IMPUGNAZIONE BANDO DI GARA - DIMOSTRAZIONE CONCRETA DELL'IMPOSSIBILITA' A PARTECIPARE DA PARTE DELL'OE.
Con riguardo al ricorso, nonché ai primi motivi aggiunti, con i quali è stata contestata la disciplina di gara, occorre richiamare l’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale, ad avviso della quale costituisce “acquisizione consolidata” che i bandi di gara devono essere impugnati unitamente agli atti che di questi fanno applicazione, gli unici idonei ad “identificare in concreto” - e, così, rendere manifesta – la lesione della situazione soggettiva dell’interessato (cfr. Corte Costituzionale, 22 novembre 2016, n. 245).
Tale orientamento ha pienamente confermato le statuizioni dell’Adunanza plenaria 29 gennaio 2003, n. 1, nella quale si è osservato che alla regola generale dell’impugnazione congiunta del bando con l’atto applicativo “fanno eccezione le ipotesi in cui si contesti che la gara sia mancata o, specularmente, che sia stata indetta o, ancora, si impugnino clausole del bando immediatamente escludenti, o, infine, clausole che impongano oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendano impossibile la stessa formulazione dell'offerta (Consiglio di Stato, sezione III, 10 giugno 2016, n. 2507; Consiglio di Stato, sezione V, 30 dicembre 2015, n. 5862; Consiglio di Stato, sezione V, 12 novembre 2015, n. 5181; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 25 febbraio 2014, n. 9; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 7 aprile 2011, n. 4)”.
La plenaria 1/2003 ha considerato come immediatamente escludenti, e quindi da impugnare immediatamente, (anche) clausole non afferenti ai requisiti soggettivi in quanto volte a fissare – restrittivamente – i requisiti di ammissione ma attinenti alla formulazione dell'offerta, sia sul piano tecnico che economico laddove esse rendano (realmente) impossibile la presentazione di una offerta; ed ha soggiunto che in tali evenienze ha legittimato alla contestazione giurisdizionale anche l’operatore che non ha proposto la domanda partecipativa.
Quanto illustrato ha trovato successivo riconoscimento nell’Adunanza plenaria 26 aprile 2018, n. 4, nella quale si è confermato che “le clausole non escludenti del bando vadano impugnate unitamente al provvedimento che rende attuale la lesione (id est: aggiudicazione a terzi), considerato altresì che la postergazione della tutela avverso le clausole non escludenti del bando, al momento successivo ed eventuale della denegata aggiudicazione, secondo quanto già stabilito dalla decisione dell’Adunanza plenaria n. 1 del 2003, non si pone certamente in contrasto con il principio di concorrenza di matrice europea, perché non lo oblitera, ma lo adatta alla realtà dell’incedere del procedimento nella sua connessione con i tempi del processo”; ed ha espresso il principio di diritto secondo cui “le clausole del bando di gara che non rivestano portata escludente devono essere impugnate unitamente al provvedimento lesivo e possono essere impugnate unicamente dall’operatore economico che abbia partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura”.
Tanto precisato, negli 11 motivi di ricorso (10 motivi proposti con il ricorso principale e l’11° motivo, proposto con i primi motivi aggiunti, mediante il quale le censure già proposte sono state integrate) la ricorrente ha esplicitato profili di lesione delle prerogative concorrenziali sottese all’indizione di una commessa che avrebbe avuto natura e contenuto identico o comunque analogo alla commessa in corso di esecuzione (fino al 31.8.2022, data di scadenza dell’accordo quadro), nonché vari profili di critica alle soluzioni tecniche poste a base di gara e, più in generale, all’ideazione delle procedura stessa.
Rileva, tuttavia, il Collegio che nessuna di tali censure ha prefigurato e dimostrato l’esclusione della possibilità della ricorrente di partecipare alla procedura di gara: evidenza sostanziata dalla plateale e pacifica circostanza che, effettivamente, la ricorrente ha concorso all’aggiudicazione dei lotti controversi.
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