Giurisprudenza e Prassi

CLAUSOLA DEL BANDO IN CONTRASTO CON LA NORMATIVA COMUNITARIA: VA IMPUGNATA E NON PUO' ESSERE DISAPPLICATA (68)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2024

Viene censurata la sentenza di primo grado nella parte in cui, con riferimento alla questione del contestato mancato possesso dei requisiti di qualificazione in misura maggioritaria per tutte le categorie di lavori in capo alla mandataria , facendo applicazione della sentenza della Corte di Giustiziasez. IV, 28 aprile 2022, C-642/20 (secondo la quale “L’articolo 63 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale secondo la quale l’impresa mandataria di un raggruppamento di operatori economici partecipante a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico deve possedere i requisiti previsti nel bando di gara ed eseguire le prestazioni di tale appalto in misura maggioritaria.”), ha affermato la disapplicazione delle norme di diritto interno che si pongano in contrasto con il suindicato art. 63 della direttiva 2014/24/UE, con la conseguenza che la prescrizione della lex specialis, che, facendo applicazione dell’art. 92, comma 2, del d.P.R. n. 207/2010, impone il possesso dei requisiti in misura percentuale superiore in capo alla mandataria, è illegittima.

L’appello pone la questione della tipologia di vizio da cui è affetto il provvedimento amministrativo contrario al diritto europeo (c.d. anti-comunitario o anti-europeo) e del rimedio esperibile per via giurisdizionale dalla parte privata che ne sia pregiudicata.

Tale questione è oggetto di dibattito dottrinale e giurisprudenziale, che ha individuato diversi rimedi, a seconda delle varie elaborazioni concernenti i rapporti tra ordinamento interno e ordinamento sovranazionale.

L’interpretazione prevalente ha oramai abbandonato la teoria della nullità per violazione dell’art. 21 septies della legge n. 241 del 1990 e quella della necessaria disapplicazione del provvedimento amministrativo in analogia alla disapplicazione della fonte normativa primaria in contrasto col diritto comunitario, per approdare alla configurazione del vizio come di illegittimità per violazione di legge, con conseguente annullabilità per via giurisdizionale ai sensi dell’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990 (ed eventualmente in autotutela ai sensi dell’art. 21 nonies della stessa legge, estranea al presente giudizio).

Si tratta di approdo interpretativo valido sia per la violazione c.d. diretta, prodotta cioè direttamente dal provvedimento amministrativo contrario al diritto dell’Unione, sia per la violazione c.d. indiretta, prodotta in via mediata dal provvedimento amministrativo conforme ad una norma di legge interna incompatibile con quel diritto, come nel caso di specie.

In entrambi i casi il vizio è riconducibile alla violazione di legge in ragione della tendenziale unitarietà dei due ordinamenti, sia pure con la prevalenza di quello europeo sancita dagli artt. 11 e 117 della Costituzione.

Tale clausola deve pertanto essere impugnata nel termine di trenta giorni dalla sua pubblicazione. In mancanza il giudice amministrativo deve dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione e non può disapplicare la clausola per contrasto con il diritto dell’Unione Europea (nel caso di specie affermato dalla sentenza Caruter), in quanto il bando illegittimo non può essere rimosso per via giudiziaria una volta che le sue previsioni siano divenute stabili per la mancata tempestiva impugnazione.

Più nel dettaglio, va affermato che va impugnato, e non può essere soltanto “disapplicato”, il bando di una procedura ad evidenza pubblica contenente una clausola escludente che, applicando una norma di legge nazionale ritenuta dalla Corte di Giustizia in contrasto col diritto dell’Unione, ne impone l’osservanza nella singola gara; qualora poi si tratti, come nel caso di specie, di una clausola immediatamente escludente, l’impugnazione del bando deve essere proposta nel termine di trenta giorni dalla sua pubblicazione ai sensi dell’art. 120, comma 5, c.p.a..



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