Giurisprudenza e Prassi

DETERMINAZIONE DELLA BASE D’ASTA – ELEMENTO DISCREZIONALE DELLA PA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2022

Con riferimento al primo motivo, occorre prendere abbrivio dai consolidati arresti decisori della giurisprudenza, anche di questa Sezione, a mente dei quali “la determinazione del contenuto del bando di gara costituisce espressione del potere discrezionale in base al quale l'Amministrazione può effettuare scelte riguardanti gli strumenti e le misure più adeguati, opportuni, congrui, efficienti ed efficaci ai fini del corretto ed effettivo perseguimento dell'interesse pubblico concreto, oggetto dell'appalto da affidare; le scelte così operate, ampiamente discrezionali, impingono nel merito dell'azione amministrativa e si sottraggono, pertanto, al sindacato del giudice amministrativo, salvo che non siano ictu oculi manifestamente irragionevoli, irrazionali, arbitrarie o sproporzionate, specie avuto riguardo alla specificità dell'oggetto e all'esigenza di non restringere la platea dei potenziali concorrenti e di non precostituire situazioni di privilegi. Nel settore degli appalti pubblici, infatti, le valutazioni tecniche, come quelle che riguardano la determinazione della base d'asta, in quanto espressione di discrezionalità tecnica, sono sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano manifestamente illogiche, irrazionali, irragionevoli, arbitrarie ovvero fondate su di un altrettanto palese e manifesto travisamento dei fatti, che non può dedursi dalla presentazione di conteggi e simulazioni, unilateralmente predisposti dalla parte, che non evidenziano alcun manifesto errore logico o di ragionevolezza e che, comunque, non dimostrano un'impossibilità oggettiva, a carico di ogni potenziale concorrente, di presentare un'offerta, ma dimostrano semplicemente l'impossibilità soltanto per l'attuale appellante, di presentare un'offerta, il che è irrilevante ai fini della valutazione della legittimità della procedura di gara” (Cons. St., III, 28.12.2020, n. 8359; Consiglio di Stato sez. V, 22/10/2018, n.6006).

Sul punto, vale soggiungere che l’onere della prova circa l’irragionevolezza, l’arbitrarietà e l’abnormità delle regole di gara, gravante sul ricorrente, non può che essere declinato in termini particolarmente rigorosi, implicando che la contestazione sia effettuata sulla base di imprescindibili e univoci elementi probatori suscettibili di evidenziare, in maniera oggettiva e manifesta, la sussistenza di eventuali palesi errori logici nelle decisioni adottate dalla stazione appaltante.

Orbene, orientando il proprio sindacato all’interno della cornice giuridica di riferimento come appena ricostruita, ritiene il Collegio che nel costrutto giuridico attoreo una dimostrazione dei presunti vizi che inficerebbero, nei termini suesposti, gli atti organizzativi della gara non sia stata adeguatamente offerta.

E, invero, come già opposto in prime cure, la pur suggestiva prospettazione dell’appellante sembra piuttosto voler accreditare come dato obiettivo e cogente la propria posizione soggettiva di non condivisione delle scelte discrezionali dell’Amministrazione, di fatto tentando di sovrapporre le proprie valutazioni, non adeguatamente suffragate da basi dimostrative inoppugnabili, alle determinazioni assunte dalla stazione appaltante, che, per le ragioni di seguito esposte, risultano – in disparte i profili di condivisibilità - a ben vedere immuni da evidenti vizi di irragionevolezza, arbitrarietà e abnormità.


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