettata dal codice dei contratti, nel senso che essa non può costituire una eccezione assoluta all’esercizio del diritto in questione.

Rilevata la sussistenza di ragioni di limitazione all’accesso, così come dettate nelle ipotesi previste dall’art. 22 della Legge n. 241/90 e quindi dalla singola disciplina di settore, giustificate in linea generale dalla necessità di assicurare la riservatezza e la segretezza nel corso dell’espletamento della procedura di gara e sino al suo esito, si è poi concluso che, una volta venute meno le ragioni poste a fondamento di tali limiti, non vi è motivo di inibire l’accesso civico generalizzato nelle successive fasi, in particolare, per quanto qui di interesse, proprio con riferimento al contratto stipulato all’esito della gara.

“Del resto la configurazione di una trasparenza che risponda a un <<controllo diffuso >> della collettività sull’azione amministrativa è particolarmente avvertita – come segnala l’Adunanza Plenaria – nella materia dei contratti pubblici e delle concessioni e, in particolare, nell’esecuzione di tali rapporti, dove spesso si annidano fenomeni di cattiva amministrazione, corruzione e infiltrazione mafiosa, con esiti di inefficienza e aree di malgoverno per le opere costruite o i servizi forniti dalla pubblica amministrazione e gravi carenze organizzative tali da pregiudicare persino il godimento di diritti fondamentali da parte dei cittadini nella loro pretesa ai cc.dd. diritti sociali”.

Alla luce, dunque, delle conclusioni cui è giunta la richiamata pronuncia dell’Adunanza Plenaria – secondo la quale “l’accesso civico generalizzato soddisfa … ampiamente questo diffuso desiderio conoscitivo finalizzato alla garanzia della legalità nei contratti pubblici, che è per così dire la rinnovata e moderna cifra dell’evidenza pubblica non solo nella tradizionale fase dell’aggiudicazione ma anche nell’esecuzione, dovendo questa, come detto, rispettarne specularmente condizioni, contenuti e limiti” – è da ritenersi illegittimo il silenzio serbato da ........... S.r.l. sull’istanza di accesso al contratto d’appalto, formulata dalla ricorrente con istanza del 24.5.2021 (doc. 9 della ricorrente), rispetto alla quale la società pubblica non ha ritenuto di assumere alcuna determinazione, lasciando semplicemente inevasa la richiesta nel successivo provvedimento del 3.6.2021.

La circostanza che l’interessato non abbia un interesse diretto, attuale e concreto ai sensi dell’art. 22 della l. n. 241 del 1990, non per questo rende inammissibile l’istanza di accesso civico generalizzato, nata anche per superare le restrizioni imposte dalla legittimazione all’accesso documentale.

Non si deve confondere da questo punto di vista la ratio dell’istituto con l’interesse del richiedente, che non necessariamente deve essere altruistico o sociale né deve sottostare ad un giudizio di meritevolezza, per quanto, come detto, certamente non deve essere pretestuoso o contrario a buona fede.

Ciò che va tutelato è l’interesse alla conoscenza del dato e questa conoscenza non può essere negata, anche ai sensi del considerando n. 122 della richiamata direttiva, anche e anzitutto all’operatore economico del settore” (Ad. Plen., sentenza n. 10/2020).



APPALTI PUBBLICI - COLLEGAMENTO TRA IL DOCUMENTO RICHIESTO E LE ESIGENZE DIFENSIVE - LIMITI DELL'ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2021

Il Collegio osserva che l’articolo 22, comma 1, lettera b), della legge 7 agosto 1990, n. 241 stabilisce che, al fine di ottenere l’accesso a un atto o a un documento amministrativo, sia necessario dimostrare la sussistenza di “un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”.

Essere titolare di una situazione giuridicamente tutelata non è una condizione sufficiente perché l’interesse rivendicato possa considerarsi «diretto, concreto e attuale», essendo anche necessario che la documentazione cui si chiede di accedere sia collegata a quella posizione sostanziale, impedendone o ostacolandone il soddisfacimento (Cons. Stato Ad. Plen. 24 aprile 2012, n. 7). La posizione sostanziale è la causa e il presupposto dell’accesso documentale e non la sua conseguenza, e la sua esistenza non può quindi essere costruita sulle risultanze, eventuali, dell’accesso documentale.

Più specificamente in materia di accesso difensivo ai sensi dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990 non può considerarsi sufficiente nell’istanza di accesso un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, poiché l’ostensione del documento richiesto passa attraverso un rigoroso, motivato, vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare (Ad. Plen. n. 4/2021).

In caso di evidente mancanza di collegamento tra il documento richiesto e le esigenze difensive è legittimo il diniego di accesso, in quanto, in tale ipotesi, il relativo esercizio si presenta pretestuoso o temerario per radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla L. 241/1990 (Ad. Plen. n. 4/2021 cit.).

Laddove l’interesse dell’istante non corrisponda ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento richiesto, la domanda di accesso si tradurrebbe in un’istanza espressamente vietata dalla legge, perché preordinata ad un non consentito controllo generalizzato sull’attività, pubblicistica o privatistica, dell’Amministrazione (cfr. art. 24 comma 4 L. 241/1990).

Il Collegio ritiene che, nel caso di specie, non sussista “collegamento” tra la documentazione richiesta e la posizione giuridica della ricorrente.

Il Collegio osserva che l’articolo 22, comma 1, lettera b), della legge 7 agosto 1990, n. 241 stabilisce che, al fine di ottenere l’accesso a un atto o a un documento amministrativo, sia necessario dimostrare la sussistenza di “un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”.

