Art. 146. Qualificazione
1. In conformità a quanto disposto dagli articoli 9-bis e 29 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, per i lavori di cui al presente capo è richiesto il possesso di requisiti di qualificazione specifici e adeguati ad assicurare la tutela del bene oggetto di intervento.2. I lavori di cui al presente capo sono utilizzati, per la qualificazione, unicamente dall'operatore che li ha effettivamente eseguiti. Il loro utilizzo, quale requisito tecnico, non è condizionato da criteri di validità temporale.
3. Per i contratti di cui al presente capo, considerata la specificità del settore ai sensi dell'articolo 36 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, non trova applicazione l'istituto dell'avvalimento, di cui all'articolo 89 del presente codice.
4. Con il regolamento di cui all'articolo 216, comma 27-octies, sono stabiliti i requisiti di qualificazione dei direttori tecnici e degli esecutori dei lavori e le modalità di verifica ai fini dell'attestazione. Il direttore tecnico dell'operatore economico incaricato degli interventi di cui all'articolo 147, comma 2, secondo periodo, deve comunque possedere la qualifica di restauratore di beni culturali ai sensi della normativa vigente. Fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 216, comma 27-octies, si applica la disposizione transitoria ivi prevista. vedi DM BENI CULTURALI del 22-8-2017 n. 154 in vigore dal 6-11-2017; disposizione modificata dal D.L. 32/2019 in vigore dal 19/4/2019 e confermata in sede di conversione in legge
Relazione
Commento
Giurisprudenza e Prassi
BENI CULTURALI - QUALIFICAZIONE CONSORZIO STABILE - NECESSARIA QUALIFICAZIONE ANCHE DELLA CONSORZIATA ESECUTRICE
La vicenda all’esame concerne, piuttosto, la possibilità per la consorziata, designata per eseguire i lavori, di utilizzare la qualificazione maggiore del consorzio stabile.
Tale ipotesi, normalmente consentita nelle altre procedure evidenziali, è, tuttavia, inibita (al pari, peraltro, del cumulo alla rinfusa) negli affidamenti nel settore dei beni culturali dal regime speciale dettato dall’art. 146 D.Lgs. 50/2016 in forza del quale un operatore economico, che abbia eseguito lavori su un bene culturale può “spendere”, ai fini della qualificazione, il relativo requisito esclusivamente in proprio senza possibilità di prestarlo, nemmeno nell’ambito dei consorzi stabili, agli associati.
La specialità della disciplina discende dalle esigenze che circondano i beni culturali, il cui ruolo di testimonianza dei valori di civiltà esprime un interesse assiologicamente superiore, sì da richiedersi il possesso di requisiti di qualificazione adeguati ad assicurare la tutela del bene oggetto d’intervento (cfr. T.A.R. Emilia Romagna – Parma, sez. I, 24/06/2023, n. 203 cit. che richiama Cons. Stato, Sez. V, 16/01/2019 n. 403).
La necessità di qualifica in proprio dell’impresa consorziata si estende anche alla classe di importo dei lavori in ossequio al condiviso indirizzo secondo cui: “La specifica qualificazione richiesta da un bando di gara per l’esecuzione di lavori nel settore dei beni culturali, potendo essere utilizzata soltanto dal soggetto che quei lavori abbia eseguito e che sia in possesso dei requisiti corrispondenti, comporta che, nel caso di partecipazione di un consorzio stabile a una procedura di gara, a prescindere dalla qualificazione del consorzio e/o di altre consorziate, la qualificazione richiesta debba essere comunque posseduta da ciascuna delle imprese designate per l’esecuzione del contratto. Tale regola è da intendersi riferita non solo alla categoria dei lavori, ma anche al loro importo, cioè alla classifica, di modo che, quando un’impresa consorziata sia qualificata per eseguire lavori sino ad un importo massimo (incrementato di un quinto ex art. 61 del d.P.R. n. 207 del 2010), non può, nel settore dei beni culturali, eseguire lavori eccedenti tale importo, anche se facente parte di un consorzio stabile” (Cons. Stato, Sez. V, 07/03/2022, n. 1615).
Pertanto, sebbene titolare di qualificazione per la categoria OG11, la consorziata è, tuttavia, priva del requisito prescritto dalla legge di gara (classifica I anziché IV) né, alla luce del superiore quadro normativo e giurisprudenziale, questo può esserle prestato dal consorzio stabile xxxx.
Tanto osservato, l’interpretazione restrittiva dell’art. 146 D.Lgs. 50/2016 proposta dalle ricorrenti, volta a circoscriverne il campo applicativo solo a talune categorie di lavori, con esclusione delle altre, non può essere condivisa.
Benché, infatti, quale norma eccezionale, esso sia soggetto a stretta interpretazione, nondimeno il dato testuale dell’articolo (“I lavori di cui al presente capo sono utilizzati, per la qualificazione, unicamente dall’operatore che li ha effettivamente eseguiti”) non avalla la prospettata distinzione tipologica per categoria di lavoro (cfr. T.A.R. Campania sez. I – Salerno, 27/03/2023, n. 692), ponendo piuttosto l’accento sulla natura del bene, quale “contenitore” storico, artistico o architettonico, nel quale le diverse opere devono armonicamente inserirsi.
Non pertinente, sul piano sistematico, pare, poi, il richiamo all’art. 248 DPR 207/2010, giacché sostituito dal DM 22 agosto 2017 n. 154 (a sua volta, oggi superato dal D.Lgs. 36/2023 e dai relativi allegati), il cui art. 4 comma 1 rimanda espressamente all’art. 146 co. 2 e 3 D.Lgs. 50/2016 e conferma che i requisiti di qualificazione devono riferirsi ai “soggetti esecutori dei lavori”.
In ultimo, la valorizzazione del solo contenuto sostanziale delle opere, a scapito del contesto nel quale devono esplicarsi, non concorda con il criterio di ragionevolezza. Per un verso la tesi poggia su una visione parcellizzata dell’oggetto dell’affidamento che non considera le inevitabili interferenze funzionali tra le rispettive opere OG2 e OG11, le quali, per quanto scorporabili, sono comunque destinate a calarsi nel medesimo ambito. Per altro verso, l’assunto ricorsuale non tiene conto del fatto che i lavori della categoria OG11, nella misura in cui comportano l’innesto in un tessuto storico-architettonico di elementi moderni, quali gli impianti tecnologici, pongono una specifica esigenza di conciliazione con i fattori estetici e valoriali del bene culturale, assente nei beni non sottoposti a tutela, il cui soddisfacimento richiede che l’autore dell’intervento disponga di adeguati requisiti, non solo d’idoneità tecnica, ma anche di organizzazione aziendale ed economica. Di conseguenza, benché appartenenti a categoria tipologicamente diversa da quelle indicate da parte ricorrente, la necessità di una loro corretta contestualizzazione richiede che anche per i lavori della categoria OG11, ove destinati a un bene culturale, l’impresa indicata come esecutrice possegga in proprio l’occorrente qualificazione.
COMMISSIONE DI GARA - DEVE POSSEDERE SPECIFICHE COMPETENZE NEL SUO COMPLESSO (93)
Beni culturali - qualificazione - direttore tecnico - settore
Nell'ambito degli interventi sui beni culturali i requisiti di idoneità tecnica, idoneità organizzativa e capacità economica e finanziaria sono attestati dalle SOA nell'ambito della procedura di qualificazione.
