Articolo 122. Risoluzione.

1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 121, le stazioni appaltanti possono risolvere un contratto di appalto senza limiti di tempo, se si verificano una o più delle seguenti condizioni:

a) modifica sostanziale del contratto, che richiede una nuova procedura di appalto ai sensi dell’articolo 120;

b) con riferimento alle modificazioni di cui all’articolo 120, comma 1, lettere b) e c), superamento delle soglie di cui al comma 2 del predetto articolo 120 e, con riferimento alle modificazioni di cui all’articolo 120, comma 3, superamento delle soglie di cui al medesimo articolo 120, comma 3, lettere a) e b);

c) l’aggiudicatario si è trovato, al momento dell'aggiudicazione dell'appalto, in una delle situazioni di cui all'articolo 94, comma 1, e avrebbe dovuto pertanto essere escluso dalla procedura di gara;

d) l'appalto non avrebbe dovuto essere aggiudicato in considerazione di una grave violazione degli obblighi derivanti dai trattati, come riconosciuto dalla Corte di giustizia dell'Unione europea in un procedimento ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

2. Le stazioni appaltanti risolvono un contratto di appalto qualora nei confronti dell'appaltatore:

a) sia intervenuta la decadenza dell'attestazione di qualificazione per aver prodotto falsa documentazione o dichiarazioni mendaci;

b) sia intervenuto un provvedimento definitivo che dispone l'applicazione di una o più misure di prevenzione di cui al codice delle leggi antimafia e delle relative misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, ovvero sia intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato per i reati di cui al Capo II del Titolo IV della Parte V del presente Libro.

3. Il contratto di appalto può inoltre essere risolto per grave inadempimento delle obbligazioni contrattuali da parte dell'appaltatore, tale da compromettere la buona riuscita delle prestazioni. Il direttore dei lavori o il direttore dell'esecuzione, se nominato, quando accerta un grave inadempimento ai sensi del primo periodo avvia in contraddittorio con l’appaltatore il procedimento disciplinato dall’articolo 10 dell’allegato II.14. All’esito del procedimento, la stazione appaltante, su proposta del RUP, dichiara risolto il contratto con atto scritto comunicato all’appaltatore.

4. Qualora, al di fuori di quanto previsto dal comma 3, l'esecuzione delle prestazioni sia ritardata per negligenza dell'appaltatore rispetto alle previsioni del contratto, il direttore dei lavori o il direttore dell'esecuzione, se nominato, gli assegna un termine che, salvo i casi d'urgenza, non può essere inferiore a dieci giorni, entro i quali deve eseguire le prestazioni. Scaduto il termine, e redatto il processo verbale in contraddittorio, qualora l'inadempimento permanga, la stazione appaltante risolve il contratto, con atto scritto comunicato all’appaltatore, fermo restando il pagamento delle penali.

5. In tutti i casi di risoluzione del contratto l'appaltatore ha diritto soltanto al pagamento delle prestazioni relative ai lavori, servizi o forniture regolarmente eseguiti.

6. Nei casi di risoluzione del contratto di cui ai commi 1, lettere c) e d), 2, 3 e 4, le somme di cui al comma 5 sono decurtate degli oneri aggiuntivi derivanti dallo scioglimento del contratto, e in sede di liquidazione finale dei lavori, servizi o forniture riferita all'appalto risolto, l'onere da porre a carico dell'appaltatore è determinato anche in relazione alla maggiore spesa sostenuta per il nuovo affidamento, se la stazione appaltante non si sia avvalsa della facoltà prevista dall'articolo 124, comma 2, primo periodo.

7. L’allegato II.14 disciplina le attività demandate al direttore dei lavori e all’organo di collaudo o di verifica di conformità in conseguenza della risoluzione del contratto.

8. Nei casi di risoluzione del contratto, l'appaltatore provvede al ripiegamento dei cantieri già allestiti e allo sgombero delle aree di lavoro e relative pertinenze nel termine assegnato dalla stazione appaltante; in caso di mancato rispetto del termine, la stazione appaltante provvede d'ufficio addebitando all'appaltatore i relativi oneri e spese. In alternativa all'esecuzione di eventuali provvedimenti giurisdizionali cautelari, possessori o d'urgenza comunque denominati che inibiscano o ritardino il ripiegamento dei cantieri o lo sgombero delle aree di lavoro e relative pertinenze, la stazione appaltante può depositare cauzione in conto vincolato a favore dell'appaltatore o prestare fideiussione bancaria o polizza assicurativa con le modalità di cui all'articolo 106, pari all’1 per cento del valore del contratto. Resta fermo il diritto dell'appaltatore di agire per il risarcimento dei danni.