Essere titolare di una situazione giuridicamente tutelata non è una condizione sufficiente perché l’interesse rivendicato possa considerarsi «diretto, concreto e attuale», essendo anche necessario che la documentazione cui si chiede di accedere sia collegata a quella posizione sostanziale, impedendone o ostacolandone il soddisfacimento (Cons. Stato Ad. Plen. 24 aprile 2012, n. 7). La posizione sostanziale è la causa e il presupposto dell’accesso documentale e non la sua conseguenza, e la sua esistenza non può quindi essere costruita sulle risultanze, eventuali, dell’accesso documentale.

Più specificamente in materia di accesso difensivo ai sensi dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990 non può considerarsi sufficiente nell’istanza di accesso un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, poiché l’ostensione del documento richiesto passa attraverso un rigoroso, motivato, vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare (Ad. Plen. n. 4/2021).

In caso di evidente mancanza di collegamento tra il documento richiesto e le esigenze difensive è legittimo il diniego di accesso, in quanto, in tale ipotesi, il relativo esercizio si presenta pretestuoso o temerario per radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla L. 241/1990 (Ad. Plen. n. 4/2021 cit.).

Laddove l’interesse dell’istante non corrisponda ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento richiesto, la domanda di accesso si tradurrebbe in un’istanza espressamente vietata dalla legge, perché preordinata ad un non consentito controllo generalizzato sull’attività, pubblicistica o privatistica, dell’Amministrazione (cfr. art. 24 comma 4 L. 241/1990).

Il Collegio ritiene che, nel caso di specie, non sussista “collegamento” tra la documentazione richiesta e la posizione giuridica della ricorrente.


IPOTETICO INADEMPIMENTO CONTRATTUALE - RICHIESTA ACCESSO GENERICA - SENZA PROVE CONCRETE - NON AMMESSA (53)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2021

L’istanza di accesso è stata formulata in modo ampio, fondata sui tre riferimenti normativi dell’istituto, ovvero l’accesso documentale ex art. 22 della l. 241/1990, l’accesso civico generalizzato di cui all’art. 5 del D.lgs 33 del 2013 e infine l’art. 53 del codice degli appalti.

La giurisprudenza di questo Consiglio è consolidata e uniforme nell'ammettere il concorso degli accessi, al di là della specifica questione qui controversa circa la loro coesistenza in rapporto alla specifica materia dei contratti pubblici: "nulla infatti, nell'ordinamento, preclude il cumulo anche contestuale di differenti istanze di accesso" (v., sul punto, A.P. 10/2020, Cons. St., sez. V, 2 agosto 2019, n. 5503).

Di conseguenza, l’interprete deve applicare e valutare regole e limiti differenti (Cons. St. sez. V, 2 agosto 2019, n. 5503).

Pertanto, anche nel caso in esame, occorre verificare la legittimazione sotto i diversi profili e presupposti delle tipologie di accesso.

3.2. - A giustificazione della richiesta l’istante riferiva che “risulterebbero essersi verificate alcune mancanze nella gestione del servizio le quali, laddove confermate, porterebbero alla risoluzione del contratto in essere con Serenissima Ristorazione S.p.A. e, di conseguenza, allo scorrimento della graduatoria ovvero alla riedizione della gara”.

Come ha chiarito la stessa Adunanza Plenaria n. 10 del 2.4.2020 (cui fa riferimento l’istante già nella domanda di accesso) non è discutibile che sia ravvisabile un interesse concreto e attuale, ai sensi dell'art. 22, l. n. 241 del 1990 e dell’art. 53 del codice degli appalti e una conseguente legittimazione, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva di un contratto pubblico da parte di un concorrente alla gara, in relazione a vicende che potrebbero condurre alla risoluzione per inadempimento dell'aggiudicatario e quindi allo scorrimento della graduatoria o alla riedizione della gara, purché tale istanza non si traduca in una “generica volontà da parte del terzo istante di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale”.

Nel caso in esame, la dichiarata finalità di verificare se l'esecuzione del contratto si stia svolgendo nel rispetto delle regole di gara e dell’offerta presentata dall'aggiudicataria appare disvelare appunto una “generica volontà” di indurre l’Amministrazione a verificare il corretto svolgimento del rapporto in essere con l’aggiudicataria, non sorretta da specifici elementi concreti e anzi formulata “al buio”.

Sembra evidente il carattere meramente eventuale dell’interesse correlato all’esercizio dell’accesso, e della motivazione che lo sorregge; mentre, al contrario, alla luce delle norme sull’accesso documentale, l’interesse deve essere attuale, concreto e collegato ad atti determinati e sicuramente rilevanti per la tutela di una situazione giuridica perché possa fondare una situazione legittimante.

Nella specie, invece, l’interesse palesato rasenta la pretestuosità.

L’Amministrazione che ha esaminato l’istanza alla luce dell’art. 53 del D.lgs. n. 50/2016, correttamente ha ritenuto non sussistenti i presupposti per l’accesso in quanto non sussistenti “gravi inadempimenti tali da giustificare la risoluzione unilaterale del contratto.”.

4. - Il diniego, ancorchè riferito alla speciale normativa sull’accesso disciplinata dal codice dei contratti pubblici, appare indenne da censura anche tenuto conto della disciplina dell’accesso civico generalizzato.