Lo specifico settore di specializzazione del direttore tecnico va verificato secondo le istruzioni e i criteri dettati dal Ministero competente.
Riferimenti normativi
Artt. 77 e 95 d.lgs. n. 50/2016
Parole chiave
Commissione - punteggi
Massima
Commissione di gara - competenza nel suo complesso - punteggi
E' necessario riferire l'attributo delle "specifiche competenze" della commissione di gara non già a ciascun singolo componente, bensì alla commissione nel suo complesso. Il punteggio numerico opera alla stregua di una sufficiente valutazione quando l'apparato delle voci e sottovoci fornito dalla disciplina della procedura, con i relativi punteggi, è sufficientemente chiaro, analitico e articolato.
DIVIETO AVVALIMENTO BENI CULTURALI - SI APPLICA INDISTINTAMENTE DALLE CATEGORIE SOA
Il divieto di avvalimento negli appalti relativi al settore dei beni culturali, la cui ratiorisiede nella necessità di rafforzarne la tutela, riguarda i soli contratti che hanno ad oggetto i beni culturali tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e si applica indipendentemente dalle categorie di qualificazione.
LAVORAZIONI SIOS E BENI CULTURALI - NESSUN LIMITE AL SUBAPPALTO (105)
Nel caso di specie è pacifico che la qualifica “OG 2” non sia la categoria prevalente dell’appalto, e che costituisca categoria scorporabile. Né viene messo in discussione il fatto che tanto il R.T.I. ……… quanto la S. posseggano la qualifica nella categoria principale con una classifica più che capiente a coprire l’intero importo dell’appalto.
Ne consegue che, anche sotto tale profilo, il ricorso al subappalto al 100% delle lavorazioni in “OG2” deve ritenersi conforme alla legislazione vigente ratione temporis.
A conforto di tale conclusione può richiamarsi anche la giurisprudenza amministrativa più recente, la quale ha rilevato la disarmonia dell’art. 105, comma 5°, del D.Lgs. n. 50/2016 dal diritto euro-unitario.
Il Consiglio di Stato ha infatti messo in evidenza che “la disposizione pone un limite aprioristico al subappalto, che sottrae all’amministrazione aggiudicatrice il quantum di discrezionalità che le è riconosciuto come dovuto dalla giurisprudenza sopranazionale, secondo una valutazione da farsi caso per caso, tenuto conto, non della tipologia di lavori astrattamente considerata, bensì delle prestazioni e delle lavorazioni oggetto dello specifico affidamento, nonché delle caratteristiche di quest’ultimo.
La generalità e l’astrattezza di detto limite non sono evitate dal riferimento normativo alle sole opere per le quali siano necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture impianti ed opere speciali, elencate nell’art. 2 del d.m. n. 248 del 10 novembre 2016.
Il riferimento ai lavori di una determinata categoria è connotato comunque da astrattezza perché prescinde dalla natura delle lavorazioni richieste nel caso concreto, escludendo in particolare che, se superano il 10% dell’importo totale dei lavori, l’amministrazione possa optare per la totale assenza di vincoli al subappalto o per l’imposizione di un limite inferiore al 30% delle opere subappaltabili, anche quando, nel contesto del singolo affidamento, esse siano scarsamente significative rispetto alla finalità del divieto di subappalto” (così C.d.S., n. 689/2022).
E ciò alla luce dei principi sanciti dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, per cui: “la direttiva 2014/24/Ue osta a una normativa nazionale che limita — a pena di automatica esclusione dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto anche nel caso in cui l’ente aggiudicatore sia in grado di verificare le identità dei subappaltatori interessati e ove ritenga, in seguito a verifica, che siffatto divieto non sia necessario al fine di contrastare la criminalità organizzata nell’ambito dell’appalto in questione — al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi” (Corte giustizia UE sez. V, 26/09/2019, n. 63).
Il Collegio non può dunque dare seguito nemmeno all’ulteriore rilievo di incostituzionalità mosso dalla ricorrente, a carico ora dell’art. 105, nella parte in cui questo consentirebbe una irragionevole disparità di trattamento tra la disciplina del subappalto operante con riferimento alla categoria specialistica “OG2”, come detto ammissibile senza particolari limitazioni, e quella del subappalto relativo alle categorie superspecialistiche (c.d. “SIOS”), per le quali varrebbe la cennata limitazione del 30 %.
In realtà, un’interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina invocata dalla ricorrente -peraltro da ultimo modificata ad opera dell’art. 49 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito con modificazioni nella L. 29 luglio 2021, n. 108, che ha abrogato l’art. 105, comma 5°, del Cod. App.-, impone oggi, anche nel settore delle lavorazioni c.d. super speciali, di rimuovere già a livello esegetico ogni astratta limitazione all’applicabilità dell’istituto del subappalto, essendo tali limiti in contrasto con i principi affermati dalla Corte di Giustizia.
Sicché, venendo meno l’operatività del limite generalizzato al 30% previsto per il subappalto delle opere super-specialistiche, viene anche meno la possibilità di individuare alcuna forma di disparità di trattamento.
La questione di costituzionalità appare dunque manifestamente infondata.
SUBAPPALTO E AVVALIMENTO NEI BENI CULTURALI - LIMITI E DIVIETI (146)
In difetto di una generalizzata garanzia di esecuzione della prestazione da parte dell’ausiliario, emerge la ragione del divieto previsto all’art. 146, comma 3, cod. contratti pubblici ad avvalersi del citato istituto nel settore dei beni culturali. L’intenzione della norma è assicurare che i lavori vengano direttamente eseguiti da chi abbia la specifica qualificazione richiesta, nonché mezzi e risorse necessari a preservare una tale categoria di beni.
La finalità del divieto è, dunque, quella di rafforzare la tutela dei beni culturali oggetto dei contratti regolati dal Capo III, Titolo VI, Parte II del codice dei contratti pubblici.
Evocati i principali tratti normativi dell’avvalimento, ai quali si lega la ratio della disposizione che vieta il ricorso a tale istituto nel settore dei beni culturali, non si rinviene, nella disciplina relativa al subappalto, una analoga motivazione idonea a supportare la similitudine con l’art. 146, comma 3, cod. contratti pubblici e, di riflesso, a palesare una irragionevole disparità di trattamento.
Il subappalto, pur condividendo con l’avvalimento taluni caratteri e finalità, a partire dal favor partecipationis, si connota per una disciplina, che garantisce la tutela dei beni culturali, ove siano oggetto del contratto.
È quanto si inferisce da due aspetti della regolamentazione del subappalto che lo distinguono dall’avvalimento.
