Giurisprudenza e Prassi

PROVVEDIMENTO SANZIONATORIO ANTITRUST - ESCLUSIONE CONCORRENTE DA GARA D'APPALTO (80.5.c)

TAR LAZIO SENTENZA 2023

Parte ricorrente sostiene che la S.A. non avrebbe dovuto escluderla dalla procedura di gara in quanto il provvedimento adottato con delibera dell’AGCM del 17 aprile n. 27646, pur confermato dal TAR del Lazio - che lo aveva annullato in parte solo con riferimento alla quantificazione della sanzione comminata - era ancora sub iudice. Inoltre ha sostenuto la S.A. avesse omesso di valutare autonomamente il provvedimento sanzionatorio, sotto il profilo della pertinenza e rilevanza, giungendo ad un’automatica ed aprioristica esclusione. Infine ha contestato la mancata valutazione delle misure di self-cleaning implementate dalla ricorrente, sulla base dell’assunto che si trattava di iniziative successive alla partecipazione alla procedura di gara.

Ebbene, con riferimento alla valenza da attribuire ai provvedimenti sanzionatori emessi da un’autorità antitrust nazionale è nota la presenza di articolato dibattito che è culminato nella pronuncia resa dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea, IX, 4 giugno 2019 nella causa C-425/18 che ha concluso "la commissione di un'infrazione alle norme in materia di concorrenza, in particolare, quando tale infrazione è stata sanzionata con un'ammenda, costituisce una causa di esclusione rientrante nell'articolo 45, paragrafo 2, primo comma, lettera d) della direttiva 2004/18". Alla luce della richiamata pronuncia della Corte di Giustizia, quindi, è ora indubbio che per "errore grave nell'esercizio dell'attività professionale" si intenda anche l'intesa anticorrenziale conclusa dall'operatore economico al fine di alterare a suo favore il libero dispiegarsi della concorrenzialità nell'ambito di una precedente procedura di gara.

Sempre la pronuncia sopra citata ha chiarito anche che, ai fini della valutazione della sussistenza del grave errore, non occorre che la condotta sia stata sanzionata con "provvedimento confermato da un organo giurisdizionale", senza che ne sia necessaria la definitività (Cons. Stato, V, n. 2260 del 2020, per la rilevanza nella valutazione che occupa di un accertamento non ancora "definitivo" nei sensi considerati, si veda anche Cons. St., sez. V, sent. 24 febbraio 2020, n. 1381).

L'art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50/16, infatti, consente alla stazione appaltante di accertare "con mezzi adeguati" che l’operatore si è reso colpevole di un "grave illecito professionale tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”, senza restrizioni ai soli provvedimenti inoppugnabili o confermati da sentenze passate in giudicato; diversamente, la norma si porrebbe in contrasto con il dato normativo (cfr. sul punto, seppur con riferimento al previgente d.lgs. n. 163/06 Cons. Stato, V, 21 gennaio 2020, n. 478 , oltre che, più di recente Consiglio di Stato, sez. V, 07 febbraio 2022, , n. 845).

Occorre, tuttavia, che nel fondare il proprio giudizio, la S.A. effettui un’autonoma valutazione della rilevanza dell’illecito sanzionato, senza che ne derivi alcun automatismo espulsivo e ciò in quanto l’accertamento della sussistenza di un errore grave necessita di una valutazione specifica e concreta del comportamento dell’operatore economico interessato dal provvedimento. L’importanza del principio di proporzionalità è stata sottolineata anche dall’ANAC (si veda, in proposito, il parere emesso in sede di precontenzioso delibera n. 231 del 4 marzo 2020) che riallacciandosi ai principi dettati dalla sopra richiamata pronuncia della Corte di Giustizia ha sottolineato il ruolo rivestito dalla stazione appaltante, alla quale spetta in via esclusiva valutare in concreto non solo se sussista un motivo di esclusione di un operatore economico ex art. 80, co. 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016, ma anche se le misure di self-cleaning eventualmente adottate siano idonee e sufficienti a ristabilire la sua integrità o affidabilità professionale; è rimesso all’amministrazione aggiudicatrice, quindi, la valutazione dei rischi cui potrebbe essere esposta aggiudicando l’appalto ad un concorrente di cui si dubita la serietà.