La stessa Adunanza Plenaria n. 10/2020 ha chiarito che “la disciplina dell'accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all'art. 53 del D.lgs. n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara ed, in particolare, all'esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l'eccezione del comma 3 dell'art. 5-bis del d. lgs. n. 33 del 2013, che non esenta in toto la materia dall'accesso civico generalizzato.

Tuttavia, afferma l’A.P. n. 10/2020 che “resta ferma la verifica della compatibilità dell'accesso con le eccezioni relative di cui all'art. 5-bis, comma 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza.”.

Se esiste, in altri termini, l’interesse ad una conoscenza diffusa dei cittadini nell'esecuzione dei contratti pubblici, volta a sollecitare penetranti controlli da parte delle autorità preposte a prevenire e a sanzionare l'inefficienza, la corruzione o fenomeni di cattiva amministrazione e l'adempimento delle prestazioni dell'appaltatore deve rispecchiare l’esito di un corretto confronto in sede di gara, a maggior ragione gli operatori economici, che abbiano partecipato alla gara, sono interessati a conoscere illegittimità o inadempimenti manifestatisi dalla fase di approvazione del contratto sino alla sua completa esecuzione, non solo per far valere vizi originari dell'offerta nel giudizio promosso contro l'aggiudicazione (Cons. St., sez. V, 25 febbraio 2009, n. 1115), ma anche con riferimento alla sua esecuzione, per potere, una volta risolto il rapporto con l'aggiudicatario, subentrare nel contratto od ottenere la riedizione della gara con chance di aggiudicarsela.



ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO NEGLI APPALTI PUBBLICI – RATIO (53.1)

CONSIGLIO DI STATO - A.P. SENTENZA 2020

L’accesso documentale agli atti della fase esecutiva è ammesso espressamente dallo stesso art. 53, comma 1, del d. lgs. n. 50 del 2016, laddove esso rimette alla disciplina degli artt. 22 e ss. della l. n. 241 del 1990, «il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici», ma anche e più in generale dalla l. n. 241 del 1990, richiamata dall’art. 53 testé citato.

Questa, dopo la riforma della l. n. 15 del 2015 che ha recepito l’orientamento consolidato di questa stessa Adunanza plenaria (v., sul punto, la fondamentale pronuncia di questo Cons. St., Ad. plen., 22 aprile 1999, n. 5, secondo cui «l’amministrazione non può […] negare l’accesso agli atti riguardanti la sua attività di diritto privato solo in ragione della loro natura privatistica», ma in tal senso v. già Cons. St., sez. IV, 4 febbraio 1997, n. 42), ha espressamente riconosciuto l’accesso ad atti «concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale» (art. 22, comma 1, lett. e) della l. n. 241 del 1990).

Non rileva, pertanto, che la fase esecutiva del rapporto negoziale sia tendenzialmente disciplinata da disposizioni privatistiche, poiché anche e, si direbbe, soprattutto questa fase rimane ispirata e finalizzata alla cura in concreto di un pubblico interesse, lo stesso che è alla base dell’indizione della gara e/o dell’affidamento della commessa, che anzi trova la sua compiuta realizzazione proprio nella fase di realizzazione dell’opera o del servizio; e lo stesso accesso documentale, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce, come prevede l’art. 22, comma 2, della l. n. 241 del 1990, siccome sostituito dall’art. 10 della l. n. 69 del 2009, «principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza»: dell’attività amministrativa, quindi, considerata nel suo complesso.

Esiste, in altri termini, una rilevanza pubblicistica (anche) della fase di esecuzione del contratto, dovuta alla compresenza di fondamentali interessi pubblici, che comporta una disciplina autonoma e parallela rispetto alle disposizioni del codice civile – applicabili «per quanto non espressamente previsto dal presente codice e negli atti attuativi»: art. 30, comma 8, del d. lgs. n. 50 del 2016) – e questa disciplina si traduce sia nella previsione di disposizioni speciali nel codice dei contratti pubblici (artt. 100-113-bis del d. lgs. n. 50 del 2016), sia in penetranti controlli da parte delle autorità preposte a prevenire e a sanzionare l’inefficienza, la corruzione o l’infiltrazione mafiosa manifestatasi nello svolgimento del rapporto negoziale.

Sotto tale ultimo profilo, basti menzionare, tra gli altri, le funzioni di vigilanza attribuite all’ANAC dall’art. 213, comma 3, lett. b) e c), del d. lgs. n. 50 del 2016 in materia di esecuzione dei contratti pubblici, o i controlli antimafia da parte del prefetto, con gli effetti interdittivi di cui all’art. 88, comma 4-bis, del d. lgs. n. 159 del 2011.

ACCESSO AGLI ATTI E ACCESSO GENERALIZZATO: LA PAROLA ALLA PLENARIA (53.1)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2019

La Sezione deferisce il presente ricorso in appello all’esame dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 99, comma 1, del codice del processo amministrativo, in relazione ai seguenti punti di diritto, che hanno dato luogo o possono dare luogo a contrasti giurisprudenziali, e che, comunque, appaiono di particolare importanza:

- I. Se sia configurabile, o meno, in capo all’operatore economico, utilmente collocato nella graduatoria dei concorrenti, determinata all’esito della procedura di evidenza pubblica per la scelta del contraente, la titolarità di un interesse giuridicamente protetto, ai sensi dell’art. 22 della legge n. 241/1990, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva delle prestazioni, in vista della eventuale sollecitazione del potere dell’amministrazione di provocare la risoluzione per inadempimento dell’appaltatore e il conseguente interpello per il nuovo affidamento del contratto, secondo le regole dello scorrimento della graduatoria;