Innanzitutto, il subappalto, quando non sia affidato all’ausiliario e, dunque, non risulti abbinato all’istituto dell’avvalimento, presuppone che l’impresa abbia i requisiti per partecipare alla gara. Solo nel caso delle categorie a qualificazione non obbligatoria l’aggiudicatario può eseguire anche in proprio le relative lavorazioni, sfruttando l’attestazione SOA posseduta nella categoria prevalente (art. 12, comma 2, lettera a, del d.l. n. 47 del 2014, come convertito). Al contrario, nel caso dell’avvalimento, il concorrente da solo non dispone delle qualifiche per partecipare alla gara, ma, una volta integrate nell’azienda le risorse e le competenze necessarie, tramite l’avvalimento, esegue in proprio le relative prestazioni, salva la previsione di cui all’art. 89, comma 1, cod. contratti pubblici e ferma restando la facoltà di fare eventualmente ricorso al subappalto.
Il tipo contrattuale del subappalto – un subcontratto che si dirama dal modello dell’appalto – presenta, quali obbligazioni tipiche, il compimento «con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio» di un’opera o di un servizio «verso un corrispettivo in denaro» (art. 1655 del codice civile).
In sostanza, l’esecuzione dei lavori in proprio, effettuata in maniera autonoma rispetto al subcommittente, rientra tra le obbligazioni tipiche del subappalto, cui, viceversa, risulta in toto estranea l’obbligazione a prestare unicamente requisiti.
Di riflesso, sia che l’aggiudicatario possa partecipare all’appalto, ma non abbia la qualificazione specialistica per le lavorazioni relative ai beni culturali (ciò che rende necessario il subappalto), sia che abbia tale qualificazione specialistica, ma decida, nel rispetto del bando di gara, di avvalersi in via facoltativa del subappalto, in ogni caso, il tipo contrattuale in esame garantisce che l’esecuzione della prestazione sia effettuata in proprio e in via diretta dal subappaltatore.
Tornando ora a volgere lo sguardo al contesto normativo applicabile al processo a quo, l’elemento, comunque, decisivo è che – in base alla disciplina del subappalto relativo ai beni culturali – soltanto l’operatore dotato di una qualificazione specialistica può eseguire i lavori relativi a tali beni, e questo di per sé assicura loro una effettiva e adeguata tutela.
Si dissolve, in tal modo, la censura di irragionevolezza, poiché il subappalto non condivide con l’avvalimento la ratio della norma censurata, riferibile, per l’appunto, all’esigenza di tutelare i beni culturali, il che smentisce la similitudine rispetto al tertium comparationis.
Senza una giustificazione riconducibile alla protezione dei citati beni, non soltanto la mancanza del divieto di subappalto non contrasta con gli artt. 3 e 9 Cost., ma, al contrario, l’eventuale previsione del divieto di subappalto – come richiesto dal rimettente – potrebbe tradursi in una compressione del principio della concorrenza (si veda, in proposito, Corte di Giustizia, sentenze 27 novembre 2019, C-402/18, Tedeschi e 26 settembre 2019, C-63/18, Vitali), oltre che dell’autonomia privata, non priva di criticità.
In conclusione, nel solco della costante giurisprudenza di questa Corte, che non ravvisa una violazione del principio di eguaglianza quando «alla diversità di disciplina corrispondano situazioni non assimilabili (ex plurimis, sentenza n. 85 del 2020)» (sentenza n. 71 del 2021), le questioni di legittimità costituzionale, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 9 Cost., non sono fondate.
CONSORZIO STABILE - CUMULO ALLA RINFUSA DEI REQUISITI - VALE ANCHE PER LE SIOS (146.3)
Il Consorzio Stabile C. è in possesso della qualificazione per la contestata categoria OS12B (cfr. l’esibita attestazione dell’organismo SOA Laghi).
Non può essere posto in discussione che esso possa qualificarsi con i requisiti posseduti in proprio, ancorché ne sia priva la consorziata esecutrice (cfr., da ultimo, C.G.A.R.S., 12/1/2022 n. 32, p. 34.1: “La Quinta sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza 29 marzo 2021 n. 2588, si è pronunciata in punto di requisiti di capacità tecnico professionale ritenendo, anche in ragione proconcorrenziale, che, a fronte della titolarità del requisito in capo al consorzio, non possa pretendersi il possesso del medesimo anche da parte della consorziata esecutrice. Sul punto la giurisprudenza aveva già affermato che “la eventuale mancanza dei requisiti in testa alla consorziata designata per l’esecuzione, non incide sull’utile accesso alla procedura, sempreché gli stessi sussistano, in proprio, per il consorzio, al quale è, in effetti, imputata giuridicamente la prestazione, anche laddove intenda provvedervi indirettamente per il tramite di una impresa consorziata (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13 ottobre 2015, n. 4703)” (Cons. St., sez. V, 22 luglio 2019, n. 5124”; cfr. anche Cons. St. n. 2588/2021, cit., p. 6: “non può invece desumersi che il singolo consorziato, indicato in gara come esecutore dell’appalto, debba essere a sua volta in possesso dei requisiti di partecipazione. Come sottolineano le parti appellanti ad opinare in questo senso verrebbero svuotate la finalità pro concorrenziali dell’istituto del consorzio stabile, oltre che il suo stesso fondamento causale, enunciato dall’art. 45, comma 2, lett. c), del Codice dei contratti pubblici, ed incentrato sullo stabile apporto di capacità e mezzi aziendali in una «comune struttura di impresa» deputata ad operare nel settore dei contratti pubblici ed unica controparte delle stazioni appaltanti, secondo quanto previsto dall’art. 47, comma 2, del Codice (cfr. in questo senso, da ultimo: Cons. Stato, V, 2 febbraio 2021, n. 964; 11 dicembre 2020, n. 7943)”).
Tanto precisato, si tratta di stabilire se nel caso di specie tale regola debba soffrire un’eccezione (con riferimento alla cennata categoria di lavori e alle loro caratteristiche), così da esigere che l’impresa esecutrice sia in possesso essa stessa della predetta categoria OS12-B, non rilevando la qualificazione in proprio del Consorzio.
Reputa il Collego che detta eccezione non possa farsi valere.
Sull’applicazione del “cumulo alla rinfusa” per i consorzi stabili, con specifico riferimento alla tematica rappresentata nel presente giudizio, si è pronunciato il TAR Lazio, sez. di Latina, con sentenza del 25/11/2021 n. 643, le cui statuizioni sono dal Collegio condivise, ritenendo (dopo aver riepilogato i suesposti principi circa la natura e il sistema di qualificazione dei Consorzi stabili) che:
<<Parte ricorrente assume che i lavori appaltati siano di rilevante complessità tecnica nella frazione ascrivibile alla cat. OS12 B e pertanto sono insuscettibili di avvalimento, ai sensi dell’art. 89, comma 11, del T.U. n. 50/2016. Richiama in proposito il regolamento ministeriale di cui al D.M. 10.11.2016 n. 248, che indica tra le strutture impianti e opere speciali (S.I.O.S.) i lavori della cat. OS12 B (sistemazione di barriere paramassi, fermaneve e simili). Trae, quindi, la conclusione che ai suddetti lavori non è applicabile il principio del “cumulo alla rinfusa” e le imprese esecutrici debbono essere direttamente in possesso della necessaria qualificazione SOA, senza poter fruire della qualificazione posseduta dal consorzio stabile nel quale sono inserite. L’assunto è infondato. L’affidamento delle prestazioni da parte dei consorzi stabili ai propri consorziati non costituisce subappalto (art. 47, comma 2, D.Lgs. n. 50/2016) ed è inconferente il richiamo all’istituto dell’avvalimento. Al cumulo alla rinfusa nei consorzi stabili la sola deroga è posta dall’art. 146 del nuovo codice dei contratti pubblici per le qualificazioni nelle gare per lavori relativi ai beni culturali (C.G.A.R.S. 22.1.2021 n. 49). La disposizione derogatoria è come tale di stretta interpretazione, dunque inapplicabile a lavori diversi (T.A.R. Emilia Romagna, Parma, 27.5.2021 n. 139). Consegue la legittimità della designazione da parte del consorzio […] dell’impresa consorziata […] per l’esecuzione dell’appalto, comprese le opere riconducibili alla cat. OS12 B, per le quali l’esecutrice non è direttamente qualificata, ma, in applicazione del visto principio di cumulo, può fruire della qualificazione posseduta dal consorzio>>.
