Art. 95 Requisiti del concessionario

1. I soggetti che intendono partecipare alle gare per l'affidamento di concessione di lavori pubblici, se eseguono lavori con la propria organizzazione di impresa, devono essere qualificati secondo quanto previsto dall'articolo 40 del codice e dall'articolo 79, comma 7, del presente regolamento, con riferimento ai lavori direttamente eseguiti ed essere in possesso dei seguenti ulteriori requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi:

a) fatturato medio relativo alle attività svolte negli ultimi cinque anni antecedenti alla pubblicazione del bando non inferiore al dieci per cento dell'investimento previsto per l'intervento;

b) capitale sociale non inferiore ad un ventesimo dell'investimento previsto per l'intervento;

c) svolgimento negli ultimi cinque anni di servizi affini a quello previsto dall'intervento per un importo medio non inferiore al cinque per cento dell'investimento previsto per l'intervento;

d) svolgimento negli ultimi cinque anni di almeno un servizio affine a quello previsto dall'intervento per un importo medio pari ad almeno il due per cento dell'investimento previsto dall'intervento.

2. In alternativa ai requisiti previsti dal comma 1, lettere c) e d), il concessionario può incrementare i requisiti previsti dal medesimo comma, lettere a) e b), nella misura fissata dal bando di gara, comunque compresa fra 1,5 volte e tre volte. Il requisito previsto dal comma 1, lettera b), può essere dimostrato anche attraverso il patrimonio netto.

3. Se il concessionario non esegue direttamente i lavori oggetto della concessione, deve essere in possesso esclusivamente degli ulteriori requisiti di cui al comma 1, lettere a), b), c) e d).

4. Qualora il candidato alla concessione sia costituito da un raggruppamento temporaneo di soggetti o da un consorzio, i requisiti previsti al comma 1 devono essere posseduti complessivamente, fermo restando che ciascuno dei componenti del raggruppamento possegga una percentuale non inferiore al dieci per cento dei requisiti di cui al comma 1, lettere a) e b).

5. Qualora, ai sensi dell'articolo 153 del codice, sia necessario apportare modifiche al progetto presentato dal promotore ai fini dell'approvazione dello stesso, il promotore, ovvero i concorrenti successivi in graduatoria che accettano di apportare le modifiche, devono comunque possedere, anche associando o consorziando altri soggetti, gli eventuali ulteriori requisiti, rispetto a quelli previsti dal bando di gara, necessari per l'esecuzione del progetto.

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Giurisprudenza e Prassi

CONCESSIONE MISTA - PREVALENZA SERVIZI - DIVIETO DI APPALTARE PER INTERO I LAVORI A TERZI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2021

Per quanto strettamente concernente il ridetto art. 95, comma 3, del d.P.R. 207/2010, l’operata estensione del suo campo di applicazione alle concessioni di servizi costituisce un indebito ampliamento del contenuto della norma, il quale, non potendo dirsi nemmeno confortato da una finalità anticipatoria degli effetti di norme successive, refluisce nello sconfinamento delle competenze esclusive del legislatore denunziato da ANAC.

Quanto al d.lgs. 50/2016, va escluso come appena detto che le relative disposizioni possano essere interpretate nel senso fatto proprio dal primo giudice.

L’art. 28, Contratti misti di appalto, comma 1, ultimo periodo, del d.lgs. 50/2016 (“L’operatore economico che concorre alla procedura di affidamento di un contratto misto deve possedere i requisiti di qualificazione e capacità prescritti dal presente codice per ciascuna prestazione di lavori, servizi, forniture prevista dal contratto”) è chiaro nell’escludere che nell’ambito di una procedura avente a oggetto una concessione mista la stazione appaltante possa prescindere dalla verifica del possesso in capo agli aspiranti dei requisiti di qualificazione e capacità per ciascuna delle tipologie di affidamento di cui l’appalto si compone.

Nulla muta considerando che la fattispecie si connota per la netta prevalenza della componente “servizi” rispetto a quella “lavori”.

Questo Consiglio di Stato ha anche di recente ribadito, in relazione a un analogo affidamento, che l’art. 28, comma 1, ultimo periodo, del Codice, come già ritenuto dalla pregressa giurisprudenza, si avvale del criterio della “combinazione dei regimi giuridici” in deroga a quello della “prevalenza” utilizzato nello stesso comma 1 per individuare la disciplina generale del contratto misto. E si tratta, contrariamente a quanto sostenuto dal Comune di Grosseto, di una giurisprudenza di sicuro interesse nella fattispecie, in quanto testimonia la peculiare valenza che l’art. 28 assume nel sistema degli affidamenti pubblici.

