Giurisprudenza e Prassi

TABELLE MINISTERIALI NON AGGIORNATE - DETERMINAZIONE COSTO DEL LAVORO NON CORRETTO (23.16)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2022

Con il secondo motivo, …. lamenta, nel merito, violazione degli artt. 23, 35, 54, 95, 97 e 216, comma 4 del d. lgs. 50/2016; segnatamente, assume che, stante la mancata pubblicazione delle nuove tabelle ministeriali approvate, null’altro avrebbe potuto fare che applicare le tabelle previgenti, risalenti all’anno 2013, per giunta facendo espressamente salva, nei capitolati speciali descrittivi, la possibilità di adeguare il costo del lavoro in sede di contratti applicativi dell’aggiudicando accordo quadro, “tenendo conto delle eventuali modifiche intervenute”.

+ Il motivo non persuade.

Importa osservare che, nella vicenda in esame, la stazione appaltante ha utilizzato, per la prefigurazione dei criteri di elaborazione delle offerte, tabelle ministeriali temporalmente risalenti e superate, già al momento della pubblicazione del bando (avvenuta in data 1° luglio 2019), dalla contrattazione collettiva di settore (l’accordo di rinnovo del CCNL Cooperative sociali era divenuto efficace in data 31 maggio 2019).

Orbene, pur dovendosi ribadire che, per consolidato intendimento, i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali ancorate alla contrattazione collettiva di settore costituiscano, di per sé, un mero parametro di valutazione della complessiva adeguatezza e congruità dell'offerta, la quale va acquisita, ai fini dell’apprezzamento dei profili di anomalia, in termini globali ed omnicomprensivi (cfr., tra le molte, Cons. Stato, sez. III, 9 giugno 2020, n. 3694), deve ritenersi obiettivamente irragionevole ed incongrua – a fronte della circostanza gli accordi sindacali avessero apprezzabilmente incrementato, per il settore di riferimento, la quantificazione parametrica delle voci di costo del personale (mediamente, del 6%, giusta le risultanze documentali) – la scelta di conservare, per gli operatori economici interessati alla formalizzazione di una proposta negoziale competitiva, il dato storico superato, risalente a sei anni addietro e non aggiornato.

Del resto, merita rimarcare che la stessa disciplina regolamentare, approvata da Roma Capitale con la delibera consiliare n. 135/2000 (integrata dalla successiva delibera n.191/2015), prevede (art. 1, lettera c) che, ai fini della “determinazione dei criteri economici per l’aggiudicazione” dei contratti, la fissazione dei “corrispettivi delle prestazioni richieste” avrebbe dovuto essere ancorata al “costo del lavoro riferito alle tabelle aggiornate dei CCNL”: con ciò ribadendo, con disposizione prescrittiva ed autovincolante (e, in ogni caso, conforme ai richiamati principi generali), la preclusione alla valorizzazione di parametri tabellari non aggiornati.

A diverso intendimento non può, del resto, indurre la circostanza che, trattandosi di accordo quadro e, quindi, di accordo meramente programmatico, le imprese aggiudicatarie avrebbero in tesi potuto (anche in forza della espressa previsione capitolare, che recava, in tali sensi, una positiva apertura alle sopravvenienze) rimodulare ed aggiornare, volta a volta, il tenore della proposta economica in sede di contratti attuativi, anche tenendo conto dei nuovi parametri tabellari: di là da ogni altro rilievo, è invero sufficiente osservare che la lesività della lex specialis - che, nei sensi chiariti, ne autorizza l’immediata impugnazione – si misura sulla sua attitudine a condizionare a priori la stessa formulazione di una offerta competitiva per l’aggiudicazione del contratto normativo.



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