L’addotta assimilabilità delle categorie super-specialistiche a quanto testualmente previsto dal codice dei contratti pubblici per i beni culturali non può dunque essere condivisa, dal momento che la disposizione derogatoria di cui al menzionato art. 146 è di stretta interpretazione e, in quanto tale, non estensibile oltre l’ambito in cui vengono in rilievo eccezionali ragioni di tutela e conservazione del patrimonio culturale (mentre le preoccupazioni manifestate dalla parte ricorrente, relativamente al tipo di lavori e alla loro puntuale esecuzione, devono ritenersi sconfessate in ragione della comune struttura di impresa che connota il Consorzio stabile, in possesso della qualificazione necessaria).
Per quanto considerato vanno dunque respinte le censure e disattese altresì le richieste di parte ricorrente affinché sia disposto il rinvio pregiudiziale alla CGUE della questione di compatibilità con il diritto europeo, oppure sia sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 146 citato (laddove la deroga da esso stabilita per i beni culturali non valga anche per i lavori appartenenti alle categorie super-specialistiche).
CUMULO ALLA RINFUSA - CONSORZI STABILI - NON SI APPLICA AI LAVORI IN OG2 PER BENI CULTURALI (146.2)
Secondo orientamento già espresso da questa Sezione con la sentenza n. 4416 del 12 ottobre 2020, in linea con indirizzo ormai pacifico della giurisprudenza (TAR Parma, 27 maggio 2021, n. 139; Cons. giust. amm. Sicilia, 22 gennaio 2021, n. 49; Tar Palermo, sez. III, 26 maggio 2020, n. 1091; Cons. Stato, sez. V, 16 gennaio 2019, n. 403), il principio del “cumulo alla rinfusa” applicabile ai consorzi stabili, sebbene ammesso in via generale nella legislazione in materia di contratti pubblici, non può essere applicato per le qualificazioni, contrassegnate dalla categoria OG2, nelle gare relative a lavori su beni culturali, per i quali vige la chiara disposizione derogatoria, rispetto a quella generale che si ricava dal codice dei contratti pubblici, di cui all'art. 146 d. lgs, n. 50 del 2016.
Il menzionato art. 146, al comma 2, stabilisce, infatti, testualmente che: “I lavori di cui al presente capo [ossia interventi sui beni culturali, ndr] sono utilizzati, per la qualificazione, unicamente dall'operatore che ha effettivamente eseguiti. Il loro utilizzo, quale requisito tecnico, non è condizionato da criteri di validità temporale”.
Il precedente comma 1 precisa, altresì, che: “In conformità a quanto disposto dagli articoli 9-bis e 29 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, per i lavori di cui al presente capo è richiesto il possesso di requisiti di qualificazione specifici e adeguati ad assicurare la tutela del bene oggetto di intervento”.
Dall’esegesi delle due disposizioni appena illustrate, emerge con evidenza che un operatore economico il quale abbia eseguito lavori su un bene culturale può “spendere” – ai fini della qualificazione - il relativo requisito esclusivamente in proprio senza possibilità di prestarlo, nemmeno nell’ambito di consorzi stabili, agli associati né, eventualmente, assumere come propri i lavori di questi ultimi (cfr., anche, TAR Campania, Salerno, sez. I, 15 maggio 2020, n. 508 che richiama Cons. Stato, sez. V, 26 ottobre 2018, n. 6114).
Nel caso di specie, in sede di gara, -……….- aveva dichiarato di assumere, nell’ambito del raggruppamento temporaneo, il 100% della categoria OG2, indicando quale esecutrice la consorziata -…………..-, in possesso della qualifica relativa alla suddetta categoria.
Con altra dichiarazione (cfr. all. 6 alla produzione della ricorrente del 15 ottobre 2021), il -……….- ha precisato di non essere in possesso di dipendenti con la qualifica di operaio e di svolgere un mero supporto tecnico amministrativo alle imprese associate.
Dopo che -………..- è stata colpita da interdittiva antimafia, il -……..- ha individuato quale nuova consorziata, esecutrice materiale dei lavori, -…….- s.r.l.; quest’ultima, tuttavia, è in possesso della sola categoria OG1 e non anche della OG2. Ne deriva la palese carenza del requisito di qualificazione specifico ed adeguato, da parte della materiale esecutrice dei lavori, diretto ad assicurare la concreta tutela del bene oggetto d’intervento in capo al soggetto designato per l’esecuzione dei lavori, carenza che si estende al consorzio aggiudicatario, il quale, pertanto, avrebbe dovuto essere, escluso dalla gara, a seguito delle verifiche condotte nel corso del protrarsi del procedimento di aggiudicazione.
CONSORZIO STABILE - CUMULO ALLA RINFUSA DEI REQUISITI - DEROGA BENI CULTURALI (146.2)
Istanza di parere singola per la soluzione delle controversie ex articolo 211, comma 1, del d.lgs. 50/2016 presentata da Costruzioni e Prefabbricati Tommaso Verazzo S.r.l. – Accordo Quadro quadriennale per la produzione, fornitura e posa in opera della nuova barriera Anas S.p.A. NDBA per le configurazioni di spartitraffico e bordo ponte, suddiviso in n. 16 lotti. Lotto 6 Campania - Importo a base di gara: € 10.000.00,00 - S.A.: ANAS S.p.A. PREC 180/2021/L
Al fine di consentire alla stazione appaltante di verificare il rispetto dei minimi salariali retributivi nei confronti degli addetti concretamente impiegati nell'esecuzione dell'appalto, l'operatore economico deve indicare il numero di addetti effettivo, stimato sulla base dell'organizzazione del lavoro che l'operatore economico intende attuare in rapporto alle lavorazioni che dovrà eseguire, tenuto conto di quanto prescritto dal capitolato e degli impegni assunti con l'offerta tecnica.
La deroga alla regola del "cumulo alla rinfusa" nel settore dei beni culturali è fondata su una norma speciale - l'art. 146, comma 2, d.lgs. n. 50/2016 - non suscettibile di applicazione analogica. In assenza di una omologa disposizione nel settore delle opere superspecializzate, in tale ambito, ai fini della qualificazione, e applicabile il regime di dimostrazione dei requisiti di partecipazione dei consorzi stabili del "cumulo alla rinfusa".
