Giurisprudenza e Prassi

GRAVI INFRAZIONI DEBITAMENTE ACCERTATE - SICUREZZA - IDONEO VERBALE DI CONTESTAZIONE (80.5.a)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

La disposizione della cui applicazione si tratta, recata dall’art. 80, comma 5, lett. a) d.lvo n. 50/2016, recita: “le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico (…) qualora (…) possa dimostrare con qualunque mezzo adeguato la presenza di gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro nonché agli obblighi di cui all'articolo 30, comma 3 del presente codice”.

Ebbene, i verbali di contestazioni delle infrazioni alle norme in materia di lavoro si collocano, secondo la scansione procedimentale delineata dalla l. n. 689/1981, nella fase dell’accertamento: ciò sia in ragione della funzione ad essi attribuita, sia alla luce dell’organo al quale è attribuita la relativa competenza (cfr. art. 13, comma 1, l. cit.: “gli organi addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono, per l'accertamento delle violazioni di rispettiva competenza…”).

Diversamente, l’ordinanza-ingiunzione costituisce espressione del potere, attribuito all’”Autorità competente” per materia, di determinare la somma dovuta per la violazione, ove ritenga fondato l’accertamento, ed ingiungerne il pagamento all'autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente, anche alla luce degli scritti difensivi eventualmente prodotti dagli interessati, ovvero di emettere ordinanza motivata di archiviazione degli atti (cfr. art. 18 l. cit.).

In siffatto contesto normativo, i verbali de quibus sono suscettibili di integrare la fattispecie delle violazioni “debitamente accertate”, ex art. 80, comma 5, lett. a) d.lvo n. 50/2016, costituendo appunto esplicazione del potere di accertamento demandato agli organi competenti ed esercitato nelle forme all’uopo previste (e per questo “debite”), mentre non può attribuirsi rilievo decisivo all’inquadramento civilistico degli atti de quibus, sul quale fa leva anche la stazione appaltante (da ultimo con la memoria del 4 settembre 2020), richiamando la giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo la quale il verbale emesso dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro è un atto endo-procedimentale inidoneo a produrre effetti sulla situazione soggettiva del datore di lavoro.

Ne consegue la non condivisibilità del ragionamento condotto sul punto dal giudice di primo grado, laddove ha fatto discendere l’irrilevanza dei verbali in questione dal fatto che essi non sono conclusivi della procedura sanzionatoria, nelle more dell’adozione dell’ordinanza-ingiunzione: esso infatti oblitera la qualificazione dei verbali medesimi come “atti di accertamento”, ai sensi dell’art. 13 l. n. 689/1981, essendo demandato all’autorità competente all’emissione dell’ordinanza-ingiunzione il compito, non di accertare la violazione, ma di verificare che l’accertamento all’uopo compiuto, e trasfuso nel relativo rapporto, sia “fondato” ovvero meritevole di archiviazione.

Ciò premesso, deve nondimeno osservarsi che, pur a fronte di una “violazione debitamente accertata”, permane il potere della stazione appaltante di verificarne la sussistenza “con qualunque mezzo adeguato”


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