Giurisprudenza e Prassi

DIVIETO TOUT COURT DI RIBASSARE IL COSTO DELLA MANODOPERA - CLAUOLA ILLEGITTIMA (97.6)

TAR CAMPANIA SA SENTENZA 2021

Il divieto di ribasso sulla manodopera, infatti, si pone in senso antitetico alla libertà d’impresa ed opera a danno della piccola e media impresa, favorendo la standardizzazione dei costi vero l’alto (e imponendo per converso l’applicazione del ccnl individuato dalla stazione appaltante, quanto meno nella parte economica), a vantaggio delle imprese più strutturate e, potenzialmente, a danno della stessa stazione appaltante, che sconterà un minore ribasso. Al contrario, il sistema delineato dall’art.97, co.6 D.Lgs.n.50/2016 non comporta alcuna deminutio di tutela per le maestranze, giacchè sussiste sia l’obbligo (per il concorrente) del rispetto degli oneri inderogabili, in ordine al quale non sono ammesse giustificazioni non aventi fondamento normativo, sia quello della stazione appaltante di approntare, sia durante l’iter selettivo (es. verifica obbligatoria sul rispetto del costo del lavoro ex art.95, co.10, secondo periodo D.Lgs.n.50/2016, e verifica di anomalia, obbligatoria o facoltativa a seconda delle ipotesi previste all’art.97 D.Lgs.n.50/2016), sia durante l’esecuzione del contratto, i previsti controlli.

Nel caso di specie Prima di analizzare il punto nodale della questione, attinente alla corretta interpretazione della clausola delle lex specialis, si ritiene doveroso rilevare che, con ogni probabilità, la società ricorrente non ha inteso praticare alcun ribasso sul costo della manodopera: l’offerta economica presentata espone, infatti, un ribasso secco del 3%, coincidente con la percentuale massima ribassabile secondo l’indicazione della stazione appaltante (rif. art.1 lettera di invito prot.n.1298 del 1.3.2021) e, altresì, con l’incidenza delle spese di gestione (unica voce di costo ribassabile secondo la lettera di invito).

L’errore commesso dalla ricorrente è stato ragionevolmente indotto dal tenore equivoco della tabella “composizione del costo su base mensile”: in tale tabella, infatti, l’incidenza del “costo gestione”, percentualmente pari al 3%, non è in realtà parametrata al valore complessivo della base d’asta (ossia il costo della gestione non è il 3% della base d’asta, come si intuirebbe ictu oculi dalla tabella), ma al valore complessivo, su base mensile, delle spese di personale (ossia, il costo relativo alla gestione è stato matematicamente determinato dalla stazione appaltante applicando la percentuale del 3% rispetto alla voce di costo relativo alle spese di personale). Quanto sopra, secondo un’interpretazione orientata secondo il canone di ragionevolezza, potrebbe verosimilmente avere indotto l’operatore economico a confidare nella incontestabilità del ribasso del 3%, in quanto corrispondente (secondo l’evidenza della tabella) all’incidenza della voce “spese di gestione” (unica voce ribassabile). Non pare peregrina, al Collegio, per quanto sinora chiarito (e tenuto vieppiù conto dell’esiguità dello iato fra costo minimo del personale e offerta economica finale), l’ipotesi della sussistenza di un errore scusabile.

Ciò posto, occorre analizzare il disposto della clausola della lex specialis, la quale stabilisce “Il ribasso non potrà riguardare le spese del personale, nel caso l’Offerta verrà immediatamente esclusa”.

Ad avviso della stazione appaltante, e del conforme indirizzo della società controinteressata, la stessa sarebbe inequivoca, nell’imporre il divieto di ribasso sui costi della manodopera e, per l’effetto, nell’imporre l’esclusione a chi ha abbia offerto un prezzo che, matematicamente, fa emergere il mancato rispetto della quantificazione operata a monte dalla stazione appaltante (sia pure per qualche decina di euro, come visto).


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