- II. Se la disciplina dell’accesso civico generalizzato di cui al d.lvo n. 33/2013, come modificato dal d.lvo n. 97/2016, sia applicabile, in tutto o in parte, in relazione ai documenti relativi alle attività delle amministrazioni disciplinate dal codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, ed inerenti al procedimento di evidenza pubblica e alla successiva fase esecutiva, ferme restando le limitazioni ed esclusioni oggettive previste dallo stesso codice;

- III. Se, in presenza di un’istanza di accesso ai documenti espressamente motivata con esclusivo riferimento alla disciplina generale di cui alla legge n. 241/1990, o ai suoi elementi sostanziali, l’amministrazione, una volta accertata la carenza del necessario presupposto legittimante della titolarità di un interesse differenziato in capo al richiedente, ai sensi dell’art. 22 della legge n. 241/1990, sia comunque tenuta ad accogliere la richiesta, qualora sussistano le condizioni dell’accesso civico generalizzato di cui al decreto legislativo n. 33/2013; se, di conseguenza, il giudice, in sede di esame del ricorso avverso il diniego di una istanza di accesso motivata con riferimento alla disciplina ordinaria di cui alla legge n. 241/1990 o ai suoi presupposti sostanziali, abbia il potere-dovere di accertare la sussistenza del diritto del richiedente, secondo i più ampi parametri di legittimazione attiva stabiliti dalla disciplina dell’accesso civico generalizzato.

ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO – RAPPORTO CON L’ACCESSO DOCUMENTALE (53)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2019

L’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2013 è in linea di sostanziale continuità con l’art. 13 del d.lgs. n. 163 del 2006 ed è coerente sia con la normativa eurounitaria precedente (art. 13 della direttiva 2004/17/CE e 6 della direttiva 2004/18/CE) sia con quella oggetto del recepimento di cui al vigente Codice dei contratti pubblici (art. 28 direttiva 2014/23/UE, art. 21 direttiva 2014/24/UE e art. 39 direttiva 2014/25/UE).

In coerenza con le richiamate disposizioni sovranazionali settoriali, nell’ordinamento interno, l’accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici è regolato in termini impersonali quanto ai soggetti tenuti a garantirlo (che necessariamente si identificano con i soggetti che, indipendentemente dalla natura pubblica o privata, conducono la procedura secondo le regole del Codice) e ai soggetti titolari del diritto di accesso (che, per contro, non necessariamente si identificano nei “concorrenti”, salvo che non sia previsto come al comma 6).

I limiti oggettivi del diritto sono invece espressamente perimetrati mediante il rinvio agli artt. 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e, quindi, mediante la fissazione delle deroghe del comma 2 (che elenca ipotesi di mero differimento) e del comma 5 (che elenca diverse ipotesi di esclusione assoluta ed un’ipotesi di esclusione relativa – quest’ultima dovuta all’eccezione alla lettera “a” posta dal comma 6). Tali specifiche ipotesi derogatorie rispondono a scopi connaturati alla particolare tipologia di procedimento ad evidenza pubblica, quale quello di preservarne la fluidità di svolgimento (tanto da sottrarre i documenti procedimentali, mediante il differimento, anche all’accesso che l’art. 10 della legge n. 241 del 1990 riconosce in ogni momento e fase ai partecipanti) e di limitare la possibilità di collusioni o di intimazioni degli offerenti. Al divieto di accesso (temporaneo, mediante differimento, od assoluto) si accompagna inoltre il divieto di divulgazione di cui all’art. 53, comma 3.

Tali deroghe specifiche potrebbero rientrare tra le eccezioni assolute all’accesso civico generalizzato riconosciute dall’art. 5 bis, comma 3, del d.lgs. n. 33 del 2013 perché si tratta di divieti di accesso e di divulgazione espressamente previsti dalla legge (come, d’altronde, è altresì per i contratti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, per i quali è appunto dettata un’apposita disciplina di secretazione, richiamata pure dalle Linee Guida ANAC del 2016).

Pertanto, rispetto alle ipotesi di cui ai comma dell’art. 53 successivi al comma 1 è del tutto “neutro” l’inciso finale dell’art. 5-bis, comma 3, laddove comprende tra le esclusioni assolute della disciplina dell’accesso generalizzato “i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti”. Invero se servisse a richiamare soltanto divieti di pubblicazione e di divulgazione previsti dal altre norme esso sarebbe inutilmente ripetitivo.

Invece, la previsione in questione assume significato autonomo e decisivo se riferita alle discipline speciali vigenti in tema di accesso e, per quanto qui rileva, al primo inciso del primo comma dell’art. 53.

Ne consegue che il richiamo testuale alla disciplina degli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990 n. 241 va inteso come rinvio alle condizioni, modalità e limiti fissati dalla normativa in tema di accesso documentale, che devono sussistere ed operare perché possa essere esercitato il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici.

Tale soluzione è contraria alle conclusioni raggiunte, in un caso analogo, dalla recente decisione di questo Consiglio di Stato, III, 5 giugno 2019, n. 3780, che ha preso le mosse dall’inciso finale dell’art. 5 bis, comma 3, del d.lgs. n. 33 del 2013, onde escluderne la possibilità di riferirlo ad intere “materie” e sostenere che “diversamente interpretando, significherebbe escludere l’intera materia relativa ai contratti pubblici da una disciplina, qual è quella dell’accesso civico generalizzato, che mira a garantire il rispetto di un principio fondamentale, il principio di trasparenza ricavabile direttamente dalla Costituzione”.

