Art. 145. Disciplina comune applicabile ai contratti nel settore dei beni culturali

1. Le disposizioni del presente capo dettano la disciplina relativa a contratti pubblici concernenti i beni culturali tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante Codice dei beni culturali e del paesaggio.

2. Le disposizioni del presente capo si applicano, altresì, all'esecuzione di scavi archeologici, anche subacquei.

3. Per quanto non diversamente disposto nel presente capo, trovano applicazione le pertinenti disposizioni del presente codice.

Relazione

L'articolo 145 (Disciplina comune applicabile ai contratti nel settore dei beni culturali) definisce l'ambito di applicazione ai contratti pubblici concernenti i beni culturali tutelati ai sensi del d...

Commento

L'articolo 145 definisce l'ambito di applicazione dei contratti pubblici concernenti i beni culturali tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante Codice dei beni cultural...
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Giurisprudenza e Prassi

SERVIZI INGEGNERIA E ARCHITETTURA RELATIVI A EDIFICI CON PIU' DESTINAZIONI FUNZIONALI - SI DEVE CONSIDERARE LA CATEGORIA MAGGIORMENTE COMPLESSA (145)

ANAC DELIBERA 2023

L'affidamento di servizi di ingegneria e architettura relativi a edifici astrattamente riconducibili a più destinazioni funzionali (es. scuola, ospedale, museo) deve avvenire prendendo in considerazione la categoria caratterizzata dal maggiore grado di complessità. Nel caso di interventi aventi ad oggetto beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo n. 42/2004 ovvero sottoposti a vincolo storico-artistico ai sensi del decreto legislativo n. 42/2004, deve essere necessariamente individuata la categoria E22. La certificazione dei servizi svolti ad opera del RUP deve essere compatibile con le categorie di opere individuate nel bando di gara.

BENI CULTURALI - SERVIZI AGGIUNTIVI IN CONCESSIONE - RILEVANZA PREDOMINANTE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2021

In nessun caso il servizio di biglietteria può assumere carattere prevalente, neppure se di valore economico di gran lunga maggiore, ovvero laddove i servizi aggiuntivi non siano di per sé economicamente autosufficienti. In quel modo ragionando, infatti, si opererebbe un’inversione del rapporto di accessorietà, degradando la prevalenza dello scopo di valorizzazione culturale, che impronta l’art. 117 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, a mera eventualità, in pratica derogabile nel caso concreto in ragione della preponderanza dei servizi diversi da quelli aggiuntivi (come ad esempio il servizio di biglietteria).

In tal modo però si oblitererebbe che la concessione domina in quanto è lo strumento prescelto dalla legge (art. 117; art. 115) come funzionale alla, ipotizzata, maggior qualità in concreto del servizio pubblico di valorizzazione culturale; e la si degraderebbe – contro la ratio dello stesso art. 117 - a mera strumentazione di esigenze economiche altrui, non già culturali della generalità. In tal modo non si garantirebbe più l’efficace perseguimento della dominante ragione della valorizzazione dei beni culturali, cioè del potenziamento delle condizioni di fruizione (più precisamente: si posporrebbe lo scopo di «promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso», nel che consiste la valorizzazione per l’art. 6 del Codice, che pone l’art. 117 nel contesto dei “Principi della valorizzazione dei beni culturali”); e si inciderebbe sulla causa della concessione, indebitamente tramutandola, di fatto, in quella di un ordinario appalto (ex multis, Cons. Stato, V, 6 luglio 2020, n. 4307).

Da ciò deriva che il tipo di concessione di servizi in questione di suo non ammette che il servizio di biglietteria, quand’anche implicante un maggiore volume di incassi, possa ottenere, con il suo regime, prevalenza funzionale sui servizi aggiuntivi: e, per conseguenza, che ciò in concreto possa portare a informare i requisiti di capacità economica e finanziaria, con l’effetto pratico, ben rilevante, di precludere la partecipazione di soggetti attivi in servizi aggiuntivi di bookshop e di editoria (ma senza che abbiano prima emesso biglietti per gli importi predetti).