EFFICACE DAL: 1° luglio 2023

Relazione

SPIEGAZIONE L'articolo 122 consente alle stazioni appaltanti di risolvere il contratto di appalto senza limiti di tempo al verificarsi di una o più delle condizioni ivi previste. Al comma 1 vi è un ...

Commento

CONSIGLI UTILI PER SA E PER OE - Prestare attenzione al fatto che nel comma 1 sono declinate le cause “facoltative” di risoluzione mentre al comma 2 quelle “obbligatorie”.
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Giurisprudenza e Prassi

REVOCA DISPOSTA DOPO LA STIPULA DEL CONTRATTO: E' ILLEGITTIMA

TAR CALABRIA SENTENZA 2025

Osserva questo collegio che, secondo l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 14 del 29 giugno 2014:

- presupposto del potere di revoca “è la diversa valutazione dell'interesse pubblico a causa di sopravvenienze”;

- “il medesimo presupposto è alla base del recesso in quanto potere contrattuale basato su sopravvenuti motivi di opportunità”;

- “la specialità della previsione del recesso di cui al citato art. 134 [oggi art. 123 d.lgs. n. 36/2023] del codice preclude, di conseguenza, l'esercizio della revoca”;

- se, infatti, “nell'ambito della normativa che regola l'attività dell'amministrazione nella fase del rapporto negoziale di esecuzione del contratto […], è stata in particolare prevista […] una norma che attribuisce il diritto di recesso, non si può ritenere che sul medesimo rapporto negoziale si possa incidere con la revoca, basata su presupposti comuni a quelli del recesso (la rinnovata valutazione dell'interesse pubblico per sopravvenienze) e avente effetto analogo sul piano giuridico (la cessazione ex nunc del rapporto negoziale)”;

- diversamente opinando, “la norma sul recesso sarebbe sostanzialmente inutile, risultando nell'ordinamento, che per definizione reca un sistema di regole destinate a operare, una normativa priva di portata pratica, dal momento che l'amministrazione potrebbe sempre ricorrere alla meno costosa revoca ovvero decidere di esercitare il diritto di recesso secondo il proprio esclusivo giudizio, conservando in tale modo nel rapporto una posizione comunque privilegiata”.

Conseguentemente, è stato, da ultimo, precisato che “la revoca dell’aggiudicazione dopo la sottoscrizione del contratto configura un’ipotesi di carenza di potere in concreto, perché il potere di revoca dei propri provvedimenti spetta alle pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 21 quinquies della legge 241/1990, e dunque in astratto sussiste, ma in concreto non può essere esercitato dalle stazioni appaltanti dopo la conclusione del contratto: in sostanza, il fatto che il contratto non sia ancora stato concluso costituisce una condizione per il legittimo esercizio del potere di revocare l’aggiudicazione” (cfr. TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 14 dicembre 2023, n. 912).

Tali statuizioni, affermate con riferimento alla disciplina dettata dal d.lgs. n. 163/2006 e confermate anche dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016, mantengono la propria validità anche a seguito del d.lgs. n. 36/2023, che regola la fattispecie oggetto del presente giudizio.

Orbene, nel caso di specie, non è in discussione che l’affidamento del servizio sia stato revocato dopo il perfezionamento del contratto (avvenuto con l’inoltro sulla piattaforma MEPA dell’ordinativo di esecuzione immediata n. 7368942 del 2 agosto 2023), allorquando, cioè, la revoca non poteva più essere disposta, come affermato dalla giurisprudenza sin dalla citata decisione n. 14/2014 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.

Il Comune di ... ha cercato di giustificare la legittimità del proprio operato, sostenendo, in sostanza, che la revoca sarebbe conseguita alla illegittima e unilaterale modifica dell’oggetto del contratto (con un conseguente aggravio di spesa non autorizzato) e all’idoneità tecnica delle migliorie proposte dalla ACARUS, nonché a criticità legate alla gestione del servizio (carenza di personale e mancata individuazione dei luoghi dove installare le telecamere).