In particolare, si è osservato (V, 13 luglio 2020, n. 4501) che:

a) la norma in parola riproduce la previsione a suo tempo dettata dall’art. 15 dell’abrogato Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, già interpretata da dottrina e giurisprudenza nel senso di attribuire alla qualificazione obbligatoria per ciascuna delle prestazioni oggetto dell’appalto il ruolo di vero e proprio requisito di partecipazione alla procedura di affidamento, a differenza di quanto previsto dal previgente art. 8, comma 11-septies della l. 11 febbraio 1994, n. 109, che assegnava invece alla qualificazione obbligatoria il diverso ruolo di requisito necessario ai fini dell’esecuzione dei lavori (e che, più in generale, limitava l’applicazione delle disposizioni in materia di qualificazione all’ipotesi in cui i lavori rappresentassero la prestazione economicamente prevalente e non avessero carattere meramente accessorio rispetto all’oggetto principale del contratto misto: Cons. Stato, V, 30 maggio 2007, n. 2765);

b) la giurisprudenza, facendo applicazione dell’art. 15 del d.lgs. n. 163 del 2006, ha ritenuto legittima una prescrizione di lex specialis che imponeva ai concorrenti di allegare la loro pregressa esperienza per ciascuna delle prestazioni (servizi e lavori) comprese nel contratto, a prescindere dalla prevalenza dell’una o dell’altra (Cons. Stato, V, 28 febbraio 2012, n. 1153);

c) la mancanza di cenni espliciti, nella legge di gara, al possesso dei requisiti di qualificazione relativi alla componente relativa ai lavori di un contratto misto è supplita dal meccanismo della inserzione automatica di clausole, analogamente a quanto previsto in ambito civilistico dagli artt. 1339 e 1374 Cod. civ., cosicché neppure viene in considerazione l’esercizio del potere di soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante (Cons. Stato, III, 18 luglio 2017, n. 3541);

d) analogo approccio è stato mantenuto al riguardo dell’art. 28, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016, che - ai fini della partecipazione alla gara, e non solo dell’esecuzione dell'appalto - impone ai concorrenti il possesso dei requisiti di qualificazione e capacità relativamente a ogni singola prestazione costituente l’appalto misto (Cons. Stato, III, 7 agosto 2017, n. 3918);

e) pertanto, i concorrenti devono allegare e comprovare la loro pregressa esperienza e il possesso dei requisiti di idoneità professionale, di capacità economica e finanziaria e di capacita tecniche e professionali per ciascuna delle prestazioni (servizi e lavori) comprese nel contratto, a prescindere dalla prevalenza dell’una o dell’altra (Cons. Stato, V, 26 febbraio 2012, n. 1153);

f) diversamente opinando, l’intera procedura di gara sarebbe illegittima per non aver previsto i necessari requisiti di qualificazione per selezionare gli operatori economici idonei all'esecuzione di opere pubbliche.

Le conclusioni sopra raggiunte sono coerenti con l’impostazione delle norme eurounitarie cui si conformano le disposizioni nazionali, che, in disparte la specifica fonte sulla cui base l’amministrazione provvede alla loro individuazione (art. 95, comma 1, d.P.R. 207/2010; art. 83, comma 1, lett. c), d.lgs. 50/2016), impongono al concorrente, già all’atto di partecipazione alla gara, la dimostrazione delle capacità necessarie a eseguire “tutte” le prestazioni dedotte in contratto, capacità le quali devono essere possedute in proprio, o assicurate mediante il ricorso all’ATI con un soggetto che a sua volta le possiede, ovvero ancora all’avvalimento, istituti da tempo previsti e regolati nell’ordinamento settoriale proprio ai fini pro-concorrenziali considerati dal primo giudice. Non è pertanto condivisibile neanche il presupposto da cui parte la sentenza impugnata, laddove evoca un contesto nel quale l’unico rimedio per favorire la concorrenza nelle concessioni di servizi e miste sembra essere costituito dall’appalto a terzi, e, così facendo, perviene a conclusioni incompatibili con l’interesse pubblico, nella misura in cui contraddice il perno fondante dei contratti pubblici, costituito dalla individuazione a priori dell’operatore economico, e quindi delle sue capacità, cui è materialmente demandato lo svolgimento delle attività oggetto di gara.

Nel tentativo di superare la predetta incompatibilità, il primo giudice sottolinea che tale operatore va comunque individuato alla luce del Codice dei contratti pubblici: ma si tratta di una soluzione molto semplicistica, che, più che corroborare l’impianto argomentativo in esame, depone piuttosto per la sua debolezza.

In particolare, una volta offerta risposta positiva al quesito di se un operatore economico possa concorrere all’affidamento di una concessione mista di servizi e di lavori e divenire concessionario pur non essendo qualificato per l’esecuzione dei lavori, la sentenza impugnata individua la fonte normativa che legittimerebbe detto concessionario ad appaltare i lavori a terzi nell’art. 1, comma 2, lett. d), dello stesso Codice.

