Giurisprudenza e Prassi

FINANZIAMENTI - RICHIESTA AIUTI - TETTO MASSIMO NON SUPERABILE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2021

VIene in tale sede esaminata l’interpretazione data dalla Corte di Giustizia agli articoli 3 e 6 del Regolamento UE 1047/2013.

In particolare, dall’interpretazione data al disposto dell’art. 3, paragrafo 7, si evince che il momento nel quale occorre valutare se il cumulo con altri aiuti superi il massimale «de minimis» è quello della concessione, mentre, dalla formulazione dell’art. 3 paragrafo 4 risulta, altresì, che gli aiuti «de minimis» sono considerati «concessi nel momento in cui all’impresa è accordato, a norma del regime giuridico nazionale applicabile, il diritto di ricevere gli aiuti, indipendentemente dalla data di erogazione degli aiuti “de minimis” all’impresa».

Il momento in cui l’aiuto viene effettivamente concesso creando in capo all’impresa il diritto a riceverlo, che segna anche il limite entro cui il medesimo può essere eventualmente ridotto, deve essere quindi definito dal giudice a quo alla stregua della vigente disciplina nazionale e del bando nazionale di riferimento, che a propria volte devono essere però interpretati in senso conforme alla luce della specifica disciplina euro-unitaria di riferimento.

In particolare, prima di concedere l’aiuto lo Stato, secondo il testo italiano del Regolamento “richiede una dichiarazione all’impresa interessata (…) relativa a qualsiasi altro aiuto “de minimis” ricevuto (…) durante i due esercizi finanziari precedenti e l’esercizio finanziario in corso”, ma, secondo tutte le versioni linguistiche diverse dalla versione italiana lo Stato “concede nuovi aiuti “de minimis” (…) soltanto dopo aver accertato che essi non facciano salire l’importo complessivo degli aiuti “de minimis” concessi all’impresa interessata a un livello superiore al massimale». Secondo l’espressa pronuncia della Corte di Giustizia, “risulta quindi chiaramente da tali disposizioni che il controllo esercitato dagli Stati membri affinché siano rispettate le norme in materia di cumulo deve avvenire prima di concedere l’aiuto”.

Il dato letterale della norma euro-unitaria di riferimento è, quindi, ritenuto chiaro nel sancire che il controllo di verifica dei presupposti deve svolgersi prima di procedere alla concessione del contributo. Ne discende che l’offerta di riduzione del contributo, essendo intervenuta prima della verifica da parte dell’Amministrazione circa il non complessivo superamento dell’importo “de minimis”, è stata effettuata prima della concessione del contributo, conseguendone l’erroneità, e quindi l’illegittimità, del diniego in quanto motivato dall’impossibilità di rinunciare parzialmente a un contributo già erogato, posto che il mero inserimento della lista dei potenziali beneficiari non poteva configurare, secondo l’ordinamento unionale come interpretato dalla Corte di Giustizia, una concessione del contributo almeno fino all’esito favorevole della verifica del non superamento del limite “de minimis”.

Ne consegue la esattezza della sentenza del TAR di annullamento del diniego e, quindi, l’infondatezza dell’appello.

L’appello risulta altresì infondato sotto l’ulteriore profilo evocato dal secondo quesito posto alla Corte di Giustizia. Dalla sopraindicata ricostruzione della disciplina unionale non emerge, in particolare, nessuna disposizione volta ad imporre agli Stati membri di consentire alle imprese di ridurre l’entità del finanziamento richiesto al fine di rientrare nel “de minimis”, dovendo gli Stati membri attenersi al principio di cooperazione di cui all’art. 4, paragrafo 3, TUE e, quindi, agevolare il rispetto delle norme applicabili agli aiuti di Stato «istituendo modalità di controllo tali da garantire che l’importo complessivo degli aiuti “de minimis” concessi a un’impresa unica secondo la norma “de minimis” non superi il massimale complessivo ammissibile».

Ne discende che, una volta garantito il non superamento del massimale complessivo ammissibile, la procedura di concessione degli aiuti rimane disciplinata dalla normativa nazionale, così come disposto dall’art. 3 paragrafo 4 del Regolamento 1047/2013.

Viene quindi in rilievo anche la dedotta violazione, debitamente accertata dal giudice di primo grado, dell’art. 12 della legge n. 241/90 e degli artt. 4, 7, 18, 24 dell’Avviso del 2013, avendo l’INAIL errato nel rigettare l’istanza di riduzione solo perché non espressamente contemplata nell’Avviso pubblico, senza valutare la possibilità di concedere una riduzione dell’aiuto per farla rientrare nella soglia limite, con una motivazione illogica e contraddittoria e con la conseguente lesione dell’aspettativa che aveva indebitamente generato nella ricorrente.

Più in particolare, considera il Collegio che l’attività amministrativa svolta dall’INAIL doveva necessariamente conformarsi, sotto il profilo del diritto nazionale applicabile, ai principi di imparzialità e buon andamento sanciti dall’art. 67 della Costituzione, che implicano la necessità per l’Amministrazione di perseguire nel modo più efficace e tempestivo possibile le specifiche finalità d’interesse pubblico affidate, mediante il completo utilizzo, secondo criteri di efficienza economica, delle risorse finanziarie disponibili.

In tal senso l’INAIL, ente pubblico munito di potestà pubblicistiche finalizzate alla tutela dei lavoratori nei luoghi di lavoro, non poteva neppure parzialmente abdicare al suo ruolo e alla sua stessa ragione di esistenza scegliendo, fra le diverse interpretazioni giuridiche del contesto normativo di riferimento in astratto possibili, quella più distante dal perseguimento delle proprie finalità pubblicistiche ed anche più distante dall’esigenza di tutelare l’affidamento dell’impresa interessata che, secondo la predetta indebita ricostruzione normativa, avrebbe potuto usufruire, al fine di realizzare la progettate misure di tutela della sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro, di un importo pari a di 90.000 Euro a fronte di un importo massimo legittimamente erogabile pari ad Euro 200.000, in contrasto con la ratio della disciplina applicata e dell’Avviso del 2013, volta ad incentivare gli investimenti in materia di sicurezza e salute sul lavoro e non a penalizzare le imprese rispettose della normativa comunitaria applicabile.

In conclusione, così come statuito dal TAR, secondo il vigente diritto euro-unitario e nazionale quando un’impresa faccia legittimamente domanda di un aiuto «de minimis» che, a causa dell’esistenza di aiuti precedenti, porterebbe l’importo complessivo degli aiuti concessi a superare il massimale previsto, l’amministrazione concedente deve consentirle di optare, fino alla definitiva concessione di tale aiuto, per la riduzione del finanziamento richiesto o per la rinuncia, totale o parziale, a precedenti aiuti già percepiti, al fine di non superare tale massimale.


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IMPRESE: I soggetti di cui all'articolo 34, comma 1, lettere a), b) e c), del codice, e le imprese stabilite in Stati diversi dall'Italia di cui all'articolo 47, comma 1, del codice; limitatamente all'ambito disciplinato alla parte II, titolo IV, le imprese ...
REGOLAMENTO: il D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554;
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