SUBAPPALTO NEL SETTORE DEI BENI CULTURALI: RIMESSIONE ALLA CORTE COSTITUZIONALE (105)
Chiarito che la mancata previsione di un divieto di subappalto nella specifica materia dei beni culturali appare irragionevole alla luce della diversa disciplina dell’avvalimento, in ciò manifestando profili di illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 3 e 9 Cost., vale altresì precisare che non sussistono margini per fornire una interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina censurata. Difatti un’interpretazione che estenda le regole previste dall’articolo 146, comma 3, del codice dei contratti pubblici, in materia di avvalimento, al subappalto è preclusa dai principi generali sulla interpretazione delle leggi, che non consentono l’interpretazione analogica delle norme eccezionali, dovendosi riconoscere tale natura all’articolo 146, comma 3 del codice dei contratti pubblici, poiché tale norma introduce una deroga alla regola del ricorso generalizzato all’avvalimento in materia di appalti pubblici, in linea con principi europei che incentivano forme di aggregazione delle PMI ai fini della partecipazioni alle gare.
Si deve altresì precisare – al fine di escludere dubbi sulla possibile violazione degli articoli 11 e 117, comma 1, Cost. da parte della normativa che risulterebbe a seguito della prospettata pronuncia di illegittimità costituzionale – che non si rilevano profili di incompatibilità rispetto ai principi europei di favor partecipationis alle gare di appalto, secondo quanto stabilito dalle sentenze della Corte di Giustizia Europea (C-63/18) del 26/10/2019 e (C- n. 402/18) del 27/11/2019.
Difatti, tali pronunce, pur affermando che i principi europei impongono limiti al legislatore nazionale nel porre restrizioni all’utilizzo del subappalto, hanno fondato il proprio decisum sulla circostanza che la normativa impugnata in quei giudizi vietasse in modo generalizzato e astratto il ricorso al subappalto senza aver riguardo “al settore economico interessato”, alla “natura dei lavori” o alla “identità dei subappaltatori”. In altri termini ciò che è stato ritenuto non conforme rispetto alla Direttiva 2014/24 è la previsione di un limite quantitativo fisso al subappalto, sganciato dalle circostanze empiriche del caso concreto e non invece la previsione di limiti al ricorso al subappalto giustificati dalla esigenza di tutelare lavori che incidono su settori – quali è senz’altro quello dei beni culturali – che ricevono protezione anche a livello comunitario. Tale interpretazione, del resto appare in linea con l’art. 36 TFUE il quale prevede che: “Le disposizioni degli articoli 34 e 35 lasciano impregiudicati i divieti o restrizioni all’importazione, all’esportazione e al transito giustificati da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale, o di tutela della proprietà industriale e commerciale”.
Tale interpretazione peraltro è già stata condivisa dalla giurisprudenza amministrativa la quale ha avuto modo di chiarire che è “considerata contraria al diritto comunitario la previsione di un limite generale all’utilizzo di questo istituto che prescinda dal settore economico interessato, dalla natura delle prestazioni e dall’identità dei subappaltatori. L’affermazione di tale principio però non esclude che in casi specifici, con riferimento a determinate tipologie di appalto come quelle riguardanti le opere superspecialistiche, non possa essere giustificato un limite percentuale all’esperibilità del subappalto in relazione alla natura particolare delle prestazioni da svolgere, come prevede l’art. 63, paragrafo 2, della direttiva UE n. 2014/24” (Cfr. TAR Toscana, sent. 898/2020).
In ragione delle suesposte considerazioni, il Collegio ritiene necessaria la sospensione del giudizio e la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale affinché si pronunci sulla questione di legittimità costituzionale degli articoli 105 e 146 del codice dei contratti pubblici nella parte in cui non prevedono un divieto di subappalto nel settore dei beni culturali rispetto alle norme parametro di cui agli articoli 3 e 9 Cost.
BENI CULTURALI – LAVORI OG2 - CONSORZIO STABILE – NECESSARIA ANCHE QUALIFICAZIONE SOA DELLA CONSORZIATA DESIGNATA (146.2)
Oggetto Istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 211, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 presentata da Consorzio Stabile del Mediterraneo – Procedura aperta per l’affidamento di lavori di restauro e valorizzazione dell’Anfiteatro Romano di Santa Maria Capua Vetere (CE) Finanziamento: PON “Cultura e sviluppo” FESR 2007-2013 dm 29/09/2017 – Criterio di aggiudicazione: offerta economicamente più vantaggiosa – Importo a base di gara: euro 5.337.110,93 - S.A.: INVITALIA S.p.A
Nel settore dei contratti concernenti beni culturali la disciplina speciale sulla qualificazione trova fondamento nella volontà del legislatore di offrire la più ampia tutela al patrimonio culturale cosicché la qualificazione in termini di capacità tecnica nella esecuzione dei lavori può essere fatta valere soltanto dal soggetto che i lavori li abbia effettivamente eseguiti.
Nel caso diun consorzio stabile che partecipa a una procedura di affidamento di lavori relativi alla categoria OG2 "Restauro e Manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela ai sensi delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali", che designi una consorziata per l'esecuzione degli stessi, la specifica qualificazione richiesta per la partecipazione alla procedura deve essere posseduta dalla consorziata designata, non trovando applicazione la regola del cd "cumulo alla rinfusa" dei requisiti di partecipazione.
OG2 - CONSORZIATA ESECUTRICE - DEVE ESSERE INTERAMENTE QUALIFICATA
Il Collegio, confermando l’orientamento espresso in sede cautelare, aderisce all’indirizzo, espresso recentemente anche da questo TAR Campania, secondo cui il principio del "cumulo alla rinfusa" dei consorzi stabili, <<sebbene ammesso in via generale nella legislazione in materia di contratti pubblici, non possa essere applicato per le qualificazioni nelle gare per lavori relativi ai beni culturali, per i quali vi è una chiara disposizione derogatoria costituita in particolare dall'art. 146 comma 2 del d. lgs, n. 50 del 2016, laddove si stabilisce che "I lavori di cui al presente capo - ovverosia interventi sui beni culturali - sono utilizzati, per la qualificazione, unicamente dall'operatore che ha effettivamente eseguiti. Il loro utilizzo, quale requisito tecnico, non è condizionato da criteri di validità temporale". La disposizione afferma con tutta evidenza che una determinata ditta che ha eseguito tale tipo di lavori potrà "spenderli" come requisito esclusivamente proprio, per cui essa, se inserita in una struttura come proprio consorzio stabile, potrà farne uso per la propria qualificazione, ma non prestarli ad associate o eventualmente assumere come propri i lavori di questi>> (TAR Campania, Salerno, sez. I, 15 maggio 2020, n. 508 che richiama Cons. Stato, sez. V, 26 ottobre 2018, n. 6114).