Ma la norma (secondo cui “Le disposizioni del presente codice si applicano, altresì, all’aggiudicazione dei seguenti contratti: […] d) lavori pubblici affidati dai concessionari di servizi, quando essi sono strettamente strumentali alla gestione del servizio e le opere pubbliche diventano di proprietà dell'amministrazione aggiudicatrice”), si riferisce espressamente ai soli concessionari di servizi, ed esclusivamente in tal senso rivela la sua ratio, considerato che la regolata evenienza si spiega considerando che questi, proprio in quanto tali, non necessitano di una qualificazione diversa da quella coerente con l’oggetto della concessione di cui dispongono: la sua estensione a una procedura che richiede anche tale diversa qualificazione è pertanto carente di presupposto, e si rivela alla stregua di una ingiustificata recessione dal potere/dovere di cui all’art. 28 del Codice di selezionare l’operatore economico sulla scorta delle sue capacità di svolgere tutte le attività oggetto di affidamento.

Del resto, che i lavori cui fa riferimento l’art. 1, comma 2, lett. d), del Codice siano quelli già contemplati nel contratto aggiudicato è affermazione del Comune di Grosseto che non trova rispondenza nella lettera della norma, e nulla muta considerando che, come pure osservato dallo stesso Comune, qualora nel corso dell’esecuzione sopravvenga la necessità di realizzare lavori supplementari, esulanti dall’oggetto del contratto, il concessionario non potrebbe procedere tout court al loro affidamento a favore di terzi, dovendo prima modificarsi il contratto stesso ai sensi dell’art. 175, comma 1, lett. b), dello stesso Codice: si tratta infatti di due aspetti non incompatibili, bene potendo l’art. 1, comma 2, lett. d), delimitare nei sensi precisati uno dei campi applicativi del Codice, e il successivo art. 175, comma 1, lett. b), regolare la vicenda sotto il profilo della sua incidenza sul contratto di concessione.

Corretto, dunque, alla luce dell’art. 1, comma 2, lett. d), e dell’art. 28 del Codice dei contratti pubblici, il rilievo critico fatto valere nei confronti della impugnata ricostruzione normativa da ANAC nel chiedere “dove risieda l’interesse della SA alla selezione di un operatore economico che, seppur chiamato a eseguire lavori e a espletare servizi tecnici, si riserva, poi, di individuare in un momento successivo (peraltro non meglio precisato) i soggetti che materialmente svolgeranno le suddette attività”: e, in effetti, per quanto sin qui considerato, è dirimente nella vicenda che occupa, contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, il fatto che i lavori che il primo giudice ha ritenuto poter formare oggetto del c.d. “appalto a terzi” siano gli stessi che formano oggetto della concessione.



PROJECT FINANCING - COMPROVA ESPERIENZA ANALOGA - VALUTAZIONE IN TERMINI COMPLESSIVI DEI SERVIZI SVOLTI (183)

TAR LAZIO SENTENZA 2021

E’ stato, peraltro, ribadito in più occasioni dalla giurisprudenza che “nelle gare pubbliche, laddove il bando di gara richieda quale requisito il pregresso svolgimento di «servizi analoghi», tale nozione non può essere assimilata a quella di «servizi identici» dovendosi conseguentemente ritenere, in chiave di favor partecipationis, che un servizio possa considerarsi analogo a quello posto a gara se rientrante nel medesimo settore imprenditoriale o professionale cui afferisce l'appalto in contestazione, cosicché possa ritenersi che grazie ad esso il concorrente abbia maturato la capacità di svolgere quest'ultimo” (cfr. da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 18 dicembre 2017 n. 5944).

Analogamente, “quando la lex specialis di gara richiede, come nella fattispecie, di dimostrare il pregresso svolgimento di servizi simili, non è consentito alla stazione appaltante di escludere i concorrenti che non abbiano svolto tutte le attività rientranti nell'oggetto dell'appalto, né le è consentito di assimilare impropriamente il concetto di servizi analoghi con quello di servizi identici, considerato che la ratio di siffatte clausole è proprio quella di perseguire un opportuno contemperamento tra l'esigenza di selezionare un imprenditore qualificato ed il principio della massima partecipazione alle gare pubbliche” (Cons. Stato, V, 25 giugno 2014, n. 3220; cfr. anche T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 18 novembre 2014, n. 2892).

In buona sostanza, sulla base di tali principi ermeneutici, la valutazione che l’Amministrazione procedente è chiamata a fare ai fini dell’ammissione alla gara deve essere ricostruita in termini complessivi, valutando tutte forniture rese dal concorrente, a comprova della propria solidità finanziaria nel settore (inteso in senso globale e non parcellizzato), di tal ché possano considerarsi quale indice della idoneità economica alla corretta esecuzione dell’appalto.

Infatti “laddove la lex specialis chieda ai partecipanti di documentare il pregresso svolgimento di “servizi analoghi”, la stazione appaltante non è legittimata ad escludere i concorrenti che non abbiano svolto tutte le attività oggetto dell'appalto nè ad assimilare impropriamente il concetto di “servizi analoghi” con quello di “servizi identici”, atteso che la ratio sottesa alla succitata clausola del bando è il contemperamento tra l'esigenza di selezionare un imprenditore qualificato ed il principio della massima partecipazione alle gare pubbliche, dal momento che la locuzione “servizi analoghi” non s'identifica con “servizi identici” (Cons. Stato, Sez. V, n. 5040/2018 e n. 3267/2018).