L’argomentazione, tuttavia, opera un’evidente inversione logica dei termini della questione, ritenendo che l’amministrazione possa avvalersi di strumenti di autotutela pubblicistica per porre rimedio a questioni afferenti alla fase privatistica del rapporto, mentre, come già detto, dopo la stipula del contratto, il potere di autotutela pubblicistica, ex art. 21 quinquies della legge n. 241/1990, non può più essere utilizzato; semmai, le circostanze prese in considerazione nel provvedimento di revoca possono essere valorizzate dall’amministrazione, ai fini dell’esercizio del diritto di recesso, ai sensi dell’art. 123 del d.lgs. n. 36/2023, ovvero, laddove ne ricorrano i presupposti, per la risoluzione del contratto stipulato, ai sensi dell’art. 122 del d.lgs. n. 36/2023.

RISOLUZIONE DEL CONTRATTO PER INADEMPIMENTO S.A. - L'APPALTATORE HA DIRITTO AL VALORE DELL'OPERA SULLA BASE DEI PREZZI PATTUITI (122)

CORTE APPELLO SENTENZA 2024

La questione di diritto devoluta con il primo motivo di appello riguarda il criterio di determinazione del diritto dell'appaltatore all'equivalente monetario della restitutio in integrum conseguente alla risoluzione giudiziale del contratto di appalto per inadempimento della stazione appaltante.

Per giurisprudenza consolidata, richiamata nella sentenza impugnata, in caso di risoluzione del contratto di appalto per inadempimento del committente, quest'ultimo, non potendo restituire l'opera parzialmente eseguita dall'appaltatore adempiente, è obbligato, per l'esigenza di reintegrare la situazione patrimoniale dell'altro contraente, a corrispondergli il valore che l'opera realizzata ha al momento della pronuncia di risoluzione.

Secondo alcune pronunce più risalenti, richiamate dall'appellante, l'equivalente monetario dell'opera al momento della risoluzione deve essere determinato in base al suo valore venale ai prezzi di libero mercato e non con riferimento ai prezzi contrattuali delle opere eseguite o alle spese effettivamente sostenute (Cass., 23.8.2017, n. 20274; Cass., 24.5.2007, n. 12162; Cass., n. 2871 del 1992; Cass., n. 106 del 1972). Altre, più recenti, pronunce, alle quali aderisce il giudice di primo grado, affermano che il contenuto dell'obbligo restitutorio a carico della parte committente deve essere determinato in relazione all'ammontare del corrispettivo originariamente pattuito, sulla cui base l'appaltatrice si era determinata a concludere il contratto, comprensivo dell'importo dovuto per revisione prezzi se pattiziamente previsto, poiché la revisione prezzi fa parte del corrispettivo pattuito ed è il mezzo attraverso il quale le parti vogliono ristabilire l'equilibrio delle prestazioni, alterato dall'aumento imprevedibile del costo dei materiali e della mano d'opera (Cass., ord., 17.7.2023; Cass., 15.1.2007, n. 738).

RISOLUZIONE CONTRATTUALE - ANAC - MANIFESTA INFONDATEZZA - CASELLARIO GIUDIZIALE (108.3)

TAR LAZIO RM SENTENZA 2024

L’art. 108, co.3, del d.lgs. 50/2016, secondo un’impostazione ripresa anche dall’art. 122, co.3, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, delinea una speciale procedura di risoluzione del contratto, che devolve agli organi della stazione appaltante l’accertamento dei presupposti per lo scioglimento del sinallagma, id est il “grave inadempimento alle obbligazioni contrattuali da parte dell’appaltatore, tale da compromettere la buona riuscita delle prestazioni”, e, nel caso in cui l’istruttoria avviata con la “contestazione degli addebiti all’appaltatore” e svolta dal R.U.P. avvalori l’esistenza di un inadempimento della controparte, la decisione di “dichiarare” la risoluzione del contratto, così ottenendo istantaneamente gli effetti che, per i contratti di diritto privato, sono subordinati ad una pronuncia del giudice ordinario.

Tanto premesso, va osservato che l’art. 80, co.5, lett. c-ter, del d.lgs. n. 50/2016 annovera “la risoluzione per inadempimento”, alla quale si addiviene in conformità ai criteri sopra descritti, tra i possibili fatti indicativi di “significative e persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione”, che potranno essere discrezionalmente apprezzati dalle stazioni appaltanti ai fini dell’esclusione dell’operatore economico dalla gara.

