Giurisprudenza e Prassi

LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE DELLA CONCEDENTE CAUSA DI ESCLUSIONE DELL’AFFITTUARIA SOLO SE CONTINUITÀ SOSTANZIALE (94.5.d)

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2025

Per la fattispecie come quella in esame, in cui l’affitto di azienda è successivo al fallimento e risulta concesso dagli organi fallimentari, va escluso che, in caso di liquidazione giudiziale della concedente il ramo d’azienda, possa trovare applicazione il principio del contagio , rilevando che: “Né la mancanza di una disposizione ad hoc che contempli espressamente tale effetto escludente potrebbe essere colmata dando applicazione al principio di ordine generale compendiato nel brocardo «ubi commoda ibi incommoda», come articolato e sviluppato dal nutrito indirizzo giurisprudenziale, evocato dal ricorrente nei propri scritti difensivi, che si è occupato della fattispecie della cessione di azienda, con argomentazioni considerate valide anche per l’ipotesi (sostanzialmente affine) di affitto di essa o di un suo ramo (cfr. segnatamente Ad. Plen. n. 10/2012 e giurisprudenza successiva menzionata dalla parte, tra cui in particolare il precedente del Consiglio di Stato, Sez. V, 7 ottobre 2021, n. 6706).

Va rilevato che tale indirizzo non è pertinente ai fini dell’odierna controversia. La sentenza n. 10/2012 dell’Adunanza Plenaria afferisce ad una fattispecie in cui erano ravvisabili, dagli atti di causa, concreti e specifici profili di «continuità sostanziale» tra l’impresa cedente del ramo d’azienda e la cessionaria (la quale ultima aveva preso parte alla gara d’appalto), essendo emersi «sufficienti elementi per affermare che il concorrente […] è la mera continuazione della stessa <<azienda>> ceduta» (cfr. in particolare punti 4 e ss. della pronuncia), attribuendo così rilievo dirimente al «profilo della sostanziale continuità del soggetto imprenditoriale a cui si riferiscono (le cause di esclusione, n.d.r.), sicché il soggetto cessato dalla carica sia identificabile come interno al concorrente», e ciò al fine di evitare elusioni della norma e «impedire anche solo la possibilità di inquinamento dei pubblici appalti di lavori, servizi e forniture derivante dalla partecipazione alle relative procedure di affidamento di soggetti di cui sia accertata la mancanza di rigore comportamentale con riguardo a circostanze gravemente incidenti sull’affidabilità morale e professionale», ciò costituendo «lo scopo stesso della preclusione di legge» (Tar Lazio Roma, sez. Seconda Quater, 29 luglio 2024, n. 15416).

Quindi, la giurisprudenza richiamata è pervenuta alla conclusione che: “il fallimento (ora liquidazione giudiziale) della società affittante/concedente il ramo di azienda non comporta, di per sé e in via di automatismo, l’esclusione dell’affittuaria dalla gara per assenza dei requisiti (del resto, la stessa sentenza n. 6706/2021 esclude una preclusione generalizzata, come espressamente afferma il passaggio motivazionale sopra riportato), imponendo solo un approfondimento istruttorio da parte della stazione appaltante qualora emergano indizi di continuità sostanziale tra le due imprese, al fine di appurare se vi sia o meno una <<cesura>> tra le due gestioni”.

Alla luce di ciò, risulta evidente il difetto di motivazione in cui è incorsa la stazione appaltante laddove ha comminato l’esclusione per il sol fatto che la F., da cui la ricorrente ha mutuato (in parte) i requisiti di capacità economico finanziaria, sia stata sottoposta a procedura di fallimento.

Invero, la liquidazione giudiziale della concedente il ramo d’azienda può essere causa di esclusione dell’affittuaria dalla gara solo qualora la stazione appaltante riscontri elementi di continuità sostanziale tra le parti del contratto di affitto di ramo d’azienda e, a seguito degli approfondimenti istruttori disposti dalla s.a., l’affittuaria partecipante alla gara non fornisca prova della completa censura tra le due gestioni necessaria per evitare che le vicende negative occorse all’affittante si ripercuotano a suo carico.


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