Nel caso di specie, non vi è dubbio che negli anni considerati la società controinteressata ha eseguito forniture importanti (e proprio nel settore navale a favore di Amministrazioni pubbliche), anche aventi ad oggetto gli olii lubrificanti.

In ogni caso il suo “core business” si riferisce all’intero settore dei prodotti petroliferi il quale comprende sia il carburante che gli olii lubrificanti, prodotti che appartengono allo stesso settore (trattandosi comunque di “prodotti petroliferi”), i quali concorrono entrambi a formare i fatturati dichiarati e, quindi, si sommano a pari titolo ai fini del superamento della soglia richiesta di Euro 949,799,00 (fatturato medio triennale 2017-2019) e della prova del possesso del fatturato specifico ai sensi del par. 3.2.2. del disciplinare di gara.

Ciò significa che non è necessario che detta soglia sia superata dai soli ricavi derivanti dalla vendita degli olii minerali, dovendo considerarsi cumulativamente i fatturati generati da tutti i prodotti petroliferi (carburante “in primis”) commercializzati dalla controinteressata.

Considerati i cospicui fatturati dichiarati (v. supra), da valutare nei termini anzidetti, trattandosi di prodotti “facenti parti del medesimo settore imprenditoriale” (v. ex multis, TAR Veneto, sez. III, sent. n. 1290/2019), non sembra dubbio che la R. s.r.l. abbia dimostrato il possesso del requisito.



STUDIO DI FATTIBILITA' - PROJECT FINANCING - INDICAZIONE ALLE PA (183.15)

ANAC DELIBERA 2021

OGGETTO: Pubblicazione dei provvedimenti finali dei procedimenti di valutazione di fattibilità delle proposte per la realizzazione in concessione di lavori in project financing, di cui all’art. 183, comma 15, d.lgs. 50/2016.

Con riferimento alla procedura di project financing a iniziativa privata, alla luce dell’indirizzo espresso dal giudice amministrativo, le amministrazioni sono tenute a concludere il procedimento di valutazione di fattibilità, sia essa positiva che negativa, delle proposte degli operatori economici di cui all’art. 183, co. 15, d.lgs. 50/2016 con l’adozione di un provvedimento amministrativo espresso e motivato ai sensi della l. 241/1990.

Per i provvedimenti adottati a conclusione della valutazione di fattibilità delle proposte di cui al richiamato art. 183, co. 15, è raccomandata la pubblicazione come dati ulteriori ai sensi dell’art. 7-bis, co. 3, d.lgs. 33/2013.

Tale pubblicazione potrebbe avere ad oggetto, se non il provvedimento integrale, quanto meno gli estremi del provvedimento con l’indicazione, in via esemplificativa, della data, del numero di protocollo, dell’oggetto e dell’ufficio che lo ha formato, oltreché del destinatario ovvero della tipologia di destinatario.

La suddetta pubblicazione va inserita nella sezione “Amministrazione trasparente”, sotto-sezione “Altri contenuti – Dati Ulteriori” a cui si potrebbe fare un collegamento ipertestuale dalla sotto-sezione “Provvedimenti” ex art. 23 d.lgs. 33/2013 e, auspicabilmente, altresì dalla sotto-sezione “Bandi di gara e contratti” ex art. 37, co. 1, lett. b), d.lgs. 33 citato. Riguardo a tali provvedimenti, resta, in ogni caso, ferma la possibilità di esercizio del diritto di accesso civico generalizzato di cui agli artt. 5, co. 2, e 5-bis del d.lgs. 33/2013.


CONCESSIONE DI LAVORI PUBBLICI -REQUSIITI DI QUALIFICAZIONE - NECESSARIA SOA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2021

La complessiva lettura dell’art. 95 («Requisiti del concessionario») del D.P.R. n. 207 del 2010, non consente di accedere all’interpretazione patrocinata dall’appellante.

In questa prospettiva, va rilevato, anzitutto, che l’art. 95, comma 1, oltre a prevedere i parametri dei requisiti economico-finanziari (fatturato medio degli ultimi cinque anni; capitale sociale) e tecnici (servizi pregressi analoghi o affini), impone ai concessionari di lavori pubblici, che intendano eseguire i lavori con la propria organizzazione di impresa, di «essere qualificati secondo quanto previsto dall’articolo 40 del codice [art. 40 del d.lgs. n. 163/2006, in tema di qualificazione per eseguire lavori pubblici] e dall’articolo 79, comma 7, del presente regolamento […]». Il comma quarto dell’art. 95 cit., invocato dall’appellante, nel prevedere che «qualora il candidato alla concessione sia costituito da un raggruppamento temporaneo […] i requisiti previsti al comma 1 devono essere posseduti complessivamente […]» si limita a indicare il criterio applicabile al raggruppamento temporaneo per stabilire il possesso dei (soli) requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali, non investendo il possesso dei requisiti di qualificazione nei lavori pubblici, per i quali quindi si applica la specifica disciplina prevista (attualmente contenuta, per i raggruppamenti temporanei di imprese, agli articoli 48 e 84 del Codice dei contratti pubblici). Pertanto, nessuna deroga, alla disciplina da ultimo richiamata, è apportata dall’art. 95, comma 4.