L'interpretazione ora tratta del comma 2 dell'art. 146 del codice dei contratti pubblici deve essere letta congiuntamente ai commi 1 e 3 dello stesso articolo, poiché il comma 1 dichiara espressamente che tali disposizioni sono dettate in conformità agli artt. 9-bis e 29 del codice dei beni culturali - d. lgs. n. 42/2004 - per i quali coloro che eseguono lavori attinenti detti beni necessitano del possesso dei requisiti qualificazione specifici ed adeguati ad assicurare la tutela dei beni oggetto di intervento (con il corollario rafforzativo - comma 3 - dell'eccezionale esclusione dell'istituto dell'avvalimento, esclusione ammessa per la specificità del settore dallo stesso art. 36 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea). Dagli artt. 9-bis e 29 del codice dei beni culturali si ricava che gli interventi operativi di tutela, protezione conservazione dei beni culturali debbano essere affidati alla responsabilità ed all'attuazione secondo le rispettive competenze delle figure specializzate nei singoli settori, nonché che gli interventi di manutenzione e restauro su beni culturali vengano eseguiti in via esclusiva dai soggetti formalmente individuati come restauratori di beni culturali.
Del resto, come chiarito anche dal Giudice amministrativo di appello, gli interventi aventi ad oggetto beni culturali sono caratterizzati da una particolare delicatezza derivante dalla necessità di tutela dei medesimi, in quanto beni testimonianza avente valore di civiltà, espressione di un interesse prioritario nella gerarchia dei valori in gioco (art. 9 Cost.), per cui si deve “escludere che nei contratti in materia di beni culturali i consorzi stabili possano qualificarsi con il cumulo alla rinfusa, essendo richiesto dalla norma il possesso di requisiti di qualificazione specifici ed adeguati ad assicurare la tutela del bene oggetto di intervento” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 gennaio 2019, n. 403).
In altre parole, la disciplina concernente la qualificazione degli esecutori di lavori su beni sottoposti a tutela, in ragione del particolare interesse pubblico alla tutela e conservazione dei beni interessati, evidenzia una ratio tesa a determinare una diretta correlazione tra l’esecutore dei lavori e la titolarità della qualificazione in termini di attestazione per i lavori eseguiti tant’è che, in deroga alla regola generale, l’art. 146, comma 3, esclude l’ammissibilità dell’istituto dell’avvalimento dei requisiti speciali di partecipazione per i contratti stipulati nel settore dei beni culturali. Tale stretta e diretta correlazione è espressa, prima ancora che dalla norma che esclude l’avvalimento, dalla previsione contenuta all’art. 146, comma 2, ai sensi del quale i lavori eseguiti nel settore dei beni culturali «sono utilizzati, per la qualificazione, unicamente dall'operatore che li ha effettivamente eseguiti» (cfr. in tal senso ANAC, Delibera 26 settembre 2019, n. 822).
Da qui l’assunto che la regola del cumulo alla rinfusa dei requisiti di partecipazione, espressa per i consorzi stabili e le consorziate designate per l’esecuzione dei lavori, non può trovare applicazione per gli appalti di lavori nel settore dei beni culturali entrando altrimenti in contrasto con la disposizione inderogabile di cui all’art. 146, comma 2, d.lgs. 50/2016.
Peraltro, la circostanza che l’articolo 146 del codice dei contratti, recante la disposizione sui requisiti di qualificazione degli operatori economici per gli interventi aventi ad oggetto beni di interesse culturale, è rimasto immutato nella sua formulazione, rende prevalente tale speciale previsione di cui agli artt. 46 e 47 del medesimo codice, riferiti alla generale disciplina dei requisiti di partecipazione tecnici, in base al noto principio per cui lex posterior generalis non derogat priori speciali (cfr. ex multis, Cass. civ., sez. lav. 16 gennaio 2018, n. 845).
Né la prospettata eterointegrazione contrasta con il principio di certezza delle cause di esclusione, atteso che l’art. 146, co. 2, del codice dei contratti non ha subito modifiche per effetto della innovazione e gli emendamenti apportati alle altre disposizioni del codice non hanno alterato il quadro preesistente.
LAVORI BENI CULTURALI TUTELATI - IMPORTO INFERIORE A 150.000 EURO – QUALIFICAZIONE SOA NON RICHIESTA
Oggetto: Istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 211, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 presentata da ZIS di Paolo Schiavano - Avviso di indagine di mercato propedeutica a eventuale espletamento di procedure/a negoziate/a per affidamento di lavori di "Riqualificazione dell'immobile comunale destinato a centro museale sito in Piazza Plebiscito ed avente rilevante importanza storico-artistica" - Importo a base di gara: euro 100.541,30 - SA: Comune di Squinzano (LE)
In relazione ai lavori riguardanti beni culturali tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ove l'importo stimato a base d'asta sia inferiore a 150.00,00 euro, l'attestazione di qualificazione SOA non è necessaria ai fini della partecipazione alle procedure di gara, fermo restando che la stazione appaltante verificherà la documentazione e la qualificazione richiesta in conformità alla normativa regolamentare specificamente riferita a tali tipologie di lavori.
AVVALIMENTO BENI CULTURALI – DIVIETO – SUBAPPALTO NECESSARIO - NON AMMESSO (146.3)
Non è in contestazione che la società ricorrente, per la categoria scorporabile OS 24, avesse inteso partecipare mediante ricorso all’istituto dell’avvalimento, opzione non consentita nel procedimento di gara per cui è giudizio sia dall’art. 11 del disciplinare che dall’art. 146, terzo comma del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 («É ammesso il subappalto secondo le disposizioni dell’art. 105 del Codice degli Appalti. L'avvalimento non è ammesso ai sensi dell'art 146 e 3 del medesimo D. ls 50/2016»). Ciò di cui si duole parte ricorrente è di avere la stazione appaltante ritenuto l’applicazione di tale principio sufficiente per disporne l’estromissione, senza avere anche valutato, quale ipotesi alternativa, che essa aveva espressamente dichiarato di voler subappaltare per intero gli interventi di cui alla categoria OS 24, per cui la verifica dei requisiti di partecipazione avrebbe dovuto essere compiuta nei confronti del subappaltatore designato.
Osserva il Collegio che, nel caso di specie, non è in discussione la possibilità per la società ricorrente di fare ricorso al cd. subappalto necessario ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti di partecipazione alla gara, dovendosi piuttosto ritenere inconfigurabile la pretesa della medesima di poter dimostrare tale condizione anche ed eventualmente attraverso il ricorso al subappalto; invero, tale facoltà alternativa non può essere riconosciuta per le seguenti ragioni. Innanzitutto, occorre tenere ben distinto il subappalto dall’avvalimento, quest’ultimo funzionalmente limitato ad integrare il possesso dei requisiti speciali di partecipazione in capo al concorrente che ne sia privo, ove il primo è un subcontratto tipico volto, a valle, ad affidare ad un terzo imprenditore parte delle prestazioni dell’appalto principale, pertanto essendo destinato a rilevare essenzialmente nella sola fase di esecuzione del rapporto. Pur dovendosi riconoscere, ormai secondo consolidata giurisprudenza, la possibilità di riconoscere al subappalto, quale formula organizzativa, anche idoneità dimostrativa del possesso dei requisiti di partecipazione, resta fermo che tale capacità è del subcontraente, mentre l’avvalimento arricchisce il concorrente ausiliato. Ne discende che ove quest’ultimo scelga di partecipare attraverso l’istituto dell’avvalimento, pertanto, essenzialmente accedendo al procedimento con requisiti propri, sebbene in via mediata, il subappalto, ov’anche contemplato nella dichiarazione di partecipazione nell’offerta, come nel caso di specie, resta sullo sfondo, quale mera modalità di esecuzione, senza alcuna pretesa di poter essere «recuperato», come opzione partecipativa subordinata. Opinare diversamente determinerebbe innanzitutto un ingiustificato aggravio del procedimento, pretendendosi dalla stazione appaltante il compito di sostituirsi al concorrente nell’individuazione della formula partecipativa in concreto prescelta e di ricercare tale volontà, in fondo incompatibile con quella di far ricorso all’avvalimento; ma più grave vulnus lo subirebbe il principio della par condicio competitorum, riconoscendosi ad un concorrente specifico più opzioni di partecipazione e, quindi, favorendone l’accesso al procedimento, principio di favor partecipationis che deve ritenersi invece recessivo, ove capace di determinare un decisivo disequilibrio nella originaria condizione di uguaglianza dei concorrenti.