Dato tutto quanto sopra, non resta che concludere che la legge propende per l’esclusione assoluta della disciplina dell’accesso civico generalizzato in riferimento agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici.

Tale esclusione consegue, non ad incompatibilità morfologica o funzionale, ma al delineato rapporto positivo tra norme, che non è compito dell’interprete variamente atteggiare, richiedendosi allo scopo, per l’incidenza in uno specifico ambito di normazione speciale, un intervento esplicito del legislatore.

ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO – NORMATIVA APPLICABILE

MIN PUBBLICA AMMINISTRAZIONE CIRCOLARE 2019

Attuazione delle norme sull’accesso civico generalizzato (c.d. FOIA).

ACCESSO AI DOCUMENTI ED ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2019

Dal dato normativo (art. 5-bis, co. 1 e 2 del d.lgs. n. 33 del 2013) emerge che il criterio individuato dal legislatore per la valutazione delle esclusioni dall’accesso generalizzato è quello del solo pregiudizio (harm test), mentre resta escluso, contrariamente alle altre esperienze FOIA, la previsione espressa di un test dell’interesse pubblico (the public interest test), cioè la possibilità di effettuare, ai fini della decisione finale sull’istanza di accesso, un bilanciamento tra la tutela da assicurare all’interesse da proteggere dalla disclosure e la tutela dell’interesse pubblico alla diffusione della informazione, per cui se il secondo dovesse risultare prevalente si procederebbe comunque alla diffusione.

Il Tar ha richiamato quanto di recente affermato dal Consiglio di Stato, sez. VI, 31 gennaio 2018, n. 651, secondo cui “se è vero che ormai è legislativamente consentito a chiunque di conoscere ogni tipo di documento o di dato detenuto da una pubblica amministrazione (oltre a quelli acquisibili dal sito web dell’ente, in quanto obbligatoriamente pubblicabili), nello stesso tempo, qualora la tipologia di dato o di documento non può essere resa nota per il pericolo che ne provocherebbe la conoscenza indiscriminata, mettendo a repentaglio interessi pubblici ovvero privati, l’ostensione di quel dato e documento sarà resa possibile solo in favore di una ristretta cerchia di interessati in quanto titolati, secondo le tradizionali e più restrittive regole recate dalla legge 241/1990…; pur introducendo nel 2016 (d.lg. 97/2016) il nuovo istituto dell’accesso civico ‘generalizzato’, espressamente volto a consentire l’accesso di chiunque a documenti e dati e quindi permettendo per la prima volta l’accesso (ai fini di un controllo) diffuso alla documentazione in possesso delle amministrazioni (e degli altri soggetti indicati nella norma appena citata) e privo di un manifesto interesse da parte dell’accedente, ha però voluto tutelare interessi pubblici ed interessi privati che potessero esser messi in pericolo dall’accesso indiscriminato. Il legislatore ha quindi operato per un verso mitigando la possibilità di conoscenza integrale ed indistinta dei documenti detenuti dall’ente introducendo dei limiti all’ampio accesso (art. 5 bis, commi 1 e 2, d.lg. 33/2013) e, per altro verso, mantenendo in vita l’istituto dell’accesso ai documenti amministrativi e la propria disciplina speciale dettata dalla legge 241/1990 (evitando accuratamente di novellare la benché minima previsione contenuta nelle disposizioni da essa recate), anche con riferimento ai rigorosi presupposti dell’ostensione, sia sotto il versante della dimostrazione della legittimazione e dell’interesse in capo al richiedente sia sotto il versante dell’inammissibilità delle richieste volte ad ottenere un accesso diffuso».

Ha chiarito la Sezione che nonostante la scelta esplicita operata dal legislatore italiano per il solo criterio del “pregiudizio concreto”, deve ritenersi che la scelta finale dell’amministrazione sull’istanza di accesso generalizzato deve tenere conto anche dell’interesse alla divulgazione che fonda la richiesta dell’istante. L’amministrazione è chiamata, infatti, non solo a considerare e verificare la serietà e la probabilità del danno all’interesse-limite, ma anche a contemperarlo con l’interesse alla conoscenza del richiedente.

Anche richieste di accesso civico presentate per finalità “egoistiche” possono favorire un controllo diffuso sull’amministrazione, se queste consentono di conoscere le scelte amministrative effettuate, in quanto il controllo diffuso di cui parla la legge non è da riferirsi alla singola domanda di accesso, ma è il risultato complessivo cui “aspira” la riforma sulla trasparenza la quale, ampliando la possibilità di conoscere l’attività amministrativa, favorisce forme diffuse di controllo sul perseguimento dei compiti istituzionali e una maggiore partecipazione dei cittadini ai processi democratici e al dibattito pubblico; pertanto, l’accesso generalizzato deve essere riguardato come estrinsecazione di una libertà e di un bisogno di cittadinanza attiva, i cui relativi limiti debbono essere considerati di stretta interpretazione e saranno solo quelli espressamente previsti dal legislatore.

Nella eventualità in cui l’istanza di accesso generalizzato si riferisca a una mole di documenti tale da rappresentare (ad esempio, anche per mancanza di procedure informatizzate) una aggravio per l’attività dell’Ente, di cui si darà conto motivatamente, questo attiverà l’istituto del “dialogo cooperativo” con il richiedente. L’amministrazione, infatti, deve consentire l’accesso generalizzato anche quando l’istanza fa riferimento a un numero cospicuo di documenti ed informazioni; non vi è tenuta allorquando la richiesta risulti massiva ovvero idonea a interferire con il buon funzionamento dell’amministrazione, incombendo sulla stessa l’obbligo di motivare espressamente su detta ritenuta interferenza.

