Giurisprudenza e Prassi

ILLECITO ANTITRUST - GIUDIZIO DI AFFIDABILITÀ PROFESSIONALE – PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO DEFINITIVO NECESSARIO (80.5.c)

TAR LAZIO RM SENTENZA 2022

Con riferimento alla censura spiegata nel ricorso sub II in ordine al fatto che le sanzioni AGCM non rientrerebbero tra le notizie da iscrivere nella sezione B del Casellario, il Collegio ritiene sia sufficiente – per un verso – ricordare che ai sensi dell’art. 213, comma 10, d.lgs. n. 50/2016 nel casellario devono essere iscritte tutte le notizie utili «alla verifica dei gravi illeciti professionali di cui all’articolo 80, comma 5, lettera c)» e – per altro verso – richiamare le condivisibili osservazioni svolte nel parere Consiglio di Stato, n. 2616/2018 in ordine al fatto che sebbene l’art. 80 comma 5, d.lgs. n. 50/2016 non menzioni espressamente le sanzioni antitrust «una lettura sistematica di tale comma, laddove in via di principio definisce gli illeciti professionali come (quelli che sono) tali da rendere dubbia l’integrità o l’affidabilità del concorrente, rende possibile e ragionevole – e anche rispettoso del principio di proporzionalità – ricomprendere nella clausola aperta di cui al comma 5 anche l’illecito antitrust sanzionato dall’AGCM».

Con riferimento alla doglianza spiegata nel ricorso sub V, in ordine alla presunta impossibilità di considerare definitiva, nell’accezione del parere Consiglio di Stato n. n. 2616/2018, la sanzione AGCM in pendenza del giudizio di revocazione, il Collegio ritiene che sia del tutto ragionevole considerare come definitiva – ai fini dell’annotazione del Casellario – la sanzione confermata all’esito del giudizio d’appello innanzi al Consiglio di Stato, pur in pendenza del giudizio di revocazione proposto avverso la sentenza d’appello.

Ciò sia in ragione della natura eccezionale del rimedio revocatorio (cfr. Consiglio di Stato, II, 31 maggio 2022 n. 4435), sia per la necessità di evitare che lo stesso diventi uno strumento utilizzato dagli operatori economici per procrastinare sine die l’adozione di provvedimenti da parte dell’ANAC (ai sensi degli art. 213, c. 10, d.lgs. n. 50/2016) e delle stazioni appaltanti (ai sensi dell’art. 80, c. 5, lett. c), d.lgs. n. 50/2016) con evidente pregiudizio per beni di sicuro rilievo costituzionale quali il buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) e la ragionevole durata dei processi (art. 111 Cost.).

D’altronde, una siffatta interpretazione è coerente con alcune indicazioni fornite dal Consiglio di Stato nel parere n. 2616/2018, nel quale è stato espressamente rilevato che «non si dovrebbe reputare non ancora definitivo il provvedimento sanzionatorio, già passato indenne attraverso il giudizio amministrativo, e su cui sia ancora pendente un ricorso per Cassazione», al fine di «evitare un uso strumentale e defatigante di tale rimedio, azionato al solo fine di ritardare ancora per qualche mese, o anche qualche anno, la rilevanza escludente dell’illecito antitrust».

È appena il caso di evidenziare infine che la giurisprudenza amministrativa più recente ha ritenuto che «non è indispensabile che i gravi illeciti professionali da porre a supporto della sanzione espulsiva del concorrente dalla gara ai sensi dell’art. 80, co. 5, lett. c), del D.Lgs. n. 50/2016, o comunque da valutare nel giudizio di affidabilità professionale dell’operatore economico, siano accertati, in caso di illecito antitrust, mediante un provvedimento amministrativo definitivo, da intendersi per tali i provvedimenti inoppugnabili o confermati da sentenze passate in giudicato» (Consiglio di Stato, V, 18 ottobre 2022, n. 8858 e 7 febbraio 2022, n. 845).


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