In altri termini, l’avere la società ricorrente deciso di partecipare alla gara mediante ricorso all’avvalimento impone che la verifica dei requisiti di partecipazione avvenga esclusivamente così come prospettata in sede di gara, non potendo ammettersi il ricorso a formule organizzative di riserva, da recuperarsi in via eventuale, ove queste non potevano che essere intese come modelli di organizzazione nella fase di esecuzione.
MANCATA QUALIFICAZIONE LAVORI IN OG2 DA PARTE DELLA CONSORZIATA ESECUTRICE – IMPOSSIBILITÀ MODIFICA (48.7BIS)
L’art. 48, comma 7-bis, d.lgs. n. 50/2016, oltre a riferirsi specificamente alla fase di esecuzione del contratto, individua le ragioni, da intendersi come tassative, che possono consentire la sostituzione della consorziata designata con altra impresa, consistenti negli eventi indicati ai successivi commi 17, 18 e 19 dell’art. 48 e in eventuali fatti o atti sopravvenuti.
Nel caso in esame, la sostituzione della consorziata designata per l’esecuzione non risulterebbe determinata da alcuna delle ragioni previste ai commi 17, 18 e 19 né da fatti o atti sopravvenuti e, in ogni caso, integrerebbe la violazione della condizione negativa disciplinata nell’ultima parte del comma 7-bis, ove è stato previsto espressamente che la modifica soggettiva non deve essere finalizzata ad eludere la mancanza di un requisito di partecipazione in capo all’impresa consorziata.
Tantomeno la norma può essere interpretata in termini ampli fino a ricomprendere lo stesso Consorzio tra i soggetti diversi dall’impresa inizialmente designata cui è possibile affidare l’esecuzione dell’appalto.
Lo stesso Consiglio di Stato, nella citata sentenza n. 403/2019, ha indicato come legittima l’esclusione del consorzio, per carenza in capo alle consorziate designate dei requisiti di qualificazione richiesti, «a nulla rilevando il possesso dei medesimi da parte del Consorzio». Nella stessa circostanza, il Consiglio di Stato ha negato la possibilità per il consorzio di svolgere in proprio i lavori avendone la qualificazione, esprimendo il principio che in caso di designazione di consorziata per l’esecuzione del contratto, a questa occorre fare riferimento per la valutazione dei requisiti, mentre su un piano diverso «si pone la considerazione per cui il consorzio stabile è caratterizzato dal c.d. elemento teleologico, che gli consente di operare con un’autonoma struttura di impresa, capace di eseguire anche in proprio, e cioè senza l’ausilio necessario delle imprese consorziate, le prestazioni previste nel contratto (in termini Cons. Stato, V, 17 gennaio 2018, n. 278)».
OGGETTO: Istanza singola di parere di precontenzioso ex art. 211, comma 1, del d.lgs.50/2016 presentata da A – Accordo quadro per il restauro del Palazzo di Città. Interventi di manutenzione straordinaria, riorganizzazione degli ambienti - Importo a base di gara: 7.740.000,00 euro- Criterio di aggiudicazione: offerta economicamente più vantaggiosa - S.A.: Comune di Palermo
TITOLO BENI CULTURALI E DIVIETO DI AVVALIMENTO - LEGITTIMO (146.3)
Il divieto di ricorso all’avvalimento, previsto dall’art. 146 comma 3 d. lgs. n. 50/16, riguarda i soli contratti di cui al capo III ovvero quelli che, ai sensi dell’art. 145 comma 1 d. lgs. n. 50/16, hanno ad oggetto “i beni culturali tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante Codice dei beni culturali e del paesaggio”.
L’interpretazione letterale e teleologica della norma, finalizzata alla tutela dei beni culturali, induce a ritenere che le disposizioni in esame si applichino solo ove l’appalto abbia direttamente a oggetto beni che sono tutelati dal d. lgs. n. 42/04 e cioè quelli che, secondo quanto previsto dagli artt. 10-15 del testo normativo in esame, possono essere definiti come beni culturali per legge (art. 10 comma 2 d. lgs. n. 42/04: raccolte di musei, pinacoteche, gallerie ecc.), per dichiarazione della soprintendenza (art. 13 d. lgs. n. 42/04) o che si presumono culturali fino alla verifica negativa dell’insussistenza di tale interesse (art. 12 d. lgs. n. 42/04: cose immobili e mobili appartenenti ad enti pubblici e a persone giuridiche private senza fine di lucro e realizzate da oltre 50 anni per i mobili e 70 anni per gli immobili).
Contrariamente a quanto prospettato nella doglianza, l’art. 146 comma 3 d. lgs. n. 50/16 non è applicabile all’appalto oggetto di causa che riguarda “il servizio di manutenzione ordinaria, preventiva programmata e correttiva, degli impianti tecnologici, nonché l’eventuale attività di manutenzione straordinaria su richiesta ed altre attività sugli impianti, da eseguire presso il Sistema dei Musei Civici di Roma e presso altri spazi gestiti da Zètema, ubicati nel Comune di Roma e Provincia” (art. 1 del disciplinare).
Infatti, l’appalto ha ad oggetto la manutenzione di impianti elettrici, impianti speciali, impianti di protezione contro i fulmini, sistema di gestione e controllo centralizzato dell’impianto elettrico, celle frigorifere, cappe chimiche, porte tagliafuoco ed impianti ed oggetti meglio specificati nell’art. 2 del capitolato tecnico e, pertanto, non riguarda specificamente beni culturali ma solo la manutenzione di locali destinati ad accogliere (anche) beni culturali ma che, in quanto tali, non rientrano nell’ambito dei beni definiti come culturali dal d. lgs. n. 42/04 il quale, a tal fine, valorizza il bene in sé e non già il locale destinato ad accoglierlo.
Pertanto, l’art. 146 comma 3 d. lgs. n. 50/16, da considerarsi norma di stretta interpretazione in quanto derogatoria di un istituto di ordine generale ai fini della partecipazione, quale è l’avvalimento, non è applicabile alla fattispecie.
