Giurisprudenza e Prassi

SERVIZI CULTURALI – SERVIZI AGGIUNTIVI - AFFIDAMENTO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

Nella sistematica del Codice dei beni culturali e del paesaggio i «servizi per il pubblico» dell’art. 117 (vale a dire i servizi di assistenza culturale e di ospitalità attivati presso i luoghi e gli istituti della cultura), tralaticiamente chiamati anche “servizi aggiuntivi”, possono essere gestiti in maniera indiretta, grazie al rinvio, contenuto nell’art. 117, all’art. 115 del d.lgs. n. 42 del 2004. In tale caso l’affidamento da parte dell’amministrazione ad imprese private dei servizi aggiuntivi assume la forma giuridica della concessione di servizio pubblico,. Il che ovviamente è anche se il procedimento di gara sia svolto dalla Consip, o meglio alla stessa “delegato” in forza dell’art. 16 del d.lgs. n. 78 del 2015 e della successiva convenzione tra il Ministero e Consip.

Più precisamente, l’affidamento dei servizi aggiuntivi di assistenza agli utenti (art. 117, comma 2) costituisce, in linea di principio, concessione di servizio pubblico. Invece l’esternalizzazione dei servizi complementari di biglietteria, pulizia e vigilanza dà luogo a un appalto di servizi. Difatti, come evidenziato da costante giurisprudenza (es. Cass., SS.UU., 27 maggio 2009, n. 12252; SS.UU., 9 dicembre 2015, n. 24824), la qualificazione in termini di concessione dell’affidamento della gestione a terzi dei servizi aggiuntivi è conforme alla definizione delle direttive europee, oltre che coerente con la struttura dei suddetti servizi, atteso che l’amministrazione trasferisce il diritto di gestire il servizio in favore dei visitatori/utenti dietro pagamento di un canone, e che sussistono altresì i caratteri del pubblico servizio per la valorizzazione dei beni culturali in presenza : a) della titolarità del servizio in capo all’amministrazione; b) della sua destinazione alla soddisfazione di esigenze della collettività; c) della predisposizione, da parte dell’amministrazione, di un programma di gestione, con obblighi di condotta e livelli qualitativi vincolanti per il privato; d) del mantenimento da parte dell’amministrazione dei corrispondenti poteri di indirizzo, vigilanza ed intervento.

L’affidamento dei servizi di biglietteria (oltre che di pulizia e vigilanza), che possono integrare la suddetta concessione, è invece configurabile come appalto di servizio pubblico: rileva infatti la stretta bilateralità del rapporto di servizio e l’assunzione da parte dell’amministrazione della veste di acquirente delle corrispondenti utilitates su pagamento di corrispettivo.

Contro questa praticata configurazione, la rilevanza preponderante dei servizi aggiuntivi rispetto a quello accessorio e strumentale di biglietteria è implicita anche nella lettera della norma, come mostra la circostanza che l’art. 117, comma 3, d.lgs. n. 42 del 2004 prevede come mera possibilità quella della gestione in concessione integrata: la concessione è di suo formula propria dei soli servizi aggiuntivi, sì che questi ultimi, in caso di uso di tale strumento giuridico (che è modalità di gestione finalizzata alla valorizzazione), non possono divenire né formalmente, né sostanzialmente accessori (in termini Cons. Stato, V, 7 dicembre 2017, n. 5773).

L’inversione dell’ordinario (cioè stabilito dalla norma) rapporto di accessorietà, oltre a non garantire l’efficace perseguimento della funzione della valorizzazione culturale, incide anche sul profilo causale della concessione, tramutandola sostanzialmente – per la bilateralità che diviene dominante -in un appalto. Non appare dunque condivisibile, sul piano strettamente giuridico, l’assunto delle resistenti per cui entrambi i servizi risulterebbero in modo complementare funzionali alla valorizzazione del sito: e ciò a prescindere dalla prevalenza economica del servizio di biglietteria, che si vorrebbe dire comunque orientato alla valorizzazione dei musei, richiedendosi ai concorrenti di indicare una “infrastruttura informatica di supporto”.

Invero la concessione di servizi non ammette che il servizio di biglietteria, quand’anche caratterizzato da un maggiore volume di incassi, possa avere prevalenza funzionale, sì da precludere la partecipazione di soggetti attivi in servizi aggiuntivi di bookshop e di editoria (ma senza avere emesso biglietti per gli importi richiesti).

Appare comunque chiaro, anche nella sistematica del d.lgs. n. 42 del 2004 - essendo le disposizioni dell’art. 117 contenute nel “Titolo II”, attinente alla “fruizione e valorizzazione” [dei beni culturali] - come la disciplina dei servizi aggiuntivi rinvenga la sua razionalità proprio nell’espresso obiettivo codicistico di garantire al pubblico una migliore e potenziata fruizione dei beni culturali – nel che in sostanza consiste la valorizzazione, da intendersi per il Codice anzitutto come valorizzazione culturale: cfr. art. 6 - , assicurando in tali modi, seppur di riflesso, anche un ritorno economico per l’amministrazione (valorizzazione economica). In altri termini, si esternalizza il servizio perché lo si stima il modo migliore per «promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso […] al fine di promuovere lo sviluppo della cultura» (art. 6, comma 1). Perciò, essendo questa la causa preminente dell’esternalizzazione, ogni altra causa è rispetto ad essa recessiva: in particolare, quella strettamente organizzativa, ed economica, che riguarda il servizio di biglietteria.

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