Giurisprudenza e Prassi

DICHIARAZIONE PRECEDENTI PROVVEDIMENTI ESCLUSIONE - PERIMETRO OBBLIGO DICHIARATIVO (80.5.c)

TAR LAZIO RM SENTENZA 2022

Rileva il Collegio che il controverso perimetro dell’obbligo dichiarativo di precedenti provvedimenti di esclusione riportati dal partecipante nell’ambito di distinte procedure di affidamento deve intendersi, nella più recente interpretazione della giurisprudenza (Cons. di Stato, sez. V, 10 gennaio 2022 n. 166 e 23 febbraio 2022 n. 1291), così delineato:

- l’art. 80 comma 5 lett. c-bis) del d.lgs. 50/2016 va inteso alla stregua di “norma di chiusura che impone agli operatori economici di portare a conoscenza della stazione appaltante tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, anche non costituenti cause tipizzate di esclusione (Cons. Stato, V, 11 giugno 2018, n. 3592; 25 luglio 2018, n. 4532; 19 novembre 2018, n. 6530; III, 29 novembre 2018, n. 6787)”; tale interpretazione deve ritenersi preferibile e prevalente sulla lettura meno rigorosa della norma secondo la quale sarebbero oggetto di dichiarazione necessaria solo le vicende che abbiano dato luogo a iscrizioni nel casellario Anac in quanto non sarebbe ravvisabile un obbligo dichiarativo in merito a fattispecie non tipizzate;

- a sostegno di tale interpretazione si è espressa anche l’Adunanza Plenaria che, con decisione n. 16 del 28 agosto 2020, “ha dato atto di tale giurisprudenza maggioritaria precisando tuttavia che “intanto una ricostruzione a posteriori degli obblighi dichiarativi può essere ammessa, in quanto si tratti di casi evidentemente incidenti sulla moralità ed affidabilità dell’operatore economico, di cui quest’ultimo doveva ritenersi consapevole e rispetto al quale non sono configurabili esclusioni “a sorpresa” a carico dello stesso”, e che in ogni caso spetta alla stazione appaltante di stabilire, nel caso concreto, se l’operatore economico “ha omesso di fornire informazioni rilevanti, sia perché previste dalla legge o dalla normativa di gara, sia perché evidentemente in grado di incidere sul giudizio di integrità ed affidabilità”;

- costituiscono, pertanto, oggetto di obbligo dichiarativo le vicende che “siano effettivamente funzionali all’espressione del giudizio di integrità ed affidabilità del concorrente, riservato alla stazione appaltante”;

- non costituisce oggetto di obbligo dichiarativo il provvedimento di esclusione da una determinata procedura di gara, in sé considerato; tuttavia, con riferimento ai casi in cui il provvedimento espulsivo sia stato adottato “in conseguenza dell’esercizio del potere discrezionale di altra stazione appaltante, nel caso in cui questa abbia negativamente valutato pregresse risoluzioni o altre vicende professionali” (….) “permane l’obbligo dell’operatore economico di dichiarare i fatti e le vicende che siano state considerate sintomatiche della sua inaffidabilità e mancanza di integrità da parte di altra stazione appaltante. In sintesi, quanto all’esclusione discrezionalmente disposta per grave illecito professionale, il provvedimento di esclusione non è oggetto immediato dell’obbligo dichiarativo e va dichiarato soltanto allo scopo di informare la stazione appaltante della vicenda all’esito della quale è stato adottato; infatti <<è quest’ultima che la stazione appaltante è tenuta ad apprezzare per dire se il concorrente abbia commesso un “grave illecito professionale”, inteso come comportamento contrario ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa, incidente sulla sua affidabilità professionale>> (così Cons. Stato, V, 20 settembre 2021, n. 6407)”.

Rapportando tali principi al caso di specie, rileva il Collegio che l’omessa dichiarazione delle diverse esclusioni indicate in ricorso - non contestate nella loro oggettività né dal RTI controinteressato né dalla stazione appaltante, che nelle proprie difese ne hanno eccepito esclusivamente l’irrilevanza ai fini in esame, sostenendo che in relazione ad esse non sarebbe ipotizzabile alcun obbligo dichiarativo - ha impedito all’ENEA di svolgere le valutazioni di propria competenza in ordine alla idoneità, o meno, delle stesse a costituire indice di inaffidabilità dell’operatore economico.

Deve essere sul punto altresì evidenziato che la citata decisione della Plenaria ha puntualizzato che “qualora sia mancata, una simile valutazione non può essere rimessa al giudice amministrativo. Osta a ciò, nel caso in cui tale valutazione sia mancata, il principio di separazione dei poteri, che in sede processuale trova emersione nel divieto sancito dall'art. 34, comma 2, del codice del processo amministrativo (secondo cui il giudice non può pronunciare “con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”). Laddove invece svolta, operano per essa i consolidati limiti del sindacato di legittimità rispetto a valutazioni di carattere discrezionale in cui l'amministrazione sola è chiamata a fissare "il punto di rottura dell'affidamento nel pregresso e/o futuro contraente”.

Il mancato esercizio dei poteri valutativi della stazione appaltante in ordine alla rilevanza, ai fini della affidabilità dell’operatore economico, delle vicende in forza delle quali i precedenti provvedimenti espulsivi sono stati emanati evidenzia, pertanto, la fondatezza del motivo all’esame con cui si deduce la violazione del più volte citato art. 80 comma 5 lett c-bis) del d.lgs. 50/2016, nella parte in cui prevede quale causa di esclusione l’omissione delle “informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”, non potendo come detto il Collegio sostituirsi all’amministrazione nella valutazione in argomento, stante il divieto scolpito dall’art. 34 comma 2 del c.p.a.

A tale rilievo consegue altresì la necessità di procedere allo scrutinio del ricorso incidentale, essendo lo stesso potenzialmente paralizzante dell’interesse sotteso al ricorso principale.



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