ANNULLAMENTO PROROGA TECNICA - COMPORTA SOLAMENTE UN RISARCIMENTO PER PERDITA DI CHANCE (120.11)
La cd. “proroga tecnica” - istituto volto ad assicurare che, nelle more dello svolgimento di una gara per il nuovo affidamento di un servizio, l’erogazione dello stesso non subisca soluzioni di continuità - rappresenta un’ipotesi del tutto eccezionale, utilizzabile solo qualora non sia possibile attivare i necessari meccanismi concorrenziali (tra le tante, Consiglio di Stato sez. V, 23 settembre 2019, n. 6326). Essa è ammessa solo nei casi eccezionali in cui, per ragioni oggettive estranee all'Amministrazione, vi sia l'effettiva necessità di assicurare precariamente il servizio nelle more del reperimento di un nuovo contraente.
Si tratta di comprendere se un suo annullamento possa giovare all’appellante dal punto di vista della proposta domanda risarcitoria.
Non essendo configurabile un danno da mancata aggiudicazione né tantomeno una responsabilità di tipo precontrattuale, che presuppone la violazione imputabile a colpa dell’amministrazione dei canoni generali di correttezza e di buona fede e che postula che il concorrente abbia maturato un ragionevole affidamento nella stipula del contratto, da valutare in relazione al grado di sviluppo della procedura, la questione si pone solo per la perdita di chance. Intanto, la perdita di chance risulta risarcibile soltanto nel caso in cui il danno sia collegato alla dimostrazione di una seria probabilità di conseguire il vantaggio sperato, non essendo sufficiente la mera possibilità (Consiglio di Stato sez. V, 18 ottobre 2022, n. 8860).
È vero che quando a un operatore è preclusa in radice la partecipazione a una gara (di tal che non sia possibile dimostrare, ex post, né la certezza della sua vittoria, né la certezza della non vittoria), la sola situazione soggettiva tutelabile è la chance, e cioè l’astratta possibilità di un esito favorevole (Consiglio di Stato sez. V, 29 luglio 2019, n. 5307 che cita Consiglio di Stato, sez. V 2 novembre 2011 n. 5837 e Consiglio di Stato sez. V, 18 aprile 2012 n. 2256).
In tali situazioni, si è talora ritenuto di utilizzare il criterio per cui il quantum del risarcimento per equivalente vada determinato ipotizzando, in via di medie e di presunzioni, quale sarebbe stato il numero di partecipanti alla gara se gara vi fosse stata (sulla base dei dati relativi a gare simili indette dal medesimo ente) e dividendo l'utile d'impresa (quantificato in via forfettaria) per il numero di partecipanti, il quoziente ottenuto costituendo, in tale prospettiva, la misura del danno risarcibile. Il fatto è che la mancata allegazione di dati utilizzabili allo scopo (che – giusta i principi generali in tema di onere della prova – gravava sulla parte danneggiata), rende inutilizzabile quel criterio. Né, in mancanza della minima prova, si può procedere in via equitativa.
La perdita di chance si configura come danno attuale e risarcibile, sempre che ne sia provata la sussistenza anche secondo un calcolo di probabilità o per presunzioni. Ne consegue, altresì, che alla mancanza di tale prova non è possibile sopperire con una valutazione equitativa ai sensi dell'art. 1226 cod. civ. diretta a fronteggiare l'impossibilità di provare non l'esistenza del danno risarcibile, bensì il suo esatto ammontare. In altri termini, la perdita di chance di rilievo risarcitorio, in quanto entità patrimoniale giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione e non mera aspettativa di fatto o generiche ed astratte aspirazioni di lucro, deve correlarsi a dati reali, senza i quali risulta impossibile il calcolo percentuale di possibilità delle concrete occasioni di conseguire un determinato bene (Consiglio di Stato sez. V, 28 gennaio 2019, n. 697).
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