ACCESSO CIVICO: VA RESPINTO SE ONEROSO O SPROPORZIONATO
Alla luce delle risultanze istruttorie, può ritenersi pacificamente accertato che i dati oggetto dell’istanza di accesso, consistenti nei risultati dei test associati alle generalità dei soggetti diagnosticati, pur essendo formalmente disponibili in formato digitale, richiederebbero, ai fini della loro eventuale ostensione, un’articolata attività di trattamento, comprensiva di operazioni di elaborazione, sintesi, anonimizzazione e sistematizzazione.
Dall’impianto normativo di riferimento si evince un principio generale di necessaria composizione tra il diritto alla trasparenza e l’esigenza di non pregiudicare, mediante un uso improprio dell’accesso, il buon andamento dell’azione amministrativa, evitando di imporre alla medesima un carico operativo eccessivamente gravoso e incompatibile con i principi di funzionalità, economicità e tempestività dell’azione pubblica.
Tale indirizzo si colloca in piena continuità con la pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 10/2020, la quale ha affermato la legittimità – e in certi casi la doverosità – di respingere istanze di accesso civico “manifestamente onerose o sproporzionate, e cioè tali da comportare un carico irragionevole di lavoro, idoneo a interferire con il buon andamento della pubblica amministrazione; richieste massive uniche (v. circolare FOIA n. 2/2017, par. 7, lett. d; Cons. St., sez. VI, sent. 13 agosto 2019, n. 5702), contenenti un numero rilevante di dati o documenti, ovvero richieste massive plurime, pervenute in un arco temporale limitato da parte dello stesso soggetto o da soggetti comunque riconducibili a un unico centro di interesse”.
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