La qualificazione in termini di “gravità” della risoluzione contrattuale ai fini della verifica dell’affidabilità dell’operatore economico riposa, pertanto, su disposizioni di legge, che orientano fortemente l’attività dell’A.n.a.c. nel giudizio di “utilità” ai fini dell’iscrizione nel casellario dei contratti pubblici di cui all’art. 213, co.10, del d.lgs. n. 50/2016, inducendola ad annotare le vicende risolutive, salvo che non ricorra l’eccezionale ipotesi di cui all’art. 18, co.1, lett. a), del regolamento per la gestione del casellario informatico approvato dall’A.n.a.c. con la delibera n. 861 del 2 ottobre 2019 e modificato con decisione del Consiglio del 29 luglio 2020, cioè la “manifesta infondatezza della segnalazione”, potendosi escludere, per le ragioni già esposte, che per una risoluzione contrattuale possa predicarsi l’“inconferenza della segnalazione”, di cui alla lettera b) della medesima disposizione.

La “manifesta infondatezza”, dinanzi alla quale l’A.n.a.c. deve archiviare la segnalazione, non potrà che ricorrere solo allorché sia ictu oculi rilevabile un uso abnorme del potere di risoluzione contrattuale da parte della stazione appaltante, come, ad esempio, nei casi in cui non sia stato rispettato il procedimento disciplinato dall’art. 108, co.3 e 4, del d.lgs. n. 50/2016 (oggi dall’art. 10 dell’allegato II.14 del d.lgs. n. 36/2023), nonché in presenza di prove pronte e liquide, idonee a dimostrare con immediatezza – tenuto conto dell’accertamento inevitabilmente sommario che l’Autorità può effettuare nella disamina delle contrapposte versioni dei fatti concernenti l’esecuzione di un contratto rappresentate dalle due parti in conflitto – che l’inadempimento non è imputabile all’operatore economico, a causa dell’impossibilità di eseguire la prestazione, ai sensi dell’art. 1256 c.c., oppure perché la sua “inerzia” rappresenta una reazione ad un precedente inadempimento della stazione appaltante, alla stregua dei criteri indicati dall’art. 1460 c.c..

Al di fuori di queste specifiche ipotesi, l’A.n.a.c. dovrà inserire la risoluzione nel casellario, in quanto il suo potere di valutazione è marginale rispetto a quello di esclusione dalla procedura di gara e di risoluzione del contratto di cui sono titolari le stazioni appaltanti, ai sensi, rispettivamente, degli artt. 80, co.5, lett. c-ter, e 108 del d.lgs. n. 50/2016 (oggi artt. 95, co. 1, lett. e), 98, co.3, lett. c), e 122 del d.lgs. n. 36/2023).

Corrispondentemente limitato è, quindi, il sindacato del giudice amministrativo sui provvedimenti di annotazione dell’Autorità, in quanto l’annullamento dell’atto potrà avvenire esclusivamente in presenza di un difetto di istruttoria o di motivazione, pur sempre “tarato”, però, sul ristretto campo di indagine di cui dispone l’Autorità, di cui si è data sopra evidenza.

RECIPROCHE DOMANDE DI RISOLUZIONE - IMPOSSIBILITA' SOPRAVVENUTA DI ESECUZIONE (122)

