GRAVE ILLECITO PROFESSIONALE: LA CARENZA DELL' O.E VA PROVATA RICHIAMANDO LE ULTERIORI CONSEGUENZE DERIVANTI DALLA RISOLUZIONE CONTRATTUALE
Il Collegio ritiene di evidenziare che l’art. 98, comma 6, lett. c), laddove prevede che il grave illecito professionale, nella figura consistente in carenze dell’operatore nell’esecuzione di un contratto, vada provato richiamando l’intervenuta risoluzione per inadempimento o la condanna al risarcimento del danno, contiene l’ulteriore richiamo ad “altre conseguenze comparabili”.
Si tratta di una clausola aperta nella misura in cui, da una parte, non esclude che la prova delle gravi carenze nell’esecuzione di un contratto possano risiedere in conseguenze ulteriori rispetto alla risoluzione o alla condanna al risarcimento del danno; dall’altra parte rimette all’interprete la concreta individuazione di quali siano le conseguenze comparabili.
Con l’ulteriore conseguenza che la stazione appaltante deve indicare tali conseguenze, affinché sia soddisfatto il disposto dell’art. 98, comma 8, d.lgs. n. 36/2023, mentre il giudice amministrativo, in considerazione dell’ampia discrezionalità attribuita all’amministrazione in ordine al giudizio di integrità dell’operatore economico, può censurare tale motivazione esclusivamente laddove le circostanze richiamate siano del tutto slegate da un rapporto di consequenzialità con le vicende del precedente contratto, secondo l’id quod plerumque accidit.
La ratio della clausola aperta è, in definitiva, di far sì che l’amministrazione, nel motivare in proposito, non sia libera di indicare fatti pretestuosi, perché privi di attinenza con l’esecuzione di un precedente contratto, ma al contempo non sia vincolata a considerare esclusivamente i casi di risoluzione per inadempimento e risarcimento del danno.
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