Giurisprudenza e Prassi

BANCHE DATI E PRIVACY - ILLEGITTIMO OSCURAMENTO IN TOTO DEI DATI PERSONALI DELLE SENTENZE PUBBLICHE

TAR LAZIO RM SENTENZA 2025

In questa sede rileva la corretta interpretazione dei già citati artt. 51 e 52 d.lgs. 196/2003 che costituiscono il perno normativo attorno al quale consentire l’accesso alle pronunce raccolte nella banca dati di merito. Appare opportuno, pertanto, trascrivere integralmente tali disposizioni: «1. Fermo restando quanto previsto dalle disposizioni processuali concernenti la visione e il rilascio di estratti e di copie di atti e documenti, i dati identificativi delle questioni pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria di ogni ordine e grado sono resi accessibili a chi vi abbia interesse anche mediante reti di comunicazione elettronica, ivi compreso il sito istituzionale della medesima autorità nella rete Internet.

2. Le sentenze e le altre decisioni dell’autorità giudiziaria di ogni ordine e grado depositate in cancelleria o segreteria sono rese accessibili anche attraverso il sistema informativo e il sito istituzionale della medesima autorità nella rete Internet, osservando le cautele previste dal presente capo».

L’art. 52 d.lgs. 196/2003, invece dispone che: «1. Fermo restando quanto previsto dalle disposizioni concernenti la redazione e il contenuto di sentenze e di altri provvedimenti giurisdizionali dell’autorità giudiziaria di ogni ordine e grado, l’interessato può chiedere per motivi legittimi, con richiesta depositata nella cancelleria o segreteria dell’ufficio che procede prima che sia definito il relativo grado di giudizio, che sia apposta a cura della medesima cancelleria o segreteria, sull’originale della sentenza o del provvedimento, un’annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza o provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l’indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo interessato riportati sulla sentenza o provvedimento.

2. Sulla richiesta di cui al comma 1 provvede in calce con decreto, senza ulteriori formalità, l’autorità che pronuncia la sentenza o adotta il provvedimento. La medesima autorità può disporre d’ufficio che sia apposta l’annotazione di cui al comma 1, a tutela dei diritti o della dignità degli interessati.

3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, all’atto del deposito della sentenza o provvedimento, la cancelleria o segreteria vi appone e sottoscrive anche con timbro la seguente annotazione, recante l’indicazione degli estremi del presente articolo: “In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi di…”.

4. In caso di diffusione anche da parte di terzi di sentenze o di altri provvedimenti recanti l’annotazione di cui al comma 2, o delle relative massime giuridiche, è omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi dell’interessato.

5. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 734-bis c.p. relativamente alle persone offese da atti di violenza sessuale, chiunque diffonde sentenze o altri provvedimenti giurisdizionali dell’autorità giudiziaria di ogni ordine e grado è tenuto ad omettere in ogni caso, anche in mancanza dell’annotazione di cui al comma 2, le generalità, altri dati identificativi o altri dati anche relativi a terzi dai quali può desumersi anche indirettamente l’identità di minori, oppure delle parti nei procedimenti in materia di rapporti di famiglia e di stato delle persone.

6. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche in caso di deposito di lodo ai sensi dell’articolo 825 c.p.c. La parte può formulare agli arbitri la richiesta di cui al comma 1 prima della pronuncia del lodo e gli arbitri appongono sul lodo l’annotazione di cui al comma 3, anche ai sensi del comma 2. Il collegio arbitrale costituito presso la camera arbitrale per i lavori pubblici ai sensi dell’articolo 209 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, provvede in modo analogo in caso di richiesta di una parte.

7. Fuori dei casi indicati nel presente articolo è ammessa la diffusione in ogni forma del contenuto anche integrale di sentenze e di altri provvedimenti giurisdizionali».

Come può notarsi, la disciplina positiva prevede, in linea generale, la pubblicazione delle pronunce rendendole accessibili a tutti mediante un sistema informativo istituzionale. È poi precisato come la diffusione (ivi compresa quindi anche la pubblicazione in una banca dati accessibile alla generalità dei cittadini) debba avvenire con oscuramento dei dati personali solamente in alcune limitate ipotesi, ossia su richiesta della parte interessata (art. 52, comma 1 d.lgs. 196/2003), oppure d’ufficio allorquando ciò risulti necessario per tutelare i diritti e la dignità dell’interessato (secondo comma). Pertanto, salvo il caso peculiare dei procedimenti coinvolgenti rapporti di famiglia, di stato delle persone ovvero minorenni (quinto comma), ove è direttamente la legge a vietare la diffusione dei dati personali, va osservato come le fattispecie regolate dall’art. 52, commi 1 e 2 d.lgs. 196/2003 rimettano all’autorità giudiziaria procedente la decisione sull’oscuramento o meno dei dati personali: d’altronde, in assenza di determinazione del giudice, la legge ammette espressamente la diffusione del contenuto integrale delle pronunce giurisdizionali (v. art. 51, comma 2 e art. 52, comma 7 d.lgs. 196/2003).

Ed è proprio sull’esatta ermeneusi dell’art. 52, comma 7 d.lgs. 196/2003 che le parti sono in evidente disaccordo, reputando i ricorrenti l’ammissione della diffusione come implicante il divieto di un oscuramento generalizzato; al contrario, l’amministrazione resistente ritiene l’impiego della locuzione «è ammessa» come remissione al gestore della banca dati della concreta individuazione dello standard di tutela dei dati personali trattati negli atti giurisdizionali.

Orbene, il Collegio ritiene che una corretta interpretazione della disposizione de qua non vieti di rendere disponibili i provvedimenti giurisdizionali in forma integrale, salvo i casi in cui sia la legge oppure l’autorità giudiziaria a disporre l’anonimizzazione dei dati personali contenuti nella pronuncia. In altre parole, il bilanciamento delle opposte esigenze, tutela della privacy dei soggetti coinvolti da un lato, e libero accesso alle pronunce giurisdizionali dall’altro, è rimesso all’autorità giudiziaria (salvo l’ipotesi di cui all’art. 52, comma 5 d.lgs. 196/2003): orbene, al di là dell’esatta qualificazione della decisione del giudice in tema di oscuramento (che si tratti di atto giurisdizionale o amministrativo), va rilevato come sicuramente l’amministrazione incaricata della raccolta in una banca dati dei provvedimenti non possa sostituirsi all’autorità giudiziaria nella valutazione circa la necessità di anonimizzazione. Conseguentemente, l’oscuramento generalizzato disposto dalla pubblica amministrazione non appare legittimo, considerato come essa appare interferire in parte anche con una decisione attribuita all’autorità giudiziaria.



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BANCA: Impresa autorizzata all'esercizio dell'attività bancaria ai sensi del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, in regola con il disposto della legge 10 giugno 1982, n. 348;
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