Secondo questa ratio si è del resto mosso il legislatore, nell’introdurre – con l’art. 8, comma 7-bis, della l. 11 settembre 2020, n. 120, di conversione del d.-l. 16 luglio 2020, n. 76 (cd. “decreto legge semplificazioni”) – al termine dell’art. 117, comma 3, d.lgs. n. 42 del 2004 l’inciso “Qualora l’affidamento dei servizi integrati abbia ad oggetto una concessione di servizi ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lett. vv), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, l’integrazione può essere realizzata anche indipendentemente dal rispettivo valore economico dei servizi considerati. E’ ammessa la stipulazione di contratti di appalto pubblico aventi ad oggetto uno o più servizi tra quelli di cui al comma 1 e uno o più tra i servizi di pulizia, di vigilanza e di biglietteria”.

Nel caso in esame, le caratteristiche della gara disposta da Consip s.p.a. relativamente al Lotto 1 non sono conformi ai principi qui sopra riassunti.

In particolare, come bene rileva la ricorrente, anziché qualificare i “servizi aggiuntivi” di assistenza alla visita come prestazione principale e dominante (coerentemente con l’art. 117 del d.lgs. 42 del 2004 e dalla sentenza n. 5773 del 2017), la gara in esame nuovamente attribuisce al servizio di biglietteria il ruolo di servizio principale, laddove i servizi di assistenza alla visita sono stati relegati in funzione secondaria e accessoria.

SERVIZI CULTURALI – SERVIZI AGGIUNTIVI - AFFIDAMENTO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

Nella sistematica del Codice dei beni culturali e del paesaggio i «servizi per il pubblico» dell’art. 117 (vale a dire i servizi di assistenza culturale e di ospitalità attivati presso i luoghi e gli istituti della cultura), tralaticiamente chiamati anche “servizi aggiuntivi”, possono essere gestiti in maniera indiretta, grazie al rinvio, contenuto nell’art. 117, all’art. 115 del d.lgs. n. 42 del 2004. In tale caso l’affidamento da parte dell’amministrazione ad imprese private dei servizi aggiuntivi assume la forma giuridica della concessione di servizio pubblico,. Il che ovviamente è anche se il procedimento di gara sia svolto dalla Consip, o meglio alla stessa “delegato” in forza dell’art. 16 del d.lgs. n. 78 del 2015 e della successiva convenzione tra il Ministero e Consip.

Più precisamente, l’affidamento dei servizi aggiuntivi di assistenza agli utenti (art. 117, comma 2) costituisce, in linea di principio, concessione di servizio pubblico. Invece l’esternalizzazione dei servizi complementari di biglietteria, pulizia e vigilanza dà luogo a un appalto di servizi. Difatti, come evidenziato da costante giurisprudenza (es. Cass., SS.UU., 27 maggio 2009, n. 12252; SS.UU., 9 dicembre 2015, n. 24824), la qualificazione in termini di concessione dell’affidamento della gestione a terzi dei servizi aggiuntivi è conforme alla definizione delle direttive europee, oltre che coerente con la struttura dei suddetti servizi, atteso che l’amministrazione trasferisce il diritto di gestire il servizio in favore dei visitatori/utenti dietro pagamento di un canone, e che sussistono altresì i caratteri del pubblico servizio per la valorizzazione dei beni culturali in presenza : a) della titolarità del servizio in capo all’amministrazione; b) della sua destinazione alla soddisfazione di esigenze della collettività; c) della predisposizione, da parte dell’amministrazione, di un programma di gestione, con obblighi di condotta e livelli qualitativi vincolanti per il privato; d) del mantenimento da parte dell’amministrazione dei corrispondenti poteri di indirizzo, vigilanza ed intervento.

L’affidamento dei servizi di biglietteria (oltre che di pulizia e vigilanza), che possono integrare la suddetta concessione, è invece configurabile come appalto di servizio pubblico: rileva infatti la stretta bilateralità del rapporto di servizio e l’assunzione da parte dell’amministrazione della veste di acquirente delle corrispondenti utilitates su pagamento di corrispettivo.

Contro questa praticata configurazione, la rilevanza preponderante dei servizi aggiuntivi rispetto a quello accessorio e strumentale di biglietteria è implicita anche nella lettera della norma, come mostra la circostanza che l’art. 117, comma 3, d.lgs. n. 42 del 2004 prevede come mera possibilità quella della gestione in concessione integrata: la concessione è di suo formula propria dei soli servizi aggiuntivi, sì che questi ultimi, in caso di uso di tale strumento giuridico (che è modalità di gestione finalizzata alla valorizzazione), non possono divenire né formalmente, né sostanzialmente accessori (in termini Cons. Stato, V, 7 dicembre 2017, n. 5773).