Ciò posto, da tali premesse si ricava come tale valutazione è espressione di ampia discrezionalità con la conseguenza che la motivazione dell’esclusione deve esplicitare le conclusioni della S.A. in modo chiaro e intellegibile dall’operatore economico, con adeguata e puntale motivazione, non essendo sufficiente un mero rinvio al provvedimento dell’AGCM e alle conclusioni ivi raggiunte, ma dovendo la rilevanza dell’illecito commesso essere calata nel caso concreto esaminato dalla S.A. (cfr. ancora Cons. Stato, sez. V, sent. 6/04/2020, n. 2260).

Il giudizio espresso dall’amministrazione aggiudicatrice è così censurabile in sede giurisdizionale qualora ricorrano profili di illogicità, irrazionalità, abnormità o travisamento dei fatti, mentre la sfera del merito (puramente discrezionale) è riservata all'amministrazione e non è sindacabile dal giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 134 c.p.a, non essendo evidentemente consentito, in sede di impugnazione dell’esclusione, procedere al riesame nel merito delle circostanze concrete esaminate dall’amministrazione, sconfinandosi altrimenti in un indebito sindacato giurisdizionale della discrezionalità amministrativa. Ne consegue che il sindacato che il giudice amministrativo è chiamato a compiere sulle motivazioni di tale apprezzamento deve essere mantenuto sul piano della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto compiuta in termini di non manifesta abnormità, contraddittorietà o contrarietà a norme imperative di legge nella valutazione degli elementi di fatto, non potendosi accedere a una mera non condivisibilità della valutazione stessa (Consiglio di Stato, Sez. V, 27 ottobre 2021, n. 7223).

Da un punto di vista contenutistico, la giurisprudenza (cfr. sul punto Cons. Stato, Sez. V, sent. 21/01/2020, n. 479) ha quindi ritenuto che è necessario (ma anche sufficiente) che la motivazione della stazione appaltante contenga: “a) l’indicazione dell'idoneità della fonte tramite cui ha avuto conoscenza dell’illecito commesso; b) la verifica di pertinenza dei fatti ai fini della loro attitudine a riflettere la negligenza o la mala fede del concorrente; c) il controllo della loro rilevanza, anche quanto a gravità, da valutarsi (come anticipato) non riportandosi pedissequamente al provvedimento sanzionatorio dell’AGCM, ma svolgendo un giudizio autonomo sugli elementi di fatto acquisiti e sulle ripercussioni idonee ad incidere negativamente sul rapporto di fiducia tra contraente pubblico e privato.”.

Tra gli elementi di valutazione che possono essere valorizzati dalla S.A. nell’esprimere il suo giudizio rientrano senz’altro anche le c.d. misure di self- cleaning che rappresentano le iniziative poste in essere dall’operatore economico al fine di evitare che le condotte oggetto di provvedimento sanzionatorio possano ripetersi in futuro. In proposito la giurisprudenza amministrativa più recente, osserva che è ragionevole ritenere che: “le misure c.d. di self cleaning abbiano effetto pro futuro, ossia per la partecipazione a gare successive all'adozione delle misure stesse, essendo inimmaginabile un loro effetto retroattivo. Solo dopo l'adozione delle stesse la stazione appaltante può, infatti, essere ritenuta al riparo dalla ripetizione di pratiche scorrette ad opera degli stessi organi sociali, posto anche che l'atto sanzionatorio remunera una condotta ormai perfezionata in ogni elemento.” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, sent. 22/07/2021, n. 5517 e, nello stesso sento anche Cons. Stato, Sez. III, sent. 11/01/2022, n. 183; Cons. Stato, Sez. III, sent. 11/01/2022, n. 191; Cons. Stato, Sez. III, sent. 11/01/2022, n. 198).

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