Nel caso di specie, l’appellante xxxx non è in possesso dell’attestazione SOA adeguata per l’esecuzione dei lavori previsti dalla concessione (il che è pacifico in causa).

Ne deriva come conseguenza che il bando di gara non si pone in contrasto con la disciplina legislativa in tema di requisiti del concessionario, dalla quale discende la sanzione espulsiva nei confronti dell’operatore economico che non dimostri il possesso del requisito di qualificazione richiesto; né, quindi, è configurabile l’ipotizzato contrasto con il principio di tassatività delle cause di esclusione (secondo motivo d’appello).



CONCESSIONE MISTA DI SERVIZI E DI LAVORI - ESTERNALIZZAZIONE COMPONENTE DEI LAVORI - AMMESSA (183.15)

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2021

In primo luogo occorre precisare che il bando di gara ha per oggetto “la realizzazione in concessione del servizio di gestione, manutenzione e riqualificazione degli impianti di pubblica illuminazione con la predisposizione degli stessi ai servizi di “smart cities” e la relativa erogazione in banda larga e banda stretta nel Comune di ….. La prestazione prevalente è costituita dalla gestione del servizio di illuminazione pubblica”.

Si tratta quindi di una concessione mista di servizi e di lavori con prevalenza dei servizi, come confermato anche dai valori economici delle prestazioni, in quanto le prestazioni principali consistono in Servizi di manutenzione di impianti di illuminazione stradale, Gestione impianti elettrici ed Erogazione di energia elettrica per il valore di €. 24.435.000,00, mentre le prestazioni secondarie come afferenti lavori e progettazione (Investimento) hanno il valore di €. 10.745.000,00 ed i servizi di gestione di reti di trasmissione dati (Smart City) pesano per €. 10.040.000,00.

Venendo alla disciplina applicabile, il bando di gara prevede che “Per la realizzazione dei lavori laddove il concorrente non abbia dichiarato l’intenzione in sede di offerta, di eseguirli con propria organizzazione d’impresa, il Concessionario deve attenersi alle disposizioni di cui al D. Lgs. n. 50/2016, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del medesimo decreto ed i lavori dovranno essere affidati in appalto a operatori economici in possesso delle qualificazioni sopra indicate”.

La previsione del bando corrisponde a quella dell’art. 95 del DPR 207/2010, la cui applicabilità alle concessioni miste è riconosciuto dalla giurisprudenza (TAR Lazio, Roma, I, 28/10/2020 n. 10997).

Anche il disciplinare di gara prevede in modo implicito l’applicazione della suddetta norma in quanto stabilisce che “In alternativa ai requisiti previsti dall’art. 1.A. alle lett. b) e c), i Concorrenti possono incrementare i requisiti previsti alla lett. a) nella misura pari a 2 (due) volte”, che rientra nella previsione dell’art. 95 c. 2 del DPR 207/2010.

Nel caso di specie il RTI ricorrente e la mandante hanno dichiarato che la mandante non ha il requisito di qualificazione richiesto per i lavori della categoria OS19 e che non intendono svolgerli con la propria organizzazione d’impresa, bensì intendono avvalersi, per lo svolgimento di questa prestazione accessoria, dell’affidamento a terzi oppure del subappalto.

La norma del comma 3 dell’art. 95 del DPR 207/2010 e la corrispondente previsione del bando di gara non precludono la possibilità che solo una parte dei lavori non siano eseguiti direttamente dal concessionario ma siano affidati a terzi mediante gara, in quanto non richiedono necessariamente che tutti i lavori siano esternalizzati.

Ne consegue che la possibilità di esternalizzare i lavori senza il possesso dei requisiti di qualificazione, in conformità alla disciplina prevista dal bando, è applicabile anche solo ad una parte dei lavori.

Né in senso opposto soccorre la disciplina prevista per il subappalto ed i limiti imposti ai raggruppamenti verticali ad effettuare il subappalto, ed in particolare l’art. 92, c. 2, D.P.R. n. 207/2010 citato nel provvedimento impugnato, che richiede la qualificazione del subappaltante, oltre che del subappaltatore.

Infatti la possibilità del concessionario di fungere da stazione appaltante è alternativa al subappalto, trattandosi non di una forma di esecuzione indiretta dei lavori, qual è il subappalto, ma di una vera e propria esternalizzazione dei medesimi con le forme dell’evidenza pubblica.