ACCESSO ATTI DELLA FASE ESECUTIVA DEL CONTRATTO - LIMITI

TAR TOSCANA SENTENZA 2019

Per quanto riguarda gli atti e documenti della fase pubblicistica del procedimento , oltre all’acceso ordinario è consentito anche l’accesso civico generalizzato, “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”; per quanto riguarda atti e documenti della fase esecutiva del rapporto contrattuale tra stazione appaltante ed aggiudicataria, l’acceso ordinario è consentito ai sensi degli artt. 22 e seguenti della legge n. 241 e nel rispetto delle condizioni e dei limiti individuati dalla giurisprudenza

ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO

TAR LAZIO RM SENTENZA 2019

L’articolo 5 del decreto legislativo 33 del 2013, dopo aver riconosciuto, al primo comma, il diritto di chiunque di richiedere i documenti, le informazioni e i dati che le pubbliche amministrazioni sono obbligate a pubblicare, al secondo comma riconosce a chiunque il diritto di accedere ai dati e ai documenti, detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione, nei limiti e per le finalità indicate dallo stesso comma.

Il diritto di accesso civico generalizzato, denominato anche accesso universale, ai sensi del suddetto secondo comma dell’articolo 5, pur conoscendo i limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti, espressamente presi in considerazione dall’articolo 5 bis e pur essendo connotato da uno scopo ben preciso, il controllo diffuso sulle pubbliche amministrazioni, comprende qualsiasi documento o qualsiasi informazione detenuta dalla pubblica amministrazione.

Tale diritto, d’altra parte, non si può estendere a documenti o informazioni che non sono detenute dalla pubblica amministrazione oppure sono detenute da amministrazioni diverse da quella interrogata dall’interessato.

Il secondo comma del più volte richiamato articolo 5 del decreto legislativo numero 33 del 2013 riconosce il diritto di accesso generalizzato allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, nonché di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico.

Il diritto di accesso riconosciuto dalla norma, per la natura pubblicistica che è propria di esso, è un diritto funzionale a un interesse pubblico, ravvisabile, appunto, nel controllo generalizzato e diffuso sull’attività delle pubbliche amministrazioni.

In ciò si distingue dal diritto di accesso documentale riconosciuto dalla legge sul procedimento amministrativo, posto a tutela di interessi privati e che presuppone una posizione soggettiva differenziata.

Trattandosi di un interesse diffuso, il diritto di accesso civico generalizzato è stato riconosciuto senza limiti di legittimazione attiva, per cui la posizione del giornalista non si distingue, in tale ambito, da quella del comune cittadino.

Affinché il diritto sia esercitabile, in ogni caso, è necessario che sia funzionale allo scopo stabilito dalla legge, ravvisabile nel controllo generalizzato sul buon andamento della pubblica amministrazione e sul corretto utilizzo delle risorse pubbliche.

Il diritto di accesso civico generalizzato non è invece riconosciuto dall’ordinamento per controllare l’attività dei privati o i rapporti tra essi intercorrenti.

ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO – INAPPLICABILITA’ ALLE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO DEI CONTRATTI PUBBLICI (53)

TAR LOMBARDIA SENTENZA 2019

I preventivi oggetto di richiesta non sono allegati alla determinazione n. 957/2017, sicché non sono soggetti all’accesso civico semplice di cui all’art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 33/2013.

I preventivi de quibus, semmai, si sostanziano in documenti afferenti alla “procedura di affidamento ed esecuzione” dell’incarico affidato alla Cooperativa Sociale Fraternità, avente ad oggetto, tra l’altro, anche “il recupero dell’evasione ed elusione tributaria in materia di ICI ed IMU”, che, in quanto tali, sono sottoposti alla disciplina di cui all’art. 53 del d.lgs. n. 50/2016.

Ne consegue che tali documenti, come affermato da un orientamento giurisprudenziale condiviso dal Collegio (T.A.R. Emilia Romagna – Parma, n. 197/2018), restano esclusi dall’accesso civico c.d. “generalizzato” di cui all’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013.

I preventivi richiesti, quindi, potranno essere oggetto di richiesta di accesso documentale ai sensi della l. n. 241/1990.

RAPPORTO TRA ACCESSO CIVICO ED ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO (53)

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2019

In risposta alle difese delle parti intimate, non può certamente affermarsi che il c.d. accesso civico non possa applicarsi ai procedimenti di appalto delle pubbliche amministrazioni di cui al vigente D.Lgs. 50/2016.

In particolare, non ne suffraga la tesi il riferimento al comma 3 dell’art. 5 bis citato, secondo cui l’accesso civico è escluso «nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990».

Invero, per quanto d’interesse, tali “condizioni, modalità o limiti”, devono in generale essere correlati sia al principio generale di trasparenza, quale affermato all’art. 1 dello stesso d. lgs. 50/2016, sia al fatto che essi sono coordinati, nell’ambito della stessa previsione a “divieti d’accesso”, e non a restrizioni di minor rilievo: la disciplina di cui al citato D.Lgs. 33/2013 costituisce insomma la regola generale e le eccezioni alla medesima devono essere interpretate restrittivamente, per evitare la sostanziale vanificazione dell’intendimento del legislatore di garantire l’accesso civico.