TRIBUNALE DI BARI SENTENZA 2024

Deve darsi, inoltre, atto che entrambe le parti, non avendo più interesse all’esecuzione del contratto, lo ritengono risolto, sicché a prescindere dalla parte su cui grava l’imputabilità dell’inadempimento, il contratto deve, in ogni caso, dichiararsi risolto. II.5-Si veda, nella giurisprudenza di legittimità, Cass. 6480/2020 “Non sussiste violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato allorché il giudice, qualificando giuridicamente in modo diverso rispetto alla prospettazione della parte i fatti da questa posti a fondamento della domanda, le attribuisca un bene della vita - omogeneo, ma ridimensionato, rispetto a quello richiesto, cosicché, proposte reciproche domande di risoluzione per inadempimento contrattuale, non pronunzia ultra petita il giudice che dichiari risolto il contratto per impossibilità sopravvenuta di esecuzione derivante dalle scelte risolutorie di entrambe le parti ex articolo 1453, comma 2, del codice civile, ancorché le due contrapposte manifestazioni di volontà non configurino un mutuo consenso negoziale risolutorio. In definitiva, il giudice che, in presenza di reciproche domande di risoluzione fondate da ciascuna parte sugli inadempimenti dell'altra, accerti l'inesistenza di singoli specifici addebiti, non potendo pronunciare la risoluzione per colpa di taluna di esse, deve dare atto dell'impossibilità dell'esecuzione del contratto per effetto della scelta, ex articolo 1453, comma 2, del codice civile, di entrambi i contraenti, essendo le due contrapposte manifestazioni di volontà dirette all'identico scopo dello scioglimento del rapporto negoziale, e decidere di conseguenza quanto agli effetti risolutori di cui all'articolo 1458 dello stesso codice”. II.6-Nonché, da ultimo, nella giurisprudenza di merito Tribunale Modena sez. II, 09/05/2023, n.749 “Il giudice che non possa pronunziare la risoluzione del contratto per colpa di una delle parti, in caso di istanza svolta reciprocamente da entrambe, deve dare atto dell'impossibilità di esecuzione del contratto per effetto della scelta (ex art. 1453 co. 2 c.c.) di entrambi i contraenti e decidere di conseguenza quanto agli effetti risolutori di cui all'art. 1458 c.c.; le contrapposte manifestazioni di volontà, infatti, seppur estranee ad un mutuo consenso negoziale risolutorio, sono dirette all'identico scopo dello scioglimento del rapporto negoziale”.

COLLAUDO - OBBLIGATORIO ANCHE IN CASO DI RISOLUZIONE ANTICIPATA DEL CONTRATTO D'APPALTO (122.7 -II.14)

CASSAZIONE CIVILE SENTENZA 2023

Questa Corte ha affermato - e reiteratamente ribadito - che, in tema di appalto di opere pubbliche, ai fini dello svincolo delle polizze fideiussorie, con la conseguente liberazione dell'appaltatore dall'obbligazione del pagamento dei premi alla società assicuratrice, l’ipotesi della risoluzione anticipata del contratto per fatto e colpa dell’appaltatore è assimilabile a quella della integrale esecuzione dell'opera appaltata e dell'omissione o del ritardo dell'amministrazione nell'effettuazione del collaudo e nell'approvazione del relativo certificato nel termini previsti dalla legge.

Pertanto, anche nella prima ipotesi è obbligatorio il collaudo, sia pure parziale (limitato alla parte dei lavori eseguiti), pena l'estinzione della garanzia fideiussoria (Cass. 11/05/2012, n. 7292; Cass. n. 22950; Cass.12/07/2018, n. 18490; Cass.13/03/2019, n.7194).

2.3. L'esigenza che il collaudo venga effettuato anche nel caso di risoluzione anticipata dell'appalto postula che i lavori, sebbene non integralmente ultimati, siano stati comunque almeno parzialmente eseguiti e l'interesse creditorio dell'appaltatore (art.1174 cod. civ.) sia stato, almeno in parte, soddisfatto; in tale fattispecie, la predetta esigenza trova fondamento nella necessità di evitare che il garante resti vincolato ad libitum, in forza di un rapporto accessorio ormai privo del fondamento causale (Cass. n.7292 del 2012, cit.).

Viene, dunque, in considerazione un'ipotesi in cui, per un verso, la non certificazione di collaudo (appunto, parziale) è materialmente e giuridicamente possibile, in quanto l'oggetto dell'appalto è stato in parte realizzato, sicché non trova applicazione il diverso orientamento che individua nella stessa condotta inadempiente dell'impresa appaltatrice il fatto impeditivo dell'estinzione della garanzia rilasciata alla stazione appaltante (orientamento che va correttamente riferito alla diversa fattispecie in cui l'attivazione dei poteri officiosi di risoluzione anticipata del rapporto abbia trovato fondamento in un inadempimento, se non totale, comunque di tale gravità da escludere che le opere realizzate possano essere oggetto di collaudo nei termini di legge: Cass.21 dicembre 2015, n.25674; Cass.09/05/2018, n. 11189); per altro verso, l'istituto del collaudo assume, oltre al tradizionale significato di verifica dei requisiti dell'opus dedotto in contratto (e, dunque, indirettamente, di attestazione dell'adempimento pur parziale - dell'appaltatore), anche la natura di atto di assoluzione di un onere della stazione appaltante correlato al diritto potestativo di promuovere unilateralmente lo scioglimento del rapporto cui accede la garanzia.