Giurisprudenza e Prassi

RISOLUZIONI CONTRATTUALI - ANTE TRIENNIO PUBBLICAZIONE BANDO– NON OBBLIGO DICHIARATIVO (80.5.c)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

In relazione agli obblighi informativi che la previsione pone a carico dell’operatore economico per consentire alla stazione appaltante un’adeguata e ponderata valutazione sull’affidabilità e sull’integrità del medesimo (Cons. Stato, V, 4 febbraio 2019, n. 827; V, 16 novembre 2018, n. 6461; V, 3 settembre 2018, n. 5142; V, 17 luglio 2017, n. 3493; V, 5 luglio 2017, n. 3288) si possono rilevare in linea di massima due fattispecie tipiche:

- l’omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, che comprende anche la reticenza, cioè l’incompletezza, con conseguente facoltà della stazione appaltante di valutare la stessa ai fini dell’attendibilità e dell’integrità dell’operatore economico (Cons. Stato, V, 3 settembre 2018, n. 5142);

- la falsità delle dichiarazioni, ovvero la presentazione nella procedura di gara in corso di dichiarazioni non veritiere, dove si rappresenta una circostanza in fatto diversa dal vero, cui consegue l’automatica esclusione dalla procedura di gara poiché depone in maniera inequivocabile nel senso dell’inaffidabilità e della non integrità dell’operatore economico, mentre ogni altra condotta, omissiva o reticente che sia, comporta l’esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia prognosi sfavorevole sull’affidabilità dello stesso (Cons. Stato, V, 12 aprile 2019, n. 2407).

In questo quadro la giurisprudenza, anche se non univocamente (in senso parzialmente contrario, Cons. Stato, III, 23 agosto 2018, n. 5040; V, 3 aprile 2018, n. 2063; III, 12 luglio 2018, n. 4266), ha interpretato l’ultimo inciso l’art. 80, comma 5, lett. c), attribuendogli il rigoroso significato di una norma di chiusura che impone agli operatori economici di portare a conoscenza della stazione appaltante tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, anche non costituenti cause tipizzate di esclusione (Cons. Stato, V, 11 giugno 2018, n. 3592; 25 luglio 2018, n. 4532; 19 novembre 2018, n. 6530; III, 29 novembre 2018, n. 6787).

Non si è mancato peraltro di osservare che un siffatto generalizzato obbligo dichiarativo, senza la individuazione di un generale limite di operatività (tale non essendo, come meglio in seguito, il comma 10 dello stesso art. 80 nella formulazione qui in rilievo) “potrebbe rilevarsi eccessivamente onerosa per gli operatori economici imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali ampiamente datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa” (Cons. Stato, V, 22 luglio 2019, n. 5171; 3 settembre 2018, n. 5142).

La necessità di un siffatto limite generale di operatività deriva, del resto, dall’art. 57, § 7 della Direttiva 2014/24/UE, che ha fissato in tre anni dalla data del fatto la rilevanza del grave illecito professionale, seguita dalle Linee guida ANAC n. 6/2016, precedute dal parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 2286/2016 del 26 ottobre 2016, che ha affermato, tra altro, la diretta applicazione nell’ordinamento nazionale della previsione di cui al predetto paragrafo.

La recente sentenza della V Sezione 6 maggio 2019, n. 2895, che ha affermato l’illegittimità, per sproporzionalità, di un’esclusione fondata su una risoluzione ante triennio, chiarendo, come già Cons. Stato, V, n. 6576/2018, che rileva, ai fini della decorrenza di tale periodo, la data di adozione della determinazione amministrativa di risoluzione unilaterale.

Il Collegio ritiene di aderire a tale ultimo orientamento, che -OMISSIS-ha invocato nel primo motivo del suo appello, in uno all’art. 57, § 7 della Direttiva 2014/24/UE, stante la sua aderenza al chiaro e inequivocabile portato della disciplina europea, di cui la V Sezione ha già fatto applicazione nei precedenti sopra richiamati (Cons. Stato, V, n. 6576/2018; n. 2895/2019) sulla scorta della sua riconosciuta efficacia diretta e verticale nell’ordinamento interno e della conseguente immediata applicabilità.

Deve pertanto concludersi per l’insussistenza dell’omissione dichiarativa relativa alla risoluzione del 2012 opposta dalla sentenza appellata (peraltro ancora in via di contestazione giudiziale), in quanto avvenuta ben oltre il triennio, da computarsi come sopra, ovvero tenendo conto sia della data della risoluzione che di quella di pubblicazione del bando (14 novembre 2018), trovando applicazione il limite di operatività posto dall’art. 57, § 7 della direttiva 2014/24/UE, con conseguente impossibilità di rilevare nei confronti della società l’inadempimento a un obbligo che, come pure osservato dalla Sezione, laddove diversamente inteso, per un verso sarebbe eccessivamente oneroso per l’operatore economico, per altro verso non apporterebbe significativi elementi di conoscenza alla stazione appaltante, trattandosi di vicende professionali ampiamente datate o, comunque, ormai del tutto insignificanti (Cons. Stato, V, n. 5171/2019 e n. 51423/2018, cit.).

Del resto, come emerge anche dalla sentenza appellata, l’azienda non si è sottratta all’obbligo dichiarativo, che ha adempiuto nella misura in cui lo stesso deve ritenersi applicabile secondo quanto sopra rilevato, avendo dichiarato, sia nel DGUE che ai sensi dell’art. 80, d.lgs. n. n. 50 del 2016, una risoluzione contrattuale del 2015, disposta nei suoi confronti dal -OMISSIS-, che la stazione appaltante, disponendo l’aggiudicazione, non ha ritenuto evidentemente rilevante in senso negativo sull’affidabilità del concorrente; anche sotto tale profilo emerge pertanto l’insussistenza del vizio rilevato dal primo giudice.

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