Giurisprudenza e Prassi

AFFIDAMENTO IN HOUSE - OBBLIGO DI MOTIVAZIONE - FONDAMENTO IN DATI OGGETTIVI E ATTENTAMENTE VALUTATI (192)

TAR CALABRIA RC SENTENZA 2023

Il comma 2 dell’art. 192 del codice degli appalti prevede che “Ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”.

La norma in esame ‒ “espressione di una linea restrittiva del ricorso all’affidamento diretto che è costante nel nostro ordinamento da oltre dieci anni, e che costituisce la risposta all’abuso di tale istituto da parte delle amministrazioni nazionali e locali” (v. Corte costituzionale n. 100 del 27 maggio 2020) ‒, stando al suo tenore testuale e all’interpretazione che ne ha fornito la giurisprudenza, pone una duplice condizione per la legittimità del ricorso al modello di gestione in house per servizi reperibili sul mercato in regime di concorrenza, richiedendo, in primo luogo, “una valutazione di convenienza della scelta di internalizzazione che tenga conto di tutti i parametri ivi individuati, di modo che ciascuno di essi deve sussistere per supportare l’affidamento in house, compreso quello di economicità della gestione; è infatti imposto all’amministrazione di dare conto, attraverso una valutazione complessa ed articolata, quali elementi fondanti la decisione di ricorrere all’in house providing, di una serie di parametri afferenti alla qualità del servizio (quali i benefici per la collettività della forma di gestione prescelta in termini di ‘universalità e socialità’ del servizio, nonché di ‘efficienza’ e di ‘qualità’ del servizio, oltreché di ‘ottimale impiego delle risorse pubbliche’), esulanti dall’economicità del medesimo in senso stretto, ma che, una volta esternati, concorrono a sostenere, sotto il profilo motivazionale, il provvedimento di affidamento, nel loro complesso e non in via autonoma e separata l’uno dall’altro”. E, per altro concomitante verso, “il giudizio di convenienza economica, riferito all’offerta, così come in concreto formulata dalla società partecipata, con specifico riferimento all’affidamento di che trattasi” (v., ex multis, Cons. St., sez. V, 6 maggio 2022, n. 3562)

All’elaborazione giurisprudenziale si deve, poi, il merito di aver rimarcato la necessaria sussistenza di entrambi i profili, non essendo consentito ritenere, alla stregua della formulazione della norma, che la ‘valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house’ possa confluire, perdendo la sua autonoma rilevanza, nel quadro della più complessiva valutazione inerente all’opportunità della scelta del ricorso all’in house, ancorata agli ulteriori parametri in proposito indicati. Da ciò consegue che “l’eventuale accertamento della erroneità (sotto tutti i profili astrattamente rilevanti, nell’ottica del sindacato sull’eccesso di potere) del giudizio di congruità economica dell’offerta della società in house avrebbe effetto ‘disgregante’ nei confronti della valutazione complessiva, la quale, proprio perché unitaria ed inscindibile, una volta utilmente ‘aggredita’ in uno dei suoi ‘organi vitali’, non potrebbe che essere restituita al ‘laboratorio’ istruttorio e motivazionale dell’Amministrazione, affinché verifichi la permanente validità della soluzione organizzativa in discorso” (così Cons. St., sez. III, 27 agosto 2021, n. 6062).

Con riferimento, poi, all’onere motivazionale ‘aggravato’ richiesto dalla norma in esame, la giurisprudenza amministrativa, ribadito il carattere subalterno dell’affidamento in house, ha in generale escluso di dover circoscrivere l’affidamento diretto ai soli casi in cui, a causa di circostanze eccezionali, sia di fatto precluso un “efficace e utile ricorso al mercato” (cfr., sul punto, Cons. St., sez. V, 7 gennaio 2019, n. 138), precisando al contempo che, nell’attuale quadro normativo, è imposto all’amministrazione aggiudicatrice che intenda ricorre all’affidamento diretto un onere motivazionale rafforzato, che consenta un “penetrante controllo della scelta effettuata … anzitutto sul piano dell’efficienza amministrativa e del razionale impiego delle risorse pubbliche” (Cons. St., comm. spec., parere 1° aprile 2016, n. 464), in particolare consistente: “a) nell’esporre le ragioni di preferenza per l’affidamento in house rispetto al ricorso all’evidenza pubblica in punto di convenienza economica, di efficienza e qualità del servizio, così dando ‘dimostrazione della ragionevolezza economica della scelta compiuta’” (Cons. Stato, sez. consultiva atti normativi, parere n. 774 del 29 marzo 2017) ed esplicitando le ragioni dell’esclusione del ricorso al mercato; b) nell’esplicitare i benefici per la collettività derivanti da tale forma di affidamento, in tal modo esplicitando la finalizzazione dell’istituto al perseguimento di obiettivi di carattere latamente sociale, percepibili al di fuori della dimensione meramente organizzativa dell’Amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. III, 12 marzo 2021, n. 2102)” (così Cons. St., sez. IV, 15 luglio 2021, n. 5351).

