Giurisprudenza e Prassi

ONEROSITA' SOPRAVVENUTA IN FASE ESECUTIVA - RINEGOZIAZIONE - NON AMMESSA SE APPALTO IN VIGENZA DEL PRECEDENTE CODICE DEGLI APPALTI (9)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2025

L'art. 30, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016, nel prevedere che "alla stipula del contratto e alla fase di esecuzione si applicano le disposizioni del codice civile", fa rinvio a queste ultime "per quanto non espressamente previsto nel presente codice e negli atti attuativi".

Il rinvio non è quindi praticabile per la disciplina della revisione dei prezzi, dato che questa è espressamente contemplata nell'art. 106, comma 1, lett. a), nei termini dei quali si è detto sopra. Essendo quest'ultima norma speciale per gli appalti di lavori, servizi e forniture della pubblica amministrazione, prevale sulla normativa del codice civile in tema di revisione dei prezzi per il contratto tipico di appalto (art. 1664, comma 1, cod. civ.), che risulta perciò derogata, nonché su quella in tema di contratto tipico di somministrazione (relativa a prestazioni periodiche o continuative di cose, che è il modello del contratto di fornitura), per il quale il codice civile non prevede alcun meccanismo legale di revisione.

Piuttosto, come già affermato in sentenza e meglio si dirà nel prosieguo, il rinvio alle norme del codice civile comporta che ai contratti stipulati con la pubblica amministrazione, possa essere applicato il (diverso) rimedio dell'art. 1467 cod. civ., sempre che la prestazione di una delle parti sia divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili e che la sopravvenuta onerosità non rientri nell'alea normale del contratto o che il contratto non sia aleatorio per volontà delle parti (art. 1469 cod. civ.).

La regola civilistica generale, per i contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, desumibile dall'art. 1467 cod. civ., pone come unica possibile conseguenza dell'eccessiva onerosità sopravvenuta nei contratti con prestazioni corrispettive il rimedio risolutorio del contratto (comma 1), ma non quello conservativo, salva la facoltà concessa alla parte non incisa dal "verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili" di evitare la risoluzione "offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto" (comma 3).

Dato il tenore della disposizione di carattere generale appena detta, è da escludere che sia rinvenibile nell'ordinamento di diritto civile un principio generale di rinegoziazione contrattuale rimessa all'iniziativa della parte svantaggiata in caso di circostanze sopravvenute e imprevedibili che abbiano alterato il sinallagma contrattuale.

Le deroghe alla regola che privilegia la risoluzione rispetto alla manutenzione del contratto devono essere espressamente previste, in apposite norme di legge, da ritenersi a portata eccezionale.

Sebbene con la Relazione n. 56/2020 dell'Ufficio del massimario della Corte di Cassazione si sia fatto leva sul <<generale principio di "buona fede", che ha valore d'ordine pubblico e si colloca tra i principi fondanti del nostro ordinamento sociale>> per pervenire alla conclusione che <<la "buona fede" può salvaguardare il rapporto economico che le parti avevano originariamente inteso porre in essere, imponendo la rinegoziazione del contratto che si sia squilibrato, al fine di favorirne in tal modo la conservazione>>, non risulta che la giurisprudenza civile ne abbia fatto applicazione in casi riconducibili al presente.

Si è già detto sopra del ruolo della buona fede nell'esecuzione del contratto ex art. 1375 cod. civ.; analogamente è a dirsi dell'integrazione del contratto secondo equità ex art. 1374 cod. civ.: né l'una né l'altra possono valere ad imporre obblighi di rinegoziazione non previsti specificamente, laddove la regola non è la conservazione del contratto, bensì la sua risoluzione.

Questa regola, tradizionalmente operante anche per i contratti della pubblica amministrazione, fatte salve le eccezioni delle modifiche contrattuali consentite per legge (e della revisione dei prezzi fino a quando prevista), è stata superata soltanto di recente mediante l'introduzione dell'art. 9 (Principio di conservazione dell'equilibrio contrattuale) del d.lgs. 31 marzo 2023 n. 36.

La disposizione prevede infatti, al primo comma, che "se sopravvengono circostanze straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea, all'ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato e tali da alterare in maniera rilevante l'equilibrio originario del contratto, la parte svantaggiata, che non abbia volontariamente assunto il relativo rischio, ha diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali. [...]".

Si tratta esattamente di quell'obbligo di rinegoziazione delle condizioni contrattuali di cui è detto, sotto vari profili, negli scritti di parte ricorrente. Tuttavia, in disparte la portata e gli effetti dell'art. 4 del contratto (su cui si tornerà), l'obbligo di rinegoziazione dell'art. 9 citato non potrebbe comunque farsi gravare, nel caso di specie, sul Ministero della Difesa poiché la procedura di evidenza pubblica cui è seguito il contratto de quo è stata indetta nel vigore del d.lgs. n. 50 del 2016 ed anche l'esecuzione è regolata dalle disposizioni di questo dettate per la fase esecutiva dei contratti con la pubblica amministrazione.

La norma sopravvenuta del d.lgs. n. 36 del 2023 non ha portata retroattiva poiché non è norma interpretativa né applicativa di un principio generale già presente nell'ordinamento, ma introduce ex novo il rimedio generale di manutenzione del contratto, che, come si legge nella Relazione al Nuovo Codice dei contratti pubblici, è maggiormente conforme all'interesse dei contraenti in considerazione dell'inadeguatezza della tutela meramente demolitoria apprestata dall'art. 1467 c.c. (norma, quest'ultima, applicabile fino all'entrata in vigore del nuovo Codice). Il rimedio della rinegoziazione è regolato, quanto alle forme e ai tempi del contraddittorio tra le parti contrattuali, dalla disposizione dell'art. 120, comma 8, che non ha alcuna norma corrispondente nell'immediato precedente normativo dell'art. 106 del d.lgs. n. 50 del 2016” (Consiglio di Stato sez. V, 18 novembre 2024, n. 9212).



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CUI: Codice che identifica univocamente un intervento (lavoro, servizio, fornitura all'interno della programmazione triennale. (Riferimento: Allegato I.5, Art. 2, lett. c)
CUI: Codice che identifica univocamente un intervento (lavoro, servizio, fornitura all'interno della programmazione triennale. (Riferimento: Allegato I.5, Art. 2, lett. c)
CUI: Codice che identifica univocamente un intervento (lavoro, servizio, fornitura all'interno della programmazione triennale. (Riferimento: Allegato I.5, Art. 2, lett. c)