BENI CULTURALI TUTELATI - GUIDA SULLA PARTECIPAZIONE DEI CONSORZI TRA IMPRESE ARTIGIANE (146)
Normativa e giurisprudenza di riferimento in ordine alla partecipazione a procedure di gara atte all’affidamento di contratti relativi a beni culturali tutelati da parte di un consorzio di imprese artigiane dotato di qualificazione in OG 2 al cui interno non si rinvengano consorziate dotate della medesima attestazione
APPALTI SUI BENI CULTURALI - CONSORZI STABILI – DESIGNAZIONE CONSORZIATE ESECUTRICI – DEBBONO POSSEDERE IN PROPRIO QUALIFICAZIONI RICHIESTE (146)
I consorzi stabili nell’ambito degli appalti nel settore dei beni culturali possono indicare quali esecutori delle opere i soli consorziati che siano in possesso (in proprio) delle qualificazioni richieste dalla lex specialis per l’esecuzione dei lavori oggetto di affidamento, anche in ragione di quanto stabilito dall’art. 146, comma 2, del Codice.
È inammissibile l’eventuale sostituzione delle consorziate esecutrici (prive di propria qualificazione) in sede di offerta poiché ciò costituirebbe un’illegittima sanatoria ex post del difetto di un requisito di partecipazione, rappresentato nel caso di specie dalla qualificazione OG2 direttamente in capo agli operatori economici che eseguono le opere oggetto dell’appalto.
BENI CULTURALI - REQUISITI (146.2)
Nel settore dei beni culturali, ai sensi degli artt. 146 comma 2 e 148 commi 1 e 4 del d.lgs. n. 50/2016, nonché alla luce del comunicato Anac n. 58 del 2010 e della giurisprudenza, ciò che rileva è il soggetto che abbia materialmente eseguito il lavoro di restauro, e che nella fattispecie dalla documentazione in atti emergeva che i lavori indicati come requisito esperenziale della cooptata erano stati eseguiti personalmente dai due soci, uno in qualità di direttore tecnico, l’altro in qualità di capo cantiere e restauratore. L’assunto del primo giudice, fondato sulla specialità dei lavori di che trattasi, è corretto. Il comma 2 dell’art. 146 del d.lgs. 50/2016, stabilisce, in ordine alle qualificazioni per gli appalti nel settore dei beni culturali, dispone che “I lavori di cui al presente capo sono utilizzati, per la qualificazione, unicamente dall'operatore che li ha effettivamente eseguiti”. A sua volta, il successivo art. 148, al comma 4, relativo ai lavori delineati al comma 1 (contenente la regola tendenziale secondo cui i “lavori concernenti beni mobili, superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili di interesse storico artistico o archeologico, gli scavi archeologici, anche subacquei, nonché quelli relativi a ville, parchi e giardini” non devono essere “assorbiti” dalla prevalenza quantitativa di altre prestazioni), collega i requisiti di qualificazione ai “soggetti esecutori” (“I soggetti esecutori dei lavori di cui al comma 1 devono in ogni caso essere in possesso dei requisiti di qualificazione stabiliti dal presente capo”). Le predette disposizioni autorizzano la conclusione in ordine alla rilevanza delle specifiche professionalità degli operatori propriamente intesi, quale riflesso delle peculiari caratteristiche dell’intervento.
QUALIFICA DI RESTAURATORE DI BENI CULTURALI - BANDO
Avviso relativo al bando pubblico per l'acquisizione della qualifica di restauratore di beni culturali.
SERVIZI ARCHITETTURA - REQUISITI PARTECIPAZIONE - LAVORI ANALOGHI E NON IDENTICI
La clausola del bando che richiede quale requisito di partecipazione lo svolgimento negli ultimi dieci anni di due servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria, riferiti a tipologie di lavori analoghi, ossia interventi su cimiteri monumentali, non è legittima perché, in violazione delle Linee guida n. 1 assimila impropriamente il concetto di lavori analoghi con quello di lavori identici, con conseguente ingiustificato sacrificio del principio della massima partecipazione.
OGGETTO: Istanza congiunta di parere di precontenzioso ex art. 211, comma 1, del d.lgs.50/2016 presentata da Ordine degli Architetti di …. – Servizi attinenti all’Architettura ed all’Ingegneria (progettazione/direzione lavori/coordinamento sicurezza) per i lavori di restauro e consolidamento strutturale del cimitero monumentale del Piratello blocco est e superfetazioni annesse– Importo a base di gara: euro 177.861, 23 - S.A.: …
PREC 347/17/L
CONSORZIO STABILE - QUALIFICAZIONE PER GLI APPALTI NEL SETTORE DEI BENI CULTURALI (47 - 146.2)
I consorzi stabili, nell’ambito degli appalti nel settore dei beni culturali, possono indicare quali esecutori delle opere i soli consorziati che siano in possesso (in proprio) delle qualificazioni richieste dalla lex specialis per l’esecuzione dei lavori oggetto di affidamento, anche in ragione di quanto stabilito dall’art. 146, comma 2 del Codice. E’ inammissibile l’eventuale sostituzione delle consorziate esecutrici indicate dal Consorzio in sede di offerta poiché ciò costituirebbe una illegittima sanatoria ex post del difetto di un requisito di partecipazione, rappresentato nel caso di specie dalla qualificazione OG2 direttamente in capo agli operatori economici che eseguono le opere oggetto dell’appalto.
OGGETTO: Istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 211, comma 1 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 presentata dal Comune di A – Lavori di manutenzione coordinata e pronto intervento su immobili e strutture dell’Ente sottoposti a tutela ai sensi del d.lgs. n. 42/2004-Accordo Quadro lotto B – Opere cat. OG2 (2016/2017) – Criterio di aggiudicazione: offerta economicamente più vantaggiosa – Importo a base d’asta: euro 490.000,00; S.A.: Comune di A – Istanza presentata singolarmente.
REGOLAMENTO APPALTI PUBBLICI DI LAVORI SU BENI CULTURALI (23.3 - 146.4)
Regolamento sugli appalti pubblici di lavori riguardanti i beni culturali tutelati ai sensi del d.lgs. n. 42 del 2004, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016.
Pareri tratti da fonti ufficiali
Affidamento di lavori di demolizione di edifici (categoria OS23). Sono presenti lavori di messa in sicurezza su beni culturali cat. OG2 per un importo inferiore sia al 10% che a 150.000 €. E’ necessario scorporare la categoria OG2 (indipendentemente dall’importo e dalla percentuale) o è possibile inserirla in prevalente con facoltà di subappalto? In caso sia necessario lo scorporo la qualificazione in OG2 deve avvenire con art. 90 DPR 207/2010 o con art. 12 DM 154/2017? Grazie
Ai sensi dell’art. 146, c. 3 del Codice, non trova applicazione l’istituto dell’avvalimento per i contratti di cui al capo III (Appalti nel settore di beni culturali). Essendo espresso in modo generico, il riferimento sembrerebbe essere valido (cioè che l’istituto dell’avvalimento non trova applicazione) anche per i “contratti dei servizi di progettazione e direzione dei lavori di beni culturali” oppure, tali contratti non sono considerati in quanto il comma si trova nell’art. 146 (che fa riferimento alla qualificazione per l’esecuzione dei lavori) e non è quindi riferito ai requisiti dei progettisti e direttori dei lavori (la materia è regolamentata dall’art. 89 del Codice, in parte dal DM n. 154 del 22 agosto 2017, in parte dal DM 49 del 7 marzo 2018, in parte dalle Linee Guida ANAC n. 1, e in parte dal DM 263 del 2 dicembre 2016, dove però non ho trovato risposte)?