Con specifico riferimento alla prospettiva economica, è richiesto all’amministrazione di valutare la convenienza dell’affidamento del servizio secondo lo schema dell’in house rispetto all’alternativa costituita dal ricorso al mercato, attraverso una comparazione tra dati da svolgersi mettendo a confronto operatori privati operanti nel medesimo territorio, al fine di dimostrare che quello fornito dalla società in house è il più economicamente conveniente ed in grado di garantire la migliore qualità ed efficienza (cfr. Cons. St., sez. V, 16 novembre 2018, n. 6456, secondo cui “è onere dell’autorità amministrativa affidante quello di rendere comunque comparabili i dati su cui il confronto viene svolto”, con necessaria allegazione di “dati di dettaglio”).

In conclusione, la scelta di sottrarre l’affidamento di un servizio al fisiologico confronto di mercato, optando per la soluzione auto-produttiva, deve trovare fondamento in dati oggettivi ed attentamente valutati, che giustifichino il sacrificio che la scelta arreca alla libertà di concorrenza. Ciò perché, come affermato dalla Corte costituzionale con la citata sentenza n. 100 del 27 maggio 2020 – che, insieme alla Corte di giustizia UE, sent. 6 febbraio 2020, cause riunite nn. C-89/19 e C-91/19, ha fugato ogni dubbio sulla legittimità della norma in questione –, gli oneri motivazionali prescritti dall’art. 192, co. 2, cit., che muovono da un’evidente ottica di sfavore verso gli affidamenti diretti in regime di delegazione interorganica, relegandoli ad un ambito subordinato ed eccezionale rispetto alla previa ipotesi di competizione mediante gara tra imprese (Cons. St., sez. III, 3 marzo 2020, n. 1564), “si risolvono in una restrizione delle ipotesi in cui è consentito il ricorso alla gestione in house del servizio e, quindi, della possibilità di derogare alla regola comunitaria concorrenziale dell’affidamento del servizio stesso mediante gara pubblica. Ciò comporta, evidentemente, un’applicazione più estesa di detta regola comunitaria, quale conseguenza di una precisa scelta del legislatore italiano. Tale scelta, proprio perché reca una disciplina proconcorrenziale più rigorosa rispetto a quanto richiesto dal diritto comunitario, non è da questo imposta – e, dunque, non è costituzionalmente obbligata, ai sensi del primo comma dell’art. 117 Cost., come sostenuto dallo Stato –, ma neppure si pone in contrasto (…) con la citata normativa comunitaria, che, in quanto diretta a favorire l’assetto concorrenziale del mercato, costituisce solo un minimo inderogabile per gli Stati membri. È infatti innegabile l’esistenza di un ‘margine di apprezzamento’ del legislatore nazionale rispetto a princìpi di tutela, minimi ed indefettibili, stabiliti dall’ordinamento comunitario con riguardo ad un valore ritenuto meritevole di specifica protezione, quale la tutela della concorrenza ‘nel’ mercato e ‘per’ il mercato”.

Immediato corollario del valore pro-concorrenziale riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale alla disposizione de qua è, quindi – come reiteratamente ribadito dalla giurisprudenza amministrativa –, “l’impossibilità di fare leva su dati evanescenti, di carattere eventuale o meramente organizzativo, insuscettibili di manifestare un corrispondente significativo beneficio per la collettività, derivante dal ricorso al modello dell’in house providing, e di integrare una parallela valida ragione derogatrice del ricorso primario al mercato” (Cons. St., sez. III, 12 marzo 2021, n. 2102).

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SOCIETÀ IN HOUSE: Una concessione o un appalto pubblico, nei settori ordinari o speciali, aggiudicati da un'amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato, cosiddetta "società in house", non ...
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