L’inversione dell’ordinario (cioè stabilito dalla norma) rapporto di accessorietà, oltre a non garantire l’efficace perseguimento della funzione della valorizzazione culturale, incide anche sul profilo causale della concessione, tramutandola sostanzialmente – per la bilateralità che diviene dominante -in un appalto. Non appare dunque condivisibile, sul piano strettamente giuridico, l’assunto delle resistenti per cui entrambi i servizi risulterebbero in modo complementare funzionali alla valorizzazione del sito: e ciò a prescindere dalla prevalenza economica del servizio di biglietteria, che si vorrebbe dire comunque orientato alla valorizzazione dei musei, richiedendosi ai concorrenti di indicare una “infrastruttura informatica di supporto”.

Invero la concessione di servizi non ammette che il servizio di biglietteria, quand’anche caratterizzato da un maggiore volume di incassi, possa avere prevalenza funzionale, sì da precludere la partecipazione di soggetti attivi in servizi aggiuntivi di bookshop e di editoria (ma senza avere emesso biglietti per gli importi richiesti).

Appare comunque chiaro, anche nella sistematica del d.lgs. n. 42 del 2004 - essendo le disposizioni dell’art. 117 contenute nel “Titolo II”, attinente alla “fruizione e valorizzazione” [dei beni culturali] - come la disciplina dei servizi aggiuntivi rinvenga la sua razionalità proprio nell’espresso obiettivo codicistico di garantire al pubblico una migliore e potenziata fruizione dei beni culturali – nel che in sostanza consiste la valorizzazione, da intendersi per il Codice anzitutto come valorizzazione culturale: cfr. art. 6 - , assicurando in tali modi, seppur di riflesso, anche un ritorno economico per l’amministrazione (valorizzazione economica). In altri termini, si esternalizza il servizio perché lo si stima il modo migliore per «promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso […] al fine di promuovere lo sviluppo della cultura» (art. 6, comma 1). Perciò, essendo questa la causa preminente dell’esternalizzazione, ogni altra causa è rispetto ad essa recessiva: in particolare, quella strettamente organizzativa, ed economica, che riguarda il servizio di biglietteria.

Pareri tratti da fonti ufficiali

QUESITO del 12/01/2018 - QUALIFICAZIONE LAVORI INFRA 150.000 SU BENI CULTURALI IMMOBILI - ARTICOLO 12 DECRETO 154/2017 (COD. QUESITO 154)

Il decreto 154/2017 è la nuova fonte normativa che disciplina gli appalti in lavori riguardanti i beni culturali tutelati ai sensi del D.Lgs. 42/2004. L'articolo 1 ci dice che il regolamento si applica, tra l'altro, anche ai lavori inerenti il monitoraggio, manutenzione e restauro di beni culturali immobili ( sopra l'importo di EURO 150.000 sono inquadrati nella categoria OG2). L'articolo 12 del 154/2017 ad oggetto " lavori di importo inferiore ad € 150.000" al comma 1 nell'elencare i lavori soggetti alla disciplina non cita più i lavori di monitoraggio, manutenzione e restauro di beni culturali immobili. A seguito di ciò c'è chi ritiene (ANCE) che per i lavori di cui trattasi (infra 150.000) la normativa di riferimento sia l'articolo 90 ( l'articolo 248 del DPR 207/2010 oggi è da intendersi abrogato). Ma l'articolo 90 parla di lavori analoghi e quindi potrebbe qualificarsi ai lavori in oggetto un operatore economico che ha eseguito lavori ascrivibili alla categoria OG1. Riprendendo il Decreto 154/2017 faccio notare che l'articolo 4 comma 2, che a sua volta richiama l'articolo 1 comma 2, ci dice che per lavori infra 150.000 euro si applica l'articolo 12 sopra richiamato (?).


CODICE: Ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. uuuu) del Codice: il presente decreto che disciplina i contratti pubblici di lavori, servizi, forniture;