Giurisprudenza e Prassi

PRIME INTERPRETAZIONI SULLA CORRETTA INDICAZIONE DEL COSTO DEL LAVORO SIA LATO PA CHE LATO OE (41.14)

TAR VENETO VE SENTENZA 2023

Deve poi essere sottolineato che “una [eventuale] sottostima degli effettivi costi ricadenti nelle tipologie richiamate nell’articolo 95 comma 10 non giustifica l’applicazione della sanzione espulsiva atteso che la sanzione espulsiva può conseguire solo dall’assoluta mancata indicazione nell’offerta degli stessi costi aziendali ovvero dall’incongruità dell’offerta verificata dalla stazione appaltante nel giudizio di anomalia (cfr. Cons. St., sez. V, 7 marzo 2020, n. 1918)” (Cons. St., Sez. III, 26 ottobre 2020, n. 6530), con la conseguenza che l’indicazione di un importo inferiore all’ammontare minimo calcolato, in via presuntiva, dall’Amministrazione non produce un automatismo escludente, né determina i presupposti per l’avvio della verifica di anomalia (specie quando non sia stata dimostrata la mancanza di un utile d’impresa), residuando – come detto – il mero dovere di accertare la congruità dei costi (rispetto alle tabelle salariali) ai fini dell’osservanza delle tutele dei lavoratori (verifica che la stazione appaltante ha ritualmente eseguito con esito positivo).

Si è del resto osservato che "il divieto di ribasso sulla manodopera […] si pone in senso antitetico alla libertà d'impresa ed opera a danno della piccola e media impresa, favorendo la standardizzazione dei costi vero l'alto (e imponendo per converso l'applicazione del ccnl individuato dalla stazione appaltante, quanto meno nella parte economica), a vantaggio delle imprese più strutturate e, potenzialmente, a danno della stessa stazione appaltante, che sconterà un minore ribasso. Al contrario, il sistema delineato dall'art. 97, co. 6 D.Lgs. n. 50/2016 non comporta alcuna deminutio di tutela per le maestranze, giacché sussiste sia l'obbligo (per il concorrente) del rispetto degli oneri inderogabili, in ordine al quale non sono ammesse giustificazioni non aventi fondamento normativo, sia quello della stazione appaltante di approntare, sia durante l'iter selettivo (es. verifica obbligatoria sul rispetto del costo del lavoro ex art. 95, co. 10, secondo periodo d.lgs. n. 50/2016, e verifica di anomalia, obbligatoria o facoltativa a seconda delle ipotesi previste all'art. 97 d.lgs. n. 50/2016), sia durante l'esecuzione del contratto, i previsti controlli" (T.A.R. Campania, Salerno, 18 maggio 2021, n. 1249).

A tali considerazioni deve poi aggiungersi che l'obbligo, incombente sulla stazione appaltante, di indicare i costi per il personale, desumibili dalle tabelle appositamente redatte dal competente Ministero, dal C.C.N.L. ovvero dai dati ricavati dalle precedenti gestioni del servizio, è pur sempre preordinato alla sola definizione della base d'asta, e non può incidere in modo vincolante sui costi della manodopera. Come osserva la giurisprudenza, “tali costi, infatti, appartengono, in maniera diversificata, a ciascuna impresa, nella propria irriducibile specificità organizzativa e commerciale e non possono essere imposti dalla stazione appaltante, tanto meno a pena di esclusione, dal momento che l'imposizione di un costo minimo della manodopera finirebbe per vincolare l'operatore concorrente proprio all'applicazione del C.c.n.l. individuato dalla stazione appaltante (o dalle tabelle ministeriali), quanto meno per la componente economica dello stesso, con inammissibile condizionamento della libertà d'impresa”(T.A.R. Abruzzo, Pescara, 26 aprile 2023, n. 152). D’altro canto, nelle linee guida n. 13 (deliberazione n. 114 del 2019), in tema di clausole sociali, l’ANAC ha escluso che le stazioni appaltanti possano imporre, in sede di gara, l'applicazione di un determinato C.C.N.L., a conferma che, fermo il rispetto dei minimi, la definizione dell’inquadramento e (riguardo al caso in esame) del trattamento retributivo, nonché la ripartizione e la gestione delle risorse umane attengono ad aspetti dell’organizzazione dei fattori produttivi che costituiscono esercizio della libertà d’impresa, insuscettibile di sindacato se non per le finalità (essenzialmente di tutela della manodopera) e nei limiti sin qui delineati.

Ne consegue che l’indicazione di un ammontare complessivo dei costi del personale inferiore al minimo stimato dalla stazione appaltante, nella fase di indizione della gara, non produce di per sé alcun effetto escludente se, come accertato, tale indicazione non si pone in violazione dell’obbligo di garantire ai lavoratori la retribuzione minima stabilita dal contratto collettivo applicato, in relazione all’inquadramento attribuito a ciascuno di essi.

Né il discostamento del costo, rispetto al minimo stimato dall’Amministrazione in sede di individuazione della base d’asta (ovvero desumibile da tabelle riferibili al settore di riferimento), appare irragionevole o ingiustificato, tenuto conto della plausibile riorganizzazione del servizio di refezione scolastica e della minore incidenza degli obblighi di distanziamento dovuti al venir meno della recente emergenza sanitaria (che sino al 2021 aveva richiesto l’adozione di onerose misure, tra le quali la suddivisione degli alunni in un doppio turno, onde consentire la somministrazione in sicurezza dei pasti), con la conseguente possibilità di reintrodurre un turno unico e contenere, in tale modo, l’impiego numerico e orario del personale.

Deve essere ancora considerato come l’utilizzo del centro di cottura di Padova, da parte di Sodexo, interamente dedicato alla refezione scolastica (diversamente da quello di Euroristorazione, utilizzato promiscuamente anche per le mense aziendali) consente ragionevolmente il conseguimento di apprezzabili economie di scala, capaci di determinare un’ulteriore diminuzione dell’incidenza dei costi del personale.

Non è inoltre fondato l’ulteriore rilievo, secondo il quale l’inattendibilità dei costi della manodopera andrebbe desunta dal confronto con l’incidenza (maggiore) dei medesimi costi dichiarati dalla controinteressata, nelle gare aventi ad oggetto servizi di refezione scolastica bandite presso altri comuni vicini, la cui specificità (ad es. sotto il profilo dell’organizzazione) non consente di estrarre dati utilizzabili ai fini dell’auspicato confronto.



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