Giurisprudenza e Prassi

RISOLUZIONE CONTRATTUALE - ISCRIZIONE ANNOTAZIONE ANAC - LEGITTIMA SOLO SE CORRETTO IL PROCEDIMENTO DELLA PA

TAR LAZIO SENTENZA 2024

La rilevanza dei provvedimenti di risoluzione ai fini della funzione di pubblicità-notizia assolta dal casellario (TAR Roma, I, 24 aprile 2018, n. 4577) discende dal loro essere espressione di «significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione», assunte dall’art. 80, co. 5, lett. c-ter, del d.lgs. 50/2016 tra gli elementi di valutazione sui quali una stazione appaltante può legittimamente fondare la decisione di escludere un operatore economico ritenuto «inaffidabile», che non dia adeguate garanzie di corretta esecuzione della commessa.

L’astratta previsione dell’utilità dell’annotazione di una risoluzione contrattuale è, però, temperata dall’esigenza di evitare l’inserimento nel casellario di notizie e informazioni che siano scarsamente rappresentative della realtà imprenditoriale alla quale la segnalazione si riferisce e idonee, pertanto, a dare un’immagine distorta dell’operatore economico, perché poco o per nulla aderente alle capacità e qualità effettivamente possedute, fuorviando le altre stazioni appaltanti e «incidendo comunque in maniera mai “indolore” nella vita dell’impresa, anche nella forma che non prevede l’automatica esclusione o la conseguente interdizione dalla gare pubbliche, perché comunque rilevante sia sotto il profilo dell’”immagine” sia sotto quello dell’aggravamento della partecipazione a selezioni pubbliche» (TAR Roma, III, 29 marzo 2013, n. 3233).

Già l’art. 18 del regolamento per la gestione del casellario ammette, pertanto, l’archiviazione del procedimento in caso di notizie collegate a segnalazioni «manifestamente infondate» (lett. a) o «inconferenti» (lett. b). La giurisprudenza amministrativa ha, poi, ulteriormente specificato le condizioni in presenza delle quali la notizia, ancorché riferita ad una risoluzione contrattuale, non merita di essere inserita nel casellario, chiarendo che «[s]e è vero…che la risoluzione del contratto disposta da una Stazione appaltante costituisce un’ipotesi tipica di annotazione rispetto alla quale può riconoscersi ad Anac un’attenuazione dell’obbligo di motivazione in ordine all’utilità della notizia, è altrettanto vero che – in presenza di fattispecie connotate da evidenti elementi di “straordinarietà”… – il giudizio sull’effettiva rilevanza del fatto, ovvero “sull’utilità in concreto” della notizia, per la valutazione delle S.A. in ordine all’affidabilità dell’operatore economico (che deve sempre essere svolto dall’Autorità), non può prescindere da un’attenta considerazione delle circostanze concrete in cui è stato adottato il provvedimento di risoluzione» (T.A.R. Roma, I-Q, 9 marzo 2023, n. 3945).

Nel caso delle risoluzioni contrattuali, di cui all’art. 108, co. 3, del d.lgs. n. 50/2016, ciò si verifica quando l’amministrazione ricorra a tale strumento di «autotutela privatistica» (Cons. Stato, Ad. Pl., 29 gennaio 2014, n. 6), con il quale determina lo scioglimento unilaterale del vincolo contrattuale, in assenza dei relativi presupposti giustificativi, cioè quando non siano ravvisabili nella condotta dell’operatore economico gli estremi dell’«imputabilità» dell’inadempimento ex art. 1218 c.c., «a causa dell’impossibilità di eseguire la prestazione, ai sensi dell’art. 1256 c.c., oppure perché la sua “inerzia” rappresenta una reazione ad un precedente inadempimento della stazione appaltante, alla stregua dei criteri indicati dall’art. 1460 c.c.» (TAR Roma, I-Q, 11 marzo 2024, n. 4788), ovvero quest’ultimo non abbia i caratteri della «gravità» ex art. 1455 c.c, «non potendo la rescissione essere utilizzata dall'Amministrazione per far valere inadempimenti minori dell'appaltatore e non rispondere di propri più gravi inadempimenti che, nell'economia complessiva del contratto, ne giustificherebbero la risoluzione per sua colpa» (Cass. civ., I, 4 febbraio 2000, n. 1217).

Al fine di garantire che il potere di risoluzione contrattuale riconosciuto alla pubblica amministrazione venga esercitato all’esito di un accurato accertamento della situazione di fatto e di un’attenta valutazione degli interessi in gioco, il legislatore ha inteso presidiare, con l’art. 108, co. 3 e 4, del d.lgs. 50/2016 (e, oggi, con l’art. 122, co. 3 e 4, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, ed il suo allegato II.14), la decisione di sciogliere il contratto - ancorché questa non abbia formalmente «natura provvedimentale» ed operi nell’ambito delle «posizioni paritetiche» delle parti (Cass. civ., Sez. Unite, 10 gennaio 2019, n. 489) - con alcuni vincoli procedimentali, innestando, all’interno della fase di controllo sull’esecuzione del contratto di appalto, moduli pubblicistici, che contemplano il necessario intervento di alcuni organi del procedimento, un effettivo contraddittorio con l’appaltatore ed un’articolata fase istruttoria.

L’art. 108, co. 3, del d.lgs. n. 50/2016, prevede, infatti, che «Il direttore dei lavori o il responsabile dell'esecuzione del contratto, se nominato, quando accerta un grave inadempimento alle obbligazioni contrattuali da parte dell'appaltatore, tale da comprometterne la buona riuscita delle prestazioni, invia al responsabile del procedimento una relazione particolareggiata, corredata dei documenti necessari, indicando la stima dei lavori eseguiti regolarmente, il cui importo può essere riconosciuto all'appaltatore. Egli formula, altresì, la contestazione degli addebiti all'appaltatore, assegnando un termine non inferiore a quindici giorni per la presentazione delle proprie controdeduzioni al responsabile del procedimento. Acquisite e valutate negativamente le predette controdeduzioni, ovvero scaduto il termine senza che l'appaltatore abbia risposto, la stazione appaltante su proposta del responsabile del procedimento dichiara risolto il contratto».

Nel momento in cui la procedura seguita dalla stazione appaltante per addivenire alla risoluzione tradisca platealmente la violazione di tali regole, risultano evidentemente integrati quegli «elementi di straordinarietà» che devono indurre l’A.n.a.c. ad astenersi dall’annotazione, coerentemente con l’orientamento di questo Tribunale, secondo il quale, pur non avendo l’A.n.a.c. la possibilità e il dovere di entrare nel merito delle reciproche contestazioni delle parti in conflitto, cionondimeno la stessa può e deve intercettare «palesi violazioni procedimentali da parte del committente pubblico nella fase istruttoria della contestazione degli addebiti, come il mancato rispetto del contraddittorio, ovvero vizi di forma del provvedimento di risoluzione immediatamente identificabili, come gravi lacune motivazionali, che assurgono a indizi sintomatici di un utilizzo distorto del potere di risoluzione contrattuale» (TAR Roma, I-Q, 25 marzo 2024, n. 5834).

Ad avviso di questo Collegio, nella vicenda in discussione, come denunciato dalla ricorrente, l’A.n.a.c. non ha fatto buon governo di tali principi, determinandosi per l’annotazione pur in presenza di quelle «vistose anomalie» del procedimento di risoluzione già rilevate nell’ordinanza cautelare n. 1087/2024.



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