CONCESSSIONE MISTA - AFFIDAMENTO A TERZI PER I LAVORI

TAR LAZIO RM SENTENZA 2020

Per quanto riguarda l’applicabilità o meno dell’art. 95, comma 3, dpr n. 207/10, si ritiene preferibile la soluzione orientata a non aderire a una interpretazione letterale e formalistica, inserita nel contesto temporale di riferimento dato dal d.lgs. n. 163/06 e dal correlato Regolamento di cui al dpr n. 207/10, che non regolavano le concessioni di servizi (o miste), a loro volta in aderenza alle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.

Ciò proprio perché la normativa “codicistica” dei contratti pubblici prende le sue fondamenta, anche interpretative, nella normativa dell’Unione europea e, quindi, non può ora ignorarsi l’adozione della direttiva 2014/23/UE che comprende nel suo novero anche le concessioni di servizi e non più solo quelle di lavori.

La logica “formalistica” di cui all’impugnato parere, peraltro, come osservato dal parte ricorrente, porterebbe a questo punto alla illogica discriminazione tra concessioni di lavori e concessioni di servizi (o miste), quest’ultime – come detto – ormai entrate “a pieno titolo” nella considerazione del legislatore eurounitario.

Se la “ratio” di cui all’art. 95 cit era – ed è in effetti – quella di favorire la concorrenza, ampliando la platea dei partecipanti a una concessione di lavori, quando la realizzazione dell’opera costituisce l’essenza stessa della concessione, consentendo al concorrente che non possiede i requisiti richiesti di partecipare comunque alla gara, impegnandosi ad affidarne l’esecuzione a soggetti terzi qualificati, non si comprenderebbe la logica di una situazione ove, in una concessione di servizi (o mista) in cui la componente dei lavori può essere una parte residuale ma pur sempre “contrattuale” – come indubbiamente nel caso di specie – il concorrente dovrebbe comunque possedere i requisiti richiesti per poter eseguire i lavori, salva la (sola) possibilità di subappalto – e non di “appalto a terzi” – nei limiti dati dalla norma su una quota parte (salva evoluzione normativa e giurisprudenziale in atto sul punto ma non ancora definita). Si verrebbe, così, a vanificare la condivisibile impostazione di fondo orientata a favorire la concorrenza, che oggi non ha motivo di restare ancorata alle sole concessioni di lavori, alla luce dell’evoluzione normativa eurounitaria di cui alla ricordata direttiva 2014/23/UE.

ASSOCIAZIONI SPORTIVE - REQUISITI SPROPORZIONATI CAPITALE SOCIALE - LEGITTIMA IMPUGNAZIONE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

Secondo il Collegio la sentenza appellata “trascura di considerare che oggetto di gara era, come chiarito, non già il semplice affidamento in gestione degli impianti sportivi esistenti (per i quali non è dubbio l’evidenziato favor per le associazioni sportive dilettantistiche), ma – più comprensivamente – l’affidamento in concessione, mediante project financing, della progettazione (definitiva ed esecutiva), dei lavori di adeguamento degli impianti e della successiva gestione degli stessi.

Orbene, i requisiti soggettivi per essere ammessi alla procedura di finanza di progetto sono indicati all’art. 183, comma 8 del d. lgs. n. 50/2016, che fa espresso richiamo ai requisiti previsti “per i concessionari”.

Più specificamente, i requisiti in questione trovano il loro fondamento, da una parte, nel previgente regolamento e, segnatamente, nell’art. 95 del D.P.R. n. 207/2010 (destinato a restare in vigore, ai sensi dell’art. 217, comma 1 lettera u) n. 1, fino alla approvazione degli “atti attuativi” del nuovo Codice) e, dall’altra – relativamente ai motivi di esclusione – negli artt. 80 e 136.

L’art. 95 cit., che contiene la disciplina relativa ai concessionari, rinvia, a sua volta, a quella contenuta negli attuali artt. 83 e 84 del Codice (che sostituiscono, nel contesto del carattere mobile del rinvio, l’art. 40 del Codice previgente) e all’art. 79, comma 7 dello stesso regolamento, il quale prevede altri quattro “requisiti d’ordine speciale”, attinenti: a) alla adeguata capacità economica e finanziaria; b) alla adeguata idoneità tecnica e organizzativa; c) alla adeguata dotazione di attrezzature tecniche; d) all’adeguato organico medio annuo.

Ulteriori requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi sono, infine, specificamente previsti dallo stesso art. 95, comma 1 del regolamento, segnatamente sotto gli aspetti del valore del fatturato medio, del capitale sociale e dell’esperienza dell’impresa nello svolgimento di servizi affini a quello per il quale si candida.

In particolare, l’art. 95, comma 1 lettera b) prescrive il possesso di un “capitale sociale non inferiore ad un ventesimo dell’investimento previsto per l’intervento”.

