ACCESSO AGLI ATTI - ABUSO DI DIRITTO DEL CONCORRENTE - CONTRADDITORIO COMPORTAMENTO - MALA FEDE
Non può non evidenziarsi che il comportamento della ricorrente S. è connotato da contraddittorietà, dal momento che essa da un lato rivendica l’oscuramento delle parti della propria documentazione a tutela del proprio know-how aziendale rispetto alle altrui richieste di accesso, dall’altro lato contesta, in questa sede, analoghi oscuramenti delle offerte degli altri pretendendone la visione integrale. Tale modus operandi concretizza un abuso del diritto e del processo - secondo i principi elaborati in materia dalla giurisprudenza - atteso che S. formula le proprie doglianze ponendosi in contraddizione con precedenti suoi comportamenti e contestando scelte amministrative che essa stessa aveva avvalorato a tutela dei propri interessi. La giurisprudenza da tempo riconosce la vigenza, nel sistema giuridico, di un principio generale di divieto di abuso del diritto, inteso come categoria diffusa nella quale rientra ogni ipotesi in cui un diritto cessa di ricevere tutela, poiché esercitato al di fuori dei limiti stabiliti dalla legge. Il dovere di buona fede e correttezza, di cui agli artt. 1175, 1337, 1366 e 1375 del c.c., alla luce del parametro di solidarietà, sancito dall'art. 2 della Costituzione , si pone non più solo come criterio per valutare la condotta delle parti nell'ambito dei rapporti obbligatori, ma anche come canone per individuare un limite alle richieste e ai poteri dei titolari di diritti, anche sul piano della loro tutela processuale. Espressione dell'abusivo esercizio di un potere, anche processuale, quale è quello di dedurre motivi di gravame ovvero di formulare deduzioni ed eccezioni, è proprio la sua contraddittorietà con precedenti comportamenti tenuti dal medesimo soggetto, in violazione del divieto generale di venire contra factum proprium (cfr., ex multis, Cons. St., sez. III, 24 dicembre 2024, n. 10362; sez. V, 3 maggio 2021, n. 3458 e 11 gennaio 2021, n. 330; sez. II, 2 dicembre 2020, n. 7628, T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 5 maggio 2021, n. 2992; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 8 gennaio 2021, n. 257);
- ad ogni modo, pur prescindendo dalle considerazioni che precedono, va detto che, con riferimento all'accesso difensivo di cui all'art. 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990, la giurisprudenza amministrativa e, in particolare, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenze 25 settembre 2020, n. 19, n. 20 e n. 21; sentenza 18 marzo 2021, n. 4), ha precisato che esso è consentito qualora il richiedente dimostri la necessità o stretta indispensabilità della conoscenza del documento per la tutela di una situazione giuridica finale, con la conseguenza che l'ostensione del documento dovrà passare attraverso un rigoroso e motivato vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e detta situazione finale che l'istante intende curare o tutelare. L’onere della prova di tale nesso di strumentalità grava sul richiedente l’accesso (Consiglio di Stato, sez. V, 18 settembre 2023, n. 8382);
- con specifico riferimento alla disciplina del diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, sia il combinato disposto tra il comma 5, lettera a), e il comma 6, dell’art. 53 del d.lgs. n. 50/2016, sia l’art. 35, comma 4, lettera a), del d.lgs. n. 36/2023, prevedono un bilanciamento tra le esigenze legate alla riservatezza e le esigenze di difesa del richiedente, tenendo presente che, secondo l’indirizzo ermeneutico di maggior rigore sopra richiamato, queste ultime non prevalgono sempre e comunque su qualunque altro interesse, specie se contrapposto, invocato da chi, al contrario, deduce che, consentendosi l'accesso, si permetterebbe il disvelamento di dati tecnici contenuti nella documentazione richiesta che rappresentano know how dell'impresa controinteressata (Consiglio di Stato, sez. V, 18 settembre 2023, n. 8382);
- applicando le anzidette coordinate ermeneutiche al caso in esame, si osserva che, a fronte delle motivate giustificazioni a supporto della richiesta di oscuramento presentata da tutte le concorrenti e in mancanza della dimostrazione circa l’indispensabilità della documentazione nei termini innanzi chiariti (ovvero provando che, in assenza di quelle informazioni, non sarebbe stato possibile tutelare adeguatamente i propri interessi) - dal momento che le prospettazioni mosse per sostenere il diritto all’accesso anche a tali informazioni appaiono alquanto generiche -, la stazione appaltante bene ha fatto, in una logica di bilanciamento tra contrapposte esigenze, a limitare l’accesso alle sole parti delle offerte rispetto alle quali non era stata palesata un’esigenza di secretazione e a tenere, si ribadisce, un comportamento uniforme nei confronti di tutte le concorrenti.
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