Giurisprudenza e Prassi

CLAUSOLA ESTENSIONE CONTRATTO - CONTENUTO E LIMITI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

E’ inammissibile il motivo sulla possibile proroga del contratto da cinque a otto anni, non essendo immediatamente lesiva ma potendo, anzi, risolversi in una previsione favorevole per il concorrente che vede prolungato il rapporto contrattuale con la stazione appaltante. E’ di immediata evidenza come, nei fatti, gli affidatari di un appalto non siano quasi mai restii ad un prolungamento del contratto mentre a dolersene sono altri operatori del settore che vedono sfumata la chances di aggiudicarsi una gara; doglianza questa che può essere sollevata con gravame proposto all’atto del prolungamento dell’affidamento della gara di cui è causa.

Giova aggiungere, richiamando un precedente della Sezione (15 febbraio 2018, n. 982) che “il criterio orientativo di base, elaborato dalla giurisprudenza, vuole che una clausola estensiva in tanto possa essere ammessa, in quanto soddisfi i requisiti, in primis di determinatezza, prescritti per i soggetti e l’oggetto della procedura cui essa accede (Cons. St., sez. V, 11 febbraio 2014, n. 663): infatti, l’appalto oggetto di estensione, in questa prospettiva, non viene sottratto al confronto concorrenziale, a valle, ma costituisce l’oggetto, a monte, del confronto tra le imprese partecipanti alla gara, poiché queste nel prendere parte ad una gara, che preveda la c.d. clausola di estensione, sanno ed accettano (…) che potrebbe essere loro richiesto di approntare beni, servizi o lavori ulteriori, rispetto a quelli espressamente richiesti dalla lex specialis, purché determinati o determinabili a priori, al momento dell’offerta, secondo requisiti né irragionevoli né arbitrari, tanto sul piano soggettivo - per caratteristiche e numero delle amministrazioni eventualmente richiedenti - che su quello oggettivo - per natura, tipologia e quantità dei beni o delle prestazioni aggiuntive eventualmente richieste entro un limite massimo (Cons. St., sez. III, 4 febbraio 2016, n. 442).

La necessità di assicurare il rispetto dei principi ispiratori delle procedure di evidenza pubblica costituisce del resto il paradigma interpretativo cui la giurisprudenza si affida ogniqualvolta la concreta fattispecie non trovi una espressa e puntuale regolamentazione normativa (cfr., ad esempio, in tema di affidamento diretto di servizi ad una società mista, Cons. St., sez. V, n. 1028 del 15 marzo 2016, secondo la quale esso è ammissibile a condizione che si sia svolta una unica gara per la scelta del socio e l’individuazione del determinato servizio da svolgere, delimitato in sede di gara sia temporalmente che con riferimento all’oggetto…La Corte di Giustizia ha, infatti, ritenuto l’ammissibilità dell'affidamento di servizi a società miste, a condizione che si svolga in unico contesto una gara avente ad oggetto la scelta del socio privato e l’affidamento del servizio già predeterminato con obbligo della società mista di mantenere lo stesso oggetto sociale durante l’intera durata della concessione. La chiave di volta del sistema è rappresentato dal fatto che l’oggetto sia predeterminato e non genericamente descritto, poiché altrimenti, è evidente, sarebbe agevole l’aggiramento delle regole pro-competitive a tutela della concorrenza)”.

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