Giurisprudenza e Prassi

ACCESSO AGLI ATTI E DILAZIONE TEMPORALE (53)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

Il dies a quo del termine di trenta giorni per l’impugnazione deve essere fatto decorrere dalla effettiva conoscenza degli atti da parte della società istante, come visto avvenuto in data 30 gennaio 2020.

Del resto, è dipeso esclusivamente dalla condotta dell’amministrazione comunale sia il ritardo nell’evasione della domanda di accesso, la quale dalla presentazione dell’istanza in data 6 dicembre 2019 interveniva solo in data 14 gennaio 2020, sia il ritardo nella visione degli atti, che dal 14 gennaio 2020 veniva effettivamente eseguita in data 30 gennaio 2020. Invero, il Comune, piuttosto che abilitare la sola possibilità di visione della documentazione richiesta mediante accesso fisico presso l’ente, avrebbe potuto trasmettere la stessa a mezzo PEC, in tal modo assecondando la specifica richiesta dell’istante.

Peraltro, a tale conclusione depone anche la circostanza che la procedura era di natura telematica, prevedendo la redazione di tutti gli atti in modalità informatica, come inoltre confermato dal fatto che per il richiesto accesso – su sei documenti – quattro venivano consegnati in copia elettronica.

In senso conforme è la recente giurisprudenza di questo Consiglio, atteso che l’Adunanza plenaria, con la sentenza n. 12 del 2 luglio 2020, ha affermato il principio di diritto secondo cui “la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la ‘dilazione temporale’ quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta”. Peraltro, come correttamente citato dalla originaria ricorrente, il Consiglio di Stato, nella medesima occasione, ha ritenuto che: “l’Amministrazione aggiudicatrice deve consentire all’impresa interessata di accedere agli atti, sicché – in presenza di eventuali suoi comportamenti dilatori (che non possono comportare suoi vantaggi processuali, per il principio della parità delle parti)”, ossia “qualora l’Amministrazione aggiudicatrice rifiuti l’accesso o impedisca con comportamenti dilatori l’immediata conoscenza degli atti di gara (e dei relativi allegati), il termine per l’impugnazione degli atti comincia a decorrere solo da quando l’interessato li abbia conosciuti”.

Condividendo quanto affermato sul punto dal primo giudice, il Collegio ritiene quindi che, nel caso in cui nulla si evinca dalla iniziale comunicazione dell’aggiudicazione, il termine per l’impugnazione decorre solo dal momento dell’effettiva conoscenza da parte della società ricorrente degli atti che avrebbero – a suo avviso – determinato la violazione delle disposizioni applicabili in materia di appalti pubblici.La recente giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 febbraio 2018, n. 953) ha precisato che, mentre si ha avvalimento di garanzia laddove l’ausiliaria mette a disposizione dell’ausiliata la sua solidità economica e finanziaria (requisiti di carattere economico e finanziario), rassicurando la stazione appaltante sulle sue capacità di far fronte agli impegni economici conseguenti al contratto d’appalto, anche in caso di inadempimento (Cons. St., Sez. III, 7 luglio 2015 n. 3390; 17 giugno 2014 n. 3057), l’avvalimento è operativo quando l’ausiliaria si impegna a mettere a disposizione dell’ausiliata le risorse tecnico-organizzative indispensabili per l’esecuzione del contratto di appalto, avendo così ad oggetto i requisiti di capacità tecnica e professionale.

In particolare, nell’avvalimento operativo, al fine di attestare il possesso dei titoli partecipativi, è imposto alle parti di indicare nel contratto i mezzi aziendali messi a disposizione dell’ausiliata per eseguire l’appalto, la cui presenza dovrà essere rilevata secondo un’indagine – svolta in concreto – dell’efficacia del contratto, sulla base delle generali regole dei contratti e, specificatamente, secondo i canoni di interpretazione complessiva enunciati dal codice civile e secondo buona fede delle clausole contrattuali (Cons. Stato, sez. V, 30 gennaio 2019, n. 755; sez. V, 20 novembre 2018, n. 6551). Pertanto, non può ritenersi valido ed efficace il contratto di avvalimento che si limiti ad indicare genericamente che l’impresa ausiliaria si obbliga nei confronti della concorrente a fornirle i propri requisiti e a mettere a sua disposizione le risorse necessarie, di cui essa è mancante, per tutta la durata dell’appalto, senza però in alcun modo precisare in che cosa tali risorse materialmente consistano (Cons. Stato, sez. V, 12 marzo 2018, n. 1543).

Con riferimento al caso di specie, si rileva che il contratto di avvalimento, a cui ha fatto riferimento la società B. per provare il possesso dei requisiti ex art. 7.2 del disciplinare, risulta generico, non essendo state sufficientemente specificate le risorse messe a disposizione. Dall’esame del contratto depositato, emerge invero che l’ausiliaria si è limitata a mettere a disposizione “l’organizzazione aziendale nel suo complesso” e in particolare “la sua esperienza pluriennale nel settore ambientale ed il know-how aziendale”, senza prevedere ulteriori specificazioni.


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AVVALIMENTO: E' l'istituto giuridico, di cui all'art. 89 del Codice (50/2016), che consente all'operatore economico, singolo o in raggruppamento, per un determinato appalto, di soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, fi...
AVVALIMENTO: E' l'istituto giuridico, di cui all'art. 89 del Codice (50/2016), che consente all'operatore economico, singolo o in raggruppamento, per un determinato appalto, di soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, fi...