Giurisprudenza e Prassi

SERVIZI PUBBLICI - LEGITTIMITA' AFFIDAMENTO DIRETTO IN HOUSE (192)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

L’art. 192, comma 2, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 prescrive che: “Ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuato preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”.

A sua volta l’art. 34, comma 20, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 conv. in l. 17 dicembre 2012, n. 221 prevede che: “Per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, al fine di assicurare il rispetto della disciplina europea, la parità tra gli operatori, l’economicità della gestione e di garantire adeguata informazione alla collettività di riferimento, l’affidamento del servizio è effettuato sulla base di apposita relazione, pubblicata sul sito internet dell’ente affidante, che dà conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche se previste”.

Alla Corte di Giustizia è stato, dunque, richiesto di vagliare la conformità al diritto euro – unitario, e, segnatamente al principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche e al principio di sostanziale equivalenza tra le diverse modalità di affidamento e di gestione dei servizi di interesse della amministrazioni pubbliche, delle disposizioni in precedenza citate, come interpretate nell’ordinanza di rimessione, che collocano gli affidamenti in house su di un piano subordinato ed eccezionale rispetto agli affidamenti tramite gara in quanto consentiti a condizione che sia dimostrato il fallimento del mercato rilevante e, comunque, previa esposizione di una specifica motivazione circa i benefici per la collettività connessi all’affidamento in house.

La Corte di Giustizia, nella sentenza 6 febbraio 2020 cause C-89/19 e C-91/19, precisato che la direttiva 2014/14 riconosce il principio della libera organizzazione della prestazione dei servizi, per il quale le autorità nazionali possono decidere liberamente quale sia il modo migliore per gestire la prestazione dei servizi al fine di garantire un elevato livello di qualità, sicurezza e accessibilità, così come la parità di trattamento e la promozione dell’accesso universale e dei diritti dell’utenza nei servizi pubblici (par. 36 che richiama la sentenza 3 ottobre 2019 causa C-285/18 Irgita), aggiunge che tale libertà non è, però, illimitata, in quanto va esercitata nel rispetto delle regole fondamentali del TFUE - Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e, in particolare, della libera circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi (oltre che dei principi che ne derivano come la parità di trattamento, il divieto di discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza, par. 37).

La conclusione cui giunge la Corte è, dunque, che gli Stati membri sono autorizzati a subordinare la conclusione di una “operazione interna” per la prestazione di un servizio (tra cui, appunto, l’affidamento in house) “all’impossibilità di indire una gara d’appalto e, in ogni caso, alla dimostrazione da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, dei vantaggi per la collettività specificatamente connessi al ricorso all’operazione interna” (par. 41 – 42).

Riconosciuta la compatibilità della normativa interna con il diritto euro – unitario per la possibilità del legislatore nazionale di imporre specifiche limitazioni all’affidamento in house di un servizio da parte di un’amministrazione aggiudicatrice, va nuovamente spostata l’attenzione sull’interpretazione della norma interna.

Vanno allora richiamate precedenti pronunce che hanno interpretato il combinato normativo precedentemente citato: a) nella sentenza 16 novembre 2018, n. 6456 si è chiarito (par. 68 – 69) che le disposizioni di legge impongono di valutare la convenienza dell’affidamento del servizio secondo lo schema dell’in house rispetto all’alternativa costituita dal ricorso al mercato, attraverso una comparazione tra dati da svolgersi mettendo a confronto operatori privati operanti nel medesimo territorio (salvo specificare le ragioni per le quali il raffronto non sarebbe stato utile) e giungere per questa via alla dimostrazione che quello fornito dalla società in house è il più economicamente conveniente ed in grado di garantire la migliore qualità ed efficienza; b) nella sentenza 31 luglio 2019, n. 5444 questa Sezione ha interpretato le condizioni imposte dall’art. 192, comma 2, d.lgs. n. 50 cit. nel senso che l’ente pubblico affidante è tenuto a fornire giustificazioni del mancato ricorso al mercato per l’approvvigionamento del servizio e a rappresentare i benefici derivanti alla collettività dalla forma di gestione in house; sulla base di tali premesse, in relazione al medesimo servizio oggetto dell’odierno giudizio (di igiene urbana), è stato considerato legittimo l’affidamento in house (nel caso di specie ad azienda speciale, ma senza che ne possano derivare differenze essendo anch’essa qualificabile come “operazione interna” per il diritto euro – unitario) per aver il Comune dimostrato che nelle passate gestioni il ricorso al mercato non aveva saputo garantire nel territorio comunale un livello adeguato di efficienza del servizio (segnatamente in punto di raggiungimento dei livelli di raccolta differenziata) e che il costo del servizio per i cittadini sarebbe diminuito; c) nel parere 29 marzo 2017, n. 774 la Sez. consultiva atti normativi ha affermato che l’affidamento diretto in favore di soggetti in house richieste non solo una valutazione giuridico – formale, ma anche la dimostrazione della “ragionevolezza economica” della scelta compiuta.

Anche quando è stato richiesto all’amministrazione aggiudicatrice di dimostrare che ricorra una situazione di fallimento del mercato, inteso nel senso di impossibilità a reperibile sul mercato un operatore economico disponibile a rendere il servizio alle condizioni richieste dall’amministrazione affidante nel proprio territorio, si è ritenuto che l’onere fosse assolto mediante “un’indagine di mercato rivolta a comparare la proposta della società in house con un benchmark di riferimento, risultante dalle condizioni praticate da altre società in house operanti nel territorio limitrofo” (così Cons. Stato, sez. III, 3 marzo 2020, n. 1564)

La Corte costituzionale, con la sentenza 27 maggio 2020, n. 100, pronunciandosi proprio sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 192, comma 2, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (sia pure per eccesso di delega), ha fornito precise indicazioni sull’interpretazione del dato normativo in esame (par. 9 e ss.): - la norma è espressione di una linea restrittiva del ricorso all’affidamento diretto che si rinviene nell’ordinamento da oltre un decennio e che costituisce la risposta all’abuso di tale istituto da parte delle amministrazioni nazionali e locali; - già l’art. 23 – bis d.l. 25 giugno 2008, n. 112 condizionava il ricorso all’affidamento in house ad un onere motivazionale rafforzato (in quel caso consistente nella sussistenza di “condizioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato”); - tale onere motivazionale consiste ora per l’art. 34, comma 20, d.l. n. 179 del 2012, nella esplicazione delle ragioni dell’affidamento diretto dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e ciò – conclude la Corte – “non può che essere letto come necessità di rendere palesi (anche) i motivi che hanno indotto l’amministrazione a ricorrere all’in house invece di rivolgersi al mercato”; - il legislatore delegato, con l’art. 192, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016, si è posto in linea di continuità con tale indirizzo .

In via conclusiva sul punto, ritiene il Collegio che anche nell’attuale quadro normativo il ricorso all’affidamento in house del sevizio è in posizione subalterna all’affidamento del servizio stesso mediante gara pubblica per essere imposto all’amministrazione aggiudicatrice che a quello intenda ricorre un onere motivazionale rafforzato, quale si ricava dal combinato disposto dell’art. 192, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2018 e dall’art. 34, comma 20, d.l. n. 179 del 2012.


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