Ora, la disciplina dell’accesso agli atti in materia di appalti si rinviene nell’art. 53 del codice dei contratti pubblici, il quale però al primo comma richiama espressamente la legge n. 241/1990, salvo introdurre nei commi successivi una serie di prescrizioni riguardanti invero essenzialmente il differimento dell’accesso in corso di gara, senza quindi che possa sostenersi che si configuri una speciale disciplina, realmente derogatoria di quella di ordine generale della legge 241/1990 e tale da escludere definitivamente l’accesso civico: questo potrà essere in subiecta materia temporalmente vietato, negli stessi limiti in cui ciò avviene per i partecipanti alla gara, e dunque fino a che questa non sarà terminata, ma non escluso definitivamente, se non per quanto stabilito da altre disposizioni, e così, prima di tutte, dalla chiara previsione dell’art. 5 comma 2 del D.Lgs. 33/2013.

Non appare dunque legittimo il diniego provinciale, fondato sul mero richiamo al già citato comma 2 dell’art. 5 bis, considerato altresì che l’amministrazione non ha preventivamente interpellato le due imprese interessate alla domanda di accesso civico, né ha valutato l’istanza proposta in via subordinata dalla parte istante, tesa ad ottenere anche soltanto un accesso parziale, vale a dire limitato alle sole parti delle offerte non concretamente coperte da segreto (cfr. ancora il doc. 2 della ricorrente).

In altri termini, come già accennato, la motivazione del diniego si risolve in un mero richiamo alla norma preclusiva dell’ostensione, senza un preciso riferimento alle circostanze fattuali e giuridiche impeditive dell’accesso civico.

2.2 Fermo restando quanto sopra esposto relativo all’applicazione del D.Lgs. 33/2013, il ricorso in epigrafe presenta profili di fondatezza pure in ordine alla lamentata violazione della legge 241/1990.

Infatti, la motivazione del diniego appare anche sotto tale profilo laconica e frettolosa, posto che la Provincia, fra l’altro senza neppure interpellare i controinteressati come invece previsto dal DPR 184/2006, si limita ad affermare che Carbotermo “non ha presentato la propria offerta, pur essendo stata invitata…” (cfr. il doc. 2 della resistente, pag. 2), per trarre poi la conclusione che l’istanza di accesso non soddisfa i requisiti previsti dalla normativa applicabile.

Si tratta di una motivazione evidentemente insufficiente, in quanto la mancata partecipazione ad una procedura non implica di per sé l’esclusione da ogni pretesa di accesso ai documenti (cfr. TAR Veneto, sez. I, 10.1.2017, n. 16).

Il presente gravame merita pertanto accoglimento, con assorbimento di ogni altra censura e con annullamento del provvedimento ivi impugnato, mentre non è allo stato possibile ordinare l’esibizione dei documenti richiesti, spettando viceversa all’Autorità che detiene la documentazione stabilire motivatamente se – e in che misura – vi ostino concretamente i vincoli posti dalla disciplina applicabile.

REGOLAMENTO ACCESSO CIVICO E ACCESSO AGLI ATTI (53)

ANAC DELIBERA 2018

Regolamento disciplinante i procedimenti relativi all'accesso civico, all'accesso civico generalizzato ai dati e ai documenti detenuti dall'ANAC e all'accesso ai documenti amministrativi, ai sensi della legge n. 241/1990.

RESPONSABILE DELLA PREVENZIONE, CORRUZIONE E TRASPARENZA - COMPITI

ANAC DELIBERA 2018

Richieste di parere all’ANAC sulla corretta interpretazione dei compiti del Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (RPCT).

DOCUMENTAZIONE INERENTE LA CONSEGNA ED INIZIO DEL SERVIZIO - ACCESSO AGLI ATTI DI GARA E ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO

TAR SICILIA CT SENTENZA 2018

Va, altresì, evidenziato che, fermo il diritto di esercitare il cosiddetto accesso civico generalizzato, appare meritevole di tutela, anche alla luce della legge n. 241/1990, l’interesse ad ottenere copia della documentazione afferente la consegna e l’inizio dei servizi nonché i provvedimenti di liquidazione, in linea con l’orientamento espresso dal T.A.R. Lazio (nelle sentenza n. 13808/2009 sopra citata), con cui il Tribunale, dopo aver ricordato, in punto di fatto, che l’impresa non era stata invitata dall’Amministrazione intimata ad alcuna procedura selettiva per l’affidamento del servizio afferente il settore nel quale la medesima opera e dopo aver affermato che in capo all’interessata è individuabile un interesse, a carattere personale e concreto, alla conoscenza degli atti amministrativi che possano aver determinato, in ragione del mancato invito a pubbliche procedure di selezione, o comunque a procedure negoziate, un pregiudizio nei confronti della posizione giuridica soggettiva che l’interessata medesima vanta, ha ritenuto sussistente l’interesse di parte ricorrente a conoscere le modalità di esecuzione di una commessa alla quale pur essa aspirava.

Va, poi, precisato che il Comune resistente non ha dimostrato in giudizio di avere correttamente esaudito – seppure in parte – le richieste della ricorrente, né ha fornito prova della disponibilità della documentazione di cui ai punti 1), 2) e 3) all’interno del portale MEPA, di talché il diritto all’accesso di parte ricorrente deve essere affermato anche sotto tale profilo.

L’accesso dell’interessata va, altresì, garantito anche in relazione al documento comprovante la consegna e l’inizio del servizio, con la precisazione che, onde soddisfare il concreto interesse della ricorrente, l’Amministrazione deve porre a disposizione il documento che la locatrice consegna al locatario per attestare l’avvenuta consegna dei bagni, la loro ubicazione, il loro numero e tipo, nonché la data, ovvero, in subordine, il documento di trasporto.

