Giurisprudenza e Prassi

DIES A QUO - TERMINE PER IMPUGNARE AGGIUDICAZIONE - RATIO DELLA "SOTTRAZIONE DEI GIORNI"

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2022

L’appellante sostiene che, ammesso e non concesso che il termine per impugnare fosse quello di 30 giorni + 15 giorni per l’accesso, dai 45 giorni complessivi dovessero essere sottratti i giorni – nel caso di specie 6 – che l’impresa ha atteso per effettuare l’accesso, in quanto, diversamente, si lascerebbe il concorrente arbitro di determinare ad libitum la decorrenza del termine.

Si tratta di un’argomentazione non certo irrilevante, nel calcolare il dies a quo per la decorrenza del termine per impugnare nel caso di accesso agli atti di gara, ma la tesi della c.d. “sottrazione dei giorni” sostenuta dalle appellanti non sembra essere un portato necessario dei principî affermati dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nella sentenza n. 12 del 2 luglio 2020 e non pare del tutto compatibile con il principio dell’effettività della tutela giurisdizionale riconosciuto dal diritto nazionale (art. 24 Cost.) ed europeo in materia di ricorsi relativi agli appalti pubblici.

Sostenere infatti che dal complessivo termine di 30 giorni + 15 giorni, individuato dall’Adunanza plenaria nella sentenza n. 12 del 2 luglio 2020 per la c.d. dilazione temporale in ipotesi di accesso, debbano essere sottratti i sei giorni che l’impresa concorrente ha impiegato per chiedere l’accesso agli atti significa porre a carico del concorrente l’onere di proporre l’accesso non solo tempestivamente, come certo l’ordinaria diligenza, prima ancora che l’art. 120, comma 5, c.p.a. gli impone di fare, ma addirittura immediatamente, senza lasciargli nemmeno un minimo ragionevole spatium deliberandi per valutare la necessità o, comunque, l’opportunità dell’accesso al fine di impugnare, mentre, va qui ricordato, la stessa amministrazione, ai sensi dell’art. 76, comma 2, del d. lgs. n. 50 del 2016, dispone di ben quindici giorni per consentire o meno l’accesso agli atti, al di là dell’eventuale superamento di questo termine per condotte dilatorie od ostruzionistiche.

Sotto la vigenza del precedente codice dei contratti pubblici, il termine a disposizione del privato per esercitare il proprio diritto d’accesso era stato fissato espressamente dal legislatore in 10 giorni (cfr. art. 79, comma 5-quater, del d. lgs. n. 163 del 2006).

Vero è che tale disposizione non è stata riprodotta nell’attuale codice dei contratti pubblici, ma altrettanto vero è che la Corte costituzionale ha da ultimo evidenziato come un’interpretazione conforme al contesto logico-giuridico di riferimento conduca a ritenere che la dilazione temporale del termine per la proposizione del ricorso sia «correlata all’esercizio dell’accesso nei quindici giorni previsti attualmente dall’art. 76 del vigente “secondo” cod. dei contratti pubblici (e, in precedenza, ai dieci giorni indicati invece dall’art. 79 del “primo” cod. contratti pubblici)» (Corte cost., 28 ottobre 2021, n. 204).

Esiste dunque piena continuità tra i due regimi normativi e l’istanza di accesso presentata dall’odierna appellata risulta tempestiva avuto riguardo ad entrambi.

Una diversa interpretazione, che pretenda di applicare il meccanismo della c.d. “sottrazione dei giorni” anche ad un’istanza d’accesso presentata entro un termine contenuto e ragionevole (e, comunque, non superiore ai suddetti quindici giorni), potrebbe risultare non del tutto in sintonia con i principi di legittimo affidamento e di proporzionalità.

La Sezione non ignora che, in seguito alla pronuncia dell’Adunanza plenaria, esista un orientamento più rigoroso in questa materia (v., ad esempio, Cons. St., sez. V, 16 aprile 2021, n. 3127), secondo cui più tempestiva è l’istanza di accesso che il concorrente presenti una volta avuta conoscenza dell’aggiudicazione, maggiore sarà il tempo a sua disposizione per il ricorso giurisdizionale, mentre «quel che non può consentirsi è che il concorrente possa, rinviando nel tempo l’istanza di accesso agli atti di gara, posticipare a suo gradimento il termine ultimo per l’impugnazione dell’aggiudicazione» e, cioè, i 45 giorni decorrenti dalla conoscenza dell’aggiudicazione, ma nondimeno ritiene che debba essere permesso alla concorrente per poter chiedere l’accesso un congruo termine, eguale a quello assegnato all’amministrazione per consentirlo («immediatamente e comunque entro quindici giorni»: art. 76, comma 2, del d. lgs. n. 50 del 2016), senza sottrarre questi pochi giorni (nel caso di specie appena sei), invero già esigui perché contraddistinti da rigide preclusioni decadenziali ispirate in questa materia ad una evidente ratio acceleratoria, dai 45 giorni indicati dall’Adunanza plenaria, in modo da non superare così nel rispetto della stessa ratio acceleratoria, complessivamente e a tutto concedere anche nell’ipotesi di richiesto (e ottenuto) accesso, il termine ordinario massimo di 30 giorni per impugnare gli atti di gara.

Ne discende, dunque, che il ricorso di OMISSIS S.p.a., notificato l’11 gennaio 2021, si deve ritenere tempestivo, come ha ritenuto il primo giudice, non potendo essere sottratti ragionevolmente, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata che, senza eludere la disciplina dei termini decadenziali, non sacrifichi però eccessivamente il diritto di difesa, i menzionati 6 giorni dai complessivi 45 giorni indicati dall’Adunanza plenaria, con la conseguente reiezione dell’istanza, formulata in via subordinata dall’appellata, di rimettere all’Adunanza plenaria la questione sulla decorrenza del termine per impugnare nell’ipotesi, qui non inveratasi, in cui il Collegio avesse ritenuto di seguire una interpretazione diversa.


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CODICE: Ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. uuuu) del Codice: il presente decreto che disciplina i contratti pubblici di lavori, servizi, forniture;
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