Alla luce di quest’ultimo dato, e considerando che il valore della commessa in contestazione era pari ad € 1.070.000,00, il capitale minimo richiesto ai concorrenti era pari ad € 53.500,00, rispetto al quale appare del tutto ragionevole l’opzione di arrotondamento ad € 55.000,00, operata dal Comune appellante.

Le considerazioni che precedono sono sufficienti ai fini dell’accoglimento dell’appello“.

QUALIFICAZIONE RTI E CONSORZI NELLE CONCESSIONI DI LAVORI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

La prescrizione di gara è conforme alla disposizione dell’art. 98 del d.p.r. n. 554 del 1999 che configura i requisiti economico – finanziari e tecnico organizzativi come ulteriori rispetto alla SOA e impone, per il caso di raggruppamento o di consorzio che i requisiti di cui alle lettere a) e b) debbano essere posseduti da tutte le imprese raggruppate o consorziate, nella misura prevista dall’art. 95.

Tali requisiti sono, per l’appunto, il fatturato medio e il capitale sociale e cio' a prescindere dall’ulteriore e diversa qualificazione stabilita per l’esecuzione dei lavori.

Tale disciplina, peraltro, è stata riprodotta dal d.p.r. n. 207 del 2010 che costituisce il nuovo regolamento di attuazione del d. lgs. n. 163 del 2006, entrato in vigore l’8 giugno 2011, che all’art. 95, comma 4, reitera la disposizione del precedente regolamento e stabilisce che “qualora il candidato alla concessione sia costituito da un raggruppamento temporaneo di soggetti o da un consorzio, i requisiti previsti al comma 1 devono essere posseduti complessivamente, fermo restando che ciascuno dei componenti del raggruppamento possegga una percentuale non inferiore al dieci per cento dei requisiti di cui al comma 1, lettere a) e b)”.

La circostanza che i requisiti di cui all’art. 98, comma 1, lett. a) e b) vengano richiesti anche in eventuale sostituzione delle lettere c) e d) della stessa norma (servizi affini e servizi di punta), non significa, per cio' solo, che il fatturato medio e il capitale sociale costituiscano requisiti inerenti i soli servizi.

Invero l’indicazione contenuta nell’art. 98 circa i limiti dei requisiti economico – finanziari e tecnico – organizzativi (lettere a, b, c, d) che le imprese devono possedere per partecipare alle gare per l’affidamento di concessione di lavori, deve essere considerata il frutto di una valutazione complessiva, nel senso che tali limiti rappresentano il giusto contemperamento della rilevanza dei singoli requisiti, assicurando, secondo la ragionevole previsione del legislatore, l’effettiva affidabilita' dei concorrenti nella realizzazione dell’intervento oggetto della gara e di conseguenza l’interesse pubblico concreto sotteso a quest’ultima.

Ne consegue che il possesso dei requisiti in capo a tutti i componenti il raggruppamento prescinde dalla tipologia della prestazione prodotta.

PROJECT FINANCING - REQUISITI DI PARTECIPAZIONE - DISCREZIONALITA' PA

TAR LAZIO RM SENTENZA 2010

La sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 15 aprile 2010 n. 2155 al punto 6.2 afferma chiaramente, seppure incidentalmente, che il promotore puo' non possedere i requisiti previsti per il concessionario nella fase preliminare in cui partecipa alla selezione per il conseguimento di tale qualita', ma che appare discutibile, siccome potenzialmente lesiva della par condicio tra concorrenti, una interpretazione che consenta allo stesso di non possedere i requisiti della lex specialis al momento dell’inizio della fase selettiva per l’attribuzione della qualifica di concessionario.

Anche l’Autorita' di Vigilanza sui contratti pubblici ha affermato che il promotore, in fase di negoziazione, deve avere i requisiti del concessionario (determinazione 4 ottobre 2001 n.20).

La clausola qui contestata era immediatamente lesiva in quanto il promotore non aveva, e non ha, i requisiti di cui al punto III.2.1 del bando; che poi detti requisiti riguardino anche il promotore ove appunto partecipi alla procedura ex art. 155 codice appalti per ottenere la concessione, è disposizione nota al ricorrente, e comunque disposizione di legge, inserita nell’art. 99 del DPR 554/99, il quale espressamente prevede che il promotore deve, in questo caso, possedere anche i requisiti del concessionario. Ad avviso del Collegio l’art 98 del DPR 554/99 prevede requisiti minimi di partecipazione, ben potendo l’Amministrazione individuare requisiti piu' severi, in relazione all’interesse pubblico sotteso alla natura dell’attivita' oggetto dell’appalto (cfr. su detto principio Cons. di St. sez. IV 20 dicembre 2002 n. 7255).