Il Collegio ritiene, infine, che la richiesta di accesso non possa essere assentita, neppure ai sensi degli artt. 5 e 5-bis del decreto legislativo n. 33/2013, con riferimento alle fatture presentate ed ai mandati di pagamento, poiché tali documenti possono contenere informazioni personali (ad esempio gli estremi dei conti bancari della ditta appaltatrice), risultando, quindi, prevalente l’interesse privato di cui all’art. 5-bis, secondo comma, lettera a).

Al riguardo può anche essere opportuno aggiungere che non risulta dimostrato a quali fini tale documentazione sia necessaria per tutelare l’interesse di parte ricorrente per come sopra delineato e comunque essa parte non ha compiutamente esplicitato perché non sia sufficiente l’acquisizione delle informazioni contenute nei provvedimenti di liquidazione.

ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO

MINISTERIALE CIRCOLARE 2017

Attuazione delle norme sull’accesso civico generalizzato (c.d. FOIA).

ACCESSO AGLI ATTI DI GARA ED ACCESSO CIVICO

ANAC DELIBERA 2017

La disciplina dettata dall'art. 13 D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice degli appalti), in tema di accesso agli atti di gare pubbliche, è più restrittiva di quella generale di cui all'art. 24 L. 7 agosto 1990 n. 241, sia sotto il profilo soggettivo, atteso che nel primo caso l'accesso è consentito solo al concorrente che abbia partecipato alla selezione, che sul piano oggettivo, essendo l'accesso condizionato alla sola comprovata esigenza di una difesa in giudizio, laddove il citato art. 24 offre un ventaglio più ampio di possibilità, consentendo l'accesso ove necessario per la tutela della posizione giuridica del richiedente, senza alcuna restrizione sul piano processuale. Il diritto di accesso agli atti di gara è norma speciale rispetto al diritto di accesso della l. 241/90

In ragione della tutela del regolare esercizio dell’azione amministrativa e della tutela del principio di segretezza delle offerte, che tutela il principio di libera concorrenza nel mercato delle gare pubbliche, ai consiglieri comunali non può essere opposto un diniego assoluto di accesso agli atti, ma può essere legittimamente riconosciuto un differimento dell’accesso ai sensi dell’art. 53, comma 2, lett. d) del D.lgs 50/2016.

Le disposizioni del Codice dei contratti pubblici in materia di accesso agli atti delle procedure di affidamento rientrano nell’ambito dei limiti e delle condizioni alle quali è subordinato l’accesso civico generalizzato di cui agli artt. 5 e 5-bis del D.lgs 33/13. Con riguardo a tale disciplina, si deve ritenere che - prima dell’aggiudicazione - il diritto di accesso civico generalizzato possa essere legittimamente escluso in ragione dei divieti di accesso previsti dall’art. 53 del D.lgs 50/2016; successivamente all’aggiudicazione della gara, il diritto di accesso debba essere consentito a chiunque, ancorché nel rispetto dei limiti previsti dall’art. 5-bis, commi 1 e 2, del D.lgs 33/2013

Oggetto: Comune di Forlì – quesito giuridico acquisito al protocollo n. 86620 del 01.06.2016 - Procedura aperta per l’affidamento del servizio di manutenzione del verde pubblico – Istanza di accesso agli atti di gara presentata da consiglieri comunali ai sensi dell’art. 43, D.lgs 18 agosto 2000, n. 267, recante Testo unico sull’ordinamento degli anti locali - Differibilità dell’accesso agli atti di gara di verifica dell’anomalia dell’offerta nei riguardi di consiglieri comunali istanti – Accesso civico cd generalizzato di cui all’art. 5, comma 2, del Dlgs 14 marzo 2013, n. 33, smi - AG 01/2017/AP

Pareri della redazione di CodiceAppalti.it

QUESITO del 21/12/2023 - ACCESSO AGLI ATTI E ACCESSO CIVICO

Buongiorno, il quesito riguarda il diritto di accesso agli atti. Può un Ente rifiutarsi semplicemente non rispondendo? E noi cosa possiamo fare al riguardo. Per una procedura aperta per la fornitura di ricambi a cui abbiamo partecipato abbiamo fatto richiesta di accesso agli atti subito dopo la pubblicazione del verbale con la graduatoria provvisoria. Loro ci avevano risposto dicendo che l’aggiudicazione definitiva non era ancora avvenuta, pertanto non si poteva fare un accesso agli atti. L’AGGIUDICAZIONE DEFINITIVA è avvenuta il 07/11/2023 – NON è STATO INVIATO ALCUN AVVISO VIA PEC ma solo pubblicato all’interno della piattaforma di gara. Dopo aver letto dell’aggiudicazione definitiva, abbiamo fatto nuovamente richiesta di accesso mediante pec il 22.11, accesso a cui non ha risposto nessuno e abbiamo inviato una ulteriore richiesta il 7.12 a cui non ha risposto nessuno. Inoltre, è possibile fare un accesso agli atti civico verso un Ente per conoscere le fatture di acquisto relative ad un contratto stipulato a seguito di una gara? Noi vorremmo chiedere in sostanza tutte le fatture di acquisto dei ricambi relativi ad una gara di due anni fa perche riteniamo che i ricambi messi a gara non siano quelli che poi sono stati venduti. Dobbiamo fornire una motivazione per tale richiesta di accesso?