Giurisprudenza e Prassi

SCELTA CCNL DA APPLICARE - LIBERTA' IMPRENDITORIALE (30.4)

TAR CALABRIA CZ SENTENZA 2020

L’applicazione di un determinato contratto collettivo rientra nelle prerogative dell’imprenditore e nella libertà negoziale delle parti, risultando sufficiente che sia rispettata la coerenza del contratto nazionale applicato con l’oggetto dell’appalto posto in gara, secondo quanto stabilito dall’art. 30, comma 4, d.lgs. 50/2016. Nel caso in esame, non può essere revocato in dubbio che il CCNL CISLA/UNCI rispecchi tale crisma, trattandosi del contratto collettivo sottoscritto all’Unione Nazionale Cooperative Italiane (UNCI) e generalmente applicabile ai dipendenti delle cooperative sociali nel terzo settore. È inoltre logico che Coopservice, in quanto associata UNCI, applichi il contratto collettivo da questa sottoscritto.

Conseguentemente, non può reputarsi anomala un’offerta quando essa sia riconducibile al minor costo del lavoro per il contratto applicato dall’offerente al proprio personale, rispetto a quello applicato da altra impresa (cfr. ex multis T.A.R. Reggio Calabria, Sez. I, 11.2.2020, n. 95; T.A.R. Napoli, Sez. II, 11.12.2019, n. 5892; Cons. Stato, Sez. V, 12.9.2019, n. 6148; Cons. Stato, Sez. V, 28.5.2019, n. 3487).

Nè può assumere rilievo, ai fini del presente giudizio, che i minimi salariali prescritti dal CCNL CISLA/UNCI siano inferiori rispetto al CCNL Multiservizi. L’asserzione sembra sottendere un giudizio d’invalidità del contratto collettivo UNCI, in quanto non rispettoso dei canoni di proporzionalità e adeguatezza delle retribuzioni sanciti dall’art. 36 cost. Tuttavia, né alla stazione appaltante né tantomeno al giudice amministrativo compete lo scrutinio di legittimità di un determinato contratto collettivo, questa essendo una questione rimessa alla cognizione del giudice del lavoro. In presenza – come nel caso di specie – di un contratto collettivo efficace e coerente con l’appalto oggetto di gara, non può impedirsi a un operatore economico di porre i relativi parametri retributivi alla base della propria offerta economica. L’art. 97, comma 6, d.lgs. 97/2016, laddove prescrive che “non sono ammesse giustificazioni in relazione ai trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge” va inteso nel senso che non è permesso ad un operatore economico giustificare la congruità dell’offerta adducendo uno scostamento dal contratto collettivo concretamente applicato ai propri lavoratori, non anche nel senso di imporre all’operatore economico di assicurare delle retribuzioni maggiori per il sol fatto che un diverso contratto collettivo, in ipotesi maggiormente rappresentativo, stabilisca un trattamento salariale più favorevole. La ricorrente pretende di dedurre dall’art. 97, comma 6, d.lgs. 50/2016 che ogni impresa partecipante a un pubblico appalto debba adeguarsi, sotto pena di esclusione dalla gara, alla retribuzione minima fissata non dal contratto collettivo da questa applicato bensì dalla contrattazione collettiva di maggioranza. Se così fosse, però, in primis la stazione appaltante e poi il giudice amministrativo sarebbero chiamati a verificare la capacità del singolo contratto collettivo di derogare in peius ad altri contratti collettivi, dunque a effettuare un’analisi che, oltre a competere al giudice del lavoro, palesemente trascende il fine del giudizio di anomalia, teso unicamente alla verifica dell’attendibilità delle voci di costo e della sostenibilità complessiva dell’offerta economica presentata.

Da ultimo, occorre escludere la rilevanza, ai fini del giudizio di anomalia, della clausola sociale presente nel capitolato speciale d’appalto, giacché – come anche recentemente affermato in giurisprudenza – essa non comporta l’obbligo per l’impresa aggiudicataria di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata alle medesime condizioni il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria (Cons. Stato, Sez. V, 12.9.2019, n. 6148; Cons. Stato, Sez. III, 18.9.2018, n. 5444; Cons. Stato, Sez. V, 17.1.2018, n. 272; Cons. Stato, Sez. V, 18.7.2017, n. 3554; Cons. Stato, Sez. III, 9.12.2015 n. 5597, secondo cui “la c.d. "clausola sociale" non può imporre all’impresa subentrante in una gara pubblica di prescegliere un determinato contratto collettivo, potendo essa scegliere invece un contratto collettivo diverso, applicabile all’oggetto dell’appalto e che salvaguardi i livelli retributivi dei lavoratori riassorbiti in modo adeguato e congruo”). In tale prospettiva, va escluso che in virtù della clausola sociale inserita negli atti di gara l’aggiudicataria sia tenuta all’applicazione di un contratto collettivo diverso rispetto a quello di appartenenza, come anche va escluso che il mancato mantenimento del contratto collettivo per i lavoratori da riassorbire sia indice di anomalia dell’offerta (Cons. Stato, Sez. V, 12.9.2019, n. 6148; Cons. Stato, Sez. III, 18.9.2018, n. 5444).

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LEGGE: la legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni ed integrazioni;
OPERATORE ECONOMICO: Ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. p) del Codice: una persona fisica o giuridica, un ente pubblico, un raggruppamento di tali persone o enti, compresa qualsiasi associazione temporanea di imprese, un ente senza personalità giuridica, ivi compreso il...
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