Alla luce infatti dei principi di derivazione comunitaria ed immanenti nell'ordinamento nazionale, di ragionevolezza e proporzionalita', nonche' di apertura alla concorrenza degli appalti pubblici, il potere discrezionale della stazione appaltante di prescrivere adeguati requisiti per la partecipazione alle gare per l'affidamento di appalti pubblici è soggetto ai limiti connaturati alla funzione affidata alle clausole del bando volte a prescrivere i requisiti speciali; funzione che consiste nel delineare - attraverso la individuazione di specifici elementi sintomatici di capacita' economica, finanziaria e tecnica - il profilo delle imprese che si presumono idonee a realizzare il programma contrattuale perseguito dall'amministrazione ed a proseguire nel tempo l'attivita' appaltata in modo adeguato e flessibile.(cfr TAR Marche 26 sett. 2007 n. 1571).

Orbene, nel caso in esame i requisiti richiesti tengono conto, non solo dell’attivita' di realizzazione delle opere, per le quali il costo a base d’asta è stato fissato in € 15.689.590, ma anche dell’attivita' di progettazione e soprattutto gestione dell’opera stessa, talche' il parametro economico suddetto non poteva essere l’unico da prendere in considerazione, ed era rimesso alla discrezionalita' amministrativa della Stazione appaltante individuare i limiti ritenuti idonei a garantire l’affidabilita' dell’impresa, non solo per la realizzazione dell’opera, ma anche per la gestione successiva. Peraltro il controllo giurisdizionale sulle clausole del bando è controllo cosi' detto esterno e si limita ad una verifica dell’assenza di elementi di irragionevolezza palese, che nel caso in esame il Collegio non ravvisa.

PROJECT FINANCING - LINEE GUIDA

AVCP DETERMINAZIONE 2009

Linee guida per l'affidamento delle concessioni di lavori pubblici mediante le procedure previste all'articolo 153 del D.lgs. 163/2006 dopo l'entrata in vigore del c.d. “terzo correttivo” (D.lgs. 11 settembre 2008, n. 152).

PROMOTORE E PROJECT FINANCING - REQUISITI

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2003

In una procedura di project financing per individuare il ‘bando pubblicato’, utile per stabilire la disciplina applicabile alla fattispecie, occorre fare riferimento non tanto all’avviso pubblicato (che, come detto, non rappresenta un momento ineliminabile della procedura di cui agli artt. 37-bis e seguenti, L.n. 109/94), quanto al bando pubblicato per indire la licitazione privata per la scelta dei soggetti che intendono competere con il promotore (bando inviato alla G.U.C.E. e affisso all’albo pretorio).

Le norme regolamentari esigono, per il concessionario (soggetto che rileva in funzione tecnico-gestionale ed esecutiva), la sussistenza di requisiti ulteriori rispetto a quelli richiesti per il promotore (soggetto che rileva, generalmente, in funzione tecnico-finanziaria), in quanto le due figure possono non coincidere. Per questo il promotore, qualora aspiri all’affidamento della concessione, deve dimostrare il possesso dei requisiti prescritti per il concessionario.

Peraltro, l’art. 98 del DPR n. 554/99 è chiaro nello stabilire che gli aspiranti concessionari di lavori pubblici, se eseguono i lavori con la propria organizzazione di impresa, devono possedere i requisiti di cui alle lettere a), b), c) e d), co. 1, dell’art. 98 citato (il cui testo è integralmente trascritto nel bando di gara), oltre a quelli ordinari di qualificazione di cui al DPR n. 34/00 (richiamato dagli artt. 8 e 9, L.n. 109/94).

Pareri tratti da fonti ufficiali

QUESITO del 19/03/2018 - PROCEDIMENTO DI CUI ART. 1,C.304, DELLA L. 147/2013 PER L’AMMODERNAMENTO E GESTIONE DI IMPIANTO SPORTIVO COMUNALE (COD. QUESITO 243) (162.4)

Su proposta di associazione sportiva dilettantistica è stato avviato il procedimento dell’art. 1,c. 304,L. 147/2013 per ammodernamento e gestione di impianto sportivo comunale. Il Comune ha dichiarato il pubblico interesse della proposta. Visto l’art. 162,c. 4, d.l. 50/2017 convertito dalla L. 96/2017, è stato richiesto al proponente di associare o consorziare altri soggetti ai fini del possesso dei requisiti di partecipazione previsti dall’art. 183,c. 8, d. lgs. 50/2016 (Codice). Si chiede: 1.Quali siano i requisiti per i concessionari ai quali fa riferimento l’art. 183, c. 8 del Codice; 2.Se ai fini dell’acquisizione dei suddetti requisiti l’associazione sportiva può utilizzare l’avvalimento di cui all’art. 89 del Codice, oltre agli istituti dell’associazione e del consorzio espressamente previsti dall’art. 162,c. 4, d.l. 50/2017; 3.Se l’associazione sportiva dilettantistica può considerarsi operatore economico; 4.Se è configurabile un’associazione temporanea limitata solo alla realizzazione dell’intervento di ammodernamento tale che l’associazione sportiva, realizzati e collaudati i lavori, possa autonomamente gestire l’impianto fino al termine della concessione.


CODICE: Il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE emanato con il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e successive modificazioni;